Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29535 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29535 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
PU – 10/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi di COGNOME NOMECOGNOME nato a Somma Vesuviana il 03/04/1960, COGNOME NOMECOGNOME nato ad Afragola il 19/03/1967, avverso la sentenza in data 26/03/2024 della Corte di appello di Napoli, visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal presidente NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso per COGNOME e l’annullamento con rinvio limitatamente alla confisca per Diaco; udito l’avv. NOME COGNOME per Diaco e per delega dell’avv. NOME COGNOME per
COGNOME, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 26 marzo 2024 la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza in data 6 settembre 2022 del G.u.p. del Tribunale di Napoli, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per il reato dell’art. 10quater , comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 per intervenuta prescrizione e ha revocato la confisca limitatamente ai titoli obbligazionari e a 1/8 dell’immobile sito in Napoli, alla INDIRIZZO ha confermato invece la condanna di NOME COGNOME per due violazioni dell’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000.
All’udienza del 19 dicembre 2024 questa Corte ha rinviato il processo a nuovo ruolo in attesa del deposito dei motivi della sentenza delle Sezioni Unite relativamente al ricorso RGN 31775/2023 deciso all’udienza del 26 settembre 2024.
NOME COGNOME eccepisce con il primo motivo di ricorso l’inosservanza delle norme
processuali per avere la Corte territoriale utilizzato nei suoi confronti le intercettazioni autorizzate dal G.i.p. del Tribunale di Napoli in altro procedimento e relative ad altro reato; con il secondo la violazione di norme processuali per avere la Corte territoriale utilizzato le dichiarazioni etero-accusatorie rese da NOME COGNOME sempre in altro procedimento; con il terzo il vizio di motivazione per il travisamento della prova; il quarto la violazione di legge per avere la Corte territoriale confermato la confisca sulla base di un orientamento giurisprudenziale imprevedibile e sfavorevole, successivo alla consumazione del reato.
NOME COGNOME lamenta con il primo motivo di ricorso che la Corte territoriale non aveva voluto sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2bis , d.lgs. n. 74 del 2000 per violazione degli art. 3, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost., in relazione al diniego del beneficio della pena sospesa; con il secondo la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico dei reati contestati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME Ł fondato limitatamente alla confisca mentre Ł inammissibile nel resto. Il ricorso di NOME COGNOME Ł inammissibile.
Per il Diaco, la Corte di appello ha dichiarato prescritto il reato dell’art. 10quater , comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, ma la difesa ha insistito per l’assoluzione nel merito ai fini della revoca della confisca.
Il primo motivo di ricorso, relativo all’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte in altro procedimento, Ł manifestamente infondato perchØ tale mezzo di prova non Ł stato decisivo ai fini della condanna. GLYPHE’ onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì l’ incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416 – 01; Sez. 3, n. 39603 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287024 – 02 che ha definito aspecifico il ricorso con cui si eccepisce l’inutilizzabilità di un elemento probatorio senza dedurne la decisività in forza della cd. “prova di resistenza”, ai fini dell’adozione del provvedimento impugnato; Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270303 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269218 – 01). Emerge dagli atti che l’accertamento di responsabilità resiste a dispetto delle intercettazioni, perchØ basato sulla sentenza irrevocabile emessa dal G.u.p. del Tribunale di Napoli in data 13 maggio 2019, n. 751 a carico di NOME COGNOME e sulla base delle dichiarazioni etero-accusatorie di questi. Nella sentenza citata vi Ł ampia ricostruzione, sulla base della documentazione acquisita, delle intercettazioni telefoniche, delle perquisizioni, dei sequestri, delle dichiarazioni degli amministratori di alcune società coinvolte, nonchØ di altre attività investigative, del ruolo apicale di NOME COGNOME nell’ambito di un’associazione a delinquere attiva nel settore delle frodi carosello aventi a oggetto prodotti di informatica e/o di elettronica di largo consumo, nonchØ nella commissione di una serie indeterminata di indebite compensazioni con crediti inesistenti, commesse anche a vantaggio del COGNOME, che gli si era rivolto, tramite il commercialista NOME COGNOME proprio per eliminare le sue pendenze tributarie e cancellare l’ipoteca su un immobile di proprietà.
Nella sentenza di primo grado a carico di COGNOME Ł spiegato puntualmente come questi, da persona offesa del reato del capo 133) della sentenza a carico di COGNOME, era
passato a imputato del medesimo reato in questo procedimento. Erano state decisive le dichiarazioni del COGNOME, riscontrate dalle intercettazioni. Tuttavia, anche il Diaco ha definito il processo a suo carico con il rito abbreviato e la condanna in primo grado Ł stata possibile, oltre che alla documentazione acquisita nel processo, ivi compresa quella prodotta dalla difesa, dalla sentenza irrevocabile a carico del COGNOME, dagli accertamenti svolti in quel processo, e dalle dichiarazioni che il COGNOME aveva reso nell’interrogatorio al P.m. Le intercettazioni sono quindi irrilevanti ed ininfluenti, perchØ, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze probatorie risultano sufficienti a giustificare l’identico convincimento dei Giudici.
4. Il secondo motivo attiene all’inutilizzabilità delle dichiarazioni etero-accusatorie di COGNOME perchØ non riscontrate se non dalle intercettazioni a loro volta inutilizzabili. Come detto, secondo la sentenza di primo grado, erano state le intercettazioni a ‘trasformare’ il COGNOME da persona offesa a imputato. L’argomento, pur suggestivo, si riferisce a una fase eccessivamente anticipata e preliminare e non tiene conto del fatto che l’accertamento di responsabilità del Diaco Ł stato possibile non solo sulla base delle dichiarazioni eteroaccusatorie del COGNOME, ma a valle della sentenza irrevocabile a carico di questi, ove Ł stato espresso un giudizio di credibilità, e sulla base dell’ulteriore documentazione acquisita in questo giudizio, ivi compresa quella prodotta dalla difesa.
Va accolto il quarto motivo. Non mette conto entrare nel merito delle considerazioni svolte dalla difesa sull’ overruling interpretativa delle sentenze delle Sezioni Unite, perchØ la decisione della Corte territoriale si Ł basata su un’interpretazione della confisca del denaro come diretta, di recente superata dalla sentenza a Sezioni Unite n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287756 – 02, secondo cui la confisca di somme di danaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, mentre, qualora tale nesso di pertinenzialità non sussista, la stessa deve essere considerata come confisca per equivalente, non potendosi far discendere la qualificazione dell’ablazione dalla natura del bene che ne costituisce l’oggetto.
S’impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla confisca per cui la Corte territoriale Ł tenuta a rendere una specifica motivazione, mentre per il resto il ricorso Ł inammissibile.
5. GLYPHIl primo motivo articolato da NOME COGNOME, relativo all’incostituzionalità dell’art. 12, comma 2bis , d.lgs. n. 74 del 2000 che nega il beneficio della pena sospesa per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore al 30% del volume di affari e b) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore a atre milioni di euro, Ł inconsistente per tutte le molteplici ragioni già esaurientemente spiegate nella sentenza impugnata a pag. 7 e 8. Il ricorrente ha precisato che la questione era stata già posta all’attenzione della Corte costituzionale che nella sentenza n. 95/2015 non l’aveva esaminata nel merito, dichiarandola inammissibile come conseguenza diretta dell’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sui limiti del patteggiamento ai sensi dell’art. 13, comma 2bis , d.lgs. n. 74 del 2000. La Corte di appello ha affermato che la scelta di negare il beneficio in determinati casi rientra nelle prerogative di politica criminale del legislatore le cui scelte possono essere sindacate, secondo la Corte costituzionale solo ‘in rapporto alle eventuali disarmonie del catalogo legislativo, allorchØ la sperequazione normativa tra figure omogenee di reati assuma aspetti e dimensioni tali da non potersi considerare sorretta da alcuna valida giustificazione’ (ordinanza n. 455 del 2006). Nello specifico, la previsione di un trattamento piø rigoroso Ł stata ritenuta sorretta da idonea e ragionevole giustificazione, considerata la rilevanza del fatto per cui Ł stato negato il beneficio, e la congiuntura economica particolarmente drammatica. La soglia di tipo proporzionale, ragguagliata all’incidenza dell’imposta evasa sul volume d’affari garantirebbe in specie l’adeguamento del trattamento sanzionatorio al fatto commesso con riferimento alle condizioni soggettive del colpevole. E del resto tra i criteri che orientano il riconoscimento del beneficio vi Ł pure quello della gravità del fatto, per cui la disposizione dell’art. 12, comma 2bis , d.lgs. n. 74 del 2000 non farebbe altro che individuare con maggiore dettaglio il parametro già previsto dall’art. 133 cod. pen., ponendosi, con ciò, quale espressione del normale rapporto tra la discrezionalità dell’organo giudiziario e quella del legislatore (così nella sentenza impugnata). Si evidenzia che anche in altri casi il legislatore ha negato la possibilità di riconoscere il beneficio della pena sospesa e la giurisprudenza di legittimità ha validato tale scelta. Ci si riferisce in particolare al caso dell’art. 186, comma 2bis , d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, che esclude possa rientrare nel perimetro applicativo del beneficio, nonostante la sua natura convenzionalmente penale, la
sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, obbligatoriamente disposta nei confronti di chi abbia cagionato un sinistro stradale ponendosi alla guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (Sez. 1, n. 39711 del 30/05/2024, Floris, Rv. 287129 – 01, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di GLYPHlegittimità costituzionale, sollevata in relazione agli artt. 3 e 117, comma 1, Cost.) e al caso dell’inapplicabilità, nei procedimenti davanti al giudice di pace, della sospensione condizionale della pena, ex art. 60 del d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274 (Sez. 5, n. 18259 del 23/01/2019, Mannu, Rv. 276769 – 01 e Sez. 2, n. 28850 del 08/05/2013, Orrø, Rv. 256354 01, che hanno ritenuto conforme alla Costituzione la scelta del legislatore, per i reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, di privilegiare, per ragioni di politica criminale, il principio della effettività della sanzione penale, in coerenza con gli obiettivi sottesi alla riforma introdotta con il d.lgs. n. 274 del 2000 di coniugare la mitezza della pena con la sua effettività).
Anche il secondo motivo sull’elemento psicologico Ł inconsistente. La Corte territoriale ha ben delineato il dolo specifico del De Luca nelle violazioni dell’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, in perfetta concordanza con la consolidata giurisprudenza di legittimità relativa alla responsabilità dell’amministratore di diritto in concorso con l’amministratore di fatto (su cui si veda tra le tante, Sez. 3, n. 2570 del 28/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275830 – 01). Ha infatti evidenziato l’assunzione della carica di amministratore verso corrispettivo in assenza di competenze professionali e con rinuncia e disinteresse totale per la vita della società, nella piena consapevolezza, ammessa nell’interrogatorio, delle numerose e gravi pendenze fiscali dell’amministratore di fatto.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Così deciso, il 10 aprile 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME