Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 42613 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 42613 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a SESTU il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SESTU il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN SPERATE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SESTU il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2022 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
i
visti gli atti, il provvedimento impugnato e ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
E’ presente l’AVV_NOTAIO COGNOME del foro di ROMA in difesa di COGNOME NOME, COGNOME NOME, che insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso presentati.
E’ presente l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME COGNOME del foro di CAGLIARI in difesa di COGNOME
NOME, COGNOME NOME, COGNOME, il quale insiste nell’accoglimento dei ricorsi presentati.
E presente l’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO del foro di CAGLIARI in difesa di NOME, il quale si riporta ai motivi di ricorso presentati e ne chiede l’accoglimento.
E’ presente l’AVV_NOTAIO COGNOME del foro di CAGLIARI in difesa di COGNOME che insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso presentati.
E’ presente l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME del foro di CAGLIARI in difesa di COGNOME NOME, COGNOME NOME, il quale chiede l’accoglimento dei ricorsi presentati.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12.10.2022 (depositata il 19.7.2023), la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, emessa in sede di rito abbreviato, con riferimento alle imputazioni meglio specificate in rubrica, ha così provveduto:
previa esclusione della recidiva contestata a NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di cui ai capi T, V, Z, B2 e F2, nonché nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME in ordine al reato di cui al capo T in quanto reati estinti pe prescrizione, eliminando la relativa pena e rideterminando la pena finale per i residui reati ascritti ai medesimi;
ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
ha confermato nel resto la sentenza appellata.
La Corte territoriale, in sintesi, conformemente al primo giudice, ha ritenuto la sussistenza di una organizzazione illecita, promossa e diretta da NOME COGNOME, finalizzata al reperimento in Olanda di sostanza stupefacente (cocaina) da importare per il suo successivo smercio in Sardegna, avvalendosi della collaborazione di vari soggetti, segnatamente: NOME COGNOME, referente in Olanda del sodalizio, il quale gestiva i contatti con i fornitori locali di l internazionale e organizzava i carichi da destinare in Sardegna; NOME COGNOME, il quale metteva regolarmente a disposizione la propria autovettura per trasportare il denaro necessario per l’acquisto della droga e manteneva i contatti con il corriere che trasportava lo stupefacente in Sardegna; NOME COGNOME, il quale fungeva da stabile intermediario fra COGNOME e il NOME NOME, fornendo copertura lecita e strumenti di riciclaggio per l’utilizzo del denaro provent dell’attività illecita.
Quanto ai restanti imputati: NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi E e F (per avere, in tali occasioni, trasportato in Olanda denaro necessario all’acquisto delle partite di droga); NOME COGNOME del reato di cui al capo U (per avere impiegato in attività economiche danaro proveniente da delitto, NOME le imprese RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME (moglie di NOME COGNOME) del reato di cui al capo E2 (per avere impiegato in attività economiche danaro proveniente da delitto, NOME l’omonima ditta RAGIONE_SOCIALE svolgente attività di coltivazione di ortaggi).
Avverso tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione gli imputati di seguito indicati, a mezzo dei rispettivi difensori.
3. NOME COGNOME lamenta quanto segue.
I) Vizio di motivazione, con riguardo alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo dell’imputazione.
Deduce che per affermare la sussistenza del delitto associativo la Corte distrettuale mette in risalto la circostanza che gli imputati avrebbero agito con un medesimo modus operandi fin dal 2011. In realtà, nel caso in esame fa difetto il dato costituito dall’esistenza di una stabile organizzazione finalizz alla commissione di delitti in materia di stupefacenti, visto che i concorrenti erano limitati a sfruttare le risorse di cui erano già in possesso perché funzionali alla propria attività lavorativa e alle esigenze familiari, per adib saltuariamente al compimento dell’attività illecita. Il COGNOME ha dichiarato di n avere mai avuto un rapporto esclusivo con COGNOME e COGNOME. Il fatto che alcuni dei complici utilizzassero cellulari “dedicati” è prassi di qualsiasi attività illecit necessariamente tipica del reato associativo.
II) Vizio di motivazione, in relazione alla sussistenza del delitto associativo di cui al capo A fin dal 2011, stante l’assoluzione dei prevenuti dai reati fin contestati nei capi da HaSe l’assenza di prove sufficienti a supportare la commissione del delitto associativo sin dal 2011, al di là degli squilli e telefonat tra i soggetti coinvolti nel periodo in riferimento, non trattandosi del medesimo modus operandi messo in atto dal 2013. Emblematica sul punto la contestazione di cui al capo Q, in cui viene individuata una consegna di droga in una data in cui COGNOME neppure è in Sardegna. Nei giorni oggetto di contestazione al capo R, dal 18 settembre al 2 dicembre 2012, è stato riscontrato un solo viaggio di andata del COGNOME il 28 settembre, peraltro giustificato dalla sua attività di giardinaggio Risulta quindi smentita la tesi secondo la quale lo schema squilli-telefonateviaggi fosse già in atto negli anni 2011 e 2012.
III) Mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 7 e 74, comma 7, d.P.R. 309/90, nonostante il COGNOME abbia fatto ritrovare agli inquirenti la somma contante di 120.000 euro, sotterrati nella porcilaia di NOME COGNOME, in tal modo adoperandosi per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti.
NOME COGNOME lamenta quanto segue.
I) Vizio di motivazione, con riguardo alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo dell’imputazione.
Deduce che per affermare la sussistenza del delitto associativo la Corte distrettuale mette in risalto la circostanza che gli imputati avrebbero agito con un medesimo modus operandi fin dal 2011. In realtà, nel caso in esame fa difetto il dato costituito dall’esistenza di una stabile organizzazione finalizz alla commissione di delitti in materia di stupefacenti, visto che i concorrenti erano limitati a sfruttare le risorse di cui erano già in possesso perché funzionali alla propria attività lavorativa e alle esigenze familiari, per adib saltuariamente al compimento dell’attività illecita. Il COGNOME ha dichiarato di n avere mai avuto un rapporto esclusivo con COGNOME e COGNOME. Il fatto che alcuni dei complici utilizzassero cellulari “dedicati” è prassi di qualsiasi attività illecit necessariamente tipica del reato associativo.
II) Vizio di motivazione, in relazione alla sussistenza del delitto associativo di cui al capo A fin dal 2011, stante l’assoluzione dei prevenuti dai reati fin contestati nei capi da HaSe l’assenza di prove sufficienti a supportare la commissione del delitto associativo sin dal 2011, al di là degli squilli e telefonat tra i soggetti coinvolti nel periodo in riferimento, non trattandosi del medesimo modus operandi messo in atto dal 2013. Emblematica sul punto la contestazione di cui al capo Q, in cui viene individuata una consegna di droga in una data in cui COGNOME neppure è in Sardegna. Nei giorni oggetto di contestazione al capo R, dal 18 settembre al 2 dicembre 2012, è stato riscontrato un solo viaggio di andata del COGNOME il 28 settembre, peraltro giustificato dalla sua attività di giardinaggi Risulta quindi smentita la tesi secondo la quale lo schema squilli-telefonateviaggi fosse già in atto negli anni 2011 e 2012.
III) Vizio di motivazione, in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente in ordine ai delitti contestati ai capi A, B, C, D, F e G, atteso che lo stesso NOME COGNOME ha precisato che COGNOME NOME si limitava a ricevere uno squillo e ad aprire il cancello dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non partecipando all’occultamento del denaro nell’abitacolo della Fiat Punto in uso al corriere. Del resto, in primo grado è stato riconosciuto che COGNOME non fosse a conoscenza della pistola occultata, unitamente al denaro, nella Fiat Punto, arma poi consegnata al COGNOME in Olanda. Anche il linguaggio convenzionale attribuito al ricorrente, il quale per comunicare l’arrivo del COGNOME avrebbe detto “c’è NOME“, trova spiegazione nel fatto che l’RAGIONE_SOCIALE era frequentata anche dalla dr.ssa NOME COGNOME (veterinaria), la quale evidentemente in quella occasione si era presentata nello stesso orario in cui i tabulati rilevavano la presenza del COGNOME in RAGIONE_SOCIALE a Sestu. Inoltre,
l’occultamento da parte di NOME di oggetti di piccole dimensioni (un captatore di frequenze e due mazzette di denaro) all’insaputa del NOME NOME è del tutto verosimile e coerente con l’estensione dell’RAGIONE_SOCIALE e dei locali di pertinenza.
IV) Vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del delitto di cui al capo U-bis dell’imputazione.
Deduce che il richiamo al denaro rinvenuto è del tutto ininfluente nel cercare di dimostrare l’impiego di denaro da parte di NOME COGNOME nel delitto in esame, atteso che la costituzione della RAGIONE_SOCIALE non solo è precedente di anni rispetto al rinvenimento del denaro nell’RAGIONE_SOCIALE del COGNOME ma i capitali utilizzat per la costituzione della ditta proveniva in via quasi esclusiva dalla RAGIONE_SOCIALE, dalla quale la nuova società aveva acquisito i capitali. La difesa aveva dimostrato che il ricorrente, sin da ragazzino, ha sempre lavorato in nero nel settore dell’idraulica, consentendogli negli anni di guadagnare cospicue somme di denaro e di conservare i propri risparmi. Inoltre, COGNOME NOME non può essere considerato partecipe dell’attività di narcotraffico ed allo stesso tempo schermo di COGNOME NOME nella gestione e titolarità delle due RAGIONE_SOCIALE In realtà, tan NOME COGNOME quanto COGNOME NOME sono estranei all’attività di traffico di sostanze stupefacenti.
V) Mancanza di motivazione in relazione alle dichiarazioni spontanee rilasciate in forma scritta dal COGNOME nel giudizio di appello, secondo cui NOME COGNOME non è mai stato partecipe del traffico di stupefacenti messo in atto dal NOME.
VI) Vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, avendo la Corte di merito equiparato la posizione del ricorrente a quella del COGNOME, ben più grave.
4.1. La difesa di COGNOME ha depositato motivi nuovi, con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 74 dpr 309/90, nonché violazione della legge processuale con riferimento all’art. 533 cod. proc. pen.
NOME COGNOME lamenta quanto segue.
I) Vizio di motivazione, con riguardo alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo dell’imputazione.
Deduce che per affermare la sussistenza del delitto associativo la Corte distrettuale mette in risalto la circostanza che gli imputati avrebbero agito con un medesimo modus operandi fin dal 2011. In realtà, nel caso in esame fa difetto il dato costituito dall’esistenza di una stabile organizzazione finalizza
alla commissione di delitti in materia di stupefacenti, visto che i concorrenti erano limitati a sfruttare le risorse di cui erano già in possesso perché funzional alla propria attività lavorativa e alle esigenze familiari, per adib saltuariamente al compimento dell’attività illecita. Il COGNOME ha dichiarato di n avere mai avuto un rapporto esclusivo con COGNOME e COGNOME. Il fatto che alcuni dei complici utilizzassero cellulari “dedicati” è prassi di qualsiasi attività illecit necessariamente tipica del reato associativo.
II) Vizio di motivazione, in relazione alla sussistenza del delitto associativ di cui al capo A fin dal 2011, stante l’assoluzione dei prevenuti dai reati fi contestati nei capi da HaSe l’assenza di prove sufficienti a supportare la commissione del delitto associativo sin dal 2011, al di là degli squilli e telefonat tra i soggetti coinvolti nel periodo in riferimento, non trattandosi del medesimo modus operandi messo in atto dal 2013. Emblematica sul punto la contestazione di cui al capo Q, in cui viene individuata una consegna di droga in una data in cui COGNOME neppure è in Sardegna. Nei giorni oggetto di contestazione al capo R, dal 18 settembre al 2 dicembre 2012, è stato riscontrato un solo viaggio di andata del COGNOME il 28 settembre, peraltro giustificato dalla sua attività di giardinaggi Risulta quindi smentita la tesi secondo la quale lo schema squilli-telefonateviaggi fosse già in atto negli anni 2011 e 2012.
NOME COGNOME lamenta quanto segue.
Violazione di legge in relazione all’art. 74, comma 2, d.P.R. 309/90, atteso il suo ruolo di mero fornitore dello stupefacente acquistato dal gruppo capeggiato da COGNOME NOME, qualifica che ne integra il ruolo di partecipe e non quello di organizzatore, erroneamente attribuito dalla Corte di appello.
II) Mancanza di motivazione in relazione alla omessa riqualificazione della condotta del prevenuto in quella di partecipazione all’associazione, tenuto conto dell’assenza di subordinazione del ricorrente nei confronti di COGNOME NOME, del pagamento a percentuale volta per volta percepito e degli accertati rapporti di acquisto/fornitura del COGNOME anche con altri soggetti.
NOME COGNOME, con unico motivo, lamenta mancanza assoluta di motivazione in risposta allo specifico motivo di gravame della difesa, invocante i bilanciamento in prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva contestata.
NOME COGNOME lamenta quanto segue.
Vizio di motivazione in relazione ai capi TeUe conseguente revoca della confisca.
Deduce che erroneamente i giudici di merito hanno affermato che COGNOME NOME aveva attribuito fittiziamente al NOME e al NOME COGNOME NOME l titolarità delle quote e l’amministrazione delle RAGIONE_SOCIALE, anche al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione e di agevolare la commissione dei reati di cui agli artt. 648, 648bis e ter (capo T), utilizzando nella costituzione della società somme di denaro proveniente dai traffici di droga realizzati da NOME COGNOME (capo U). La sentenza impugnata in proposito enuclea meri elementi di sospetto, inidonei a dimostrare che i capitali utilizzati per la costituzione della RAGIONE_SOCIALE proveniss da COGNOME NOME ovvero che lo stesso avesse di fatto la disponibilità della gestione della società. La decisione omette di indicare i criteri di inferenza probatoria che, muovendo dai versamenti in contanti e dalla accertata sproporzione reddituale, consenta di collegare quelle somme a COGNOME NOME NOME ai suoi traffici illeciti. Non viene spiegato come, dal mero dato storico dei contatt telefonici intercorsi negli anni 2011 e 2012 tra il ricorrente e NOME, ricavi che quest’ultimo abbia investito capitali illeciti per la costituzione d società e che ne fosse il titolare effettivo. Anche l’intercettazione tra COGNOME NOME rivela solo una generica relazione tra i due in ordine ad affari immobiliari, la cui natura non emerge né viene esplicitata.
II) Violazione di legge in relazione ai reati di cui ai capi T e U, non risultan dimostrato che i capitali utilizzati per la costituzione delle società provenisser dai traffici illeciti di COGNOME NOME. I giudici territoriali hanno dimost sproporzione tra i redditi e gli impieghi del COGNOME, quando invece occorreva dimostrare che il denaro che NOME aveva accumulato con il traffico di droga era stato utilizzato per costituire ed avviare le società in questione. Si chiede pertanto, la revoca della confisca.
9. NOME COGNOME lamenta quanto segue.
I) Violazione dell’art. 522 cod. proc. pen., con riferimento all’affermazione di responsabilità della COGNOME per fatti di reimpiego di capitali illeciti anteceden l’anno 2004 e/o all’asserito impiego di risorse illecite da soggetti diversi da COGNOME NOME.
II) Vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 648-ter cod. pen. (capo E2).
Deduce che la sentenza impugnata si limita ad argomentare sui dati contabili e finanziari della ditta della RAGIONE_SOCIALE, ignorando che la dichiarazione dei relativi redditi (in misura inferiore al reale) era determinata dalle disposizio normative sulla determinazione del reddito delle imprese agricole. Per affermare la sproporzione tra reddito disponibile ed impieghi, i giudici si limitano al mero
confronto con il dato annuale, senza considerare la complessiva forza economica della COGNOMECOGNOME la quale iniziò a svolgere attività di impresa RAGIONE_SOCIALE dal 2001. La mera assenza di dichiarazioni Irpef sino al 2004 e la non corrispondenza dei redditi effettivi a quelli dichiarati ai soli fini Iva a decorrere dal 2004 si trad un dato del tutto ambiguo, proprio per il particolare regime fiscale che lo Stato ha sempre riservato al reddito delle imprese agricole che vendevano direttamente il loro prodotto. Il Giudice di primo grado ha evidenziato che tra i 2004 e il 2014 il rapporto commerciale intrapreso con la RAGIONE_SOCIALE ha consentito alla COGNOME di ricavare la somma di euro 860.534,34, interamente versato sul suo c/c acceso presso la BNL. Considerati i costi accertati per euro 163.965, appare chiaro che la ricorrente aveva ampia disponibilità di risorse lecite per far fronte alle spese dell’attività. Pertanto, pur difettando la pr dell’utilizzo di capitali illeciti nell’attività RAGIONE_SOCIALE della COGNOME, s erroneamente ricorso ad un elemento del tutto generico (l’assenza di modalità di pagamento tracciabili delle fatture), omettendo di confrontare l’importo delle singole fatture con le soglie previste dal legislatore per il trasferimento contanti. Inoltre, il Giudice di primo grado ha accertato che la COGNOME nel 2007 effettuò, in due distinte occasioni, un investimento in titoli per complessivi eur 150.000, continuando negli anni a porre in essere operazioni finanziarie con le somme derivanti dai titoli disinvestiti, incrementandone nel tempo il valore.
III) Mancanza della motivazione, in relazione alla sussistenza del delitto di cui all’art. 648-ter cod. pen.
Deduce come le affermazioni della sentenza impugnata – secondo cui la ricorrente avrebbe sempre pagato con denaro contante i costi dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – siano radicalmente smentite dalle produzioni difensive richiamate nei motivi di appello, stante la produzione di fatture di acquisto pagate con mezzi tracciabili. Sul punto, la Corte territoriale non ha fornito alcuna rispos omettendo anche di esaminare l’ammontare dei ricavi annuali ai fini Iva e quello dei versamenti dell’anno corrispondente, ciò che avrebbe consentito di apprezzare ulteriori disponibilità liquide in capo alla COGNOME.
IV) Violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità della COGNOME per il reimpiego di capitali provenienti dai reati di cui ai capi H, I, L, M, O, P, Q, R, S, trattandosi di reati per i quali è stata pronunciata assoluzione, che pertanto non possono essere ritenuti presupposti del reato ascritto al capo E2.
V) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’accertamento dei reati presupposto dell’art. 648-ter cod. pen., con riferimento al periodo temporale 2004-2013 o, quantomeno, 2004-2011, non avendo la sentenza impugnata dato conto dei reati fine commessi dall’associazione nel 2011-2012; ancora, quanto ai reati presupposto del periodo 2004-2011, la Corte di appello si
è limitata ad elencare una serie di asserite condotte illecite del COGNOME, senza soffermarsi in concreto sui delitti presupposto, che secondo l’imputazione sarebbero consistiti nel traffico di stupefacenti di COGNOME NOME.
VI) Erronea applicazione dell’art. 648-quater cod. pen., non essendo stato considerato: che la confisca “per equivalente”, data la sua natura sanzionatoria, non poteva essere applicata al delitto di reimpiego di capitali commesso anteriormente al 29.12.2007, data di entrata in vigore del d.lgs. 231/2007; che l’imputazione attribuiva alla COGNOME una condotta di reimpiego di capitali illeciti decorrere dall’anno 2004, per cui la confisca non poteva riguardare periodi temporali estranei all’imputazione. I giudici avrebbero dovuto limitare la confisca di cui all’art. 648-quater cod. pen. al periodo in contestazione e, quanto alla confisca per equivalente, alle somme movimentate successivamente alla data del 29.12.2007.
VII) Omessa motivazione in ordine alla quantificazione del profitto confiscabile ed al valore dei beni confiscati, non essendo stato determinato il quantum del profitto ritratto dal reato ascritto alla COGNOME, con conseguente espropriazione di tutti i beni di proprietà della COGNOME, neppure quantificati ne loro valore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di NOME COGNOME.
1.1. Con i primi due motivi, esaminabili congiuntamente, il ricorrente lamenta vizio motivazionale con riferimento alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al cap A dell’imputazione, nonché in relazione alla ritenuta sussistenza di tale delitto fin dal 2011.
1.1.1. I motivi sono privi di pregio, oltre che reiterativi di analog doglianze proposte in sede di appello, rispetto alle quali la Corte territoriale h fornito congrua ed esauriente risposta, immune da vizi logici o da errori in diritto.
1.1.2. I giudici territoriali hanno logicamente evidenziato gli elementi a supporto dell’affermazione secondo cui l’associazione , criminosa in argomento fosse da considerare operativa sin dal 2011, pur non ritenendo compiutamente provati i singoli fatti di traffico illecito di stupefacenti contestati nei capi da In particolare, si tratta dei dati derivati dall’elaborazione dei tabulati delle ute telefoniche coinvolte nelle indagini e riconducibili agli stessi indagati/imputati, relazione alla ricostruzione di numerosi altri viaggi intrapresi tra l’ottobre 2011 il dicembre 2012, riproducenti le stesse scansioni temporali delle comunicazioni
tra gli imputati accertate nel corso delle attività di captazione dei traf monitorati tra il gennaio e l’ottobre 2013. Infatti, come ricavato dalla sentenza d primo grado, è stato accertato che l’inizio di ogni operazione illecita era segnalato dalla telefonata che NOME COGNOME COGNOME organizzatore dei traffici, finanziatore e destinatario finale della droga – effettuava, da una cabina telefonica di Sestu, a COGNOME NOME, il quale era il corriere incaricato d trasportare il denaro; poco tempo dopo tale contatto telefonico, il COGNOME COGNOMEil quale era residente ad Alghero) si recava a Sestu presso l’RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, per occultare il denaro all’interno della macchina; quando arrivava, contattava NOME NOME NOME NOME NOME (COGNOMECOGNOME, facendo degli squilli convenzionali al su cellulare (fatto emergente, secondo i giudici, anche dai tabulati del dicembre 2012); NOMENOME NOME sua volta, con degli squilli al cellulare di NOME NOME l’arrivo del COGNOME. I giudici di merito hanno, inoltre, riscontrato ch contestualmente ai riferiti contatti con il COGNOME, venivano registrati contat telefonici tra NOME COGNOME – sempre mediante l’utilizzo della solita cabina pubblica – e l’utenza olandese di COGNOME NOME (identificato come il fornitore della sostanza stupefacente, operante in Olanda), volti ad avvisare quest’ultimo del fatto che si era pronti per una nuova operazione e che il COGNOME era in partenza con il denaro necessario per l’acquisto dello stupefacente; infatti, nella stessa giornata, il COGNOME faceva ritorno nel nord della Sardegna e, poco dopo, si imbarcava per raggiungere l’Olanda. Pochi giorni dopo partiva per l’Olanda anche il corriere incaricato di prelevare lo stupefacente, ossia NOME COGNOME, il quale prima della partenza dall’Olanda preavvisava il COGNOME, consegnando poi la droga a quest’ultimo nella zona di Sestu, previo appuntamento telefonico. Sulla scorta di tali elementi, i giudici del gravame di merito hanno adeguatamente osservato come, a seguito dell’accertamento dei traffici del 2013, era stato possibile chiarire, nell’ambito di una valutazion unitaria del compendio probatorio acquisito, che anche i contatti tra gli imputati, rivelati dai tabulati da ottobre 2011 a dicembre 2012, avessero natura illecita e riconducibili alla medesima attività organizzata di traffico di stupefacenti, ragione del medesimo modus operandi dei sodali, nonostante non si fossero provati con ragionevole certezza singoli episodi di traffico e trasporto della droga. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.1.3. Anche sul requisito della stabile struttura organizzativa la Corte distrettuale ha fornito una congrua e logica motivazione, argomentando nel senso che, una volta accertato, e non contestato dagli appellanti, che i sodali disponevano di mezzi (autoveicoli, telefoni cellulari, schede telefoniche, beni immobili) stabilmente utilizzati nelle operazioni di traffico dettagliatament monitorate e ricostruite nel corso delle indagini, non poteva avere alcun rilievo
che gli stessi mezzi fossero suscettibili anche di un uso lecito, come, appunto, i veicoli del COGNOME e del COGNOME, l’RAGIONE_SOCIALE, i telefoni cellulari schede telefoniche. La sentenza impugnata, in definitiva, ha motivatamente concluso nel senso che il gruppo era dotato di una struttura organizzativa solida, ben rodata ed efficiente, finalizzata al compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti, come desunto dal fatto che il sodalizio era operante già dal 2011 e che l’attività illecita era stata interrotta solo sequestro dei 25 Kg di cocaina e dall’arresto in flagranza di NOME COGNOME (avvenuto a Bardonecchia nell’ottobre del 2013).
1.2. Con il terzo motivo, eccepisce la mancata concessione delle attenuanti di cui all’art. 73, comma 7 e 74, comma 7, d.P.R. 309/90, nonostante il ricorrente abbia fatto ritrovare agli inquirenti la somma contante di 120.000 euro, sotterrata nella porcilaia di COGNOME NOME, in tal modo adoperandosi per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti.
1.2.1. La censura è in parte inammissibile ed in parte destituita di fondamento.
1.2.2. È inammissibile, là dove invoca l’erroneo diniego della disposizione normativa di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. 309/90, senza articolare alcuna specifica argomentazione a supporto di tale asserito errore da parte dei giudici di merito. In tal senso, può dirsi che trattasi di doglianza solo genericamente enunciata ma non sviluppata nel mezzo di impugnazione in disamina.
1.2.3. È infondata, con riferimento al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 74, comma 7 cit., in quanto le argomentazioni della Corte territoriale a supporto del diniego di tale attenuante appaiono in linea con il costante insegnamento secondo cui, in tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, per il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 74, comma 7, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, occorre che il contributo conoscitivo sia offerto dall’imputato non ex post ma nel corso della consumazione del reato, e sia utilmente diretto ad interrompere non tanto il traffico della singola partita di droga, bensì l’attiv complessiva del sodalizio criminoso, mediante l’assicurazione delle prove del reato oppure assicurando il sequestro di “risorse decisive” (cfr. Sez. 3, n. 23528 del 19/01/2018, Rv. 273563 – 01; Sez. 4, n. 32520 del 14/04/2016, Rv. 267876 – 01). Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale ha legittimamente argomentato nel senso che la condotta del prevenuto si era limitata a far ritrovare 120.000 euro in contanti, quando era ormai già intervenuta l’interruzione dell’attività dell’associazione, a seguito dell’esecuzione delle misur cautelari, anche reali, nei confronti degli associati. A tale riguardo, è evident che i giudici di merito non abbiano attribuito alcuna importanza decisiva, ai fini che qui rilevano, al ritrovamento della predetta somma di denaro, il cui importo
non sposta molto rispetto ad un giro di affari accertato dell’associazione di oltr un milione di euro, dovendosi pertanto escludere che nella specie possa parlarsi del sequestro di “risorse decisive”, idonee a configurare la circostanza attenuante invocata.
2. Il ricorso di NOME COGNOME.
2.1. I primi due motivi sono identici a quelli dedotti nel ricorso di NOME COGNOME, sicché per gli stessi si devono qui richiamare le stesse argomentazioni sviluppate in sede di esame di quel ricorso (v. supra ai punti 1.1.2. e 1.1.3.).
2.2. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione, i relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo in ordine ai delitt contestati ai capi A, B, C, D, E, F e G.
2.2.1. Il motivo è infondato, oltre che reiterativo di analoga doglianza proposta in sede di appello, rispetto alla quale la Corte territoriale ha forni congrua ed esauriente risposta, immune da vizi logici o da errori in diritto.
2.2.2. I giudici territoriali hanno logicamente accertato che il COGNOME non usava l’utenza di NOME COGNOME solo come “citofono” per entrare nell’RAGIONE_SOCIALE, ma anche per comunicare a NOME COGNOME che, dopo avere caricato il denaro per il viaggio in Olanda per l’acquisto della droga, era giunto ad Alghero senza problemi. La sentenza impugnata ha anche evidenziato un episodio in cui, dopo i soliti squilli a NOME COGNOME, questi si incontra col COGNOME e dalla ambiental emerge la voce del ricorrente, il quale chiama il NOME NOME per avvisarlo che “c’era NOME“. Opina la Corte distrettuale come l’utilizzo di un linguaggio convenzionale nella telefonata tra i due NOME fosse univocamente indicativo della volontà di tenere celata l’identità del soggetto (COGNOME) che era arrivato in RAGIONE_SOCIALE; dato reputato – non illogicamente – indicativo della consapevolezza del ricorrente in ordine al ruolo del COGNOME, in quella come nelle altre occasioni, e del proprio ruolo di agevolatore e filtro dell’attività del NOME NOMEi sentenza risponde adeguatamente anche alla deduzione difensiva secondo cui “NOMENOME NOME NOME identificarsi nella “dr.ssa COGNOMECOGNOME il veterinario che si recav spesso in RAGIONE_SOCIALE“, osservando come i fratelli COGNOME si fossero ispirati a lei pe utilizzare un nome in codice, essendo certo che, nell’occasione sopra descritta, la “NOMENOME NOME NOME arrivando in RAGIONE_SOCIALE era il COGNOMECOGNOME nel contesto dell’arrivo di un’ingente quantità di eroina.
2.3. Con il quarto motivo, deduce vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del delitto di cui al capo U-bis dell’imputazione (autoriciclaggio mediante le operazioni di compravendita delle quote della “RAGIONE_SOCIALE” e della “RAGIONE_SOCIALE“).
2.3.1. Il motivo è inammissibile, trattandosi di censura che articola non consentite doglianze di merito, a fronte di una sentenza che ha motivatamente dato conto delle ragioni a supporto della ritenuta sussistenza del delitto in disamina.
2.3.2. I giudici di merito, con valutazione insindacabile nella presente sede di legittimità, hanno conformemente accertato che né NOME COGNOME né NOME COGNOME avevano un reddito tale da consentire l’accumulo delle somme necessarie per costituire la RAGIONE_SOCIALE prima e la RAGIONE_SOCIALE poi; NOME COGNOME, in particolare, non aveva provato di avere redditi leciti oltre quelli, irri risultanti al Fisco e riferiti all’intero nucleo familiare, con riferimento agli ann 1986 al 2005, e ciò a fronte delle ingenti somme di denaro (nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro) utilizzate in quegli anni, che i giudici – co valutazione non manifestamente illogica – non hanno ritenuto essere frutto di risparmi derivanti da non provate né specificate attività lavorative in nero; inoltre, anche per i periodi successivi è stato appurato che il ricorrente non avesse svolto alcuna attività lavorativa lecita. I giudici hanno inoltre aaccertato che: all’epoca della costituzione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME (socio di NOME COGNOME) era stato affidato in prova al servizio sociale, avendo appena finito di scontare una lunga pena proprio per traffico di stupefacenti e il suo nucleo familiare aveva redditi modestissimi, incompatibili con le somme investite; a sua volta, NOME COGNOME era stato condannato nel 1997 a otto anni di reclusione per traffico di sostanze stupefacenti (commessi tra 11 1994 e il 1995), e al momento dell’intestazione fittizia delle quote societarie della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ave espiato la pena detentiva da poco più di due anni e avrebbe pagato la pena pecuniaria di euro 25.822, senza che fossero presenti fonti di reddito lecite, in ogni caso mai dimostrate. Del resto, i giudici di merito hanno logicamente osservato come la disponibilità di denaro contante non tracciabile, frutto dell’attività illecita di narcotraffico dei fratelli COGNOME, fosse stata evidenzi momento dell’esecuzione della misura custodiale, quando a NOME COGNOME erano stati sequestrati 20.000 euro “sottovuoto”, mentre NOME COGNOME aveva fatto rinvenire 120.000 euro sotterrati nei pressi della porcilaia sita all’interno del loro RAGIONE_SOCIALE, somma che rappresenta una minima parte degli effettivi ricavi conseguiti dagli imputati nel corso della loro illecita attività. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.4. Con il quarto motivo, deduce mancanza di motivazione in relazione alle dichiarazioni spontanee rilasciate in forma scritta dal COGNOME nel giudizio di appello (secondo cui NOME COGNOME non sarebbe mai stato partecipe del traffico di stupefacenti messo in atto dal NOME NOME).
2.4.1. Il motivo è privo di pregio, essendo evidente che i giudici di merito abbiano ritenuto non credibili le dichiarazioni scritte del COGNOME, secondo una
ponderata e non arbitraria valutazione di merito, come tale insindacabile nella presente sede di legittimità.
2.5. Con il quinto motivo, deduce vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, avendo la Corte di merito equiparato la posizione del ricorrente a quella del COGNOME, reputata ben più grave.
2.5.1. Il motivo è inammissibile, non potendosi in questa sede sindacare una logica valutazione di merito come quella attinente al trattamento sanzionatorio applicato all’odierno ricorrente, fra l’altro anche in senso favorevole a medesimo, visto che la Corte territoriale ha ritenuto di escludere la recidiva reiterata a lui contestata. Per il resto, la Corte territoriale ha ritenuto congrua pena irrogata dal giudice di primo grado, in ragione della oggettiva gravità dei fatti e della fattiva collaborazione prestata dal ricorrente all’attività criminale NOME NOME e degli altri complici, anche mediante le attività di riciclaggi intestazione fittizia dei beni provento dei reati contestati.
2.6. I motivi nuovi depositati dalla difesa di COGNOME non fanno altro che ribadire le censure già esaminate con riferimento all’art. 74, d.P.R. 309/90, nonché violazione della legge processuale con riferimento all’art. 533 cod. proc. pen., secondo considerazioni cui si è già data risposta nei paragrafi che precedono nel senso della loro sostanziale inaccoglibilità.
Il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato.
3.1. I due motivi articolati sono identici a quelli dedotti nel ricorso di NOME, sicché per gli stessi si devono qui richiamare le stesse argomentazioni sviluppate in sede di esame di quel ricorso (v. supra ai punti 1.1.2. e 1.1.3.).
4. Il ricorso di NOME COGNOME.
4.1. I due motivi articolati nel ricorso, esaminabili congiuntamente, deducono violazione di legge in relazione all’art. 74, comma 2, d.P.R. 309/90 e vizio motivazionale in relazione alla omessa riqualificazione della condotta del prevenuto in quella di partecipazione all’associazione, atteso il suo ruolo di mero fornitore dello stupefacente acquistato dal gruppo capeggiato da COGNOME NOME.
4.1.1. I motivi sono infondati, atteso che le conformi sentenze di merito hanno offerto una congrua e non illogica motivazione in ordine al ruolo di organizzatore dell’associazione attribuito al ricorrente.
4.1.2. In particolare, è stato appurato che il COGNOME fosse alla costante ricerca di vantaggiosi canali di approvvigionamento per il sodalizio e che non si rivolgesse sempre agli stessi soggetti per l’acquisto di sostanze stupefacenti. I giudicanti hanno osservato come dalle conversazioni con NOME COGNOME fosse emerso che il COGNOME si preoccupasse di individuare fornitori, di trattare prezzi,
di valutare la qualità della sostanza, anche proponendo a NOME COGNOME la diversificazione della stessa; tale condotta del COGNOME, il quale operava in autonomia rispetto al COGNOME all’interno del sodalizio ai fini della gestione deg acquisti delle partite di stupefacente . provenienti dall’Olanda, è stata legittimamente ritenuta idonea a farne un organizzatore dell’associazione, coerentemente con l’insegnamento secondo il quale la qualifica di “organizzatore”, all’interno di un’associazione criminosa dedita al traffico di sostanze stupefacenti, spetta a chi assume poteri di gestione in uno specifico e rilevante settore operativo del gruppo (Sez. 4, n. 53568 del 05/10/2017, Rv. 271707 – 01; cfr., da ultimo, anche Sez. 3, n. 18370 del 19/01/2024, Rv. 286272 – 02, secondo cui riveste la qualifica di organizzatore anche colui che, pur non coordinando l’attività di altri associati, ha il potere di determinare, autonomia rispetto al “capo” del gruppo, sia le cessioni di droga alle quali quest’ultimo partecipi, sia la gestione di pagamenti e di controversie relative a forniture rilevanti per l’operatività del sodalizio).
5. Il ricorso di NOME COGNOME.
5.1. Con unico motivo, lamenta mancanza di motivazione in risposta allo specifico motivo di gravame della difesa, invocante il bilanciamento in prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva contestata.
5.1.1. Il motivo è privo di pregio, atteso che la sentenza di appello ha sostanzialmente confermato le argomentazioni del primo giudice in punto di giudizio di bilanciamento per equivalente delle attenuanti generiche con la riconosciuta recidiva, sostanzialmente al fine di adeguare la pena al fatto e alla personalità del colpevole, secondo una ponderata e non arbitraria valutazione di merito, come tale insindacabile nella presente sede di legittimità.
6. Il ricorso di NOME COGNOME.
6.1. I due motivi articolati, trattabili congiuntamente, deducono vizio di motivazione in relazione ai capi T e U, non risultando dimostrato che i capitali utilizzati per la costituzione delle società indicate nei capi di imputazion provenissero dai traffici illeciti di COGNOME NOME, con richiesta di revoca de confisca disposta dai giudici di merito.
6.1.1. I motivi sono infondati e si pongono ai limiti della inammissibilità, l dove pretendono di contestare la ricostruzione in fatto offerta dai giudici di merito, censurandola per essere la stessa asseritamente basata su “meri elementi di sospetto”, con riguardo alla dimostrazione che i capitali utilizzati pe la costituzione della RAGIONE_SOCIALE provenissero da COGNOME NOME ovvero che lo stesso avesse di fatto la disponibilità della gestione della società. È
appena il caso di rilevare come la Corte territoriale abbia specificamente dato adeguata risposta alle medesime doglianze formulate in sede di appello, rilevando come il COGNOME non avesse in alcun modo dimostrato la provenienza lecita dei capitali in denaro conferiti il 28.10.2004 (euro 35.000) per costituzione della RAGIONE_SOCIALE Il bonifico di 35.000 effettuato dal di NOME COGNOME (padre dell’imputato) era stato preceduto da versamenti in contanti effettuati sullo stesso conto corrente nel giro di pochi giorni, tr 22.10.2004 e il 28.10.2004, data di effettuazione del bonifico. I giudic osservano – non illogicamente – come si tratti di movimenti non tracciabili e anomali rispetto alle capacità reddituali del genitore dell’imputato, dei quali non era stata fornita alcuna spiegazione. Aggiungono che dall’analisi del conto corrente del Banco di Sardegna, intestato alla RAGIONE_SOCIALE, dall’apertura (28.11.2004) e sino alla data della prima realizzazione immobiliare dell’impresa (12.12.2005), risultano effettuati (dal COGNOME quale amministratore unico) versamenti in contanti per complessivi euro 132.240, somme utilizzate per pagamenti connessi all’esercizio dell’attività di impresa della società e da imputare ad apporti a titolo personale effettuati dai soci NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonostante la società non avesse ancora alcun attivo e la situazione reddituale dei due soci fosse praticamente pari a zero. Sono state, inoltre, richiamate conversazioni intercettate che indicano e confermano, secondo i giudici di merito, l’esistenza di comunità di interessi tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali si conoscevano da tempo. Del resto, il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all’art. 12-quinquies d.l. 8 giugno 1992, n. 30 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, contestato al capo T, è un reato di pericolo astratto, essendo sufficiente, per la sua integrazione, che l’agente, sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, sicché la valutazione attinente al pericolo di elusione della misura deve essere compiuta “ex ante”, su base parziale, ovvero alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio-temporale (Sez. 2, n. 7317 del 18/11/2022 – dep. 2023, Rv. 284386 – 01) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
6.1.2. I giudici territoriali hanno anche fornito adeguata risposta ai rilievi ricorrente in relazione al capo U dell’imputazione (art. 648-ter cod. pen.), avendo accertato che le somme utilizzate dal COGNOME per la costituzione della RAGIONE_SOCIALE, prima, e della RAGIONE_SOCIALE, poi, provenivano dai traffi illeciti di stupefacenti realizzati negli anni da NOME COGNOME e dal suo entourag familiare, coprendo un arco temporale che va dal 1994/1995 al dicembre 2015,
quando viene eseguita l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’ambito del presente procedimento. Le argomentazioni sviluppate dai giudici nelle conformi sentenze di merito appaiono prive di vizi logici o di errori in diritto ed linea con l’insegnamento secondo cui, integra il delitto di riciclaggio la condotta idonea a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di una rilevante somma di denaro, qualora, per il luogo e le modalità dell’occultamento, possa ritenersi certa la sua provenienza illecita, non essendo necessario, a tal fine, l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, della sua esatta tipologia e dei suoi autori, posto che il giudice può affermarne l’esistenza attraverso prove logiche (Sez. 2, n. 16012 del 14/03/2023, Rv. 284522 – 01); prove nel caso esaurientemente e logicamente argomentate dai giudicanti sulla base di una analitica e dettagliata ricostruzione dei movimenti di denaro nella (ingiustificata) disponibilità dei prevenuti, della parallela attività il perpetrata dal COGNOME sin dagli anni ’90 del secolo scorso e dalla anomala costituzione e gestione delle società dianzi indicate.
7. Il ricorso di NOME COGNOME.
7.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 522 cod. proc. pen., con riferimento all’affermazione di responsabilità della COGNOME per fatti di reimpiego di capitali illeciti antecedenti l’anno 2004 e/o all’asserito impiego d risorse illecite da soggetti diversi da COGNOME NOME.
7.1.1. Il motivo è infondato. Contrariamente a quanto assunto dalla difesa ricorrente, la contestazione a carico della prevenuta ricomprende un ampio arco temporale, certamente non limitato agli anni che vanno dal 2004 in poi. Invero, il capo di imputazione E2 addebita alla COGNOME di avere utilizzato “danaro provento del traffico di sostanze stupefacenti posto in essere dal marito COGNOME NOME (…) nella gestione dell’attività dell’omonima ditta RAGIONE_SOCIALE svolgent attività di coltivazione di ortaggi (…) Provvedendo poi ad investire pressoché tutt i ricavi di tale attività in varie forme – in particolare in titoli, fondi co polizze assicurative, ecc. per un ammontare complessivo, ad oggi, di circa 535.000 euro – in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa”. Una contestazione temporalmente “aperta”, connessa alla gestione della ditta RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e ai suoi traffici illeciti, rispetto alla q prevenuta ha pienamente accettato il contraddittorio, formulando un atto di appello in cui aveva chiesto ampia assoluzione per insussistenza del fatto contestato ovvero, in subordine, per il periodo antecedente il 2013 o, quantomeno, per quello precedente il settembre 2011. Del resto, nessuna specifica violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. era stata dedotta in sede di
gravame di merito da parte della COGNOME, mentre è pacifico che l’osservanza del diritto al contraddittorio in ordine alla natura e alla qualificazione giuridica fatti di cui l’imputato è chiamato a rispondere, sancito dall’art. 111, comma terzo, Cost. e dall’art. 6 CEDU, comma primo e terzo, lett. a) e b), così come interpretato nella sentenza della Corte EDU nel proc. Drassich c. Italia, è assicurata anche quando il giudice di primo grado provveda alla riqualificazione dei fatti direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, in quanto l’imputato può comunque pienamente esercitare il diritto di difesa proponendo impugnazione (cfr. Sez. 4, n. 49175 del 13/11/2019, Rv. 277948 01).
7.2. Con i motivi dal secondo al quinto, esaminabili congiuntamente, deduce vizio motivazionale in ordine alla sussistenza dell’elemento costitutivo del delitt di cui all’art. 648-ter cod. pen., violazione di legge in relazione all’affermazio di responsabilità della COGNOME per il reimpiego di capitali provenienti dai reati cui ai capi H, I, L, M, N, O, P, Q, R, S e mancata individuaZione dei reati presupposto dell’art. 648-ter cod. pen.
7.2.1. I motivi sono inammissibili, poiché sviluppano articolate censure di merito, pretendendo di contestare la ricostruzione in fatto operata dai giudici i quali, per contro, hanno offerto una motivazione congrua e non manifestamente illogica in ordine alla configurabilità dei fatti illeciti ascritti alla prevenuta.
7.2.2. Non è questa la sede per ripercorrere integralmente le argomentazioni offerte dai giudici di merito per affermare la responsabilità della COGNOME in ordine al delitto di cui all’art. 648-ter cod. pen. Basterà qui ricordar che gli accertamenti fiscali operati dalla Guardia di Finanza sui dati reddituali della COGNOME e sui dati contabili della omonima ditta RAGIONE_SOCIALE non hanno lasciato dubbi sul fatto che la ditta costituisse in realtà un paravento destinato a mascherare gli investimenti di danaro di provenienza illecita di COGNOME NOME; in effetti, è stato accertato che la COGNOME non risulta aver mai lavorato, che la ditt non aveva dipendenti regolarmente assunti (in sede di sommarie informazioni COGNOME NOME, socio della RAGIONE_SOCIALE, ha parlato di cinque o sei dipendenti che venivano pagati da NOME COGNOME), la documentazione di pagamenti per costi d’impresa era risultata frammentaria e del tutto incongruente, a fronte di una movimentazione degli affari veramente notevole, che si era incrementata negli anni, in un settore peraltro notoriamente in crisi. I giudici hanno – non illogicamente – osservato come l’importante discrasia tra le entrate e le uscite riferibili alla COGNOME (spese sostenute superiori di olt 131.000,00 euro rispetto alle entrate) non potesse trovare la sua causale nelle entrate non dichiarate e quindi nell’evasione fiscale, posto che non era stato rinvenuto alcun supporto documentale idoneo a dimostrare che la ditta avesse
sostenuto costi per l’attività tali da giustificare entrate ancora maggiori di quell risultanti documentalmente. Pertanto, a prescindere dalle agevolazioni fiscali delle quali godevano tali tipologie di imprese, i giudicanti si sono legittimamente domandati come la COGNOME facesse fronte agli impegni economici che necessariamente dovevano sottostare ad un simile volume d’affari, il cui esponenziale aumento, nel corso degli anni, non aveva trovato alcun riscontro contabile. È stato, altresì, accertato che la COGNOME non aveva mai esercitato attività RAGIONE_SOCIALE e che alle assemblee dei soci in rappresentanza della ditta RAGIONE_SOCIALE della COGNOME partecipava sempre il marito NOME COGNOME, il quale si occupava, sostanzialmente, di tutto (coltivazione terreni, ritiro assegni, pagamento operai ecc.), tanto che a seguito degli eventi che avevano coinvolto NOME, la produzione della ditta RAGIONE_SOCIALE della COGNOME era diminuita del 50%. Da tali elementi i giudici hanno logicamente desunto che anche la Ditta RAGIONE_SOCIALE intestata alla COGNOME era gestita direttamente da NOME COGNOME, il quale vi investiva i proventi della sua attività illecita, come anche riscontrato dal totale incongruenza tra costi (in particolare spese riconducibili all’attività impresa) e ricavi, cui si è innanzi accennato. In definitiva, non può ritenersi manifestamente illogica la motivazione con cui i giudici territoriali hanno affermato che NOME COGNOME era il reale ed effettivo amministratore dell’attività formalmente gestita dalla moglie, utilizzandola per investire e riciclare il danaro ricavato dai suoi traffici illeciti per attribuirgli una parvenza di liceità; e ch abbia fatto con la consapevole collaborazione della COGNOME, la quale si era prestata a sottoscrivere documenti e a realizzare operazioni, quali l’acquisto di titoli e polizze, funzionali proprio all’utilizzo del danaro provento dell’atti illecita del marito.
7.3. Con i motivi sesto e settimo, trattabili congiuntamente, deduce erronea applicazione della confisca per equivalente ex art. 648-ter cod. pen. e omessa motivazione in ordine alla quantificazione del profitto confiscabile ed al valore dei beni confiscati.
7.3.1. I motivi sono fondati, secondo le considerazioni che seguono.
7.3.2. Occorre rammentare che l’istituto della confisca “per equivalente” (o “di valore”) consiste in una ablazione del patrimonio del reo in misura corrispondente all’arricchimento provocato dall’illecito e si configura, per giurisprudenza pacifica, in una misura sostanzialmente sanzionatoria. La confisca per equivalente, infatti, viene ad assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato
proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza (ex plurimis, Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, COGNOME, Rv. 255037; Sez. 3, n. 18311 del 06/03/2014, COGNOME, Rv 259103; Sez. 3, n. 23649 del 27/02/2013, COGNOME, Rv. 256164). Infatti, «essendo la confisca di valore parannetrata al profitto od al prezzo dell’illecito solo da un punto di vista “quantitativo”, l’ogget della ablazione finisce per essere rappresentato direttamente da una porzione del patrimonio, il quale, in sé, non presenta alcun elemento di collegamento col reato; il che consente di declinare la funzione della misura in chiave marcatamente sanzionatoria (v. al riguardo anche l’ordinanza n. 97 del 2009 della Corte costituzionale, nella quale è richiamata la giurisprudenza di legittimità nonché la già ricordata sentenza della Corte EDU Welch c. Regno Unito)» (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, in motivazione Rv. 264435 – 01). Ne discende che tale confisca non può essere applicata retroattivamente, trattandosi di istituto che, rientrando nella nozione di sanzione penale, deve essere governato necessariamente dagli statuti di garanzia predisposti dall’ordinamento interno (art. 25, secondo comma, Cost.) e da quello convenzionale (art. 7 CEDU). Ciò implica che deve essere esclusa l’applicabilità della confisca per equivalente ai fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore della norma stessa, nel caso individuata nella disposizione di cui all’art. 648-quater cod. pen., introdotta dall’art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 231/2007, in vigore dal 29.12 2007 (sul principio di irretroattività penale in riferimento all’istituto della confisca equivalente v. anche la recente Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022 – dep. 2023, Esposito, Rv. 284209 – 01).
7.3.3. La sentenza impugnata, nel confermare la disposta confisca per equivalente dei beni riconducibili alla COGNOME, non ha minimamente affrontato il problema della vigenza temporale dell’art. 609-quater cod. pen., consentendo, in maniera illegittima, una indiscriminata ablazione del patrimonio della prevenuta, senza considerare che, in realtà, l’entità patrimoniale aggredibile per tale tipo di confisca è solo quella che fa riferimento a reati commessi a decorrere dal 29.12.2007. Per contro, la sentenza impugnata erra in diritto, laddove esplicitamente afferma che la confisca per equivalente dei beni dell’imputata, qualora non sia possibile l’apprensione diretta del prodotto o del profitto del reato, «deve comprendere i beni e i proventi da reato nell’arco di tempo 20012015 come sopra indicato o, quantomeno, sino a tutto il 2014», in ciò dimostrando di non aver compreso la natura sanzionatoria dell’istituto ed il principio di irretroattività ad esso riconducibile.
7.3.4. Pertanto, deve essere disposto l’annullamento in parte qua della sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione relativa alla disposta confisca
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per equivalente nei confronti della COGNOME, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari, la quale provvederà a riesaminare la questione dianzi accennata, operando una puntuale verifica del quantum dei beni confiscabili per equivalente in relazione al tempus commissi delicti e al principio di irretroattività.
In conclusione, alle superiori considerazioni conseguono le seguenti statuizioni finali:
annullamento della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente alla statuizione relativa alla disposta confisca per equivalente, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari per nuovo giudizio sul punto. Rigetto del ricorso nel resto.
Rigetto dei ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, cui consegue per legge la condanna dei medesimi al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla statuizione relativa alla disposta confisca per equivalente, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari per nuovo giudizio sul punto. Rigetta il ricorso nel resto.
Rigetta i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e condanna i medesimi al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 11 settembre 2024
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