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Confisca per equivalente: no alla solidarietà tra correi

La Corte di Cassazione, con la sentenza 38533/2025, ha annullato una decisione che imponeva una confisca per equivalente di 27 milioni di euro in solido tra più coimputati per reati associativi e di traffico illecito. Accogliendo un principio delle Sezioni Unite, la Corte ha stabilito che la confisca deve essere applicata a ciascun concorrente solo per la quota di profitto effettivamente percepita, escludendo ogni forma di responsabilità solidale. Se la quota individuale non è accertabile, il profitto va diviso in parti uguali.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: La Cassazione Dice No alla Responsabilità Solidale tra Coimputati

La confisca per equivalente rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per colpire i patrimoni di provenienza illecita. Tuttavia, la sua applicazione in caso di reati commessi da più persone solleva complesse questioni giuridiche. Con la recente sentenza n. 38533 del 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la responsabilità patrimoniale è personale e la confisca non può essere applicata in solido tra i vari concorrenti nel reato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal G.u.p. del Tribunale di Torino nei confronti di due soggetti, accusati di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.). Oltre alla pena concordata, il giudice aveva disposto, nei confronti degli imputati e di altri co-indagati, la confisca, anche per equivalente, della somma di 27 milioni di euro, ritenuta il profitto dei reati commessi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I due imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, sollevando due principali censure:
1. Errata quantificazione della somma confiscata: a loro avviso, il calcolo era viziato perché basato sull’intero importo delle fatture emesse, senza distinguere tra il ricavato reale e i costi sostenuti.
2. Violazione di legge nell’applicazione della confisca: la doglianza principale riguardava l’applicazione della misura in modo indifferenziato e solidale a tutti i coimputati, senza individuare la quota di profitto ascrivibile a ciascuno.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione aveva chiesto l’annullamento della sentenza limitatamente al secondo punto, ritenendo fondata la questione sulla ripartizione della confisca.

La Decisione della Suprema Corte e la Confisca per Equivalente

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, giudicandolo troppo generico e non in grado di confutare specificamente le argomentazioni del giudice di merito.

Ha invece accolto pienamente il secondo motivo, centrato sulla ripartizione della confisca per equivalente. La Corte ha richiamato un recentissimo e fondamentale pronunciamento delle Sezioni Unite (sent. n. 13783/2025), che ha fissato un principio di diritto ormai consolidato.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza si fonda su un pilastro del diritto penale: il principio della responsabilità personale. La Suprema Corte, sulla scia delle Sezioni Unite, afferma che in caso di concorso di persone nel reato, è esclusa qualsiasi forma di solidarietà passiva per quanto riguarda la confisca.

Questo significa che la misura ablativa deve colpire ogni concorrente solo ed esclusivamente per la parte di profitto che ha effettivamente conseguito. L’onere della prova su quanto ciascuno ha guadagnato spetta all’accusa e deve essere accertato nel contraddittorio tra le parti. La sentenza impugnata è stata annullata proprio perché il giudice di merito non si è attenuto a questo principio, ponendo a carico di tutti i ricorrenti l’intero importo del profitto illecito, senza alcuna distinzione.

La Corte ha inoltre chiarito un aspetto pratico fondamentale: qualora sia impossibile individuare l’esatta quota di arricchimento di ogni singolo concorrente, il giudice non può comunque procedere con una confisca solidale, ma deve ripartire il profitto totale in parti uguali tra tutti i correi.

Le Conclusioni

La decisione in commento ha un’enorme portata pratica. Essa rafforza la garanzia di un giusto processo, assicurando che le misure patrimoniali, per quanto severe, siano sempre proporzionate alla responsabilità individuale. Viene così impedito che un soggetto possa essere chiamato a rispondere con il proprio patrimonio per profitti illeciti percepiti da altri, anche se correi nello stesso reato. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio al Tribunale di Torino, che dovrà procedere a un nuovo giudizio per determinare l’esatta entità del profitto confiscabile a ciascuno dei ricorrenti, applicando correttamente il principio della ripartizione per quote.

In caso di più persone condannate per lo stesso reato, la confisca del profitto si applica in solido?
No, la Cassazione ha stabilito che, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca deve essere disposta nei confronti di ciascun concorrente limitatamente a quanto ha effettivamente conseguito.

Cosa succede se non è possibile determinare la quota di profitto di ogni singolo concorrente?
In caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo, è legittima la ripartizione del profitto in parti uguali tra tutti i concorrenti, ma non l’imposizione solidale dell’intero importo.

È possibile contestare in Cassazione il calcolo dell’importo confiscato con un’argomentazione generica?
No, il ricorso deve essere specifico. La Corte ha ritenuto inammissibile la censura sul calcolo dell’importo perché era troppo generica e non confutava adeguatamente il ragionamento del giudice che aveva emesso la sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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