Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32928 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32928 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
COGNOME NOME COGNOME
COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t. NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t. NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 24/04/2024 del GIUDICE dell’UDIENZA PRELIMINARE del Tribunale di AREZZO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Nell’ambito del procedimento penale recante n. r.g. 1592/12, originariamente instaurato a carico di numerosi soggetti – tra i quali figuravano NOME COGNOME e NOME COGNOME – e relativo a svariate ipotesi di reato ex art. 416, 648bi s e 648ter cod. pen., 4 legge 16 marzo 2006, n. 146 (articolo abrogato ad opera dell’art. 7 d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21 e interamente trasfuso nell’art. 61bis cod. pen., grazie all’art. 5, comma 1, lett. a) della medesima disposizione normativa), 4 legge 17 gennaio 2000, n. 7 e 4 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, veniva disposto in data 02/11/2012, ad opera del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Arezzo, il sequestro preventivo dei beni immobili e dei saldi attivi bancari e postali riferibili – anche per interposta persona – a quarantuno persone fisiche e sedici società, sequestro poi convalidato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Arezzo, con provvedimento del 19/11/2012.
1.1. Con sentenza del 09/11/2017 (divenuta irrevocabile il 27/02/2019), il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Arezzo applicava la pena concordata ex art. 444 cod. proc. pen. a NOME COGNOME e ad altri imputati e disponeva la confisca per equivalente, ai sensi dell’art. 11 della succitata legge n. 146 del 2006, relativamente a svariati beni immobili, nonchØ ai saldi esistenti sui conti correnti intestati a varie società.
1.2. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Arezzo – in funzione di giudice dell’esecuzione e provvedendo a seguito di opposizione, proposta avverso la decisione AVV_NOTAIO stesso Ufficio, a sua volta reiettiva dell’incidente di esecuzione promosso nell’interesse delle società sotto menzionate – ha disposto la revoca della confisca per equivalente di cui sopra e, conseguentemente, la restituzione:
a RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME di un conto deposito titoli giacente presso Banca Etruria del valore di euro 133.578,82, oltre interessi se dovuti, oltre che del saldo attivo pari a euro 8.665,93, esistente sul conto corrente acceso presso Monte dei Paschi di Siena;
a RAGIONE_SOCIALE in liquidazione – in persona del legale rapp.te p.t. NOME COGNOME del saldo attivo rinvenuto sul conto corrente acceso presso Cassa di Risparmio di Firenze, per un ammontare di euro 89.963,98;
a RAGIONE_SOCIALE in liquidazione – in persona del legale rapp.te p.t. NOME COGNOME di un immobile a uso commerciale ubicato in Marcianise, oltre che del saldo attivo esistente sul conto corrente acceso presso Banca di Credito Popolare, per un ammontare di euro 38.537,63 e, infine, di contanti e metalli, secondo le indicazioni contenute nell’atto introduttivo.
Il medesimo provvedimento ha respinto le istanze di analogo contenuto, inoltrate da:
RAGIONE_SOCIALE, relativamente a un immobile di proprietà ubicato in Marciano della Chiana, alla INDIRIZZO;
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, relativamente sia a immobili ad uso commerciale siti nel Comune di Marcianise, alla INDIRIZZO, sia a saldi attivi rinvenuti sui conti correnti accesi presso Monte Paschi di Siena e Banca Valdichiana, per un importo complessivo di euro 93.698,00.
1.3. Il Giudice dell’esecuzione, con il provvedimento ora in esame, ha ritenuto che la sentenza di patteggiamento fosse titolo idoneo a disporre la confisca per equivalente, con riferimento ai reati transnazionali di commercio ‘in nero’ di oro e metalli preziosi e che le società istanti fossero – all’epoca dei fatti – nella disponibilità di quegli imputati che avevano definito il processo penale a loro carico mediante sentenza di applicazione di pena ai sensi e per gli effetti dell’art. 444 cod. proc. pen. Il provvedimento ha poi sottolineato come l’immobile intestato alla RAGIONE_SOCIALE fosse riconducibile a NOME COGNOME, secondo quanto dallo stesso confessato e stando a quanto risultante dalle indagini di polizia giudiziaria, dimostrative di come il cespite fosse utilizzato per la realizzazioni delle transazioni illegali di oro; anche gli altri imputati, del resto, avevano avuto la disponibilità dei beni delle società sopra menzionate, delle quali utilizzavano locali, dipendenti e strutture per le loro attività illecite.
Il Giudice per le indagini preliminari ha escluso, inoltre, la sussistenza del requisito della sproporzione tra profitto e confisca, in quanto l’ammontare del profitto era stato calcolato in modo prudenziale, ossia in base al valore medio dell’oro nello specifico periodo, senza considerare le transazioni dimostrate come avvenute a valori piø elevati; infine, il provvedimento ha applicato il principio di solidarietà, estendendo l’effetto di ablazione agli imputati che erano stati condannati secondo le forme del rito abbreviato.
Ricorrono per cassazione RAGIONE_SOCIALE – in persona del legale rapp.te p.t. NOME COGNOME – e RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE – in persona del legale rapp.te p.t. NOME COGNOME, con ricorsi a firma dell’AVV_NOTAIO, tra loro sovrapponibili (e, perciò, di seguito enunciati unitariamente – entro i limiti strettamente necessari per la motivazione – ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.), deducendo due motivi principali, ciascuno articolato in plurime doglianze.
2.1. Con il primo motivo, si denunciano vizi ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 666 e seguenti cod. proc. pen., oltre che per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, erronea applicazione dell’art. 11 della legge n. 146 del 2006, violazione dell’art. 25 Cost. e dell’art. 7 della CEDU,
oltre che dell’art. 8, par. 1, 7 e 9 della Direttiva 2014/42/UE, letti congiuntamente all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e all’art. 6 CEDU, per difetto di legalità e prevedibilità della confisca, oltre che per mancanza di accertamento sostanziale di colpevolezza e carenza di garanzie partecipative.
Si deve anzitutto rilevare – in ipotesi difensiva – la inidoneità della sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. a costituire titolo idoneo all’applicazione della confisca per equivalente. Le due società ricorrenti sono soggetti giuridici del tutto diversi, rispetto alle persone fisiche imputate nell’ambito del processo penale, godendo esse di un autonomo patrimonio, nonchØ di organizzazione e struttura proprie; esse non sono state mai chiamate, però, a prender parte al procedimento penale, all’esito del quale Ł stata disposta la confisca di beni di loro proprietà e, pertanto, non hanno mai avuto la possibilità di esercitare alcuna prerogativa difensiva. Il giudicato penale, in altri termini, si Ł formato esclusivamente nei confronti degli individui che hanno partecipato al processo nella veste di imputati, tanto che esso non può spiegare effetti a carico delle società. Erra il Tribunale di Arezzo, dunque, nel sostenere che l’accertamento inerente alla ritenuta disponibilità dei beni della società, da parte di NOME COGNOME, esaurisca il tema della legittimità della misura ablativa. La lettera della norma richiede, invece, l’esistenza di una sentenza di condanna, quale non può essere ritenuta quella pronunciata ai sensi e per gli effetti dell’art. 444 cod. proc. pen.
In via subordinata, viene posta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge n. 146 del 2006, per contrasto con gli artt. 25 e 117 terzo comma Cost., in relazione all’art. 7 CEDU e/o questione pregiudiziale di interpretazione ex art. 267 TFUE. Espone la difesa come la misura sanzionatoria sia stata applicata, in danno della società ricorrente, in assenza di qualsiasi accertamento sostanziale di colpevolezza e all’esito di un processo penale – culminato nell’emissione di una sentenza di applicazione della pena – al quale essa Ł restata estranea. ¨ essenziale, invece, che le società siano individualmente chiamate a rispondere dei fatti loro addebitati, senza che ad esse si possa automaticamente estendere l’accertamento di responsabilità penale, eventualmente riguardante la sola posizione individuale degli amministratori o dei soci.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza della motivazione, nonchØ illegittimità della confisca ex art. 11 legge n. 146 del 2006, difetto di legalità e manifesta sproporzione della stessa, in violazione dell’art. 117, comma 1 Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, nonchØ degli artt. 3, 41, 42 e 27 Cost.
Il Tribunale di Arezzo – secondo quanto sussunto nell’impugnazione – non si Ł pronunciato in ordine alla questione, espressamente posta dalla difesa, concernente il difetto di legalità e proporzionalità della disposta confisca; questa si Ł risolta, pertanto, in una illegittima ingerenza nella sfera patrimoniale delle società ricorrenti.
La difesa sottolinea anche che – attenendosi a quanto ritenuto dall’accusa stessa – NOME COGNOME era parte di una complessa associazione, della quale facevano parte altre quattordici persone; il quantitativo di oro da essi commerciato era pari a kg. 2.040, mentre il profitto realizzato da tale gruppo di soggetti era di euro 0,80 al grammo. Se ne deduce che il profitto complessivamente realizzato risultava pari a euro 1.632.000, mentre la confisca Ł stata disposta per un ammontare complessivo di euro 81.600.000, ossia per un valore superiore di ben cinquanta volte, rispetto all’ipotizzato profitto. A ciò si va a saldare il fatto che – quanto a valore economico – i beni confiscati a RAGIONE_SOCIALE e a RAGIONE_SOCIALE corrispondono, rispettivamente a 266.698,74 ed a 408.000 euro, ossia rispettivamente a 1/6 e … del profitto realizzato dall’intero sottogruppo dell’associazione.
2.3. Con memoria del 29 luglio 2024, la difesa di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha:
insistito nelle doglianze concernenti il difetto di proporzionalità della disposta confisca;
nuovamente sviscerato la problematica inerente alla già formulata richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE;
riproposto la questione interpretativa concernente l’applicabilità della confisca per equivalente ex art. 11 della legge n. 146 del 2006, in sede di emissione di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
Con riferimento alla questione di legittimità costituzionale, l’ordinanza non ne ha escluso la possibile fondatezza e, anzi, ha dato atto dell’esistenza di contrapposti orientamenti, circa la corretta lettura dell’art. 11 legge n. 146 del 2006, laddove questo consente l’adozione della confisca per equivalente anche all’esito di sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. Il Giudice dell’esecuzione, però, ha ritenuto non rilevante la questione nella concreta vicenda, trattandosi di tema di merito, attinente al fatto che i beni oggetto dell’istanza di restituzione rappresentino il profitto derivante dai reati commessi dai condannati, ovvero si trovino nella disponibilità esclusiva dei medesimi.
La questione di legittimità costituzionale, comunque, Ł manifestamente infondata, stante la possibilità di equiparare la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. a quella di condanna. La confisca per equivalente, quindi, può essere legittimamente disposta anche in tal caso, a patto che il giudice – nell’adottare il provvedimento ablatorio – individui specificamente le somme di denaro ed i beni da sottoporre a vincolo. Infondata Ł, infine, la richiesta di rinvio pregiudiziale, mancando i presupposti per l’applicazione dell’istituto.
4. Le società ricorrenti hanno presentato memoria difensiva datata 12 giugno 2025, comune ad entrambe e a firma dell’AVV_NOTAIO, a mezzo della quale hanno sostanzialmente reiterato le deduzioni prospettate mediante l’atto di impugnazione principale.
In ordine alla questione interpretativa concernente l’applicabilità della confisca per equivalente a norma dell’art. 11 della legge n. 146 del 2006, in sede di emissione di sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., si ribadisce la sussistenza, nell’avversata decisione, di un errore, costituito dal convincimento che la ritenuta disponibilità – in capo all’imputato – dei beni intestati alla società, possa far ‘venir meno il titolo su cui si fonda la pretesa della società’ e, consequenzialmente, essere da sola idonea a sciogliere ogni dubbio, in punto di legittimità della confisca applicata alle società odierne ricorrenti. RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono soggetti giuridici autonomi e distinti, rispetto alle persone fisiche imputate nel procedimento penale; esse godono di un autonomo patrimonio, di una propria organizzazione e struttura e costituiscono autonomi centri di imputazione di interessi e rapporti giuridici. Ad esse spettano, pertanto, la titolarità giuridica dei beni incisi dal provvedimento ablativo impugnato ed il correlato diritto di rivendicarne la restituzione. In via di mero subordine – laddove si nutrissero residui dubbi, in merito al difetto di legalità della confisca contestata – le odierne ricorrenti insistono affinchØ venga ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. art. 11 della legge n. 146 del 2006, ove interpretato nel senso di consentire l’adozione della confisca per equivalente anche nel caso di definizione del procedimento mediante sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, per contrasto con gli artt. 25 e con 117, comma 1, Cost. in relazione all’art. 7 CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Quanto al difetto di proporzionalità della disposta confisca per equivalente, per essersi estesa tale misura ablatoria all’intero valore dell’oro commerciato, piuttosto che rimanere
circoscritta al solo profitto accertato, le società hanno rappresentato come – stando alla prospettazione accusatoria – NOME COGNOME, al quale sono state ritenute riferibili entrambe le società ricorrenti, sarebbe stato organico a una organizzazione imprenditoriale dedita al commercio illecito di metallo prezioso, il cui referente apicale sarebbe stato un soggetto operante in Svizzera, identificato quale destinatario finale dell’oro commerciato sul territorio nazionale. Di conseguenza, l’utile effettivo derivante dal reato contestato era esclusivamente rappresentato – e ciò anche nella stessa prospettazione accusatoria – dalla differenza esistente, fra il prezzo di acquisto ed il prezzo di rivendita del materiale prezioso.
Si ricorda poi che, con sentenza n. 13783 del 26 settembre 2024, depositata in data 8 aprile 2025- decisione in attesa della quale Ł stata rinviata la trattazione del presente giudizio – le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno statuito che, in caso di concorso di persone nel reato, Ł ‘ illegittima ogni forma di solidarietà passiva tra i correi ‘; ciò vale sia in relazione alla confisca diretta, sia in relazione a quella per equivalente.
Quanto alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, erra il Procuratore generale, nel ritenere carente il requisito della mancanza di chiarezza, circa l’interpretazione e l’applicazione della normativa europea invocata. Il tema attiene, in realtà, alle garanzie partecipative dei terzi titolari di beni confiscati.
La difesa, infine, insiste anche sulla questione interpretativa concernente l’applicabilità della confisca per equivalente ex art. 11 della legge n. 146 del 2006 con la sentenza di patteggiamento; essendo pacificamente sussistente un contrasto giurisprudenziale sul punto, la difesa chiede che – ai sensi dell’art. 618, comma 1, cod. proc. pen. – la questione venga rimessa alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
RAGIONE_SOCIALE – in persona del Direttore Generale p.t. e con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in persona dell’AVV_NOTAIO – ha presentato memoria, attraverso la quale ha domandato il rigetto dei ricorsi.
La censura incentrata sulla inapplicabilità della confisca alla sentenza di patteggiamento Ł inammissibile, dovendo essere proposta tale questione in sede di impugnativa della sentenza e non in sede di esecuzione di una decisione ormai divenuta definitiva. Quanto alla posizione di terzietà della società, Ł risultato acclarato come l’imputato COGNOME NOME si servisse di locali, strumentazione e dipendenti, in vista del raggiungimento di scopi del tutto difformi, rispetto a quelli societari; il flusso finanziario generato, inoltre, non entrava nel patrimonio societario. Da ciò ha tratto origine la scelta di non contestare illeciti di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. In particolare, l’immobile chiesto in restituzione era il luogo prescelto da COGNOME, per l’effettuazione degli scambi di metallo e denaro e, quindi, era sicuramente nella sua completa disponibilità.
La società era, in realtà, una entità priva di rilevanza ed il bene confiscato faceva capo esclusivamente a NOME COGNOME. Non possono essere messe in discussione in sede di esecuzione, del resto, le circostanze di fatto accertate con sentenza definitiva nel giudizio penale, quanto al ruolo e alla consistenza della società utilizzata dall’COGNOME per il perseguimento dei suoi fini illeciti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
Come già sintetizzato in parte narrativa, viene all’esame di questo Collegio l’impugnazione del provvedimento reiettivo assunto all’esito di incidente di esecuzione, volto alla revoca di una confisca per equivalente di beni e valori, assunta a seguito di sentenza di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., relativamente a reati di natura transazionale.
2.1. Quanto al primo motivo sopra riassunto, ossia in ordine al fatto che la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. costituisca titolo atto a legittimare la confisca per equivalente ex art. 11 legge n. 146 del 2006, si sono andati nel tempo delineando – nella giurisprudenza di legittimità – due distinti orientamenti (si sono infatti espresse in senso favorevole, fra tante, Sez. 2, n. 5778 del 30/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284391, Sez. 2, n. 16100 del 27/02/2019, Kamata, Rv. 276051 e Sez. 5, n. 19735 del 11/01/2019, COGNOME, Rv. 276986 01; interpretazione di segno diametralmente opposto Ł stata fornita, invece, da Sez. 5, n. 10438 del 07/02/2019, COGNOME, Rv. 276503 e da Sez. 5, n. 14382 del 29/01/2019, COGNOME, Rv. 275096).
Giova precisare come il medesimo tema sia stato già sottoposto all’attenzione di questa Corte, nell’ambito del processo di cognizione concernente COGNOME e i coimputati, venendo colà preferito il primo indirizzo sopra riassunto (il riferimento Ł a Sez. 2, n. 16100 del 27/02/2019, n. 276051, COGNOME, non mass.). Il secondo motivo di impugnazione attiene al tema della pretesa sproporzione della disposta confisca; anche tale doglianza Ł stata ampiamente riassunta, in parte espositiva.
2.2. Con la sentenza Sez. U, n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287756 01, sono stati poi affermati alcuni rilevanti principi di diritto, nel senso che:
– la confisca di somme di danaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, non potendosi far discendere detta qualifica dalla mera natura del bene. La confisca Ł, invece, qualificabile per equivalente in tutti i casi in cui non sussiste il predetto nesso di derivazione causale;
– in caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca Ł disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito. Il relativo accertamento Ł oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti. Solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali; – i medesimi principi operano in caso di sequestro finalizzato alla confisca, per il quale l’obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti.
2.3. A monte di tale disamina, però, va ricordato come l’art. 11 legge 18 marzo 2006, n. 146 preveda un’ipotesi speciale di confisca, con riferimento ai reati menzionati dal precedente articolo 3 della legge medesima; tale disposizione normativa stabilisce che il giudice allorquando non sia possibile dare esecuzione alla confisca delle cose costituenti il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, ordini la confisca per equivalente di somme di denaro, beni o altre utilità di cui il reo abbia la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore corrispondente a detto prodotto, profitto o prezzo.
La confisca per equivalente – e, prima ancora, il sequestro ad essa funzionale – ha poi la finalità di impedire che l’impiego economico dei beni di provenienza delittuosa possa consentire al colpevole di garantirsi il vantaggio che era oggetto specifico del disegno criminoso (Sez. 3, n. 10120 del 01/12/2010, Provenzale, Rv. 249752). Tale strumento mira, dunque, a ripristinare lo status quo ante , ossia la situazione economica del reo modificata dalla commissione dell’illecito, sterilizzandone le utilità tratte, ma – a differenza della confisca diretta – opera mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di valore corrispondente a dette utilità, risultate in sØ non piø (in tutto o in parte) aggredibili. Tale misura Ł connotata, in definitiva, da un evidente carattere afflittivo – che non ricorre nella confisca diretta, immediatamente legata alla cosa oggetto del profitto – e da un rapporto consequenziale alla condanna proprio della sanzione penale, esulando invece da essa qualsiasi funzione di
prevenzione, propria delle pene accessorie e delle misure di sicurezza, compresa la stessa confisca diretta (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264436; Sez. U, n. 18374 del 31/1/2013, COGNOME, Rv. 255037; Sez. 3, n. 18311 del 6/3/2014, COGNOME, 259103; Sez. 3, n. 7180 del 19/1/2017, COGNOME, non mass.).
In altri termini, la misura Ł parametrata al profitto o al prezzo del reato soltanto sotto un profilo quantitativo, sì che l’ablazione va a colpire una parte del patrimonio che, in sØ, non presenta un collegamento con il reato, nØ alcun rapporto di pertinenzialità con esso (per tutte, Sez. 3, n. 20887 del 15/4/2015, Aumenta, Rv. 263408).¨ l’imputato, allora, che viene ad essere direttamente colpito nelle sue disponibilità economiche, non la cosa in quanto derivante dal reato.
2.4. Ciò premesso, il principio di diritto al quale attenersi Ł nel senso che al terzo interessato dal provvedimento ablatorio, che non abbia preso parte al processo di cognizione, sia certamente consentito tutelare in executivis la sua posizione sostanziale, così domandando la restituzione del bene oggetto di ablazione, mediante la proposizione di incidente di esecuzione; le eccezioni in tal caso riservate al terzo, però, attengono esclusivamente alla propria effettiva titolarità o disponibilità del bene, senza che sia consentito – a tale soggetto contestare l’esistenza dei presupposti fondanti la misura (Sez. 3, n. 23713 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286439 – 01; Sez. 4, n. 4170 del 19/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287396 01; Sez. 2, n. 41861 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287165 – 01; Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, COGNOME, Rv. 276700 – 01; Sez. 6 n. 34704, COGNOME, del 05/08/2016, non mass.; Sez. 6 n. 21966 del 12/05/2016, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268070; Sez. 3, n 15139 del 20/02/2019, Organo, non mass.; stante la palese affinità concettuale e sistematica, si veda anche- seppur dettata in tema di confisca di prevenzione, avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo – la decisione assunta dalle Sezioni Unite di questa Corte all’udienza del 27/03/2025 (processo a carico di COGNOME e altri), laddove si Ł affrontata la questione inerente alla possibilità, per il terzo stesso, di rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni confiscati, ovvero di proporre contestazioni circa gli elementi posti a fondamento dell’applicazione della misura; la soluzione adottata dal massimo consesso di legittimità, in tal caso, Ł stata nel senso che il terzo debba esser ritenuto legittimato a rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità dei beni confiscati).
2.5. Le doglianze sopra esposte, attenendo esse specificamente ai presupposti stessi della avversata misura, non spettano dunque alle società – in quanto trattasi di soggetti diversi, rispetto a coloro che hanno preso parte al processo di cognizione e che sono legati ai beni e ai valori ablati in base a un titolo di formale intestazione – bensì ai soli imputati del processo di cognizione. Le censure sussunte nell’atto di impugnazione, concernenti sia il tema della possibilità di adottare le confisca all’esito di una sentenza di applicazione di pena ai sensi e per gli effetti dell’art. 444 cod. proc. pen., sia il profilo della sproporzione della misura, sarebbero state esperibili dai soli imputati, essendo riservato alle società far valere – in via esclusiva – l’aspetto dell’appartenenza a sØ di quanto abbia costituito oggetto di ablazione. 3. Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto dei ricorsi; segue ex lege la condanna delle società ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 27/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME