Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26548 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26548 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nata a Firenze il 11 maggio 1960;
avverso la ordinanza n. 179/2024 RIMCReali del Tribunale di Bologna del 13 settembre 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott., NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Bologna, con ordinanza emessa in data 13 settembre 2024 ha, agendo in qualità di giudice del riesame della cautela reale, solo parzialmente accolto l’appello proposto da COGNOME NOME avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Bologna, in composizione collegiale, aveva rigettato la istanza da quella presentata al fine di ottenere la revoca parziale del sequestro preventivo disposto dal Gip del medesimo Tribunale nel corso del procedimento penale a carico del marito della citata appellante COGNOME NOME – indagato (a differenza delle COGNOME che, invece, non è indagata) in relazione ad una imputazione relativa alla promozione, direzione ed organizzazione di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia fallimentare, tributaria oltre che di riciclaggio ed autoriciclaggio nonchè riguardo alla realizzazione di una serie di reati fine di tale associazione – il cui oggetto, allo scopo di assicurare gli effetti dell’eventuale confisca, anche per equivalente, del profitto dei predetti reati, era costituito da una serie di beni mobili (monili, oggetti preziosi ed orologi di valore) rinvenuti presso la abitazione coniugale del COGNOME.
In particolare, avendo il Tribunale, quale giudice del dibattimento penale a carico del COGNOME, rigettato, come detto, su conforme parere del Pm, la istanza di parziale revoca del sequestro promossa dalla COGNOME, quale terza titolare dei beni in questione estranea ai reati per cui è processo (parziale poiché limitata solo ad una parte dei beni staggiti) in quanto non vi erano elementi per sostenere che gli oggetti in questione fossero di proprietà esclusiva della COGNOME e non fossero stati acquistati dal COGNOME a fine di investimento economico, in sede di riesame il Tribunale felsineo ha, invece, osservato che, in relazione a taluni dei beni originariamente sequestrati e riguardo ai quali era stata formulata istanza di revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente (beni specificamente indicati nel provvedimento redatto dal giudice del riesame cautelare), non si poteva affermare che gli stessi fossero nella disponibilità del COGNOME, in quanto pervenuti alla COGNOME direttamente a seguito di successione mortis causa in occasione della scomparsa della di lei madre, come dichiarato dal fratello della donna.
Limitatamente, pertanto, a tali beni il Tribunale ha accolto l’appello della COGNOME ed ha, conseguentemente, revocato in parte qua il sequestro a suo tempo disposto dal Gip bolognese.
Avverso il provvedimento in tale modo reso dal citato Tribunale ha, ora, interposto ricorso per cassazione la difesa della COGNOME affidando le proprie lagnanze ad un unico motivo di ricorso con il quale è lamentata la carenza di motivazione in relazione alla affermata appartenenza dei beni in perdurante sequestro al COGNOME; è stata, altresì, lamentata la violazione di legge per essere stati sottoposti a sequestro finalizzato alla confisca per equivalente beni non riconducibili all’imputato; in particolare la ricorrente ha osservato che non vi è alcuna dimostrazione del fatto che gli oggetti di valore sottoposti a sequestro, in particolare per gli oggetti prettamente femminili o, comunque, non riconducibili ad una loro destinazione maschile, siano, per provenienza, il frutto del reimpiego del profitto dei reati addebitati al COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, essendo risultato manifestamente infondato (ove non inammissibile) il motivo di ricorso posto a suo sostegno, è, a sua volta, inammissibile è, pertanto, per tale lo stesso deve essere dichiarato.
Giova, prima di esaminare specificamente, la doglianza della ricorrente, ribadire, data la tipologia del provvedimento oggetto di impugnazione di fronte a questa Corte di cassazione, cioè un provvedimento cautelare avente carattere reale, che lo stesso è suscettibile di essere sindacato da questo giudice di legittimità solamente alla stregua della eventuale violazione di legge, non essendo, invece, assoggettabile – ove non si tratti di motivazione del tutto omessa o meramente apparente – all’esame nella presente sede la congruità motivazionale del provvedimento impugnato.
Tanto segnalato, si osserva, altresì, come appaia argomento sostanzialmente “fuori fuoco” il fatto, invece enfatizzato dalla ricorrente, che sarebbe riscontrabile nella ordinanza impugnata una “assoluta carenza di motivazione (…) circa una presumibile provenienza delittuosa dei beni (…) sequestrati alla ricorrente”.
Invero, data la pacifica finalità del sequestro preventivo operato – cioè il suo essere prodromico alla confisca per equivalente – la circostanza che i beni oggetto del provvedimento cautelare siano o meno in rapporto di derivazione pertinenziale con i reati contestati, cioè che essi costituiscano o meno il profitto di esso ovvero che ne siano il diretto reimpiego, è fattore del tutto irrilevante ai fini della legittimità del provvedimento stesso (sulla irrilevanza della esistenza del nesso di pertinenzialità fra bene confiscato e reato in caso
di confisca per equivalente, sì veda, fra le altre: Corte di cassazione, Sezion III penale, 15 ottobre 2018, n. 46709, rv 274560).
Fatta, quindi, questa ulteriore precisazione, volta a privare di significato la doglianza riguardante la pretesa carenza di motivazione in ordine alla derivazione dei beni staggiti dai fatti delittuosi ascritti al COGNOME v questo punto, concentrata l’attenzione sulla questione avente ad oggetto la esistenza del requisito della disponibilità dei predetti beni in capo al COGNOME
Come è noto, infatti, giusta la previsione di cui all’art. 12-bis del dlgs 74 del 2000 (e fra i reati in contestazione al COGNOME vi sono anche reat tributari), in caso di condanna per uno dei reati previsti dal predetto test legislativo “è sempre ordinata la confisca” dei beni che ne costituiscono il profitto od il prezzo; quando ciò sia impossibile è ordinata, per un corrispondente valore, la confisca “di beni di cui il reo ha la disponibilità”.
In tale concetto, per consolidata giurisprudenza, deve intendersi non solamente una relazione di tipo dominicale fra il bene in questione ed il reo, ma anche – salva la prova della esistenza di un più ampio e prevalente diritto da parte di un terzo estraneo al reato – una relazione di tipo fattua riconducibile, ove si volessero utilizzare i canoni ermeneutici propri del diritt privato, alla nozione di possesso (Corte di cassazione, Sezione III penale, 31 gennaio 2019, n. 4887, rv 274852).
Ora, considerato che nella fattispecie i beni ora oggetto di contenzioso sono stati rinvenuti parte in una cassaforte installata all’interno della ca coniugale dei coniugi COGNOMECOGNOME e parte nella camera matrimoniale dei due e che il Tribunale dà atto, e sul punto non vi è stata alcuna smentita da parte della ricorrente, che costei, data la sua condizione reddituale, non sarebbe stata in grado di acquistare con mezzi propri gli oggetti preziosi dei quali ora la stessa rivendica la titolarità esclusiva, appare del tu pretestuosa la doglíanza riguardante la affermata esecuzione del sequestro per equivalente su beni che non erano nella disponibilità dell’imputato.
Va al riguardo, anzi segnalato come il giudice del riesame – in ciò manifestando anche una certa longanimità verso la attuale ricorrente – abbia ritenuto giustificata la parziale revoca del sequestro nella parte in cui la stes ha – secondo quanto risultato dalla semplice escussione del fratello della attuale ricorrente e da nessun altro elemento documentale – riguardato degli oggetti preziosi che sarebbero pervenuti esclusivamente alla COGNOME per
effetto della vocazione ereditaria della medesima conseguente alla scomparsa della di lei madre.
La mancanza, da una parte, di elementi segnalati dalla ricorrente e non valorizzati da parte del giudice del riesame che avrebbero potuto estendere
l’ampiezza del novero dei beni sequestrati riconducibili alla sola ricorrente e, per altro verso, la piena plausibilità del ragionamento che ha indotto i giudici
del merito cautelare ad attribuire al COGNOME la disponibilità dei beni per quali è stato mantenuto il sequestro, depongono per la manifesta
infondatezza del ricorso proposto dalla COGNOME e, pertanto, per la sua inammissibilità.
La ricorrente, di conseguenza, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00
euri in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presid nte