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Confisca per equivalente: la disponibilità del bene

La Corte di Cassazione chiarisce i presupposti della confisca per equivalente, affermando che è sufficiente la ‘disponibilità’ fattuale del bene da parte dell’imputato, anche se formalmente intestato a un terzo. Nel caso esaminato, è stato confermato il sequestro di beni preziosi trovati nella casa coniugale, nonostante la moglie ne rivendicasse la proprietà esclusiva, non avendo fornito prova sufficiente a escludere la disponibilità da parte del marito indagato.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: Quando la Disponibilità di un Bene Prevale sulla Proprietà Formale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione torna a fare luce su un tema cruciale del diritto penale patrimoniale: la confisca per equivalente. La decisione chiarisce come il concetto di ‘disponibilità’ di un bene da parte di un imputato possa giustificare il sequestro, anche quando il bene stesso sia formalmente di proprietà di un’altra persona, come il coniuge. Questo principio diventa fondamentale nei procedimenti per reati finanziari, tributari e di riciclaggio, dove spesso i patrimoni illeciti vengono schermati attraverso intestazioni fittizie a terzi.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un procedimento penale a carico di un uomo, indagato per gravi reati tra cui associazione per delinquere finalizzata a reati fallimentari, tributari, riciclaggio e autoriciclaggio. Nel corso delle indagini, veniva disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente su una serie di beni di valore (monili, oggetti preziosi e orologi) rinvenuti nell’abitazione coniugale.

La moglie dell’indagato, estranea ai reati contestati, proponeva appello avverso il provvedimento, sostenendo di essere l’unica proprietaria di tali beni e chiedendone la restituzione. Il Tribunale del riesame accoglieva solo parzialmente la sua richiesta, disponendo il dissequestro unicamente per alcuni oggetti di cui era stata dimostrata la provenienza da un’eredità materna. Per tutti gli altri beni, il sequestro veniva confermato. La donna decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando una carenza di motivazione circa l’effettiva appartenenza dei beni al marito e la violazione di legge per aver applicato un sequestro su beni a suo dire non riconducibili all’imputato.

La Decisione della Corte sulla Confisca per Equivalente

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la legittimità del sequestro operato sui beni rimasti. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi di fondamentale importanza pratica.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che, nel contesto della confisca per equivalente, è del tutto irrilevante dimostrare un nesso di pertinenzialità tra i beni sequestrati e i reati commessi. A differenza della confisca diretta (che colpisce il profitto specifico del reato), quella per equivalente mira a colpire un patrimonio di valore corrispondente al profitto illecito, quando quest’ultimo non è più rintracciabile. Pertanto, la doglianza della ricorrente sulla mancata prova della provenienza delittuosa dei gioielli è stata giudicata ‘fuori fuoco’.

Le Motivazioni: Il Concetto di Disponibilità

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione del requisito della ‘disponibilità’ del bene in capo al reo, richiesto dalla normativa (in questo caso, l’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000 per i reati tributari). La giurisprudenza consolidata, richiamata dalla Corte, intende la disponibilità non solo come proprietà formale, ma come una qualsiasi relazione fattuale che permetta all’imputato di utilizzare il bene. Si tratta di una nozione assimilabile al possesso civilistico, che prescinde dall’intestazione giuridica.

Nel caso specifico, diversi elementi fattuali hanno portato i giudici a concludere per la sussistenza di tale disponibilità in capo al marito:
1. Luogo del ritrovamento: I beni erano custoditi in parte in una cassaforte e in parte nella camera matrimoniale dell’abitazione comune.
2. Incapacità economica della ricorrente: Il Tribunale aveva accertato che la condizione reddituale della donna non le avrebbe permesso di acquistare autonomamente beni di tale valore.

Questi elementi creano una presunzione forte che i beni, pur essendo magari utilizzati dalla moglie, fossero in realtà nella sfera di controllo e disponibilità del marito. La ricorrente non è riuscita a fornire una prova contraria convincente per superare questa presunzione. L’argomento secondo cui alcuni oggetti erano prettamente femminili è stato ritenuto irrilevante, poiché non esclude la possibilità che fossero stati acquistati dall’imputato come forma di investimento o reimpiego di proventi illeciti.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza un principio fondamentale nella lotta alla criminalità economica: la ‘disponibilità’ di un bene è un concetto fattuale che prevale sulla schermatura della proprietà formale. Per un terzo che si veda sequestrare un bene in un procedimento a carico di un’altra persona (anche se un familiare stretto), non è sufficiente affermarne la proprietà. È necessario fornire una prova rigorosa non solo del proprio titolo di acquisto, ma anche dell’assoluta estraneità dell’imputato a qualsiasi forma di controllo o potere di fatto sul bene stesso. In assenza di tale prova, la presunzione di disponibilità in capo all’imputato, soprattutto in un contesto di convivenza, è sufficiente a legittimare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.

Cosa si intende per ‘disponibilità’ di un bene ai fini della confisca per equivalente?
Per ‘disponibilità’ si intende non solo la proprietà giuridica, ma qualsiasi relazione fattuale di controllo o possesso del bene da parte del reo. È sufficiente che il soggetto possa di fatto goderne e disporne, anche se il bene è formalmente intestato a un terzo.

È necessario provare che i beni sequestrati per equivalente derivino dal reato?
No, per la confisca per equivalente non è necessario dimostrare il nesso di pertinenzialità, ovvero che i beni sequestrati siano il profitto diretto del reato. L’obiettivo è colpire il patrimonio del reo per un valore corrispondente a quello del profitto illecito non più rintracciabile.

I beni del coniuge possono essere sequestrati per un reato commesso dall’altro coniuge?
Sì, possono essere sequestrati se si dimostra che, nonostante l’intestazione formale al coniuge estraneo al reato, tali beni erano nella concreta disponibilità dell’imputato. La convivenza e il ritrovamento dei beni nell’abitazione comune possono creare una forte presunzione in tal senso, che spetta al terzo proprietario superare con prove concrete.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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