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Confisca per equivalente in fase esecutiva: legittima?

La Corte di Cassazione ha confermato che la confisca per equivalente può essere legittimamente disposta dal giudice dell’esecuzione anche se omessa nella sentenza di patteggiamento. La decisione si fonda sulla natura obbligatoria della misura per i reati tributari, come previsto dall’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000. Il caso riguardava una contribuente condannata per illeciti fiscali, i cui beni erano stati preventivamente sequestrati. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’omissione del giudice della cognizione può essere sanata in fase esecutiva, senza violare il diritto di difesa, garantito dalla possibilità di opposizione.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: Può Essere Disposta in Fase Esecutiva? La Cassazione Conferma

La confisca per equivalente rappresenta uno strumento cruciale nel contrasto ai reati economici, in particolare quelli tributari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9478/2024) ha affrontato una questione di notevole rilevanza pratica: è possibile per il giudice dell’esecuzione disporre questa misura se è stata omessa nella sentenza di patteggiamento? La risposta, affermativa, consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un procedimento penale per reati tributari a carico di una contribuente. Nel corso delle indagini, il G.i.p. aveva disposto il sequestro preventivo di beni immobili e disponibilità finanziarie fino a un valore di oltre 400.000 euro, corrispondente all’imposta evasa. Successivamente, la contribuente ha definito la sua posizione con una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento).

Tuttavia, la sentenza di patteggiamento, pur diventando irrevocabile, non conteneva alcuna statuizione sulla confisca dei beni precedentemente sequestrati. Forte di questa omissione, la difesa ha richiesto al giudice dell’esecuzione la revoca del sequestro e la restituzione dei beni. Il giudice, però, ha rigettato la richiesta e, al contrario, ha ordinato la confisca dei beni fino alla concorrenza del profitto del reato. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo l’incompetenza del giudice dell’esecuzione a disporre una misura sanzionatoria come la confisca.

La questione giuridica: il potere del giudice dell’esecuzione

Il nucleo del ricorso si basava su due argomenti principali:

1. Natura della confisca: La difesa sosteneva che la confisca per equivalente, avendo natura di sanzione penale, potesse essere irrogata solo in sede di cognizione, ovvero dal giudice che emette la condanna, e non in quella successiva dell’esecuzione.
2. Incompetenza funzionale: Di conseguenza, il giudice dell’esecuzione sarebbe stato funzionalmente incompetente a disporre una misura che, secondo la giurisprudenza sovranazionale, è assimilabile a una pena principale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla confisca per equivalente

La Suprema Corte ha dichiarato i motivi del ricorso infondati, offrendo una chiara e articolata motivazione. Il ragionamento dei giudici si fonda sull’interpretazione dell’art. 676 del codice di procedura penale. Questa norma attribuisce espressamente al giudice dell’esecuzione la competenza a decidere in materia di confisca, a due condizioni:

1. Che il giudice della cognizione non si sia già pronunciato in merito (per evitare una duplicazione di giudizi).
2. Che si tratti di un’ipotesi di confisca obbligatoria.

È proprio quest’ultimo punto a essere decisivo. Per i reati tributari, l’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000 stabilisce che la confisca del profitto del reato (o di beni di valore equivalente) è “sempre ordinata” in caso di condanna o patteggiamento. La natura obbligatoria della misura, imposta dalla legge, la rende un atto dovuto che può essere ‘recuperato’ in fase esecutiva qualora il giudice della cognizione l’abbia omessa.

La Corte ha ribadito che, sebbene la confisca per equivalente abbia una natura sanzionatoria, ciò che rileva ai fini dell’applicazione in fase esecutiva è il suo carattere obbligatorio. Trattandosi di una statuizione imposta dalla legge, la sua omissione costituisce un mero errore che può essere corretto dal giudice competente per l’esecuzione.

Infine, la Cassazione ha respinto le preoccupazioni relative alla violazione del diritto di difesa. La procedura prevede infatti che l’interessato possa proporre opposizione avverso il provvedimento di confisca, instaurando un procedimento in pieno contraddittorio in cui far valere tutte le proprie ragioni. Questa garanzia assicura una doppia valutazione nel merito, tutelando adeguatamente i diritti del condannato.

Le Conclusioni

La sentenza in commento consolida il principio secondo cui l’omissione della confisca obbligatoria nella sentenza di condanna o patteggiamento non preclude la sua successiva applicazione. Il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di disporla, sanando l’errore del giudice della cognizione. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche: rafforza l’efficacia degli strumenti di aggressione ai patrimoni illeciti derivanti da reati fiscali e garantisce che l’obbligatorietà della sanzione patrimoniale non venga vanificata da una mera dimenticanza in fase di giudizio. Per i condannati, significa che l’assenza della statuizione sulla confisca in sentenza non rappresenta una ‘via di fuga’ definitiva dalla misura ablativa.

Il giudice dell’esecuzione può ordinare la confisca per equivalente se non era prevista nella sentenza di patteggiamento?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice dell’esecuzione può e deve disporre la confisca per equivalente se questa è obbligatoria per legge (come nel caso dei reati tributari) e se il giudice della cognizione ha omesso di pronunciarsi in merito.

Perché la natura obbligatoria della confisca è così importante?
È il fattore decisivo. Poiché la legge prevede che la confisca sia ‘sempre ordinata’ per certi reati, la sua applicazione diventa un atto dovuto. L’omissione in sentenza viene quindi considerata un errore che può essere sanato in fase esecutiva, a differenza delle misure facoltative che richiedono una valutazione di merito esclusiva del giudice della cognizione.

Ordinare la confisca in fase esecutiva viola il diritto di difesa del condannato?
No. La Corte ha chiarito che il diritto di difesa è pienamente garantito. La persona colpita dal provvedimento di confisca emesso dal giudice dell’esecuzione ha il diritto di proporre opposizione, dando vita a un procedimento in contraddittorio in cui può presentare le proprie argomentazioni e prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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