Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18180 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18180 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Albania il 31/08/1966, avverso l’ordinanza in data 04/11/2024 del Tribunale di Bologna, Sezione per il riesame;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore del ricorrente, avv.to NOME COGNOME che ha chiesto, in accoglimento del ricorso, l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 04/11/2024, il Tribunale di Bologna, Sezione per il riesame, ha confermato il decreto con cui, il precedente 01/07/2024, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, ritenendo sussistenti, nei confronti degli indagati NOME COGNOME ed NOME COGNOME gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e a plurimi delitti d illecita detenzione e di illecita cessione di sostanze stupefacenti, aveva disposto il sequestro preventivo, a fini di confisca per equivalente, dell’immobile ubicato in
Bologna, alla INDIRIZZO, folio 279, part. 791, sub 15, di cui i predetti avevano la disponibilità, ma risultato formalmente intestato al soggetto terzo COGNOME rigettando la richiesta di riesame da quest’ultimo presentata.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dello Sheganaku, avv.to NOME COGNOME che ha articolato un unico motivo di ricorso, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con tale motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 125 cod. proc. pen. e del disposto dell’art. 111 Cost., nonché il vizio di motivazione per carenza o mera apparenza.
Sostiene, in specie, che la decisione del Tribunale del riesame risulterebbe viziata, atteso che: a) si sarebbe obliterata la valutazione della documentazione depositata dalla difesa, in tesi dimostrativa dell’avvenuto acquisto dell’immobile in funzione di un possibile, ma in realtà mai avvenuto, trasferimento a Bologna del ricorrente e della compagna, valevole a consentire alla donna di svolgervi l’attività lavorativa per cui aveva ottenuto la qualifica; b) si sarebbe immotivatamente ritenuto il ricorrente un mero prestanome dei cugini NOME COGNOME ed NOME COGNOME valorizzando la circostanza che l’immobile sequestrato gli era stato venduto dai genitori di questi ultimi e, di lì a poco, era stato da lui locato ad NOME COGNOME e alla coniuge, ma non tenendo conto del fatto che, in tal modo, la qualità di possessore permaneva in capo al locatore; c) si sarebbe erroneamente svalutata la risalenza dell’acquisto, avvenuto ben tre anni prima dell’epoca a cui risale la commissione dei delitti ascritti agli indagati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME è manifestamente infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
Destituito di fondamento è l’unico motivo del ricorso di cui trattasi, con cui si lamenta l’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 125 cod. proc. pen. e del disposto dell’art. 111 Cost., nonché il vizio di motivazione per carenza o mera apparenza, sostenendo che la decisione del Tribunale del riesame sarebbe inficiata, per un verso, dall’omessa valutazione della documentazione depositata dalla difesa, in tesi dimostrativa dell’avvenuto acquisto dell’immobile in funzione di un possibile trasferimento a Bologna del ricorrente e della compagna, valevole a consentire alla donna di svolgervi
l’attività lavorativa per cui aveva ottenuto la qualifica, avrebbe, per altro verso, erroneamente riconosciuto al ricorrente il ruolo di prestanome dei cugini NOME ed NOME COGNOME in ragione del solo fatto che l’immobile sequestrato gli era stato venduto dai genitori di questi ultimi e, di lì a poco, era stato da lui locato ad NOME COGNOME e alla coniuge, senza considerare che, in tal modo, la qualità di possessore permaneva in capo al locatore e non avrebbe tenuto conto, per altro verso ancora, della risalenza dell’acquisto del bene, avvenuto tre anni prima del momento in cui si colloca la commissione dei delitti ascritti agli indagati.
Rileva preliminarmente il Collegio che costituisce consolidato principio di diritto quello secondo cui «Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (così: Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608-01, nonché, in precedenza, Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e altro, Rv. 269656-01, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893-01 e Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093-01).
Tanto premesso, è a dirsi che non è riscontrabile nel provvedimento impugnato la dedotta carenza motivazionale, integrante, in tesi, l’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 125 cod. proc. pen.
Ciò perché il Tribunale del riesame ha diffusamente argomentato la ritenuta fittizietà dell’intestazione al ricorrente dell’immobile sottoposto al sequestro per equivalente, evidenziando, in primis, che lo stesso era stato acquistato, nell’anno 2015, dalla madre degli indagati NOME COGNOME ed NOMECOGNOME in esito alla stipula di un preliminare, avvenuta nell’anno 2013, in cui figurava come promissario acquirente anche il predetto NOME COGNOME rilevando, altresì, che tale bene, nell’anno 2018, era stato venduto al ricorrente dai genitori degli indagati, NOME COGNOME e NOME COGNOME del quale ultimo il predetto è cugino, chiarendo, ancora, che il mutuo, dell’importo di euro 186.297,00, ottenuto dal citato acquirente e odierno ricorrente, copriva parte soltanto del prezzo convenuto, ammontante a euro 250.000,00, rimarcando che, a distanza di soli due mesi e mezzo dall’acquisto, l’immobile era stato locato dall’acquirente all’indagato NOME COGNOME e a sua moglie e ponendo in rilievo, da ultimo, che l’acquirente/locatore risiede non già a Bologna, ma a Massa.
A fronte di un impianto argomentativo di tal genere, caratterizzato da coerenza, logicità e completezza, le deduzioni difensive, incentrate su una poco verosimile ricostruzione alternativa dei fatti, si rivelano del tutto generiche.
Né appare meritevole di positivo apprezzamento la lamentazione imperniata sull’omessa valutazione di documenti asseritamente dimostrativi dell’avvenuto acquisto dell’immobile in funzione del possibile trasferimento a Bologna del ricorrente e della sua compagna, costituendo principio consolidato, cui deve darsi continuità, quello secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, l’omesso esame di una memoria difensiva da parte del tribunale del riesame non può essere dedotto in sede di legittimità, salvo che introduca temi nuovi e questioni diverse potenzialmente decisive, non sussistendo un ‘omessa valutazione quando gli argomenti in essa sviluppati, sui quali il provvedimento impugnato sia rimasto silente, siano smentiti dal complessivo impianto motivazionale, in quanto logicamente incompatibili con la ricostruzione accertata e la valutazione formulata» (così: Sez. 5, n. 5443 del 18/12/2020, dep. 11/02/2021, COGNOME, Rv. 280670-01).
Da ultimo, ritiene il Collegio che non assuma rilievo alcuno, ai fini di specifico interesse, il tempo – comunque contenuto in quattro anni – decorso tra la fittizia intestazione dell’immobile in capo al terzo/odierno ricorrente e la commissione dei reati da parte degli indagati, avendo chiarito la Suprema Corte che «Non si estende alla confisca per equivalente il criterio di temperamento della “ragionevolezza temporale” fra le acquisizioni patrimoniali e l’attività illecita, richiesto ai fini della confisca di prevenzione e di quella per sproporzione, in quanto, a differenza di queste due ultime forme di ablazione, la confisca per equivalente, quale sanzione di entità commisurata al vantaggio illecito ritratto, consegue all’accertamento della colpevolezza in ordine ad uno specifico fatto delittuoso» (in tal senso: Sez. 6, n. 35789 del 10/07/2024, Russo, Rv. 28697401).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 23/04/2025