Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29755 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29755 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Lugo il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 21/11/2023 della Corte d’appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Bologna, quale giudice dell’esecuzione, con l’impugnata ordinanza, emessa ai sensi dell’art. 667, comma 4 1 cod.proc.pen., ha rigettato l’opposizione avverso l’ordinanza con la quale la Corte d’appello di Bologna, ai sensi dell’art. 676 cod.proc.pen., aveva parzialmente accolto l’istanza di restituzione delle somme di denaro sottoposte a confisca per equivalente, ai sensi dell’art. 322 ter cod.pen. e art. 1 legge n. 244 del 2007, in relazione al reato di cui al capo A) – art. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, ed aveva respinto l’analoga istanza di restituzione degli immobili sottoposti a confisca in relazione al reato di cui al capo B) – art. 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.
Avverso l’ordinanza COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen., inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 648650, 666 e 676 cod.proc.pen. sotto il profilo dell’intangibilità del giudicato dell’iniziativa del Pubblico Ministero, contraddittorietà della motivazione con riferimento alla divergenza tra dispositivo e motivazione.
La corte territoriale avrebbe escluso l’intangibilità del giudicato ritenendo che la confisca disposta dal Tribunale di Ravenna fosse stata ordinata in via diretta, argomentando che non vi sarebbero dubbi sul fatto che “gli immobili ceduti alla consorte siano da ritenersi profitto del reato contestato all’imputato di cui all’art 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, dunque oggetto di confisca diretta ai sensi dell’art. 240 comma 1 cod.pen. e 322 ter cod.pen.”.
Secondo il ricorrente, al contrario, emergerebbe con estrema chiarezza che il dispositivo della sentenza del Tribunale aveva ordinato la confisca per equivalente dei beni mobili, immobili e/o somme di denaro nella diretta disponibilità dell’imputato, senza indicazione specifica dei beni da aggredire; tale statuizione non era stata oggetto di modificazione all’esito della sentenza della Corte d’appello di Bologna che aveva prosciolto l’imputato per estinzione dei reati, senza nulla disporre in merito alla confisca; che avverso tale pronuncia non era stata proposta impugnazione da parte del Pubblico Ministero e che, di conseguenza, la corte territoriale, quale giudice dell’esecuzione, non avrebbe potuto diversamente qualificare la disposta confisca per equivalente. Né ricorrerebbe una divergenza tra motivazione e il dispositivo dell’impugnata ordinanza in quanto il riferimento all’art. 322 ter cod.pen. che consente la confisca del profitto del reato costituirebbe una palese violazione del giudicato il cui dispositivo non poneva dubbi interpretativi e una indebita intromissione nel merito in assenza di impugnazione del Pubblico Ministero.
2.2. Con il secondo motivo chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 cod.proc.pen. con riferimento agli artt. 111 comma 2, Cost. nella parte in cui non prevede quale causa di incompatibilità del giudice investito dell’opposizione ex art. 667 comma 4 cod.proc.pen. l’aver concorso alla decisione oggetto dell’ordinanza opposta. Richiama il ricorrente, a sostegno della non manifesta infondatezza della questione, le decisioni della Corte costituzionale rese con riguardo all’art. 623 cod.proc.pen. la cui ratio dovrebbe trovare applicazione anche al caso della proposizione dell’opposizione ai sensi dell’art. 667 comma 4 cod.proc.pen. davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento opposto.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve preliminarmente dichiararsi la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 cod.proc.pen. come dedotta dal ricorrente con riferimento all’art. 111 co. 2 Cost., nella parte in cui non prevede quale causa di incompatibilità del giudice investito dell’opposizione ex art. 667 co. 4 cod.proc.pen. l’aver concorso alla decisione oggetto dell’ordinanza opposta.
La Corte costituzionale, ancora di recente, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 34 cod.proc.pen., sollevate, riferimento agli artt. 3, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione. In particolare, con la sentenza n. 172 del 2023, in caso analogo, dopo avere rammentato che la disciplina sulla incompatibilità del giudice è volta a evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla “forza della prevenzione” – ovvero dalla naturale propensione a confermare una decisione già presa o a mantenere un atteggiamento già assunto – derivante da valutazioni che il giudice abbia precedentemente svolto in ordine alla medesima res iudicanda (ex plurimis, sentenze n. 7 del 2022, n. 66 del 2019, n. 18 del 2017, n. 183 del 2013, n. 153 del 2012, n. 177 del 2010, n. 224 del 2001, n. 283 del 2000 e n. 241 del 1999) e la distinzione tre le ipotesi di incompatibilità del giudice “verticale” e quella derivante da atti compiuti nell’articolazione dei diversi gradi giudizio, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 676 e 667 comma 4 cod.proc.pen. per contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost. proprio in caso analogo in materia di confisca (Corte costituzionale n. 172 del 2023).
Si osserva che sulle materie indicate dall’art. 676 cod. proc. pen., tra cui la confisca, il giudice dell’esecuzione procede secondo lo schema previsto dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.: provvede, cioè, con ordinanza emessa de plano «senza formalità» – contro cui il pubblico ministero e l’interessato possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice, che si svolge nelle forme della camera di consiglio “partecipata” prevista dall’art. 666 cod. proc. pen.
Anche la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente escluso che il giudice che ha adottato il provvedimento de plano sia incompatibile a pronunciarsi sull’opposizione, e ciò in quanto l’opposizione non ha natura di mezzo di impugnazione, ma consiste in un’istanza volta ad ottenere una decisione nel contraddittorio tra le parti (Sez. 1, n.30638 del 14/02/2017; Cass., n. 18522 del 2017; Sez. 1, n. 18872 del 17/03/2016).
In ogni caso, si osserva che il ricorrente non aveva proposto la ricusazione del Collegio.
2. Nel merito il ricorso è fondato. La vicenda processuale è così riassunta.
Con sentenza del 25/02/2014, il Tribunale di Ravenna ha condannato COGNOME NOME in relazione ai reati di cui agli artt. 81 comma 2 cod.pen., 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, capo A) e art. 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, capo B).
Con la medesima sentenza il Tribunale aveva disposto la confisca per equivalente, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 322 ter cod.pen. e 1 comma 143 della legge 244/2007, giustq i quali è sempre disposta la confisca per equivalente del profitto dei reati tributari, ordinando la confisca di beni mobili e/ immobili nella disponibilità di COGNOME NOME fino alla concorrenza di € 874.944,00, risultante dalla somma delle imposte evase nelle annualità dal 2007 in poi.
Con sentenza predibattimentale del 01/07/2019, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, la Corte di appello di Bologna ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del COGNOME in ordine ai reati ascritti, perché estinti pe prescrizione, revocando le pene accessorie. Nulla si disponeva in merito alla confisca.
Questa pronuncia non è stata impugnata, divenendo quindi irrevocabile.
La stessa Corte di appello, investita dell’incidente di esecuzione, con ordinanza in data 23/05/2023, ex art. 676 cod.proc.pen., ha parzialmente accolto l’istanza disponendo la restituzione di autoveicoli, del conto corrente, accesso preso il Credito cooperativo Ravennate e delle somme di denaro meglio indicate nel provvedimento, rigettando nel resto l’istanza di restituzione di tre beni immobili.
Con il provvedimento impugnato, emesso in sede di opposizione ex art. 667 comma 4 cod.proc.pen., la Corte d’appello ha respinto l’istanza di revoca della confisca dei tre beni immobili sul rilievo che “gli immobili ceduti alla consorte siano da ritenersi il profitto del reato contestato all’imputato ex art. 11 d.lgs 10 marz 2000, n. 74, dunque oggetto di confisca diretta ai sensi dell’art. 240 comma 1 cod.pen. e 322 ter cod.pen.”.
Così brevemente ricostruito l’iter della vicenda, si rileva, anzitutto, che l Corte di merito ha riqualificato la decisione, passata in giudicato, in punto di confisca, qualificando quella mantenuta, relativa ai tre immobili meglio descritti nel provvedimento impugnato, quale confisca diretta del profitto del reato di cui all’art. 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, di cui al capo B), riqualificazione effettuata in violazione del giudicato formatosi in punto di confisca e che, stante l’assenza di impugnazione della sentenza di merito, era cosa giudicata.
La corte territoriale, quale giudice dell’esecuzione, non poteva riqualificare la confisca disposta per equivalente, in confisca diretta del profitto del reato, rispetto ad un punto della decisione orami coperto da cosa giudicata.
Né vi sono dubbi sulla natura di confisca per equivalente dei beni immobili di cui di discute, risultando ciò in modo inequivoco dal tenore non solo del dispositivo di primo grado, ma anche della motivazione della sentenza del Tribunale di
Ravenna a pag. 16.
In definitiva, a fronte del chiaro ed inequivoco contenuto della sentenza del giudice del merito, non poteva il giudice dell’esecuzione, unicamente titolare del potere-dovere di interpretare il giudicato e di rendere esplicitaì-) contenuti e i limi (da ultimo Sez. 1, n. 14984 del 13/03/2019, Versaci, Rv. 2705063), procedere alla ~o -fil del contenuto dello stesso giudicato.
Ciò posto, va rammentato che non può trovare applicazione il disposto di cui all’art. 587 bis cod.proc.pen. secondo cui “Quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo 240 bis del codice penale e da altre disposizioni di legge o la confisca prevista dall’articolo 322 ter del codic penale, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estint per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato”, alla luce del portato applicativo come delineato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 4145/2022.
La confisca per equivalente era stata disposta nei confronti del COGNOME per il reato di cui all’art. 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, commesso il 09/06/2011.
Le Sezioni Unite della Cassazione, dopo avere precisato che al richiamo, contenuto nell’art. 578-bis cod.proc.pen., alla confisca “prevista da altre disposizioni di legge” – deve riconoscersi una valenza di carattere generale, capace di ricomprendere, siccome formulato senza ulteriori specificazioni, anche le confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 – 02), con una siccessiva pronuncia hanno, tuttavia, affermato che, stante la natura sanzionatoria, essa è inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore e ove questa sia stata disposta per equivalente, non può essere mantenuta in relazione a fatti anteriori all’entrata in vigore del citato art. 578-bis cod. proc. pen. (Sez. U, 4145 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 284209 – 01; Sez. 3, n. 20793 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281342 – 01; Sez. 3, n. 7882 del 21/01/2022, Rv. 282836 – 01; Sez. 3, n. 39157 del 07/09/2021, Rv. 282374 – 01).
La disposta confisca per equivalente dei beni immobili non può pertanto essere mantenuta.
L’ordinanza impugnata va annulla senza rinvio con restituzione dei beni sequestrati all’avente diritto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e revoca la confisca dei beni immobili già ricompresi nel capo di imputazione sub B) di cui ordina la restituzione all’avente diritto.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza di ai sensi dell’art. 626 cod.proc.pen.
Così deciso, il 14/05/2024