Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36684 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36684 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 22/10/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, nel procedimento relativo all’incidente di esecuzione proposto da COGNOME NOMENOME nato a Rimini il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 20/01/2025 dalla Corte di Appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
letta la memoria presentata dal difensore del COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso insistendo per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/06/2019, il Tribunale di Venezia dichiarava COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, a lui ascritto quale rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, e disponeva la
confisca diretta e per equivalente nei confronti, rispettivamente, della società e del COGNOME, al quale venivano quindi confiscati i beni (disponibilità liquide, conti correnti, proprietà immobiliari) sequestrati nel corso del procedimento, fino alla concorrenza del profitto del reato; tra i beni del COGNOME colpiti dal provvedimento, vi era tra l’altro – per quanto specificamente interessa in questa sede – un immobile sito in S. Vito di Cadore. La statuizione di confisca è stata confermata dalla Corte d’Appello di Venezia (sentenza del 02/11/2020, che aveva anche ridotto la pena applicata in primo grado), ed è divenuta irrevocabile, a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso dell’imputato (sentenza del 09/04/2021).
In sede esecutiva, la Corte veneziana (ordinanza del 08/11/2024) dichiarava “in prima battuta” inammissibile la richiesta del COGNOME (conseguente alla intervenuta parziale estinzione del debito tributario) di riduzione dell’importo del profitto confiscabile, e di revoca della misura sulle quote societarie e sulle proprietà immobiliari. Peraltro, a seguito di rituale opposizione, la Corte accoglieva parzialmente l’istanza, disponendo il dissequestro e la restituzione dei beni “subordinatamente al contestuale versamento” della somma determinata quale residuo profitto del reato. A tali conclusioni, la Corte perveniva prendendo atto del mutamento giurisprudenziale evocato dall’istante (Sez. 3, n. 32744 del 2022) che ammetteva la possibilità di sostituire, anche dopo l’irrevocabilità del provvedimento di confisca, i beni confiscati con una somma di danaro corrispondente al loro valore.
Avverso tale provvedimento, comunicato solo in data 08/11/2024 all’RAGIONE_SOCIALE (mai avvisata dell’incidente di esecuzione instaurato dal COGNOME), quest’ultima proponeva “opposizione ex art. 667 cod. proc. pen. a valere anche quale autonomo incidente di esecuzione”, deducendo la violazione del contraddittorio, l’illegittimità dell’ordinanza di parziale accoglimento per la mancata considerazione dell’attuale destinazione del bene confiscato (alloggio di servizio di appartenenti alla G.d.F.) e l’erroneità della nuova quantificazione dell’importo da sottoporre a confisca.
La Corte d’Appello di Venezia ha rigettato l’incidente di esecuzione, pur riconoscendo, in capo all’RAGIONE_SOCIALE, la legittimazione a proporre l’incidente medesimo.
A sostegno della propria decisione, la Corte territoriale ha osservato che la destinazione dell’immobile ad alloggio di servizio di appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE costituiva “un atto di gestione da parte del RAGIONE_SOCIALE del tutto legittimo”, che tuttavia non aveva “irreversibilmente modificato il bene nella sua destinazione (da privata a pubblica)”, e che pertanto non poteva ritenersi ostativo all’accoglimento dell’istanza di revoca, che tra l’altro era stato espressamente
subordinato al previo versamento della somma determinata a titolo di residuo profitto confiscabile.
Avverso tale provvedimento, propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta possibilità di revocare la confisca per equivalente dell’appartamento, ormai irrevocabile. Si evidenzia che la Corte territoriale, pur invocandolo, si era “discostata frontalmente” dal principio condivisibilmente affermato nella sentenza n. 32744 del 2022, in quanto si era in quella sede precisato che la revoca della confisca di un immobile, a fronte di un contestuale versamento del suo valore in danaro, trovava un limite nella “circostanza che nelle more si sia già dato seguito, con conseguente impegno di risorse e mezzi, a procedure dirette ad assicurare i vantaggi perseguiti attraverso la confisca. Evenienza, questa, da accertarsi da parte del giudice nel caso concreto, che non consente la modifica delle modalità esecutive della confisca in esame, per esaurimento degli effetti della stessa come limite all’efficacia del provvedimento richiesto al giudice dell’esecuzione”.
La ricorrente lamenta, a tale specifico riguardo, il fatto che la Corte d’Appello aveva disatteso le proprie doglianze evidenziando che la destinazione dell’immobile non aveva determinato una “irreversibile modificazione del bene nella sua destinazione”: situazione che peraltro risultava del tutto estranea a quanto precisato, dalla Suprema Corte, nella delimitazione della effettiva possibilità di incidere su un bene irrevocabilmente confiscato. D’altra parte, si sottolineano sia gli effetti irragionevoli di una siffatta interpretazione, perc l’incerta nozione di “irreversibilità” avrebbe finito per determinare l’accoglimento della quasi totalità delle istanze di revoca, essendo di solito qualsiasi mutamento di destinazione “reversibile”, sia la necessità di dare prevalenza all’interesse pubblico alla conservazione del bene ormai adibito a scopi pubblici (nella specie, tra l’altro, con impegno di risorse e mezzi al fine di destinare l’immobile ad alloggio di servizio).
2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla contraddittorietà del richiamo, da un lato, alla avvenuta destinazione del bene ad alloggio di servizio per appartenenti alla G.d.F. e, dall’altro, all’assunto per cui l’immobile risultava i sostanza “essere stato assegnato come alloggio privato”, e non “ad ufficio pubblico o sede istituzionale”. Altrettanto incongrui, per l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, risultavano richiami all’insussistenza di diritti reali di terzi e alla mancata esecuzione di lavo edilizi implicanti mutamenti volumetrici o di destinazione.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO sollecita l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata, condividendo le censure prospettate dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente.
Con memoria tempestivamente trasmessa, il difensore del COGNOME replica alle argomentazioni del P.G., insistendo per il rigetto dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato, ed assume valenza assorbente di ogni altra questione prospettata.
Come già evidenziato nell’esposizione che precede, la Corte d’Appello di Venezia, accogliendo – quale giudice dell’esecuzione – un’istanza del COGNOME, aveva disposto il dissequestro e la restituzione dei beni immobili e delle quote societarie a lui definitivamente confiscati (a seguito della condanna per il reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, divenuta irrevocabile in data 09/04/2021) “subordinatamente al contestuale versamento” della somma corrispondente al profitto da confiscare per equivalente, rideterminato in quella stessa sede in misura minore di quanto stabilito in sentenza, attesa la sopravvenuta parziale estinzione del debito tributario (ord. del 17/01/2024).
Tale provvedimento, emesso senza la previa instaurazione del contraddittorio con l’RAGIONE_SOCIALE e mai comunicato a quest’ultima, era stato motivato con un espresso richiamo alla decisione di questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 32744 del 04/05/2022, Turello) secondo la quale è possibile l’accoglimento della proposta del condannato di sostituire, con una somma di danaro corrispondente al suo valore, l’immobile oggetto di confisca, trattandosi di una modalità rispondente a principi di proporzionalità ed efficienza di fonte anche sovranazionale, «in quanto l’ablazione di denaro in luogo di una quota di immobili, se da una parte riporta l’interessato nella piena disponibilità del proprio immobile, con evidenti vantaggi, ed ulteriore tutela e garanzia della sua proprietà, dall’altra, assicura allo Stat l’apprensione immediata e integrale, e non mediata da alcuna procedura, del valore residuo da recuperare» (cfr. il § 6 della sentenza).
È opportuno evidenziare immediatamente che tale apertura alla possibilità di sostituzioni nel senso indicato, pur in presenza di una confisca definitiva, aveva peraltro trovato un espresso limite nella «circostanza che nelle more si sia già dato seguito, con conseguente impegno di risorse e mezzi, a procedure dirette ad assicurare i vantaggi perseguiti attraverso la confisca. Evenienza questa, da accertarsi da parte del giudice nel caso concreto, che non consente la modifica delle modalità esecutive della confisca in esame, per l”esaurimento degli effetti’ della stessa come limite all’efficacia del provvedimento richiesto al giudice dell’esecuzione» (cfr. il § 7 della sentenza n. 32744).
Si è visto anche che la Corte territoriale è tornata sulla questione rigettando, con l’ordinanza oggetto dell’odierno ricorso, la “opposizione ex art. 667
cod. proc. pen. a valere anche quale autonomo incidente di esecuzione”, proposto dall’RAGIONE_SOCIALE dopo aver ricevuto, a distanza di alcuni mesi, la comunicazione del provvedimento che aveva accolto la richiesta di sostituzione del COGNOME.
Nel sollecitare il nuovo intervento della Corte territoriale, l’RAGIONE_SOCIALE aveva preso in considerazione il solo immobile sito in S. Vito di Cadore (a suo tempo oggetto di confisca per equivalente unitamente ad altri beni del COGNOME), evidenziando l’illegittimità della sostituzione, dal momento che non era stata in alcun modo considerata l’attuale destinazione dell’immobile (adibito ad alloggio di servizio a disposizione del personale della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE).
Con il provvedimento di rigetto, la Corte d’Appello ha preliminarmente riconosciuto la legittimazione dell’RAGIONE_SOCIALE a proporre l’istanza, e ha qualificato come “atto di gestione da parte del RAGIONE_SOCIALE del tutto legittimo” l’aver destinato l’immobile di S. Vito di Cadore ad alloggio di servizio per il personale della RAGIONE_SOCIALE
Tuttavia, si è ritenuto decisivo il fatto che tale destinazione non aveva “irreversibilmente modificato il bene nella sua destinazione (da privata a pubblica); pertanto l’assegnazione dell’appartamento, avvenuta a titolo di mero alloggio, di per se stessa non osta alla esecuzione del provvedimento avverso cui è stato proposto incidente di esecuzione” (cfr. pag. 6 dell’ordinanza impugnata).
Appare evidente, ad avviso di questo Collegio, la fondatezza dei rilievi dell’RAGIONE_SOCIALE ricorrente.
Anche a voler prescindere sia dalla evidente contraddittorietà dell’assunto secondo cui, nella specie, vi sarebbe stata una mera assegnazione “come alloggio privato” dell’immobile (assunto ben poco conciliabile con la definizione di atto gestorio “del tutto legittimo” da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, finalizzato evidentemente a risolvere i problemi logistici della locale articolazione operativa della RAGIONE_SOCIALE), assume un dirimente rilievo il fatto che la sentenza n. 32744 di questa Sezione – nel porre un limite invalicabile alla possibilità di sostituire il be definitivamente confiscato con una somma di danaro corrispondente al suo valore (cfr. supra, § 2) – non aveva affatto individuato tale limite nella irreversibile modifica del bene “nella sua destinazione (da privata a pubblica)”, come invece ritenuto dalla Corte veneziana. Una prospettiva che tra l’altro, come fondatamente osservato dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, porterebbe a conseguenze paradossali, non solo per le connotazioni indeterminate e foriere di incertezze della locuzione utilizzata, ma anche perché “si giungerebbe ad accogliere indistintamente la quasi totalità delle istanze di revoca, posto che la generalità dei ‘mutamenti di destinazione’ dei beni è reversibile, seppur mediante esecuzione di opere molto onerose” cfr. pag. 8 del ricorso).
Il principio affermato dalla sentenza n. 32744, in sé ritenuto condivisibile anche dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente (cfr. pag. 7 del ricorso), aveva in realtà individuato limiti applicativi ben diversi, consistenti – come già ricordato (cfr. supra, § 2) nell’accertamento della «circostanza che nelle more si sia già dato seguito, con conseguente impegno di risorse e mezzi, a procedure dirette ad assicurare i vantaggi perseguiti attraverso la confisca. Evenienza questa, da accertarsi da parte del giudice nel caso concreto, che non consente la modifica delle modalità esecutive della confisca in esame, per l”esaurimento degli effetti’ della stessa come limite all’efficacia del provvedimento richiesto al giudice dell’esecuzione».
Le considerazioni fin qui svolte impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Venezia per nuovo giudizio sull’istanza dell’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, alla luce del principio giurisprudenziale qui appena richiamato.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Venezia.
Così deciso il 22 ottobre 2025
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