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Confisca per equivalente e reati su accise: limiti

Un imprenditore, condannato per evasione di accise su carburanti, ha impugnato la sentenza che disponeva la confisca per equivalente dei suoi beni. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la normativa che consente la confisca per equivalente in materia di accise non può essere applicata retroattivamente a fatti commessi prima della sua entrata in vigore nel 2019. La Corte ha chiarito che, per i fatti antecedenti, è ammissibile solo la confisca diretta del profitto del reato, inteso come risparmio di spesa, ai sensi dell’art. 240 del codice penale.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente nei Reati su Accise: la Cassazione Fissa i Paletti

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta sull’applicabilità della confisca per equivalente in relazione ai reati di evasione delle accise. La decisione chiarisce che tale misura non può essere applicata retroattivamente a fatti commessi prima dell’entrata in vigore della normativa specifica del 2019, riaffermando il principio fondamentale di irretroattività della legge penale sfavorevole.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un imprenditore per una serie di reati legati alla sottrazione di gasolio al pagamento delle accise, commessi tra il 2015 e il 2016. Il Tribunale di primo grado, oltre alla pena detentiva, aveva disposto una duplice misura ablativa: la confisca diretta degli strumenti utilizzati per commettere il reato (registri, colonnine, pistole erogatrici) e la confisca del profitto del reato, quantificato in oltre 878.000 euro. Quest’ultima era stata configurata come confisca diretta del profitto e, in caso di incapienza, come confisca per equivalente su altri beni dell’imputato.

La Corte d’Appello aveva confermato la decisione, giustificando la confisca per equivalente sulla base della L. n. 244 del 2007, una norma relativa ai reati tributari.

Il Ricorso in Cassazione: Il Tema della Confisca per Equivalente

La difesa dell’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione, contestando specificamente la legittimità della confisca per equivalente. I motivi del ricorso erano fondati su due argomenti principali:
1. Inapplicabilità della normativa sui reati tributari: La legge richiamata dalla Corte d’Appello (L. n. 244/2007) si riferisce esclusivamente ai reati previsti dal D.Lgs. 74/2000 (reati in materia di imposte dirette e IVA) e non può essere estesa analogicamente ai reati in materia di accise, disciplinati dal D.Lgs. 504/1995.
2. Violazione del principio di irretroattività: La norma che ha introdotto specificamente la confisca obbligatoria, anche per equivalente, per i reati in materia di accise è il D.L. n. 124 del 2019. Poiché i reati contestati erano stati commessi tra il 2015 e il 2016, l’applicazione di questa nuova e più sfavorevole disciplina violerebbe il principio costituzionale di irretroattività della legge penale (art. 2 cod. pen.).

La Distinzione tra Confisca Diretta e per Equivalente

Al centro della questione vi è la distinzione tra due tipi di confisca. La confisca diretta colpisce il bene che costituisce il profitto o il prezzo del reato (ad esempio, il denaro ottenuto illecitamente). La confisca per equivalente, invece, interviene quando non è possibile aggredire il profitto diretto e consente allo Stato di confiscare altri beni di valore corrispondente dal patrimonio del condannato. Quest’ultima ha una natura eminentemente sanzionatoria, motivo per cui soggiace al rigoroso principio di irretroattività.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo fondate le argomentazioni della difesa. I giudici di legittimità hanno innanzitutto confermato che la normativa sulla confisca per equivalente prevista per i reati tributari (prima L. 244/2007, ora art. 12-bis D.Lgs. 74/2000) non è applicabile ai reati in materia di accise.

In secondo luogo, e con valore dirimente, la Corte ha ribadito che la confisca per equivalente introdotta nel 2019 per i reati sulle accise ha natura sanzionatoria. Di conseguenza, non può essere applicata a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Farlo significherebbe violare uno dei pilastri del diritto penale.

Tuttavia, la Cassazione non ha eliminato del tutto la misura ablativa. Ha infatti chiarito che la sentenza di primo grado aveva correttamente disposto, in via principale, la confisca diretta del profitto del reato ai sensi dell’art. 240 del codice penale. Tale profitto, nel caso dell’evasione fiscale, consiste nel cosiddetto ‘risparmio di spesa’, ovvero l’ammontare delle imposte (in questo caso, le accise) che non sono state versate. Questa forma di confisca è sempre stata ammessa e non soggiace ai limiti di retroattività della confisca per equivalente.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al punto sulla confisca, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello. Il nuovo giudice dovrà rimodulare il provvedimento ablativo, escludendo l’applicabilità della confisca per equivalente e limitandosi a individuare i beni suscettibili di confisca diretta del profitto.

La pronuncia ha un’importante implicazione pratica: per tutti i reati di evasione delle accise commessi prima dell’ottobre 2019, lo Stato non può procedere con la confisca per equivalente. Potrà, tuttavia, ancora ricercare e confiscare il profitto diretto del reato, ossia le somme di denaro che rappresentano il risparmio d’imposta conseguito illecitamente dall’autore del reato.

È possibile applicare la confisca per equivalente per reati di evasione delle accise commessi prima del 2019?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la normativa che ha introdotto la confisca per equivalente in materia di accise (D.L. n. 124/2019) non può essere applicata retroattivamente, poiché ha natura sanzionatoria e sfavorevole.

Qual è la differenza tra confisca diretta e confisca per equivalente in questo caso?
La confisca diretta colpisce il profitto specifico del reato (il denaro risparmiato non pagando le accise). La confisca per equivalente, invece, permette di aggredire altri beni dell’imputato per un valore corrispondente, qualora il profitto diretto non sia rintracciabile. La sentenza ammette solo la prima per i fatti di causa.

Cosa succede dopo l’annullamento della sentenza da parte della Cassazione?
Il caso torna alla Corte d’Appello, che dovrà emettere una nuova decisione. Questo nuovo giudizio dovrà escludere la confisca per equivalente e limitarsi a individuare i beni che costituiscono il profitto diretto del reato (il ‘risparmio di spesa’) per poterli confiscare ai sensi dell’art. 240 del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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