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Confisca per equivalente e beni del terzo: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la confisca per equivalente di un immobile, formalmente di proprietà di una società unipersonale della figlia del condannato. La Corte ha stabilito che, ai fini della confisca, rileva la ‘disponibilità’ effettiva del bene da parte del condannato, non la titolarità formale. L’operazione di cessione societaria è stata ritenuta un artificio per sottrarre il bene alla garanzia patrimoniale dello Stato, escludendo la buona fede della figlia acquirente.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Tutela del Terzo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40 del 2024, affronta un caso complesso in materia di confisca per equivalente, chiarendo i confini tra la tutela del terzo proprietario e la necessità di aggredire i patrimoni illeciti. La decisione sottolinea come la titolarità formale di un bene non sia sufficiente a proteggerlo dalla confisca quando si dimostra che il condannato ne ha mantenuto la piena disponibilità.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla condanna definitiva di un imprenditore per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. L’imprenditore, amministratore di una società (chiamiamola Società B), aveva trasferito un immobile ad uso alberghiero a un’altra società di nuova costituzione (Società A), di cui era inizialmente unico socio. Successivamente, le quote della Società A venivano cedute alla figlia.

A seguito della condanna del padre, veniva disposta la confisca dell’immobile. La figlia, in qualità di unica socia della Società A e quindi formale proprietaria del bene, si opponeva al provvedimento, sostenendo di essere una terza acquirente in buona fede e del tutto estranea al reato commesso dal genitore.

Il Tribunale, anche in sede di rinvio dalla Cassazione, rigettava la richiesta di restituzione, ritenendo che l’intera operazione fosse un artificio volto a sottrarre il bene alla garanzia patrimoniale dello Stato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della figlia, confermando la legittimità della confisca. I giudici hanno stabilito che, nonostante l’intestazione formale dell’immobile alla società della ricorrente, il bene era rimasto nella piena ed effettiva disponibilità del padre condannato.

Le Motivazioni

La “Disponibilità” Effettiva Supera la Proprietà Formale

Il fulcro della motivazione risiede nel concetto di “disponibilità” del bene. La Cassazione ribadisce un principio consolidato: ai fini della confisca per equivalente, ciò che conta non è la nozione civilistica di proprietà, ma quella di possesso e controllo effettivo. La Corte definisce la disponibilità come “tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi”.

Nel caso specifico, è stato provato che il padre, dopo aver ceduto l’immobile alla nuova società, ne aveva immediatamente riottenuto l’uso attraverso un contratto di locazione. Questo, unito all’intera architettura dell’operazione, ha dimostrato che egli non aveva mai perso il controllo reale sull’asset.

L’Esclusione della Buona Fede del Terzo nella Confisca per Equivalente

Un altro punto cruciale è l’analisi della posizione della figlia come “terzo”. La Corte ha escluso che potesse essere considerata una terza acquirente in buona fede meritevole di tutela. L’operazione di acquisto delle quote societarie è stata vista non come un autentico passaggio di proprietà, ma come “un ulteriore artificio volto a sottrarre il bene allo Stato attraverso la veste di persona estranea al reato”.

I giudici hanno ritenuto che la figlia fosse ben consapevole, fin dal 2011 (anno del reato), dell’atto con cui il padre aveva già sottratto il bene alla garanzia dei creditori sociali. L’acquisto delle quote nel 2013, prima del sequestro del 2014, è stato quindi interpretato come un tassello di un piano preordinato, e non come un investimento legittimo.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio nella lotta ai reati economici: le intestazioni fittizie e gli schermi societari non sono sufficienti a proteggere i beni dalla confisca. La giustizia penale guarda alla sostanza dei rapporti economici piuttosto che alla forma giuridica. Per la confisca per equivalente, la disponibilità effettiva del bene da parte del condannato è il criterio determinante, rendendo irrilevante che il bene sia stato acquisito dal terzo prima o dopo la commissione del reato. La decisione serve da monito: l’utilizzo di familiari o prestanome per schermare patrimoni di provenienza illecita è una strategia che l’ordinamento giuridico è attrezzato a contrastare efficacemente.

Un bene intestato a un familiare può essere confiscato per un reato commesso da un altro parente?
Sì, può essere confiscato se si dimostra che il condannato, nonostante l’intestazione formale al familiare, ha mantenuto l’effettiva disponibilità e il controllo economico del bene. La proprietà formale del terzo non è sufficiente a proteggere il bene se l’intestazione è considerata un artificio.

Cosa significa “disponibilità” del bene ai fini della confisca per equivalente?
Significa avere il controllo di fatto e godere dei benefici economici di un bene, anche senza esserne il proprietario legale. Include tutte le situazioni in cui il bene rientra nella sfera di interessi economici del condannato, che può esercitare il suo potere anche tramite terze persone (interposte).

Perché in questo caso la figlia non è stata considerata un terzo in buona fede?
La Corte ha ritenuto che l’intera operazione, inclusa la cessione delle quote societarie alla figlia, fosse un meccanismo fraudolento orchestrato dal padre per proteggere l’immobile. Si è presunto che la figlia fosse consapevole del contesto illecito, escludendo così la sua buona fede e la sua estraneità ai fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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