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Confisca per equivalente: Cassazione su reati tributari

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della confisca per equivalente sui beni personali dell’amministratore di una società, condannato per un reato tributario commesso a vantaggio dell’ente. La sentenza chiarisce che, qualora il profitto del reato (l’imposta evasa) non sia reperibile nel patrimonio della società, è corretto aggredire i beni dell’autore del reato, anche se non ha percepito un vantaggio personale diretto. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, distinguendo nettamente questa fattispecie dai casi di concorso di persone nel reato.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per equivalente: quando l’amministratore risponde con i propri beni per i reati tributari della società

L’amministratore di una società che commette un reato tributario a vantaggio dell’ente può essere chiamato a risponderne con il proprio patrimonio personale? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 30021/2025, ha dato una risposta netta, confermando la piena legittimità della confisca per equivalente sui beni di chi, pur agendo nell’interesse della società, ha commesso l’illecito. Questo provvedimento si applica quando il profitto del reato, ovvero l’imposta evasa, non è più rintracciabile nelle casse sociali.

I fatti del caso: evasione fiscale e responsabilità personale

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda l’amministratore di una S.r.l., condannato per il reato di dichiarazione fraudolenta. Nello specifico, per l’anno d’imposta 2013, aveva presentato una dichiarazione dei redditi indicando elementi attivi pari a zero, a fronte di un importo effettivo di quasi un milione di euro. L’evasione dell’IRES (Imposta sul Reddito delle Società) ammontava a circa 193.000 euro.

In seguito alla condanna, i giudici di merito avevano disposto la confisca del profitto del reato. Poiché tale somma non era stata trovata nel patrimonio della società beneficiaria, era stata ordinata la confisca per equivalente sui beni personali dell’amministratore. Quest’ultimo ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo di non aver percepito alcun vantaggio personale dall’operazione illecita, il cui unico beneficiario era stata la società.

Il ricorso in Cassazione e la tesi difensiva

La difesa del ricorrente si fondava su un’interpretazione di un recente principio enunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione. Tale principio, stabilito in un caso di concorso di persone nel reato, prevede che la confisca debba essere limitata alla quota di profitto effettivamente conseguita da ciascun concorrente. Secondo l’amministratore, non avendo egli incassato personalmente l’imposta evasa, nessuna confisca poteva essere disposta a suo carico.

Le motivazioni della Corte: la confisca per equivalente è una sanzione legittima

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, bollandolo come manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale: i principi validi per il concorso di persone nel reato non possono essere estesi automaticamente a una fattispecie completamente diversa, come quella in cui un reato è commesso da una sola persona fisica (l’amministratore) nell’interesse di un ente (la società).

L’articolo 12-bis del D.Lgs. 74/2000 è chiaro: in caso di condanna per reati tributari, si procede alla confisca diretta del profitto. Se questa non è possibile, come nel caso in cui il denaro sia stato speso o occultato, scatta la confisca per equivalente, che aggredisce altri beni di valore corrispondente di cui il condannato ha la disponibilità.

La Corte ha sottolineato che la tesi difensiva, se accolta, porterebbe a un’inaccettabile disapplicazione della norma. Consentirebbe infatti a un amministratore di commettere reati tributari a vantaggio della propria società, svuotarne le casse e rimanere impunito a livello patrimoniale. La confisca per equivalente, invece, ha una natura sanzionatoria e trova il suo fondamento proprio nella condotta illecita posta in essere dalla persona fisica, a prescindere dal fatto che il vantaggio economico sia stato goduto da un soggetto diverso, come l’ente rappresentato.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce con forza un principio cruciale nella lotta all’evasione fiscale societaria: la responsabilità penale e patrimoniale dell’amministratore non viene meno solo perché il profitto del reato è entrato nel patrimonio della società. La confisca per equivalente è uno strumento essenziale per assicurare che il crimine non paghi, colpendo il patrimonio di chi ha materialmente realizzato la condotta illecita quando il profitto diretto non è più rintracciabile. L’amministratore, quindi, risponde delle proprie azioni, e il suo patrimonio personale può essere utilizzato per compensare lo Stato del danno subito a causa dell’evasione fiscale.

Quando è possibile procedere con la confisca per equivalente sui beni personali dell’amministratore per un reato tributario della società?
È possibile quando il profitto diretto del reato (l’imposta evasa) non può essere confiscato dal patrimonio della società che ne ha beneficiato. In tal caso, la legge consente di aggredire beni di valore equivalente di cui l’amministratore condannato ha la disponibilità.

L’amministratore che non ha percepito personalmente un profitto dal reato di evasione fiscale può subire la confisca per equivalente?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la confisca per equivalente ha natura sanzionatoria e si fonda sulla condotta illecita dell’amministratore. Pertanto, è legittima anche se il vantaggio economico è stato incamerato esclusivamente dalla società e non personalmente dall’amministratore.

I principi sulla ripartizione del profitto tra più concorrenti nel reato si applicano anche all’amministratore che agisce da solo per conto della società?
No. La Corte ha stabilito che i principi elaborati per i casi di concorso di persone nel reato non sono applicabili alla diversa fattispecie del reato commesso da un unico soggetto (l’amministratore) nell’interesse di un ente. Si tratta di due situazioni giuridicamente e fattualmente distinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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