Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26333 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26333 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.COGNOME NOME nato a ROMA il 09/09/1970
2.NOME nato a ROMA il 14/11/1958
3.COGNOME NOME nato a ROMA il 27/12/1974
4.COGNOME NOME nato a ROMA il 28/03/1981
5.NOME nato a ROMA il 28/08/1988
6.COGNOME NOME nato a ROMA il 22/11/1977
avverso la sentenza del 05/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla confisca, e inammissibilità nel resto, del ricorso di COGNOME ed il rigetto dei ricorsi di COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME NOMECOGNOME
Uditi i difensori:
L’avvocato COGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE si è associata alla richiesta del P.G. e ha depositato in udienza le conclusioni scritte unitamente alla nota spese.
Gli avvocati COGNOME e COGNOME in difesa di NOME COGNOME e COGNOME hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
L’avvocato COGNOME in difesa di COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME NOME ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24/2/2022 il Tribunale di Roma riconosceva la penale responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine, rispettivamente, il primo all costituzione e gli altri alla partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata a commissione di truffe, ricettazioni, riciclaggio ed evasione fiscale, ed altresì degli stessi pre imputati, nonché, tra gli altri, di NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME in ordine ai reati di truffa, appropriazione indebita, ed altro, così come loro rispettivamente ascr condannandoli alle pene ritenute di giustizia.
In parziale riforma di tale sentenza, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del COGNOME per i reati di cui capi A), F), U) e V) e del Carrocci per il reato di cui al capo A) perché estinti per interve prescrizione; in accoglimento delle richieste di concordato, ha rideterminato le pene inflitte NOME COGNOME, a NOME COGNOME e ad NOME COGNOME nella misura concordata, revocando alcune pene accessorie; ha confermato la confisca per equivalente disposta ex art. 648-quater cod. pen. nei confronti del COGNOME e la confisca disposta ex art. 12 D.Lvo 74/2000 nei confronti del COGNOME; ha ridotto la confisca per equivalente disposta nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOMEall’importo di euro 390.000 ciascuno”; ha confermato nel resto la sentenza di primo grado, con le ulteriori statuizioni in ordine alle spese di parti civili.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Roma.
3.1. GLYPH A sostegno del suo ricorso il COGNOME, ha dedotto:
3.1.1. GLYPH Violazione di legge in relazione alla conferma della confisca per equivalente, prevista dall’art. 12 d.lgs. 74/2000 con riferimento al delitto di cui al capo F) estint prescrizione (euro 47.040,95).
Rileva, infatti, il ricorrente che si tratta di imputazione precedente l’entrata in vigore disposizione di cui all’art. 578 -bis cod. proc. pen., introdotta dall’art. 6, comma 4, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 e, pertanto, invoca la giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui ta disposizione ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale e, pertanto, è inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore (Sez. U, n. 4145 29/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01). Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio in ordine alla confisca di cui si tratta.
3.1.2. GLYPH Omessa motivazione in relazione al mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod, proc. pen. per il fatto contestato capo H) (omessa dichiarazione dei redditi riferiti all’anno di imposta 2013), pur in presenza dei presupposti per il riconoscimento della forza maggiore in considerazione del pericolo di ritorsioni del cd. “gruppo napoletano”, che si deduce aver indotto il ricorrente ad abbandonare casa insieme alla sua famiglia, con ruolo determinante in ordine alla contestata omissione.
3.2. GLYPH Con ricorso presentato congiuntamente a mezzo del comune difensore avv. COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno dedotto, con formale motivo unico, la violazione dell’art. 538 cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione in ordine alle censure formul con l’atto di appello.
Premesso che il COGNOME è stato condannato in relazione al solo capo A), essendo state riconosciute prescritte le altre imputazioni, ed il COGNOME, invece, anche in relazione a ricettazione di cui al capo R), e che il Tribunale aveva condannato entrambi al risarcimento dei danni, nella misura di euro 1.510.000,00, in favore della parte civile COGNOME, persona offesa del reato di cui al capo B), in relazione al quale, però, lo stesso Tribunale aveva dichiara l’estinzione del reato per prescrizione, entrambi i ricorrenti hanno evidenziato che già la sentenz di primo grado aveva dichiarato l’estinzione di quest’ultimo reato per intervenuta prescrizione ed hanno quindi richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, nell’ipotesi in cui, a momento della pronuncia di primo grado, il reato sia estinto per prescrizione e sia quindi venuto meno il presupposto per la condanna ai danni ed alla provvisionale, il giudice di merito non ha i potere di decidere sull’azione civile (Sez. 4, n. 10471 del 01/10/1993, COGNOME, Rv. 195462 01).
I ricorrenti si dolgono di aver veicolato alla Corte di Appello la questione con apposito motiv di gravame e che questo non sia stato affrontato, però, dalla Corte territoriale, che si è limi a riferire, con riguardo alla sola posizione del COGNOME, definita ai sensi dell’art. 599-bis cod. pen., che tutte le “altre doglianze anche in relazione al risarcimento dei danni in favore COGNOME e in ordine al capo B) sono state rinunciate regolarmente per cui non deve essere pronunciata in merito alcuna statuizione”: da qui l’omessa motivazione sul punto.
3.3. GLYPH Il COGNOME ha affidato il suo ricorso a cinque motivi di impugnazione:
3.3.1. COGNOME Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’individuazione, nel predetto ricorrente, di uno dei concorrenti nel delitto di autoriciclaggio di cui al capo O), in consideraz
di alcuni soprannomi, solo erroneamente attribuiti al COGNOME, ai quali si fa riferimento nell chat con COGNOME NOME e COGNOME NOME. La doglianza era stata proposta alla Corte di Appello con argomentazioni che si assumono solo apparentemente valutate dalla sentenza impugnata, così come si era anche contestata la riconducibilità della società RAGIONE_SOCIALE e, di conseguenza, al loro presunto concorrente RAGIONE_SOCIALE, peraltro con riferimento ad un capo di imputazione nel quale la stessa società non era nemmeno nominata. Inoltre, erano state poste a fondamento della responsabilità del ricorrente alcune intercettazioni nelle quali il COGNOME fa riferimento ai Dezi ed alla vendita di merce oggetti di riciclaggio, senza valutare l’attendib delle affermazioni del Dezi in proposito.
3.3.2. GLYPH Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento, ancora, alla ritenuta responsabilità per il delitto di riciclaggio di cui al capo O), escludendo il concorso nel r presupposto senza considerare che il COGNOME e dei COGNOME non solo erano a conoscenza delle operazioni di svuotamento dei magazzini dell’RAGIONE_SOCIALE, ma erano coinvolti anche quando si consumavano i delitti di truffa ed appropriazione indebita, ai quali avrebbero contribuito a tito di concorso morale.
3.3.3. GLYPH Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento, ancora, alla ritenuta responsabilità per il delitto di riciclaggio di cui al capo O), per non essersi data adeguata rispo alle deduzioni difensive secondo cui la condotta ivi contestata al più integrerebbe il reato ricettazione, e non già quello di riciclaggio, non essendo determinante la circostanza, valorizzata in sentenza, che la vendita tramite un sito internet non prevede la pubblicizzazione dei numeri seriali degli oggetti elettronici venduti.
3.3.4. GLYPH Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al difetto dell’elemento psicologico del reato di riciclaggio, in assenza di qualsiasi attività materiale di falsificaz manipolazione o alterazione dei dati identificativi dei beni elettronici profitto dei d presupposto, atteso che la mera offerta in vendita su internet, attraverso modalità perfettamente tracciabili, non consente di riconoscere alcuna finalità di ostacolare l’accertamento dell provenienza dei beni.
3.3.5. GLYPH Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
3.4. NOME ed NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha accolto, nei loro confronti, il concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla confisca per equivalente dispost nei confronti dei predetti ricorrenti, ridotta dalla sentenza “all’importo di euro 390.000 ciascuno”. Ad avviso dei ricorrenti, con il termine “ciascuno” la sentenza ha finito con raddoppiare l’importo della confisca in contrasto con le stesse motivazioni della sentenza che, alle pagg. 28 e 29, avevano valorizzato elementi probatori che individuavano la cifra complessiva, oggetto del profitto, addebitabile ad entrambi i Dezi nella misura di euro 390.000. Così la sentenza, nel riassumere i motivi della difesa a pag. 28: “la riduzione della confisca alla somma di euro 390.000 al profitto effettivamente ottenuto dai Dazi…”, ed a pag. 29 parametrava
espressamente “il profitto del riciclaggio da parte dei Dezi ….alla somma di euro 390.000, come si evince dalle intercettazioni telefoniche…”, tanto che nella richiesta di concordato sul punto è mai stato riportato il termine “ciascuno”, così violando la sentenza impugnata il dispost dell’art. 599-bis cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso proposto dal COGNOME è fondato.
Come riconosciuto anche dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, la disposizione dell’art. 578-bis cod. proc. pen., introdotta dall’art. 6, comma 4, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, che attribuisce al giudice dell’impugnazione, nel dichiarare estinto per amnistia o per prescrizione reato di cui sia stata accertata la responsabilità dell’imputato, di decidere sull’impugnazione soli effetti della confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’art. 240-bis cod. e da altre disposizioni di legge, o della confisca prevista dall’art. 322-ter cod. pen. è applica anche alla confisca tributaria ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 e, tuttavia, ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale e, pertanto, è inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore (Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, dep 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01), quale il reato contestato al ricorrente al capo F), commesso il 10/9/2013.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente alla confisca della somma di euro 47.040,95 disposta nei confronti del COGNOME, che va restituita all’avente diritto.
1.1. E’, invece, inammissibile il secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse del COGNOME, volto a censurare l’omessa motivazione in ordine al mancato proscioglimento del ricorrente in ordine al reato contestato al capo H) (omessa dichiarazione dei redditi riferiti all’anno di imposta 2013), in quanto tale reato è oggetto del concordato tra le parti accolto dall Corte territoriale.
Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte di legittimità, in tema di concordato in appello, infatti, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969 – 01).
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile, mentre è fondato il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
Va premesso che il Tribunale di Roma aveva condannato sia il COGNOME che il COGNOME “al risarcimento dei danni patrimoniali e non cagionati alla parte civile COGNOME, in persona del
legale rappresentante p.t. in relazione ai reati di cui ai capi A) e B) della rubrica” nella misu euro 1.510.000,00, deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha dichiarato estinti per prescrizione entrambi tali reati (al pari dei reati di cui ai capi C, N, U W) ma, come rilevato ricorrenti, già la sentenza di primo grado aveva dichiarato l’estinzione del reato di cui al capo per intervenuta prescrizione.
2.1. COGNOME Il ricorso presentato nell’interesse del COGNOME è, però, inammissibile in quanto lo stesso, nel presentare richiesta di concordato della pena in ordine al solo reato di ricettazione cui al capo R), ha espressamente rinunciato alle censure proposte “anche in ordine al risarcimento dei danni in favore di Timanco e in ordine al capo Br, come riferito alla pag. 38 della sentenza impugnata, senza presentare alcuna esplicita riserva in ordine al motivo di appello concernente la condanna al risarcimento danni in favore della predetta parte civile: il ricors presentato nell’interesse del COGNOME è, pertanto, inammissibile perché relativo a motivo rinunciato con il concordato.
2.2. GLYPH Non ha presentato alcuna richiesta di concordato, invece, il COGNOME, in relazione al quale la sentenza di appello ha dichiarato l’estinzione per prescrizione di entrambi i reati cui ai capi A) e B) – quest’ultimo, peraltro, già dichiarato prescritto in primo grado – per i era stato esplicitamente condannato in primo grado al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.
Questa Corte di legittimità, anche a sezioni unite, in tema di decisione sugli effetti civil ex art. 578, comma 1, cod. proc. pen., ha affermato il principio secondo cui il giudice di appell che, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione del reato, pervenga alla conclusione – sia sulla base della semplice “constatazione” di un errore nel quale il giudice d prime cure sia incorso, sia per effetto di “valutazioni” difformi – che la causa estintiva è matur prima della sentenza di primo grado, deve revocare le statuizioni civili in essa contenute (Sez. U, n. 39614 del 28/04/2022, Di, Rv. 283670 – 01), ed a maggior ragione tale principio va affermato quando, come nel caso di specie, la sentenza di primo grado ha disposto statuizioni civili conseguenti ad un reato riconosciuto estinto per prescrizione dalla stessa sentenza.
La sentenza emessa dal Tribunale di Roma, infatti, come si è detto, condannava il COGNOME al risarcimento dei danni “in relazione ai reati di cui ai capi A) e B) della rubrica”, eppure la sente della Corte territoriale non ha in alcun modo risposto alle censure con le quali nell’atto di appel il COGNOME, oltre a chiedere l’assoluzione dal reato di cui al capo A), aveva anche chiesto “la revo delle statuizioni civili di condanna in favore di Timanco NV, in relazione ai capi A e B del sentenza”, come ricordato dalla stessa Corte territoriale alla pag. 38 della sentenza impugnata: questa, pertanto, non ha chiarito se i danni per 1.510.000 euro, di cui alla pronuncia in primo grado, siano tutti a carico del predetto ricorrente e, soprattutto, se ed in qual misura sia derivanti tutti dal reato di cui al capo A) e non già dalla truffa di cui al capo B), già prescr primo grado ed in relazione alla quale, pertanto, alla luce dei principi dinanzi ricordati non pote pronunciarsi alcuna condanna agli effetti civili.
La sentenza pronunciata nei confronti del COGNOME va, pertanto, annullata in relazione alle
disposte statuizioni civili con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte Appello di Roma.
Il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME è inammissibile in quanto tutti i moti addotti, nella sostanza, prospettano “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento del decisione impugnata che esula dai poteri della Corte di cassazione, sollecitando una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove rispetto a quella alla qua con un percorso argomentativo privo di vizi logici, sono giunte le sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile (ex multis, Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617 – 01).
3.1. Peraltro, nel contestare l’attribuzione al COGNOME dei soprannomi ai quali si fa riferimento nelle chat con NOME ed NOME COGNOME, il ricorso non si confronta adeguatamente con gli elementi desunti anche da specifiche chat (esposti alle pagg. 30 e 31 della sentenza impugnata) dai quali è stato desunto che l’account “benvenuti.carlo” veniva utilizzato alternativamente da NOME COGNOME e dal COGNOME, al quale, pertanto, non illogicamente è stato imputato quanto emerso dalle chat valorizzate dalle sentenze di merito.
Lo stesso ricorso, peraltro, riconosce che il COGNOME ed il COGNOME erano a conoscenza delle truffe dalle quali proveniva il materiale elettronico poi rivenduto a terzi, ma la Corte territ ha ben evidenziato non potersi desumere da tale circostanza un concorso, anche solo morale, anche dei predetti COGNOME e COGNOME all’organizzazione ed all’esecuzione delle truffe, reato presupposto del riciclaggio addebitato al ricorrente, né è consentito a questa Corte giungere a diverse valutazioni del materiale probatorio acquisito, anche con riferimento alla vendita dei proventi delle truffe tramite le società dei Dezi, quali la RAGIONE_SOCIALE, peraltro risultante anche bonifici riscontrati dal teste COGNOME.
Secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte in tema di ricorso per cassazione, infatti, quando la sentenza impugnata abbia interpretato fatti comunicativi, l’individuazione de contesto in cui si è svolto il colloquio e dei riferimenti personali in esso contenuti, onde ricost il significato di un’affermazione e identificare le persone alle quali abbiano fatto riferimen colloquianti, costituisce attività propria del giudizio di merito, censurabile in sede di legit solo quando si sia fondata su criteri inaccettabili o abbia applicato tali criteri in modo scorr (Sez. 1, n. 25939 del 29/04/2024, L., Rv. 286599 – 01), ipotesi che non risulta in alcun modo ricorrere nel caso di specie.
3.2. Immune da censure è anche la qualificazione della condotta di cui al capo O) come riciclaggio, atteso che non solo la vendita dei proventi delle truffe avveniva tramite un s internet, senza alcuna pubblicizzazione dei numeri seriali degli oggetti elettronici venduti, m l’individuazione dell’illecita provenienza della merce veniva ostacolata anche dalle modalità dell vendite, non già di singoli pezzi, bensì di intere grandi quantità di materiale elettronico, effett con l’interposizione di società come la RAGIONE_SOCIALE, apparente venditrice, in favore di società che avevano già rapporti con i ricorrenti, come emerso dalle chat tra il COGNOME, il COGNOME e
il Dezi.
3.3. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche al COGNOME è stato fondato sula gravità del fatto, in considerazione del “valore cospicuo” della merce rivenduta: si tratta motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv. 242419 – 01), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferi quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri d valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244 – 01).
I ricorsi proposti da NOME ed NOME COGNOME infine, sono inammissibili, in quanto fondati su una non corretta interpretazione della sentenza impugnata, laddove questa, accogliendo il concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., ha espressamente ritenuto “accoglibile anche la riduzione della confisca oggetto del concordato proposto, dato che il profitto del riciclaggio da parte dei Dezi non corrisponde al profitto delle vendite del COGNOME, ma solo quello dei Dezi stessi, ossia alla somma di euro 390.000…” (pag. 29 della sentenza impugnata). Appare, pertanto, evidente che, nel disporre la riduzione della confisca per equivalente “all’importo di euro 390.000,00 ciascuno”, la sentenza impugnata non ha voluto disporre l’ablazione della somma di euro 780.000 (quale risultante della somma di euro 390.0000 per ciascuno degli imputati), ma ha semplicemente affermare la confiscabilità della somma di euro 390.000 (così rideterminata in riduzione) per l’intero nei confronti di ciascuno degli imputa solidalmente, così come dalla richiesta di concordato accolta dalla Corte territoriale.
All’inammissibilità del ricorso del COGNOME consegue la condanna del predetto alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano come in dispositivo.
Vanno, invece, disattese le richieste di liquidazione delle spese avanzata dalla stessa parte civile nei confronti di NOME COGNOME in ragione dell’accoglimento del motivo di ricorso d stesso proposto in relazione al capo coinvolgente gli interessi della Enav S.P.A., ed altresì ne confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME non avendo questi proposto motivi di impugnazione in ordine alla loro responsabilità.
All’inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME segue anche, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME in relazione all’ordine di confisca della somma di euro 47.040,95 che revoca, disponendo la restituzione della
stessa all’avente diritto. Visto l’art. 626 cod. proc. pen. dispone l’immediata trasmissione d dispositivo al Procuratore Generale in sede per i provvedimenti di competenza. Dichiara
inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME in relazione alle disposte statuizioni civili con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello
Roma.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Fabio e COGNOME
NOMECOGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Condanna, inoltre, COGNOME NOME al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile Enav S.P.A. che liquida in euro 3.686,00 oltre accessori d
legge.
Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese avanzata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME Alessandro.
Così deciso il 15 aprile 2025
GLYPH
Il Consigliere ,estensore
Il Presidente