Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6578 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6578 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 26/11/2024
18 FEB. 2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME COGNOME nato a Prato il 11/11/1945; Luci’ ni avverso l’ordinanza del 14/06/2024 della Corte di appello di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 giugno 2024, la Corte di appello di Bologna ha rigettato l’opposizione, ex artt. 676 e 667, comma 4, cod. proc. pen. all’ordinanza resa dalla stessa Corte, in funzione di giudice dell’esecuzione, il 13 novembre 2023, di rigetto della richiesta di revoca della confisca della somma di euro 922.006,28, disposta con sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, commesso dal legale rappresentante nell’interesse di
una società. La confisca era stata disposta per equivalente sui beni personali del legale rappresentante della società che si era avvantaggiata del mancato pagamento dell’Iva, essendo incapiente il patrimonio della società stessa.
Avverso l’ordinanza, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta l’erronea applicazione degli artt. 240 cod. pen. e 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, sull’assunto che la Corte d’appello, quale giudice dell’esecuzione, non aveva attribuito rilievo all’integrale pagamento del debito fiscale intervenuto prima che la confisca delle somme depositate sui conti del ricorrente fosse eseguita. Secondo la prospettazione difensiva, al momento di presentazione dell’istanza di revoca dell’esecuzione della confisca al giudice dell’esecuzione era stata documentata la capienza del patrimonio della società fallita a soddisfare le pretese dell’erario; nel corso del procedimento esecutivo era stata provata, con la produzione del progetto di riparto finale del curatore fallimentare del 25 marzo 2024, l’esistenza di una liquidità che consentiva alla curatela di pagare integralmente i creditori privilegiati e i chirografari nella misura del 60%. Si lamenta che la Corte aveva rigettato l’istanza, affermando che la confisca era ormai divenuta efficace per effetto dell’irrevocabilità della sentenza. Sostiene il ricorrente che tale assunto non terrebbe conto del principio di proporzionalità, in particolare, della necessità di evitare duplicazioni nel pagamento del debito fiscale.
2.2. In secondo luogo, e in via subordinata, si lamenta la violazione dell’art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, sul rilievo che il giudice dell’esecuzione aveva eseguito la confisca sui beni del ricorrente per equivalente anziché sui beni della società destinataria del profitto del reato, nonostante vi fosse la prova che detta società disponesse di un patrimonio liquido in grado di soddisfare ampiamente l’esecuzione della confisca. Si afferma che tale recuperata capienza patrimoniale era stata documentata in sede esecutiva.
2.3. In via ulteriormente subordinata, la difesa censura la violazione dell’art. 630 cod. proc. pen., deducendo la sopravvenienza di nuove prove che dimostrerebbero che la confisca non era applicabile al ricorrente, per difetto originario dei presupposti.
2.4. La difesa del ricorrente ha depositato memoria, con la quale insiste in quanto già dedotto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato, con assorbimento degli altri, in quanto logicamente subordinati.
1.1. Il provvedimento impugnato muove dall’assunto che il pagamento del debito tributario da parte della società, nel cui interesse il reato è stato commesso, successivo al passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca per equivalente del profitto del reato in capo al legale rappresentante della società stessa, sia irrilevante ai fini dell’eseguibilità o dell’ammontare della confisca stessa. Si afferma, in particolare, che non vi è alcuna duplicazione sanzionatoria, in conseguenza di quanto stabilito dall’art. 12-bis, comma 2, del d.lgs. 74 del 2000, disposizione di favore che troverebbe applicazione solo prima del passaggio in giudicato della sentenza.
Tali affermazioni si pongono in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, la quale evidenzia come, nei reati tributari, il profitto suscettibile di confisca, corrispondente alla somma non versata, deve essere calcolato avuto riguardo al momento in cui tale somma avrebbe dovuto essere versata, potendo determinare la corresponsione postuma della somma non versata una mera riduzione del quantum oggetto di confisca e la sterilizzazione dell’operatività della stessa, ove il contribuente si impegni a versare il dovuto entro i termini ammessi dalla legislazione tributaria di settore (ex multis, Sez. 3, n. 23962 del 10/02/2023, Rv. 284687). In generale, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa (Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Rv. 263409; Sez. 3, n. 6635 del 08/01/2014, Rv. 258903). La confisca per equivalente, dunque, non può riguardare somme superiori all’effettivo profitto conseguito, quantificato decurtando dal valore del patrimonio sottratto le somme recuperate dal fisco a seguito di versamenti effettuati (Sez. 3, n. 4097 del 19/01/2016, Rv. 265843). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E non osta a tale conclusione la natura sanzionatoria della confisca per equivalente disposta nei confronti del legale rappresentante di una società che non si sia avvantaggiato personalmente del profitto del reato. Se, infatti, è indubbio che la confisca possa essere disposta anche nei confronti di un soggetto che non ha conseguito alcun profitto e che, perciò, possa portare a un depauperamento netto del patrimonio di tale soggetto, nondimeno la stessa è pacificamente
subordinata all’impossibilità di operare una confisca diretta nei confronti della società (ex plurimis, Sez. 5, n. 6391 del 04/02/2021, Rv. 280535; Sez. 3, n. 29862 del 01/12/2017, dep. 03/07/2018, Rv. 273689; Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Rv. 258648). Tale subordinazione risponde all’esigenza di contemperare la finalità sanzionatoria legittimamente perseguita dall’ordinamento con la natura necessariamente ripristinatoria della confisca; con la conseguenza che, una volta operato il ripristino, la confisca viene meno nella misura corrispondente e può venire meno in tutto e per tutto, qualora il ripristino sia stato totale. In alt termini, il depauperamento economico del soggetto destinatario della confisca è consentito solo nella stretta misura in cui risponda ad un’esigenza recuperatoria. Si tratta di un principio generale che trova applicazione anche nella fase esecutiva e che va oltre il disposto dell’art. 12-bis, comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000, il quale ha una portata limitata alla disciplina dell’impegno del contribuente a versare all’erario le somme e alle conseguenze del mancato versamento.
1.2. Le considerazioni che precedono trovano applicazione anche nel caso di specie, in cui il ricorrente sostiene di avere fornito prova dell’integrale pagamento del debito tributario – con la memoria integrativa del 19 dicembre 2023 sostanzialmente richiamata alla pag. 3 del procedimento impugnato («si era impegnata a pagare ed aveva poi pagato l’Iva dovuta»), ma non presa in considerazione dalla Corte di appello, sull’assunto che l’eventuale duplicazione del pagamento del debito tributario, da parte di soggetti diversi, sarebbe consentita dall’ordinamento, vista la funzione sanzionatoria della confisca per equivalente.
La rilevata erroneità di tale assunto ha come conseguenza l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, perché – alla luce dei principi sopra enunciati – valuti l’effettività e la consistenza dei pagamenti del debito tributario intervenuti e le loro conseguenze sull’eseguibilità o l’ammontare della confisca oggetto del presente procedimento.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bologna.
Così deciso il 26/11/2024.