Confisca per contrabbando: quando i veicoli della società non sono al sicuro
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un tema cruciale per gli amministratori di società: la responsabilità patrimoniale dell’azienda per i reati commessi dal proprio legale rappresentante. In particolare, la Suprema Corte chiarisce i limiti della tutela del terzo proprietario del bene utilizzato per il crimine, quando questo terzo è una società amministrata dall’imputato stesso. La decisione si concentra sulla legittimità della confisca per contrabbando di veicoli intestati a una società di autonoleggio, ma utilizzati dal suo amministratore per commettere il reato.
I fatti del caso
Un soggetto, amministratore di una società di autonoleggio, proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la confisca di tre furgoni. Tali veicoli, formalmente di proprietà della società, erano stati utilizzati per commettere il reato di contrabbando. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione alla disposta confisca. È importante notare che, in sede di appello, il ricorrente aveva rinunciato a tutti i motivi di impugnazione, ad eccezione di quello relativo al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La decisione della Corte di Cassazione sulla confisca per contrabbando
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi: uno di carattere processuale e uno di merito.
Dal punto di vista processuale, la Corte ha rilevato che, avendo il ricorrente rinunciato ai motivi di appello relativi alla confisca, non poteva poi dolersene in sede di legittimità. La rinuncia a un motivo di gravame preclude infatti la possibilità di riproporre la stessa doglianza davanti al giudice superiore.
Le motivazioni
Nonostante l’inammissibilità per ragioni procedurali, la Corte ha voluto comunque esaminare il merito della questione, confermando la correttezza della decisione dei giudici di secondo grado. La motivazione centrale ruota attorno al principio di “immedesimazione” tra l’amministratore e la società. I giudici hanno chiarito che, sebbene i furgoni fossero intestati alla società di autonoleggio (un soggetto giuridico distinto dalla persona fisica dell’imputato), la buona fede di tale società, in qualità di terzo proprietario, doveva essere esclusa.
Questo perché l’imputato era l’amministratore della società stessa. In virtù del rapporto di immedesimazione organica, la volontà e le azioni dell’amministratore si imputano direttamente alla società. Di conseguenza, la società non poteva essere considerata un “terzo estraneo” e in buona fede rispetto al reato commesso dal proprio legale rappresentante con i beni sociali. La Corte ha quindi concluso che la confisca per contrabbando, prevista come obbligatoria dalla legge, è stata correttamente mantenuta.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito per gli amministratori e gli imprenditori. La separazione patrimoniale tra la società e la persona fisica non costituisce uno scudo invalicabile quando i beni sociali vengono utilizzati per commettere reati dall’amministratore stesso. Il principio di immedesimazione fa sì che la “colpa” dell’amministratore si estenda alla società, rendendo i beni di quest’ultima aggredibili tramite misure come la confisca. Per le imprese, soprattutto quelle che gestiscono flotte di veicoli come le società di autonoleggio, è fondamentale adottare protocolli interni rigorosi per prevenire l’uso illecito dei beni aziendali, poiché le conseguenze possono ripercuotersi direttamente sul patrimonio della società.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché l’imputato aveva già rinunciato in appello ai motivi relativi alla confisca, concentrandosi solo sulle attenuanti generiche. Non poteva quindi riproporre le stesse lamentele davanti alla Corte di Cassazione.
È possibile confiscare un veicolo di una società per un reato commesso dal suo amministratore?
Sì. Secondo la sentenza, se l’amministratore di una società utilizza un bene aziendale (come un furgone) per commettere un reato, quel bene può essere confiscato. La società non può essere considerata un terzo in buona fede, poiché le azioni dell’amministratore si considerano azioni della società stessa.
Cosa significa il ‘principio di immedesimazione’ in questo contesto?
Il principio di immedesimazione significa che la volontà e la condotta dell’organo amministrativo (l’amministratore) sono considerate la volontà e la condotta della società stessa. Di conseguenza, la conoscenza e l’intento criminale dell’amministratore vengono attribuiti direttamente alla società, escludendo la sua buona fede e legittimando la confisca dei suoi beni usati per il reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46427 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46427 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 11/05/1966
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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Ritenuto che il ricorso di COGNOME NOME, che deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla conferma della disposta confisca dei mezzi utilizzati per commettere il reato di contrabbando, ai sensi dell’art. 301 del d.P.R. n. 43 del 1973 è inammissibile. Il ricorrente aveva rinunciato ai motivi di appello ad eccezione di quello relativo al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sicchè non può dolersi della mancata risposta ai motivi rinunciati.
In ogni caso, deve rilevarsi che la disposta confisca dei mezzi utilizzati per commettere il delitto di contrabbando (tre furgoni) risultano formalmente intestati ad una società di autonoleggio di cui l’imputato è amministratore, da cui in virtù del principio di immedesimazione, è stata esclusa la buona fede del terzo (società di autonoleggio) (cfr. pag. 3 sentenza di primo grado).
Dunque, la confisca obbligatoria è stata correttamente mantenuta.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, l’08/11/2024
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Il Presidente