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Confisca per contrabbando: motivazione necessaria

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di confisca di ingenti somme di denaro, ritenute profitto di contrabbando. La sentenza stabilisce che, anche in caso di archiviazione del reato per prescrizione, la confisca per contrabbando richiede una motivazione specifica e concreta che dimostri il legame causale diretto tra il denaro sequestrato e l’attività illecita, non essendo sufficiente la sola mancata prova della provenienza lecita del bene.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Contrabbando: La Cassazione Esige una Motivazione Concreta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale, la n. 37402 del 2025, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di confisca per contrabbando: non basta sospettare l’origine illecita di una somma di denaro per poterla confiscare. Il giudice deve fornire una motivazione dettagliata e basata su elementi concreti che dimostri il legame diretto tra quel denaro e il reato contestato. Questo principio si applica anche quando il procedimento principale si conclude con un’archiviazione per prescrizione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto contro un’ordinanza del Tribunale di Napoli, che aveva confermato la confisca di due somme di denaro, rispettivamente di 91.000 euro e 8.500 euro, sequestrate in due diverse occasioni a distanza di anni. Il procedimento penale a carico del ricorrente per il reato di contrabbando era stato archiviato per intervenuta prescrizione, ma il decreto di archiviazione aveva comunque disposto la “confisca del reperto”, ossia delle somme sequestrate, ritenendole profitto del reato.

Il ricorrente si era opposto, sostenendo che il provvedimento mancasse di una motivazione adeguata a giustificare la confisca, specialmente per quanto riguarda la prova che quel denaro fosse effettivamente il guadagno illecito derivante dal contrabbando.

La necessità di una motivazione sulla confisca per contrabbando

Il ricorrente, attraverso il suo legale, ha presentato tre motivi di ricorso alla Corte di Cassazione, incentrati sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione. In sintesi, la difesa ha sostenuto che:

1. Mancava la prova del nesso di pertinenzialità: l’ordinanza non spiegava perché le somme sequestrate dovessero essere considerate profitto del reato di contrabbando. La sola presenza del denaro nell’auto del ricorrente non era sufficiente a dimostrarne l’origine illecita.
2. Assenza di motivazione specifica: Per entrambe le somme, il giudice non aveva indicato elementi fattuali concreti a sostegno della confisca, limitandosi a generici richiami agli atti di indagine e alla presunta pericolosità del soggetto.
3. Omessa considerazione delle prove difensive: Il ricorrente aveva fornito una spiegazione alternativa sull’origine lecita di parte del denaro, legata a una compravendita immobiliare, ma queste prove non erano state adeguatamente valutate dal giudice.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto i primi due motivi del ricorso, ritenendoli fondati e assorbenti rispetto al terzo. I giudici supremi hanno ribadito alcuni principi cardine del diritto penale.

Innanzitutto, per i reati di contrabbando, la legge (ex art. 301 d.P.R. 43/1973, ora art. 94 d.lgs. 141/2024) prevede la possibilità di disporre la confisca anche in caso di proscioglimento per cause che non incidono sulla materialità del fatto, come la prescrizione. Tuttavia, questo non esonera il giudice dal dovere di accertare sia l’esistenza del fatto materiale di reato, sia il nesso di pertinenzialità tra il bene e il reato stesso.

Il punto cruciale della decisione è che, quando si contesta la qualificazione di un bene come “profitto del reato”, il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di fornire una “risposta effettiva”, cioè una motivazione che indichi gli elementi concreti su cui si fonda tale qualificazione. Non è sufficiente affermare in modo generico che il denaro deriva dal reato o screditare la versione difensiva sulla sua provenienza lecita. Farlo equivarrebbe a trasformare una confisca diretta in una confisca per sproporzione, che si basa però su presupposti completamente diversi.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che sia l’ordinanza impugnata sia quella precedente si erano limitate a richiami assertivi e sintetici, senza esplicitare gli elementi di fatto che dimostrassero il rapporto di derivazione causale diretta e immediata tra le somme di denaro e i fatti materiali di contrabbando. Questa lacuna motivazionale è risultata decisiva.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato il caso al Tribunale di Napoli per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà ora esporre una motivazione specifica, indicando gli elementi fattuali concreti che dimostrino perché le somme sequestrate costituiscono un vantaggio economico derivante direttamente dalla commissione dei reati di contrabbando. Questa sentenza rafforza il principio di garanzia secondo cui ogni provvedimento ablativo, come la confisca, deve essere sorretto da un’argomentazione rigorosa e puntuale, che non può essere sostituita da presunzioni o affermazioni generiche, anche a fronte dell’estinzione del reato per prescrizione.

È possibile confiscare il profitto di un reato anche se il procedimento penale è stato archiviato per prescrizione?
Sì, specificamente per i reati di contrabbando, la legge consente la confisca delle cose che sono profitto del reato anche se l’imputato è stato prosciolto per cause che non incidono sulla materialità del fatto, come la prescrizione. Tuttavia, il giudice deve comunque accertare l’esistenza del fatto storico di reato.

Per disporre la confisca per contrabbando, è sufficiente che l’imputato non dimostri la provenienza lecita del denaro?
No, non è sufficiente. La mancata dimostrazione della legittima provenienza del bene non prova, di per sé, che esso provenga da un fatto di contrabbando. È onere del giudice fornire una motivazione basata su elementi concreti che dimostrino il legame causale tra il reato e il bene confiscato.

Cosa deve fare il giudice per motivare correttamente una confisca come profitto del reato?
Il giudice deve esplicitare gli elementi di fatto concreti che evidenziano il rapporto di derivazione causale diretto e immediato tra il denaro (o altro bene) e i fatti materiali di reato ritenuti accertati. Deve spiegare perché quel bene costituisce il vantaggio economico derivante dalla commissione dell’illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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