Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37402 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37402 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/05/2025 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che conclude per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni, per il ricorrente, dell’AVV_NOTAIO, che chiede l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata il 14 maggio 2025, e depositata in pari data, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 15 luglio 2024, che aveva respinto la richiesta del medesimo di restituzione delle somme di 91.000,00 euro e di 8.500 euro, sequestrate, rispettivamente, il 14 ottobre 2004 e il 14 settembre 2007, confermandone la confisca.
L’ordinanza emessa in sede di opposizione premette che le somme in questione sono state confiscate con decreto di archiviazione del G.i.p. in data 8 giugno 2015; precisamente, il decreto di archiviazione, pronunciato per l’intervenuta estinzione per prescrizione dei reati ascritti ad NOME COGNOME, ha disposto anche la «confisca del reperto». La medesima ordinanza osserva poi che le somme confiscate debbono ritenersi profitto del reato di contrabbando, e che, in particolare, quella di 91.000,00 euro è stata sequestrata nella flagranza del reato, mentre quella di 8.500,00 euro è stata sottoposta a vincolo quando l’attuale istante era latitante.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando tre motivi, preceduto da una premessa sulla evoluzione del procedimento.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, avuto riguardo all’assenza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di contrabbando e alla qualificazione della somma di 91.000,00 euro quale profitto del reato, nonché alla violazione del principio di innocenza.
Si deduce che l’ordinanza impugnata non ha fornito alcuna motivazione sulla sussistenza del vincolo di pertinenzialità della somma di 91.000,00 euro rispetto al reato di contrabbando, sulla qualificazione della stessa come profitto di tale delitto, e sulla sua pericolosità. Si rappresenta che l’unico dato indicato nell’ordinanza impugnata a sostegno delle sue conclusioni riguarda la presenza del precisato quantitativo di denaro in banconote nell’autovettura di proprietà dell’attuale ricorrente e allo stesso restituita dal Tribunale di Napoli. Si rileva che la confisca diretta del denaro è possibile solo se la somma proprio quella derivata immediatamente e direttamente dal reato e che, però, nella specie, neanche il giudice della cognizione aveva evidenziato l’origine illecita della somma di denaro. Si aggiunge che: a) il giudice dell’esecuzione ha affermato la sussistenza del reato senza neppure indicare specificamente gli elementi di prova da cui inferirne l’esistenza, né quando e come la
somma sarebbe stata ricevuta dall’attuale ricorrente; b) l’avviso di conclusione delle indagini preliminari si è limitato a contestare all’attuale ricorrente un ruolo di mero esecutore degli ordini impartiti da altri coindagati, e a far riferimento ad un’unica data, quella del 13 ottobre 2004, e quindi evidenzia una condotta logicamente con l’acquisizione, in una singola occasione, di un profitto pari a 91.000,00 euro. Si sottolinea, ancora, che l’attuale ricorrente non è stato riconosciuto colpevole da alcuna sentenza di merito in ordine ai fatti addotti a giustificazione della confisca.
2.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, avuto riguardo all’assenza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di contrabbando e alla qualificazione della somma di 8.500,00 euro quale profitto del reato, nonché alla violazione del principio di innocenza.
Si deduce che l’ordinanza impugnata non ha fornito alcuna motivazione sulla sussistenza del vincolo di pertinenzialità della somma di 8.500,00 euro rispetto al reato di contrabbando, sulla qualificazione della stessa come profitto di tale delitto, e sulla sua pericolosità. Si rappresenta che: a) non vi è alcuna contestazione a carico del ricorrente per fatti successivi al 13 ottobre 2004; b) l’ordinanza impugnata non indica alcun elemento fattuale per poter ritenere l’operatività del vincolo associativo nei confronti dell’attuale ricorrente nel settembre 2007, data di effettuazione del sequestro della somma di 8.500,00 euro; c) anche le indagini a carico dei coindagati si sono interrotte nel marzo 2007, ossia sei mesi prima del sequestro appena indicato, a seguito dell’esecuzione di ordinanza cautelare; d) il decreto di archiviazione nei confronti dell’attuale ricorrente, siccome emesso l’8 giugno 2015, e il provvedimento di restituzione al medesimo dell’autovettura in cui era stata rinvenuta la somma di 91.000,00 euro, in quanto datato 21 novembre 2014, confermano come il reato associativo non potesse essere in corso nel 2007; e) non è stata specificata nessuna attività illecita in collegamento con il sequestro della somma di 8.500,00 euro; f) il sequestro della somma di 8.500,00 euro è stato effettuato solo perché la stessa è stata rinvenuta nella disponibilità dell’attuale ricorrente quando lo stesso fu arrestato in esecuzione di un’ordinanza cautelare di cui non era a conoscenza. Si sottolinea, anche con riferimento a questa confisca, che l’attuale ricorrente non è stato riconosciuto colpevole da alcuna sentenza di merito in ordine ai fatti addotti a giustificazione della confisca.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, avuto riguardo all’omessa considerazione delle prospettazioni difensive in ordine all’origine lecita della somma di 91.000,00 euro sottoposta a confisca.
Si deduce che l’ordinanza impugnata non ha considerato le allegazioni della difesa, la quale ha prodotto: a) una distinta di prelievo in contanti della somma di 100.000,00 euro presso la CREDEM pochi giorni prima del sequestro; b) le dichiarazioni di NOME COGNOME, il quale ha spiegato, in modo circostanziato, di aver chiesto di ricevere detta somma in contanti, e di attenderne la consegna per il 14 ottobre 2004, in relazione alla compravendita di un immobile; c) il contratto preliminare tra l’attuale ricorrente e COGNOME per l’acquisto di un immobile in Inghilterra. Si rappresenta, poi, che: 1) l’assenza di segnalazioni in materia di riciclaggio da parte della banca presso la quale fu effettuato il prelievo è circostanza semplicemente asserita nell’ordinanza, ma non fondata su alcun supporto; 2) non era possibile procedere ad un bonifico all’estero per la somma di 100.000,00 euro, come rilevabile anche dal foglio informativo della CREDEM reperibile tramite internet; 3) la elevata capacità patrimoniale dell’attuale ricorrente è confermata anche dalla disponibilità dell’autovettura prima sequestrata e poi restituitagli.
L’attuale ricorrente, poi, in replica alla memoria del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO della Corte di cassazione, nella quale si chiede il rigetto del ricorso, ha presentato memoria, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO.
Nella memoria, in sintesi, si ribadiscono e sviluppano ulteriormente le argomentazioni esposte nel ricorso. Si evidenzia, inoltre, che: a) nei confronti degli altri pretesi concorrenti non è stata disposta alcuna confisca; b) non è stata indicata la precisa entità del profitto conseguito dall’attuale ricorrente; c) la confisca nei confronti dell’attuale ricorrente, in ogni caso, avrebbe dovuto essere applicata nei limiti di quanto da lui concretamente conseguito, o altrimenti ripartita per quote uguali tra tutti i concorrenti nel reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione alle censure enunciate nei primi due motivi, con assorbimento di quelle formulate nel terzo motivo, per le ragioni e nei limiti di seguito precisati.
A fini di chiarezza espositiva, appare utile indicare alcuni principi generali relativi al contesto nel quale si colloca l’esame delle censure, sebbene non contestati nel ricorso, né messi in discussione nell’ordinanza impugnata.
2.1. Innanzitutto, con riferimento ai reati di contrabbando, vige il principio secondo cui la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne siano state l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto deve essere disposta anche nel caso in cui l’imputato sia stato prosciolto o assolto per cause che non incidono sulla materialità del fatto, ad esempio per essere il reato estinto per prescrizione.
Questo principio non solo costituisce affermazione consolidata in giurisprudenza (cfr. ad esempio, Sez. 3, n. 18535 del 08/02/2022, COGNOME, Rv. 283134 – 01, Sez. 2, n. 8330 del 26/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259009 – 01), ma risulta essere oggetto di costante enunciazione da oltre quarant’anni, in quanto direttamente desunto dal dettato dell’art. 301 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, quale disposizione di deroga rispetto a quella AVV_NOTAIO di cui all’art. 240 cod. pen. (vds., per tutte: Sez. 3, n. 4739 del 26/11/2001, dep. 2002, Vanni, Rv. 221054 – 01; Sez. 3, n. 9569 del 10/07/1984, Vicenda, Rv. 166484 – 01; Sez. 3, n. 5645 del 27/02/1980, Vanitelli, Rv. 145198 – 01).
2.2. In secondo luogo, poi, è anch’esso principio consolidato da lunghissimo tempo quello secondo cui la confisca delle cose ex art. 301 d.P.R. n. 43 del 1973 deve essere disposta anche con il decreto di archiviazione che definisce il procedimento rilevando l’esistenza di cause che non incidono sulla materialità del fatto.
Questa affermazione, in particolare, è stata enunciata più volte proprio nel caso in cui il decreto di archiviazione definisce il procedimento per fatti di contrabbando rilevando la prescrizione del reato (cfr. Sez. 3, n. 18535 del 08/02/2022, COGNOME, cit., nonché Sez. 1, n. 38174 del 24/09/2008, COGNOME, Rv. 241146 – 01; vds., per una ipotesi di decreto di archiviazione emesso per insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, Sez. 3, n. 28508 del 04/06/2009, COGNOME, Rv. 244780 – 01).
2.3. In terzo luogo, è indiscusso che, a fronte di confisca disposta con decreto di archiviazione, le questioni sull’esistenza del fatto materiale di contrabbando e sulla pertinenzialità del bene oggetto di ablazione rispetto a tale fatto possono essere sollevata davanti al giudice dell’esecuzione penale.
Questo principio, affermato specificamente con riferimento a confisca disposta con decreto di archiviazione per prescrizione per fatti di contrabbando (cfr. Sez. 3, n. 18535 del 08/02/2022, COGNOME, cit., con riguardo all’accertamento della materialità del fatto, e Sez. 1, n. 38174 del 24/09/2008, COGNOME, cit., con riguardo all’accertamento del nesso di pertinenzialità), è da tempo oggetto di applicazione anche per le ablazioni ordinate sulla base della disciplina AVV_NOTAIO di cui all’art. 240
cod. pen. (cfr. Sez. 1, n. 2453 del 04/12/2008, dep. 2009, Squillante, Rv. 243027 01).
Fissate queste premesse, è più agevole esaminare le censure formulate nei primi due motivi di ricorso.
Le censure in questione denunciano l’assenza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di contrabbando e alla qualificazione in termini di profitto del reato della somma di 91.000,00 euro sequestrata il 14 ottobre 2004 (primo motivo), e della somma di 8.500,00 euro sequestrata il 14 settembre 2007 (secondo motivo).
Le stesse sono fondate, in particolare laddove deducono l’assenza di motivazione in tema di qualificazione delle somme confiscate come profitto del reato.
3.1. Si è già detto che, in forza di principio di AVV_NOTAIO applicazione, a fronte di confisca disposta con decreto di archiviazione, l’interessato può contestare davanti al giudice dell’esecuzione penale la sussistenza tanto del fatto materiale di contrabbando, quanto del nesso di pertinenzialità del bene oggetto di ablazione rispetto al fatto di contrabbando ritenuto accertato.
Ora, se l’interessato ha questo diritto di contestazione, ha anche diritto ad una risposta effettiva, ossia ad una motivazione che indichi gli elementi concreti in base ai quali deve ritenersi la sussistenza del fatto materiale di contrabbando e/o del nesso di pertinenzialità del bene oggetto di ablazione rispetto al fatto di contrabbando ritenuto accertato. E questo a maggior ragione se si considera che il giudice dell’esecuzione dispone di poteri di accertamento finalizzati all’applicazione della confisca non solo sulle cose oggettivamente criminose per loro intrinseca natura, ma anche su quelle che sono considerate tali dal legislatore per il loro collegamento con uno specifico fatto-reato (cfr., ancora, esemplificativamente, Sez. 1, n. 2453 del 04/12/2008, dep. 2009, Squillante, Rv. 243027 – 01).
In particolare, allora, quando l’interessato contesta la qualificazione del bene sottoposto a confisca come profitto del reato di contrabbando è doveroso spiegare, sulla base di elementi fattuali concreti, perché detto bene costituisca il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito, secondo la definizione espressamente data alla nozione di profitto del reato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264436 -01, espressamente richiamata anche, da ultimo, da Sez. U, n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, in motivazione, § 5.2).
Né questa spiegazione può essere fornita semplicemente valorizzando l’inattendibilità delle prospettazioni della difesa in ordine alla legittima provenienza
del bene. Invero, la mancata dimostrazione della legittima provenienza del bene non evidenzia, di per sé sola, che detto bene provenga da un fatto materiale di contrabbando. Anzi, se si ritenesse sufficiente la mancata dimostrazione della legittima provenienza del bene quale valido fondamento della confisca prevista dall’art. 301 d.P.R. n. 43 del 1973 (e ora dall’art. 94 d.lgs. 26 settembre 2024, n. 141, perfettamente sovrapponile all’art. 301 cit.), si determinerebbe la sostanziale sovrapposizione, e confusione, di questa fattispecie di ablazione a quella costituita dalla confisca penale c.d. per sproporzione, la quale, però, si fonda su presupposti ben diversi.
3.2. Nella specie, l’ordinanza impugnata fornisce indicazioni estremamente sintetiche sia sull’esistenza dei fatti materiali di contrabbando, sia, soprattutto, in ordine al rapporto di derivazione causale delle somme confiscate dai fatti materiali di contrabbando, quale presupposto indispensabile per qualificare le stesse profitto di tali reati.
L’ordinanza impugnata, in proposito, rappresenta: «la sussistenza del nesso di pertinenzialità tra la somma di euro 91.000 sequestrata nel 2004 al COGNOME e i reati contestati risulta motivata dal primo g.e. in modo preciso, logico e puntuale, tanto che anche questo Giudice non può che rifarsi alle argomentazioni già esposte dal Giudice del provvedimento opposto e confermarle. Deve inoltre ricordarsi che la somma sequestrata è stata rinvenuta nella flagranza di alcuni dei reati contestati e proprio nella disponibilità del COGNOME, fugando ogni dubbio circa la connessione della stessa con i fatti di reato che si stavano perpetrando in quel momento, anche alla luce del fatto che non si vede per quale ragione il COGNOME avrebbe dovuto conservare una somma così ingente nell’automobile da lui utilizzata, correndo il rischio che gli venisse sottratta». E, con riferimento alla «sussistenza del nesso di pertinenzialità tra la somma pari ad euro 8500 sequestrata al COGNOME nel 2007 e i reati ipotizzati a suo carico», rileva: «deve in questa sede ribadirsi che pur se il sequestro è intervenuto a distanza di tre anni dal primo arresto del COGNOME, i fatti a lui contestati – e in particolare il delitto associativo – risultano contestati con condotta perdurante e che tali fattispecie delittuose erano pertanto ancora in essere momento del sequestro del 2007, momento in cui – tra l’altro – il COGNOME risultava addirittura latitante. Alla luce della natura dei fatti di reato contestati, pertanto, e delle ingenti quantità di denaro che venivano introitate e mobilitate dagli indagati all’epoca dei fatti, non può in alcun modo dubitarsi che anche la somma sequestrata nel 2007 sia stata legittimamente ritenuta profitto del reato e conseguentemente confiscato dal Gip che ha disposto l’archiviazione».
Né indicazioni più precise sono fornite dalla precedente ordinanza, emessa dal G.i.p. del Tribunale di Napoli in data 12 luglio 2024 in funzione di giudice dell’esecuzione, e avverso la quale era stata proposta l’opposizione decisa dal provvedimento impugnato in questa sede.
L’ordinanza in questione premette che il decreto di archiviazione nei confronti dell’attuale ricorrente è stato redatto con «veste grafica piuttosto semplificata», e che la statuizione ablatoria è stata adottata in modo assertivo con la semplice menzione della «confisca del reperto». Osserva poi: «Nel rinviare ai copiosi e documentati atti di indagine e all’avviso di conclusione indagini che li riassume, si segnalano infatti i delitti di cui ai capi 10°), 10b), 10c), 10d) e 10 e), in cui sono individuate le varie condotte collegate al contrabbando doganale di cui si discute attribuite a COGNOME, realizzate e accertate a Roma e in altre località italiane il 13 ottobre 2004 e in altre date contigue di cui in atti». Rappresenta quindi: «Tale contrabbando doganale aveva ad oggetto capi di abbigliamento ed altri colli, trasportati a bordo degli autocarri e degli altri veicoli in atti specificati, tutti i prodotti che peraltro avevano caratteristiche differenti da quanto riportato in relazione ai marchi e ai documenti introdotti». Conclude sul punto: «Il denaro di cui si discute, di cui oggi COGNOME vorrebbe la restituzione, era palesemente il profitto di tali fattispecie e segnatamente di quella di contrabbando doganale che venne accertato dalla Guardia di Finanza in occasione del suo arresto in flagranza, in uno con le altre precedenti e successive indagini di PG che avevano visto coinvolto oltre all’odierno istante anche il già citato COGNOME NOME, a capo dell’associazione di cui s’è detto da principio, nonché COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME, il già citato NOME NOME nei cui confronti venne elevato uno dei sequestri citati dalla difesa e altri, per la cui elencazione integrale si può rinviare agli atti del fascicolo delle indagini preliminari acquisito in visione».
3.3. Sulla base di quanto precedentemente indicato, è rilevabile il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata.
In particolare, l’ordinanza impugnata non indica in alcun modo gli elementi concreti sulla cui base deve ritenersi che le somme confiscate di 91.000,00 euro e di 8.500,00 euro si pongano in rapporto di derivazione causale dai fatti materiali di contrabbando ritenuti accertati, costituendo un vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione di questi ultimi, secondo la definizione espressamente data a tale nozione dalle Sezioni Unite.
E questa lacuna è tanto più significativa se si considera che la statuizione che ha disposto l’ablazione, contenuta nel decreto di archiviazione, non è supportata da alcuna motivazione, in quanto detto provvedimento, come precisa l’ordinanza emessa
dal G.i.p. del Tribunale di Napoli in data 12 luglio 2024, si è limitato semplicemente a stabilire la «confisca del reperto».
La fondatezza delle censure enunciate nei primi due motivi di ricorso, essendo queste logicamente preliminari a quelle esposte nel terzo motivo, rende superfluo l’approfondimento di queste ultime, ed impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame.
Il Giudice del rinvio esaminerà l’ opposizione esponendo specifica motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per disporre, a norma dell’art. 301 d.P.R. n. 43 del 1973 (ora art. 94 d.lgs. n. 141 del 2024), la confisca delle somme di 91.00,00 euro, sequestrata il 14 ottobre 2004, e di 8.500,00 euro, sequestrata il 14 settembre 2007, quale profitto di fatti materiali di contrabbando, in particolare, provvedendo ad esplicitare gli elementi di fatto evidenzianti il rapporto di derivazione causale delle precisate somme di denaro dai fatti materiali di contrabbando ritenuti accertati, in quanto somme configuranti vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione di questi ultimi .
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli. Così deciso il 15/10/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME