Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 24517 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 24517 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nata a BRESCIA il 15/03/1958 avverso la sentenza del 05/02/2025 del GIUDICE per le INDAGINI PRELIMINARI del TRIBUNALE di BRESCIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610 co. 5 e 611 co. 1-bis e ss. c.o ,1 ,u(
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia, in accoglimento dell’istanza formulata concordemente dalle parti, ha applicato a NOME COGNOME in relazione ai contestati reati di access abusivo a sistemi telematici (art. 615-ter cod. pen.) e di frode informatica (art. 640-ter cod. pe4), la pena, ridotta per il rito, di un anno e sei mesi di reclusione C 500,00 di multa, applicate le circostanze attenuanti generiche in equivalenza all’aggravante contestata ed unificati i fatti dal vincolo della continuazione.
In aggiunta, il giudice ha disposto la confisca obbligatoria, ex art. 240, secondo comma, n. 1-bis, cod. pen., anche per equivalente, del profitto del reato
determinato in € 738.000,11.
Presentando ricorso per cassazione, la difesa dell’imputata dedu l’illegalità della misura di sicurezza così disposta, attese le condizioni eco di assoluto disagio in cui versa la ricorrente.
Secondo la tesi difensiva, ed in linea con i principi espressi nella se della Corte Costituzionale n. 7 del 2025 (depositata il 4 febbraio 2025), in un affine al presente, il principio di proporzionalità della pena (sia in relaz gravità del reato, che in relazione alle condizioni economiche del soggetto col dalla sanzione) deve trovare applicazione anche con riguardo alla confisca, quan essa abbia natura sanzionatoria e, pertanto, sia tale da aggiungersi all sanzioni principali previste in conseguenza della commissione del reato.
In particolare, con riguardo alle pene pecuniarie (in ciò diverse dalla privative della libertà degli individui, che colpiscono un bene nella disponibil misura uguale- di tutte le persone), la diversa disponibilità patrimoniale individui, sulla quale la stessa pena può avere effetti radicalmente diffe comporta la necessità che il giudice proceda alla commisurazione della sanzio in maniera tale da evitare che essa risulti esorbitante rispetto alla capa condannato di farvi fronte ma anche che possa esservi un effetto palesemen eccessivo rispetto alle stesse condizioni di vita.
Nel caso concreto, si sostiene, la dimostrata incapienza della imputata, cui confronti il sequestro preventivo non ha potuto trovare esecuzione, giusti la richiesta di annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugn limitatamente alla disposta misura di sicurezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché il motivo non è consentito ex art. comma 3, cod. proc. pen.
Occorre preliminarmente sottolineare che il ricorso deduce l’illegalità disposta confisca (e non una qualche ragione di illegittimità della misura ovve fatto che essa sia stata disposta praeter pactum, al di là dell’accordo di patteggiamento).
Va tuttavia ricordato che l’illegalità della misura di sicurezza o della san come richiesta dalla legge quale premessa per il ricorso avverso la sentenz patteggiamento che la abbia applicata (art. 448, comma 2 – bis, cod. proc. pen.), e per il conseguente annullamento della sentenza stessa, ricorre nell’ipotesi in misura o la sanzione siano pronunciate al di fuori delle condizioni di legge, no
la mera violazione di specifiche previsioni.
Pur considerando che vengono qui in rilievo nozioni che non hanno matrice legislativa, ma che sono il frutto del progressivo sviluppo giurisprudenziale Sez. U y n. 18821 del 24/10/2013, dep. 2014 Ercolano, Rv. 258651; Sez. 11, n. 33040 del 26/2/2015, Jazouli, Rv. 264207; Sez. n. 47766 del 26/6/2015 Butera, Rv. 265108; Sez. U y , n. 40986 del 19/7/2018, COGNOME; anche Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279348) si può agevolmente affermare che il concetto di “illegalità” implichi la totale estraneità della sistema mentre la ‘mera’ “illegittimità” della pena è configurabile quan sanzione, pur astrattamente compatibile con le norme che la regolano, risult concreto contraria a specifiche prescrizioni che ne avrebbero condizion l’operatività ovvero risulti applicata nel caso concreto con carenze motivazi Az (Sez. U ; y14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, RV. 283886).
Partendo da tali premesse, occorre osservare che il motivo non rientra quelli per i quali sia consentito proporre ricorso per cassazione avverso un sentenza di patteggiamento, ex art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., ed in particolare per la illegalità della misura di sicurezza disposta.
Nel caso concreto, infatti, non si contesta che la misura adottata non sus nell’ordinamento, che ne siano stati ecceduti i limiti o che sia stata applic fuori dei casi previsti dalla legge, ma piuttosto che la misura sia nello sp viziata dalla violazione della proporzionalità che deve sussistere tra la s confiscata e la capacità reddituale e/o patrimoniale del soggetto colpit provvedimento (nel caso, la COGNOME). Ci troviamo quindi di fronte alla deduz di una questione che attiene alla illegittimità (asserita) della misura di si che sussiste in rerum natura e che è stata applicata in termini. Ma la (eventuale) illegittimità della sanzione o della misura di sicurezza non rientra, come si è tra le ragioni che possano giustificare il ricorso per cassazione avverso la se pronunciata ex art. 444 e seguenti cod. proc. pen.
Senza contare, a dirla tutta, che l’accoglimento dell’istanza presupporr da parte di questa Corte, una valutazione sulla fondatezza in fatto della lame ‘incapienza’ (o disagio economico della imputata, per mutuare l’espressi utilizzata nel ricorso) e della sproporzione della relativa confisca, oper preclusa per ovvi limiti ordinamentali (la Corte di cassazione è un giudice diritto, non del fatto).
Per tali ragioni, il ricorso è inammissibile. All’inammissibilità del r consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorr pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nel
determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 22 maggio 2025
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