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Confisca patteggiamento: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento che disponeva la confisca di una somma di denaro. La decisione sottolinea che i motivi di ricorso avverso il patteggiamento sono tassativi e che la confisca può basarsi non solo sulla prova che il denaro sia provento di reato, ma anche sulla sproporzione rispetto ai redditi leciti dell’imputato, un punto cruciale che la difesa non aveva colto. Questo caso ribadisce i rigidi limiti di impugnazione per la confisca patteggiamento.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Patteggiamento: i Rigidi Limiti del Ricorso in Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i confini molto stretti entro cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento, soprattutto per quanto riguarda la confisca patteggiamento di somme di denaro. La decisione chiarisce che non tutti i motivi sono validi e che un errore nell’inquadrare la base giuridica della confisca può essere fatale per l’esito del ricorso. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche per la difesa.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Genova, che applicava una pena concordata (patteggiamento) a una persona per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti. Oltre alla pena detentiva, il giudice disponeva la confisca di una somma di denaro pari a 3.400,00 euro, trovata in possesso dell’imputata.

Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per cassazione, contestando esclusivamente la legittimità della confisca. Secondo il ricorrente, la misura era illegittima e immotivata, poiché non vi erano elementi sufficienti a dimostrare che quella somma di denaro costituisse il provento diretto dell’attività di spaccio.

La Valutazione della Corte sul tema della confisca patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile, basando la propria decisione su due argomenti giuridici molto netti e istruttivi. Questa parte della sentenza è cruciale per comprendere come la Suprema Corte affronta il tema della confisca patteggiamento.

Le Motivazioni

In primo luogo, la Corte ha ricordato che, a seguito della riforma del 2017, l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Questi motivi includono, ad esempio, l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena, ma non un generico ‘vizio di motivazione’. La doglianza della difesa, incentrata su una presunta illogicità della motivazione, si scontrava quindi con un divieto normativo esplicito, rendendo il ricorso inammissibile sotto questo profilo.

In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, la Corte ha evidenziato come la difesa avesse commesso un errore fondamentale nell’individuare la norma alla base della confisca. Il ricorso era interamente costruito sulla presunta violazione dell’articolo 240 del codice penale, che disciplina la confisca del ‘provento del reato’. Tuttavia, la Corte ha chiarito che la confisca disposta dal Tribunale non si fondava su quella norma, bensì sugli articoli 240-bis del codice penale e 85 del Testo Unico Stupefacenti. Queste disposizioni permettono la cosiddetta ‘confisca per sproporzione’, che scatta quando vi è una manifesta incongruità tra il valore dei beni posseduti e il reddito dichiarato o l’attività economica svolta dal condannato. La motivazione della confisca era quindi la sproporzione, non il nesso diretto con il reato. Di conseguenza, l’intero impianto argomentativo del ricorso era fuori bersaglio, poiché contestava una base giuridica che il giudice di merito non aveva mai applicato.

Le Conclusioni

La sentenza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta per la ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La pronuncia della Cassazione è un monito importante: quando si impugna una sentenza di patteggiamento, è essenziale non solo rispettare i limiti procedurali imposti dalla legge, ma anche identificare con precisione la ratio giuridica della decisione contestata. Un errore su questo punto rende il ricorso inefficace e destinato all’inammissibilità, con ulteriori conseguenze economiche per l’imputato.

È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce motivi tassativi. Un vizio di motivazione, ad esempio, non è tra i motivi ammessi per contestare la sentenza di patteggiamento.

La confisca di denaro in un patteggiamento si basa sempre sulla prova che sia provento di reato?
No. La confisca può essere disposta anche ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca per sproporzione), qualora la somma sia sproporzionata rispetto ai redditi leciti dell’imputato, senza la necessità di dimostrare un legame diretto con il reato specifico contestato.

Cosa accade se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento è dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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