Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26190 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 16/06/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME quale proposto, da NOME COGNOMEcl. 1954) quale terzo interessato
e ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro del 18 settembre 2024 (depositato il 14 dicembre 2024), e ha confermato il sequestro di taluni beni a carico di NOME COGNOME individuato quale promotore di un’associazione di stampo ndranghetista operativa tra il 1990 e il 2006.
Avverso il decreto della Corte di appello propongono ricorso – che concerne la sola misura della confisca patrimoniale in relazione al fabbricato, composto da distinti appartamenti, ubicato in San Leonardo di Cutro, alla INDIRIZZO ed identificato al foglio 41, particella 2530, sub 1 e 2- NOME COGNOME, quale proposto, la moglie NOME COGNOME in qualità di terza interessata, e i terzi interessati NOME COGNOME (cl. 1954), NOME COGNOME (cl. 1987), NOME COGNOME (cl. 1981), NOME COGNOME (cl. 1977) e NOME COGNOME questi ultimi quali eredi di NOME COGNOME (cl. 1951, fratello del prevenuto) deceduto il 6 marzo 2023.
In particolare,
2.1. NOME COGNOME denuncia:
2.1.1. erronea applicazione della legge penale, per violazione dell’art. 34, cod. proc. pen. perché il consigliere relatore ed estensore del decreto impugnato e uno dei componenti del Collegio, erano incompatibili per avere fatto parte del Collegio che, in primo grado, aveva condannato NOME COGNOME. La partecipazione al Collegio di un giudice incompatibile determina la nullità della decisione;
2.1.2. violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione sulla pericolosità sociale di NOME COGNOME al momento dell’adozione del decreto che, nel caso in esame, è del tutto carente di motivazione;
2.1.3. violazione di legge (artt. 240-bis cod. pen. e 25 Cost.) sul giudizio di sproporzione. La Corte di appello non ha adeguatamente valutato la relazione tecnica di parte sulla proporzione, con i redditi leciti, del costo di costruzione dell’immobile, reddito che va correlato anche al reddito aggiuntivo, derivante dalla locazione Telecom, e ai redditi leciti di NOME COGNOME, coniuge del proposto, ancora residente nell’immobile confiscato, per il quale corrisponde il canone di fitto all’amministrazione giudiziaria.
2.1.4. omessa, illogica o contraddittoria motivazione del giudizio di sproporzione.
2.2. NOME COGNOME (cl. 1954) denuncia:
2.2.1. come il motivo di cui al punto 2.1.1. del ricorso di NOME COGNOME
2.2.2. omesso esame della posizione del ricorrente, quale terzo interessato;
2.3. NOME COGNOME (n. a Crotone il 27 gennaio 1987)
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NOME COGNOME (n. a Catanzaro il 17 marzo 1981)
COGNOME(nata a Crotone il 2 gennaio 1977)
NOME COGNOME (n. in Germania il 22 aprile 1958), quali eredi di COGNOME Vincenzo n. a Cutro il 4 gennaio 195, deceduto a Napoli il 6 marzo 2023 denunciano:
2.3.1. come il motivo di cui al punto 2.1.1. del ricorso di NOME COGNOME
2.3.2. omessa motivazione del decreto impugnato sui motivi del ricorso in appello poiché all’udienza del 28 aprile 2024 NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, deceduto il 6 marzo 2023, si erano costituiti in giudizio quali terzi interessati alla revoca del decreto relativo al bene identificato al N.C.E.U., foglio di mappa 4, particella 2530 sub 1 del Comune di Cutro, allegando il possesso e la buona fede del loro dante causa in merito al possesso dell’immobile;
2.4. NOME COGNOME denuncia;
2.4.1. come il motivo di cui al punto 2.1.1. del ricorso di NOME COGNOME
2.4.2. violazione di legge (artt. 240-bis cod. pen. e 25 Cost.) sul giudizio di sproporzione. La Corte di appello, dichiarando inammissibile l’appello della COGNOME per carenza di interesse, ha trascurato che, essendo coniugata con NOME COGNOME in regime di comunione legale, NOME COGNOME aveva diretto interesse a ricorrere contro il decreto di primo grado sul punto della sproporzione perché aveva contribuito ai costi sopportati per i lavori di realizzazione dell’immobile i essendo titolare di reddito autonomo. Ha, comunque, interesse, anche solo pro quota, a dimostrare la “proporzione” delle spese così sostenute;
2.4.3. violazione di legge per carenza dei presupposti soggettivi e oggettivi della confisca con riguardo ai criteri di calcolo della “sproporzione”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi di NOME COGNOME (cl. 1948), NOME COGNOME (cl. 1954) e NOME COGNOME devono essere rigettati perché proposti per motivi infondati, ai limiti della manifesta evidenza.
Quanto ai ricorsi proposti da NOME COGNOME (cl. 1987), NOME COGNOME (cl. 1981), NOME COGNOME (cl. 1977) e NOME COGNOME, quali eredi NOME COGNOME (cl. 1951, fratello del prevenuto), deceduto il 6 marzo 2023, ritiene il Collegio che gli atti, per l’esame delle loro deduzioni e alla stregua delle precisazioni svolte al punto 7 che segue, devono essere trasmessi alla Corte di appello di Reggio Calabria, per ulteriore corso.
Sono infondati i comuni motivi di ricorso proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME (cl. 1954) e NOME COGNOME sulla nullità del decreto impugnato perché componenti del Collegio che in appello ha deciso le impugnazioni, e uno di essi relatore ed estensore del decreto impugnato, sarebbero stati due consiglieri che avevano fatto parte del Collegio che, in primo grado, aveva condannato NOME COGNOME per il reato associativo di cui all’art. 416-bis cod. pen..
L’analisi dei motivi di ricorso deve muovere dall’affermazione secondo cui è applicabile al procedimento di prevenzione il motivo di ricusazione previsto dall’art. 37, comma 1, cod. proc. pen. – come risultante a seguito dell’intervento additivo effettuato dalla Corte costituzionale con sent. n. 283 del 2000 – nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale (Sez. U, n. 25951 del 24/02/2022, Lapelosa, Rv. 283350), principio che, tuttavia, non ha modificato né la qualificazione della nullità, quale nullità relativa, delle cause di incompatibilità di cui all’art. 34 cod. proc. pen., né le modalità del procedimento attraverso il quale la parte interessata può ottenerne, attraverso l’invito all’astensione e l’istanza di ricusazione, la rimozione.
Costituisce, infatti, ius receptum che l’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (ex multis Sez. 6, n. 12550 del 01/03/2016, K., Rv. 267419).
Dalla lettura dei verbali del giudizio di appello e degli atti trasmessi dalla Corte di appello non risulta né che le parti abbiano invitato i componenti del Collegio all’astensione né che abbiano proposto formale invito all’astensione o dichiarazione di ricusazione, con la conseguenza che la dedotta nullità che costituisce una ipotesi di nullità relativa ai sensi dell’art. 181 cod. proc. pen., è sanata perché non tempestivamente rilevata.
Anche a seguito della richiamata sentenza delle Sezioni Unite innanzi citata e delle pronunce additive che, nel tempo, hanno avuto ad oggetto la disposizione di cui all’art. 37 cod. proc. pen., in materia di ricusazione, l’incompatibilità continua a non essere una condizione di capacità del giudice, onde l’eventuale violazione delle norme che la disciplinano costituisce una ipotesi di nullità relativa, sanabile perché non tempestivamente rilevata, diversamente dalla nullità assoluta di cui all’art. 178 lett. a), cod. proc. pen., prevista solo in relazione al difetto di capacit del giudice determinato dalla mancanza dei requisiti necessari per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali.
3.Va ricordato, prima di passare all’esame dei singoli motivi di ricorso, che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 6 lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 1956, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
Esaminati alla stregua dei criteri innanzi indicati, i restanti motivi di ricorso di NOME COGNOME sono inammissibili.
4.1.Rileva il Collegio che con i motivi di appello non venivano dedotte questioni in merito al giudizio di pericolosità sociale del Trapasso (che, solo per completezza, risulta definitivamente condannato quale promotore dell’omonima associazione di stampo ndranghetista negli anni dal 1990 al 2006, in periodo coincidente con le attività di costruzione dell’immobile realizzato, in tesi, nel corso di quattordici anni dal 2000 al 2014), con la conseguenza che il motivo di ricorso che denuncia la carenza di motivazione al riguardo è manifestamente infondato, perché la relativa questione non era stata devoluta al giudice dell’impugnazione.
4.2. E’, invece, indeducibile il motivo di ricorso con il quale il ricorrente denuncia cumulativi vizi di motivazione in merito al giudizio di sproporzione: si tratta, infatti, di un motivo espressamente declinato con riguardo ad un vizio che non è compreso nel perimetro di deducibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto di applicazione della misura della confisca.
4.3. Data la conformazione giuridica del vizio di violazione di legge, anche le deduzioni svolte con il terzo motivo di ricorso di NOME COGNOME sono generiche e manifestamente infondate.
La Corte di appello ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME sul rilievo che la complessiva valutazione dei redditi leciti prodotti dal prevenuto (nulli dall’anno 1997 all’anno 2004 ed esigui fino al 2013) erano inidonei a giustificare, secondo un criterio di proporzione, l’esborso sopportato per i lavori di costruzione dell’immobile, anche tenuto conto dei redditi dell’appellante relativi ai redditi derivanti da una locazione a Telecom e considerate anche le normali spese di gestione della vita quotidiana e la sostanziale assenza di redditi della moglie.
Le conclusioni alle quali la Corte di merito è pervenuta nel ritenere infondata la deduzione difensiva, che si fondava sulle risultanze di una consulenza tecnica di
parte secondo la quale la costruzione dell’immobile, terminata nell’anno 2014, era stata realizzata, per quasi quattordici anni, mediante lavori eseguiti in economia al costo complessivo di ca. 51.836,00, non è, dunque, inficiata dall’omesso esame delle deduzioni difensive che hanno costituito la base della valutazione espressa dalla Corte di merito che, viceversa, ha considerato le spese sopportate e i redditi leciti del ricorrente, in forza del contratto Telecom i che solo nell’anno 2010 erano ascesi a poco più di undicimila euro i mentre negli anni successivi si erano mantenuti al di sotto della soglia dei quattro mila euro” e, nell’anno 2005, erano stati di importo esiguo (euro 52) e nulli negli anni precedenti.
Ne consegue, conclusivamente, che le censure difensive – sul piano della ricostruzione patrimoniale e della proporzionalità dei redditi del ricorrenterisultano non valutabili in sede di legittimità, trattandosi di critiche argomentative al risultato di valutazioni di merito espresse dalla Corte territoriale e sostenute da razionale esplicazione dimostrativa.
Non si sottraggono a tale conclusione anche i motivi di ricorso proposti da NOME COGNOME (cl. 1954), fratello di NOME.
La Corte di merito ha respinto il ricorso in appello perché ha ritenuto non provata la qualità di proprietario dell’immobile dell’appellante, qualità che NOME COGNOME aveva alternativamente indicato essere o in via ereditaria, quale erede di COGNOME NOME, originario assegnatario del terreno sul quale gli immobili erano stati realizzati, o a titolo originario per usucapione, senza tuttavia dimostrare ed allegare elementi idonei ai fini di dimostrare l’acquisto della proprietà.
La Corte di merito, con riguardo all’acquisto iure ereditario, ha osservato che NOME COGNOME, per permettere il subentro del fratello, NOME COGNOME, nell’assegnazione del fondo, già intervenuta in favore del comune padre, aveva rinunciato ad ogni diritto ereditario sul bene che, quindi, era entrato nel patrimonio esclusivo di NOME COGNOME, sicché l’immobile è sicura proprietà di COGNOME NOME per accessione. alle)
I Né il ricorrente ha fornito prova rigorosa dell’acquisto immobile per usucapione, poiché non ha allegato elementi idonei di prova idonei a dimostrare l’esistenza del possesso uti dominus.
Le valutazioni della Corte di merito sono ineccepibili perché fondate, facendo corretta applicazione dei principi giuridici in materia, su solide argomentazioni in fatto.
Neppure il ricorrente ha contestato la formale intestazione dell’immobile al fratello, NOME COGNOME e il rilievo della Corte di appello secondo cui egli aveva rinunciato ai diritti del padre, NOME COGNOME, assegnatario del terreno sul
quale l’immobile è stato realizzato, indicandone, alternativamente, l’acquisto a titolo originario per usucapione.
La Corte di appello ha esaminato, infatti, la validità ed univocità degli elementi probatori allegati dal ricorrente (il contratto per la fornitura di energia elettrica e la richiesta di sanatoria degli abusi edilizi connessi alla costruzione dell’immobile) e ne ha escluso, attraverso un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, la rilevanza ai fini della sussistenza degli estremi del possesso legittimo ai fini dell’usucapione, trattandosi di documenti (in particolare l’intestazione formale del contratto o il pagamento degli oneri edilizi) compatibili anche con il possesso del bene concesso dal proprietario a titolo di cortesia al proprio fratello: concessione che, nei rapporti familiari, ha incidenza diversa rispetto a quella a favore di estranei, che può essere temporalmente limitata.
6. Anche il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato.
La Corte di appello ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso in appello poiché la Lanatà non aveva indicato in alcun modo come la confisca aveva pregiudicato i suoi interessi patrimoniali attuali, non deducendo e provando nell’esistenza della comunione gli acquisti tra coniugi o altri eventuali suoi diritti concreti sui beni confiscati.
La ricorrente, sostiene con il ricorso di essere coniugata con NOME COGNOME in regime di comunione legale e deduce l’attuale occupazione dell’immobile, per il quale corrisponde il canone di locazione all’amministratore giudiziario, ma non ha allegato, se non in termini meramente assertivi e, dunque, apparenti, la partecipazione ai lavori di costruzione dell’immobile attraverso un proprio contributo economico quale titolare di reddito autonomo.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, affermato che, in tema di confisca di beni ricadenti nella comunione legale, l’appartenenza pro quota a ciascun coniuge non può presumersi per effetto del mero regime patrimoniale, occorrendo verificare in concreto il contributo economico – proveniente da disponibilità patrimoniali lecite – investito nell’acquisto da parte di ciascun coniuge (Sez. 6, n. 19767 del 27/05/2020, Pg, Rv. 279266).
Premesso che nel caso in esame il bene confiscato è intestato al proposto e la confisca è stata disposta sul presupposto che l’immobile è stato realizzato con i proventi di attività illecita di NOME COGNOME, non solo è rimasto indimostrato il dato che l’immobile rientrava nel regime della comunione legale tra coniugi ma, soprattutto, la ricorrente non ha dimostrato in alcun modo di avere fornito un contributo economico personale a riprova del coinvolgimento nell’operazione economica di costruzione dell’immobile, coinvolgimento che non può discendere né dal mero dato del regime dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, né dalla
circostanza di fatto che la Lanatà ha continuato ad occupare l’immobile, in costanza di sequestro e confisca, corrispondendo all’amministratore il canone di locazione.
7. I ricorsi proposti da NOME COGNOME (cl. 1987), NOME COGNOME (cl. 1981), NOME COGNOME (cl. 1977) e NOME COGNOME, questi ultimi quali eredi di NOME COGNOME (cl. 1951, fratello del prevenuto), deceduto il 6 marzo 2023, devono essere trasmessi alla Corte di appello di Reggio Calabria, per ulteriore corso.
I predetti, con il patrocinio del difensore avvocato NOME COGNOME in data 28 agosto 2024 avevano proposto appello avverso il decreto del 18 settembre/14 dicembre 2023 del Tribunale di Catanzaro, di cui avevano notizia in vista della trattazione dell’udienza fissata per il 13 settembre 2024, avendo il difensore ricevuto avviso di fissazione per il terzo interessato NOME COGNOME cl. 1954.
I ricorrenti, con il ricorso in appello, allegavano di agire quali eredi di NOME COGNOME, fratello del proposto, e sostenevano di essere, come il dante causa, unici proprietari del fabbricato ubicato in San Leonardo di Cutro, alla INDIRIZZO ed identificato al foglio 41, particella 2530, sub 1.
Dall’esame dei verbali risulta che i predetti, con il patrocinio del difensore, avvocato COGNOME erano presenti alle udienze in appello, la prima del 13 settembre 2024 (rinviata per omessa notifica a NOME COGNOMEcl. 1954), la seconda del 15 novembre 2024, in cui tutte le parti presenti rassegnavano le loro conclusioni.
Il decreto impugnato, tuttavia, non esamina in alcun modo le loro posizioni. Premesso che dal decreto del Tribunale di Catanzaro del 18 settembre/14 dicembre 2023 non si evince se NOME COGNOME – deceduto il 6 marzo 2023, nelle more della trattazione del giudizio di primo grado- fosse costituito in giudizio, la Corte di appello dovrà esaminare la proposta impugnazione qualificandola come atto di opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., ovvero appello, verifica cui, stante la incompletezza degli atti trasmessi, non può procedere questa Corte.
L’art. 23 del d. Igs. n. 159 cit. prevede, infatti, la citazione del terzo interessato che vanti diritti sul bene oggetto di sequestro, sicché l’atto di appello proposto deve essere oggetto dell’esame della Corte di merito che valuterà se lo stesso, in relazione al rapporto processuale costituito nel giudizio di primo grado, sia qualificabile come appello proposto dagli eredi del terzo interveniente, nel frattempo deceduto, ovvero come incidente di esecuzione, istituto processuale che ha riguardo alle ipotesi di riscontrata mancata partecipazione del terzo interessato
al procedimento di prevenzione per non essere stato messo in grado di parteciparvi.
Nel procedimento di prevenzione patrimoniale, il terzo proprietario di un bene sottoposto a confisca, acquistato in data antecedente il sequestro, erroneamente
non citato nella fase della cognizione, può, infatti, proporre incidente di esecuzione al fine di ottenere la revoca “ex tunc” del provvedimento ablatorio, gravando
sull’accusa, anche in tale procedimento, l’onere della prova della eventuale fittizietà dell’intestazione (Sez. 1, n. 6745 del 05/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv.
280528; Sez. 1, n. 6745 del 05/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280528).
8. Consegue al rigetto dei ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME (cl.
1954) e NOME la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi di COGNOME NOME (cl. 1948), NOME COGNOME (cl. 1954)
e NOME e li condanna al pagamento delle spese processuali. Annulla il decreto impugnato nei confronti di COGNOME NOME (cl. 1987), COGNOME NOME (cl. 1981), COGNOME NOME (cl. 1977) e COGNOME NOME e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso il 16 giugno 2025.