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Confisca obbligatoria: patteggiamento e annullamento

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di patteggiamento che aveva omesso di disporre la confisca obbligatoria del profitto del reato. Il ricorso del Procuratore è stato accolto perché, anche in caso di accordo tra le parti, il giudice deve applicare le misure di sicurezza obbligatorie per legge, come la confisca ex art. 322-ter c.p. per reati contro la pubblica amministrazione. La causa è stata rinviata al tribunale per la corretta applicazione della misura.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Obbligatoria nel Patteggiamento: La Cassazione Annulla la Sentenza

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 5019/2025, ha riaffermato un principio cruciale in materia di procedura penale: la confisca obbligatoria del profitto del reato deve essere sempre disposta, anche quando la condanna deriva da un patteggiamento. Questa decisione chiarisce i limiti dell’accordo tra le parti e il ruolo del giudice nel garantire l’applicazione di misure inderogabili previste dalla legge.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza emessa dal Giudice per le Udienze Preliminari (GUP) del Tribunale di Ascoli Piceno. Il GUP, accogliendo la richiesta di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, aveva applicato una pena a un imputato per i reati di cui agli artt. 7 del d.l. n. 4/2019 e 316-ter del codice penale (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato). Tuttavia, nella sua decisione, il giudice aveva omesso di ordinare la confisca del profitto derivante da tali reati, una misura prevista come obbligatoria dall’art. 322-ter del codice penale.

Il Ricorso del Procuratore e la questione della confisca obbligatoria

Contro questa omissione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo del ricorso era chiaro e diretto: la violazione di legge per la mancata applicazione della confisca obbligatoria. Secondo il Procuratore, l’art. 322-ter c.p. non lascia margini di discrezionalità al giudice per i reati contro la Pubblica Amministrazione, come quello contestato. La confisca del prezzo o del profitto del reato deve essere “sempre ordinata”.

La difesa avrebbe potuto sostenere che, secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., le sentenze di patteggiamento non sono generalmente ricorribili per motivi diversi da quelli strettamente procedurali o legati alla pena. Tuttavia, la questione centrale era se l’omissione di una misura di sicurezza obbligatoria potesse rientrare nelle eccezioni a tale regola.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno seguito un orientamento giurisprudenziale consolidato, richiamando precedenti sentenze delle Sezioni Unite (sent. Savin, 2020) e della stessa Sezione Terza Penale.

Il ragionamento della Corte si sviluppa su due punti fondamentali:

1. Ammissibilità del Ricorso: Sebbene il patteggiamento limiti le possibilità di impugnazione, tale limite non opera quando la sentenza omette di applicare una misura di sicurezza che la legge impone come obbligatoria in relazione al reato contestato. In questi casi, è possibile ricorrere per cassazione per violazione di legge, secondo la disciplina generale dell’art. 606 c.p.p.

2. Obbligatorietà della Confisca: La Corte ha ribadito che la confisca prevista dall’art. 322-ter c.p. per i reati contro la pubblica amministrazione (tra cui l’art. 316-ter c.p.) è un provvedimento che il giudice deve disporre. La norma utilizza l’espressione “è sempre ordinata la confisca”, eliminando qualsiasi discrezionalità. Tale misura può essere eseguita in forma diretta, sui beni che costituiscono il profitto, oppure, se ciò non è possibile, per equivalente, su altri beni di cui il condannato abbia la disponibilità, per un valore corrispondente.

Di conseguenza, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente al punto dell’omessa confisca.

Conclusioni

La sentenza in esame ha un’importante implicazione pratica: l’accordo tra imputato e pubblico ministero nel patteggiamento non può estendersi fino a disapplicare norme imperative. La confisca obbligatoria è una misura con una duplice finalità: sanzionatoria e preventiva, volta a ristabilire l’ordine economico violato e a impedire che il reo tragga vantaggio dal proprio illecito. La sua applicazione non è negoziabile. Il caso è stato quindi rinviato al Tribunale di Ascoli Piceno, che, in un nuovo giudizio, dovrà determinare l’esatto importo del profitto del reato e disporre la confisca, diretta o per equivalente, come imposto dalla legge.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento che non applica la confisca?
Sì, è possibile. Sebbene le sentenze di patteggiamento abbiano limiti di impugnazione (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), la Cassazione ha stabilito che il ricorso è ammissibile quando viene omessa una misura di sicurezza obbligatoria per legge, come la confisca prevista dall’art. 322-ter c.p. per specifici reati.

La confisca del profitto del reato è sempre obbligatoria nei reati contro la Pubblica Amministrazione?
Sì, la sentenza conferma che per i reati elencati dall’art. 322-ter c.p. (tra cui quello di indebita percezione di erogazioni pubbliche), la norma prevede che la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato sia “sempre ordinata”, senza lasciare discrezionalità al giudice.

Cosa accade se i beni che costituiscono il profitto del reato non sono più disponibili?
In questo caso, la legge prevede l’applicazione della “confisca per equivalente”. Il giudice ordina la confisca di altri beni di cui il condannato ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello del prezzo o del profitto del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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