Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29229 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29229 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona nel procedimento a carico di COGNOME NOMECOGNOME nato a Grottazzolina (Fm) il 13/5/1958 avverso la sentenza del 21/10/2024 del Tribunale di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente alla confisca
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21/10/2024, il Tribunale di Ancona dichiarava NOME COGNOME colpevole del delitto di cui all’art. 5, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, e lo condannava alla pena indicata in dispositivo.
Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona, deducendo – con unico motivo – la violazione
dell’art. 12-bis, d. Igs. n. 74 citato, per non essere stata disposta in sentenza la confisca del profitto del reato, nonostante il suo carattere obbligatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta fondato.
Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato l’imputato colpevole del delitto di cui all’art. 5, d. Igs. n. 74 del 2000, e lo ha condannato alla pena di due anni di reclusione. Nulla è stato disposto – né in motivazione, né in dispositivo – quanto alla confisca del prezzo o del profitto del reato.
Tanto premesso, l’art. 12-bis, stesso decreto, stabilisce che nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal d. Igs. n. 74 in esame, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valor corrispondente a tale prezzo o profitto. La previsione, dunque, non ha carattere discrezionale, ma cogente, e l’assenza di qualunque discrezionalità in capo al giudice, ove si eccettui l’opportuna verifica in ordine alla perdurante presenza nella disponibilità del reo dei beni da assoggettare a confisca diretta, evidenzia la violazione di legge contestata.
La ‘sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio limitatamente alla mancata confisca – per nuovo giudizio sul punto.
6.1. Il rinvio, peraltro, deve essere disposto al Tribunale, non alla Corte di appello (al riguardo, tra le altre, Sez. 3, n. 5041 del 24/11/2020, PG/Bilancioni).
6.2. Va infatti osservato che il comma 3 dell’art. 579 cod. proc. pen. prevede che “l’impugnazione contro la sola disposizione che riguarda la confisca è proposta con gli stessi mezzi previsti per i capi penali” dovendo dunque farsi necessario riferimento, per l’individuazione del mezzo di impugnazione da utilizzare, ove, come nella specie, sia stato appunto impugnato il solo punto della confisca, ai mezzi contemplati dalle disposizioni generali (si veda del resto, in implicita applicazione di tale criterio, Sez. 6, n. 3596 del 26/01/1995, COGNOME, Rv. 201806, laddove il mezzo di impugnazione nei confronti di confisca disposta con sentenza di applicazione della pena è stato individuato nel ricorso per cassazione in applicazione e Sez. 1, n. 1652 del 17/03/1995, confl. comp. Rv. 201616, laddove, prima delle limitazioni poste nell’attuale art. 593 cod. proc. pen., il mezzo di impugnazione dell’imputato avverso sentenza di condanna è stato individuato nell’appello).
6.3. Va poi aggiunto non potervi essere dubbio quanto al fatto che l’impugnazione sia esperibile anche laddove la confisca sia stata omessa: il fatto che l’art. 579 cod. proc. pen. sia intitolato a “impugnazione di sentenze che dispongono misure di sicurezza” non potrebbe invero far ritenere che non siano appellabili le sentenze che, invece, omettano, appunto, di disporre le stesse, il contenuto della norma facendo infatti testuale riferimento, al comma 1, alla impugnazione data “per ciò che concerne le misure di sicurezza”, e, al comma 3, alle disposizioni “riguardanti la confisca”, ivi dunque dovendo ritenersi incluso sia il caso di confisca disposta sia quello di confisca non disposta (come del resto a suo tempo affermato, tra le altre, dalla già citata Sez. 6, n. 3596 del 26/01/1995, COGNOME, Rv. 201806).
6.4. Tanto premesso, l’art. 593, comma 1, cod. proc. pen., stabilisce che salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, l’imputato può appellare contro le sentenze di condanna mentre il pubblico ministero può appellare contro le medesime sentenze solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. Ne consegue che, allorquando, come nella specie, la confisca sia stata pronunciata all’esito di una sentenza di condanna, tali limitazioni dovranno, per quanto sopra detto, essere seguite anche laddove sia stato impugnato il solo punto riguardante la confisca; né il richiamo che l’incipit dello stesso art. 593 opera relativamente all’art. 579 cod. proc. pen. facendo salvo quanto in esso previsto, potrebbe essere letto nel senso di consentire sempre la proposizione del mezzo dell’appello, posto che, come appena detto sopra, tale seconda norma è chiara nel ricollegare il regime di impugnazione riguardante la confisca a quello generale; sicché, in altri termini, a seconda che la confisca sia disposta in sede di sentenza di condanna o di proscioglimento, il regime dell’appellabilità dovrà seguire rispettivamente i canoni fissati dai commi 1 e 2 dell’art. 593 cod. proc. pen. GLYPH Corte di Cassazione – copia non ufficiale
6.5. Né la possibilità per il P.G., prevista nell’art. 593 bis cod. proc. pen., di L- Thi proporre appello avverso detta sentenza, condizionata al fatto che il Procuratore della Repubblica abbia fatto acquiescenza (vale a dire non appellato la sentenza) o lo stesso P.G. abbia disposto l’avocazione, potrebbe consentire di superare i limiti generali già posti dall’art. 593 cod. proc. pen., inerenti alla stessa inappellabilità oggettiva della sentenza, come del resto desumibile dal fatto che l’art. 593 bis cit. presuppone testualmente, mediante la espressa locuzione introduttiva, che l’appello debba svolgersi comunque nei “casi consentiti” di appellabilità, ovvero, appunto, solo quelli di cui all’art. 593 cit.
Conclusivamente, dunque, l’impugnazione in discussione non si qualifica come ricorso immediato per cassazione ai sensi dell’art. 569 cod. proc. pen.,
richiamato per il giudizio di legittimità dall’art. 608, comma 4, cod. proc. pen. Il presupposto che legittima la parte processuale ad esperire tale mezzo di
impugnazione, secondo la citata disposizione normativa, è infatti il diritto di appellare la sentenza di primo grado. Non essendo nel caso di specie titolare di
questo diritto, per quanto detto in precedenza, il pubblico ministero poteva proporre ricorso per cassazione solo in quanto unico mezzo di impugnazione
consentitogli dall’ordinamento. Il ricorso in esame deve pertanto essere inquadrato in questa esatta cornice procedurale (Sez. U. n. 47502 del 29/9/2022,
PG/Galdini).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla non disposta confisca, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Ancona.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2025
Il PresiÚnte