Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28968 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28968 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona nel procedimento a carico di sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato in Bangladesh il 17/11/184
avverso la sentenza del 16/10/2024 del Tribunale di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza limitatamente alla confisca
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/10/2024, il Tribunale di Ancona dichiarava NOME colpevole del delitto di cui all’art. 10-ter, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74.
Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona, deducendo – con unico motivo – la violazione dell’art. 12-bis, d. Igs. n. 74 del 2000. Il Tribunale avrebbe condannato l’imputato,
ma non avrebbe disposto la confisca del prezzo o del profitto del reato, sebbene obbligatoria ai sensi della norma richiamata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta fondato.
Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato l’imputato colpevole del delitto di cui all’art. 10-ter, decreto n. 74 del 2000, e lo ha condannato alla pena di 6 mesi di reclusione. Nulla è stato disposto – né in motivazione, né in dispositivo – quanto alla confisca del prezzo o del profitto del reato.
Tanto premesso, l’art. 12 -bis, stesso decreto, stabilisce che nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal d. Igs. n. 74 in esame, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valo corrispondente a tale prezzo o profitto.
5.1. La previsione, dunque, ha carattere cogente e l’assenza di qualunque discrezionalità in capo al giudice, ove si eccettui la opportuna verifica in ordine alla perdurante presenza nella disponibilità del reo dei beni da assoggettare a confisca diretta, evidenzia la violazione di legge contestata; ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio – limitatamente alla mancata confisca – per nuovo giudizio sul punto.
Il rinvio, peraltro, deve essere disposto al Tribunale, non alla Corte di appello (al riguardo, tra le altre, Sez. 3, n..5041 del 24/11/2020, PG/Bilancioni).
6.1. Va al riguardo osservato che l’art. 593, comma 1, cod. proc. pen., stabilisce, che salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, “l’imputato può appellare contro le sentenze di condanna mentre il pubblico ministero può appellare contro le medesime sentenze solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato”. Ne consegue che, allorquando, come nella specie, la confisca sia stata pronunciata all’esito di una sentenza di condanna, tali limitazioni dovranno essere seguite anche laddove sia stato impugnato il solo punto riguardante la confisca; né il richiamo che l’incipit dello stesso art. 593 opera relativamente all’art. 579 cod. proc. pen. facendo salvo quanto in esso previsto, potrebbe essere letto nel senso di consentire sempre la proposizione del mezzo dell’appello, posto che tale seconda norma è chiara nel ricollegare il regime di impugnazione riguardante la confisca a quello generale; sicché, in altri termini, a
seconda che la confisca sia disposta in sede di sentenza di condanna o di proscioglimento, il regime dell’appellabilità dovrà seguire rispettivamente i canoni
fissati dai commi
1
e 2 dell’art. 593 cod. proc. pen.
6.2. Né la possibilità per il Procuratore generale, prevista nell’art. 593
bis cod.
proc. pen., di proporre appello avverso detta sentenza, condizionata al fatto che il
Procuratore della Repubblica abbia fatto acquiescenza (vale a dire non appellato la sentenza) o lo stesso P.G. abbia disposto l’avocazione, potrebbe consentire di
superare i limiti generali già posti dall’art. 593 cod. proc. pen., inerenti alla stes inappellabilità oggettiva della sentenza, come del resto desumibile dal fatto che
bis l’art. 593
cit. presuppone testualmente, mediante la espressa locuzione introduttiva, che l’appello debba svolgersi comunque nei “casi consentiti” di
appellabilità, ovvero, appunto, solo quelli di cui all’art. 593 cit.
7. Conclusivamente, dunque, l’impugnazione in esame non si qualifica come ricorso immediato per cassazione, ai sensi dell’art. 569 cod. proc. pen., richiamato
per il giudizio di legittimità dall’art. 608, comma 4, cod. proc. pen. Il presupposto che legittima la parte processuale ad esperire tale mezzo di impugnazione,
secondo la citata disposizione normativa, è infatti il diritto di appellare la sentenza di primo grado; non essendo, nel caso di specie, titolare di questo diritto, per quanto detto in precedenza, il pubblico ministero poteva proporre ricorso per cassazione solo in quanto unico mezzo di impugnazione consentitogli dall’ordinamento. Il ricorso in esame deve pertanto essere inquadrato in questa esatta cornice procedurale (Sez. U. n. 47502 del 29/9/2022, PG/COGNOME).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Ancona in diversa composizione personale. Così deciso in Roma, il 25 giugno 2025
Il Cw.liere estensore
Il Presidente