Confisca Obbligatoria: Cosa Fare se il Giudice la Omette?
La confisca obbligatoria del profitto di un reato è un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, specialmente per reati come il riciclaggio. Ma cosa accade se, in una sentenza di patteggiamento, il giudice omette di disporla? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12734/2025, offre un chiarimento fondamentale, indicando lo strumento processuale corretto per porre rimedio a tale errore, delineando i confini tra l’impugnazione e la fase esecutiva.
I Fatti del Caso: Un Patteggiamento con una Dimenticanza Cruciale
Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Bergamo. Un imputato, accusato del grave delitto di riciclaggio, aveva concordato con il Pubblico Ministero una pena di due anni di reclusione e 2.600 euro di multa. Il reato consisteva nell’aver movimentato somme di denaro, per un totale di oltre 228.000 euro, provenienti da reati fiscali commessi da terzi.
Tuttavia, nella sua decisione, il GIP ometteva di applicare una misura fondamentale prevista dall’art. 648-quater del codice penale: la confisca obbligatoria delle somme costituenti il profitto del reato. Di fronte a questa omissione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello decideva di ricorrere per cassazione, sostenendo che la pena applicata fosse illegale proprio per la mancanza di tale misura di sicurezza patrimoniale.
Il Ricorso del Procuratore e la Questione della Confisca Obbligatoria
Il Procuratore Generale ha argomentato che l’omessa disposizione della confisca, prevista come conseguenza inderogabile della condanna per riciclaggio, rendeva la sentenza viziata. Secondo la sua tesi, il giudice avrebbe dovuto obbligatoriamente ordinare la confisca del valore corrispondente alle operazioni illecite, in quanto tali somme rappresentavano il profitto del reato presupposto e del riciclaggio stesso.
Il punto centrale del ricorso era, dunque, la natura della confisca obbligatoria: non una pena accessoria discrezionale, ma una misura di sicurezza imperativa che il giudice è tenuto ad applicare. La sua omissione, secondo il ricorrente, inficiava la legalità stessa della pena concordata.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
Contrariamente alle aspettative del Procuratore, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Suprema Corte non ha negato che la confisca fosse obbligatoria, ma ha stabilito che il ricorso per cassazione non era lo strumento corretto per sanare quel tipo di omissione.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra il giudizio di cognizione (che termina con la sentenza) e la fase di esecuzione (che inizia dopo che la sentenza è diventata definitiva). La Corte ha osservato che la sentenza di patteggiamento non era stata impugnata né dall’imputato né dal Pubblico Ministero per quanto riguarda l’accordo sulla pena. Pertanto, la sentenza era da considerarsi ‘passata in giudicato’, ovvero definitiva.
La legge processuale penale, precisamente all’art. 676, prevede uno strumento specifico per rimediare all’omessa applicazione di una misura di sicurezza patrimoniale obbligatoria in una sentenza irrevocabile. Questo strumento è l’istanza al giudice dell’esecuzione. È questo giudice, e non la Corte di Cassazione in sede di legittimità, ad avere la competenza per integrare la decisione originaria, disponendo la confisca che era stata dimenticata. Il ricorso per cassazione è un rimedio pensato per correggere errori di diritto che viziano la sentenza prima che diventi definitiva, non per integrare omissioni in una decisione ormai irrevocabile quando la legge prevede un apposito meccanismo correttivo in fase esecutiva.
Le Conclusioni
La sentenza in esame ribadisce un principio procedurale di grande importanza pratica. L’omissione della confisca obbligatoria in una sentenza di patteggiamento divenuta definitiva non rende la pena ‘illegale’ al punto da giustificare un ricorso per cassazione. La strada maestra, indicata dalla giurisprudenza costante e confermata in questa occasione, è quella di rivolgersi al giudice dell’esecuzione. Questa soluzione garantisce il rispetto del principio di legalità, assicurando che i proventi del reato vengano comunque sottratti al condannato, ma lo fa attraverso lo strumento processuale più adeguato, preservando la stabilità delle sentenze definitive e l’efficienza del sistema giudiziario.
 
Cosa succede se un giudice omette di disporre la confisca obbligatoria in una sentenza di patteggiamento?
Una volta che la sentenza è diventata definitiva, non si deve proporre ricorso per cassazione. La parte interessata, come il Pubblico Ministero, deve rivolgersi al giudice dell’esecuzione, che è competente a ordinare la confisca in un momento successivo.
Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché è stato utilizzato uno strumento processuale errato. La legge (art. 676 c.p.p.) prevede un rimedio specifico per l’omessa statuizione sulla confisca obbligatoria in una sentenza irrevocabile, ovvero l’intervento del giudice dell’esecuzione. Il ricorso per cassazione non è il mezzo previsto per questo tipo di correzione post-giudicato.
Quando una sentenza di patteggiamento diventa definitiva?
Una sentenza di patteggiamento diventa definitiva (o ‘passa in giudicato’) quando non viene impugnata nei termini di legge né dall’imputato né dal Pubblico Ministero riguardo all’accordo sulla pena raggiunto tra le parti.
 
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12734 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2   Num. 12734  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore generale presso Corte d’appello di Brescia nel procedimento a carico di: COGNOME NOME, nato a CLUSONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/06/2024 del GIP TRIBUNALE di Bergamo; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 05/06/2024 il GIP del Tribunale di Bergamo, su richiesta del difensore di fiducia, a tal fine munito di procura speciale, preso atto del consenso prestato dal Pubblico Ministero, ha applicato a NOME COGNOME, in relazione ai fatti di riciclaggio analiticamente descritti nell’imputazione, con le attenuanti generiche e la massima riduzione per la scelta dei rito, la pena concordata di anni 2 di reclusione ed euro 2.600 di multa;
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ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Brescia deducendo violazione dell’art. 648-quater cod. pen.: rileva che il Tribunale ha omesso di disporre la confisca del profitto del reato, pari a complessivi euro 228.296,00, corrispondenti alle somme di denaro provento dei reati fiscali commessi da terze persone e ricevute dall’imputato, parte dei quali depositati sui propri conti correnti, omettendo altresì di motivare sul punto; segnala che il GIP ha applicato una pena illegale avendo omesso di disporre la misura di sicurezza obbligatoriamente prevista quale conseguenza della condanna o della applicazione concordata della pena per il delitto di riciclaggio ed avente ad oggetto il valore delle somme corrispondenti alle operazioni illecite in quanto, in assenza di quelle attività, sarebbero state destinate ad essere definitivamente sottratte in quanto provento del delitto presupposto; aggiunge che nel caso di specie le somme di cui si discute rappresentano l’ammontare delle evasioni fiscali ed il profitto del reato di riciclaggio a nulla rilevando che l’imputato non ne abbia goduto o ne abbia goduto solo in parte;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Lo strumento con il quale porre rimedio all’omessa applicazione della misura di sicurezza patrimoniale obbligatoria è, infatti, da individuare nella competenza attribuita al giudice dell’esecuzione in materia di confisca, ai sensi dell’art. 676 cod. proc. pen., norma specificamente dettata per il caso di confisca obbligatoria (cfr., Sez. 6, n. 25602 del 27/05/2020, COGNOME, Rv. 279572 – 01; Sez. 6, n. 52007 del 16/10/2018, COGNOME, Rv. 274578; Sez. 5, n. 26481 del 04/05/2015, COGNOME, Rv. 264004; Sez. 6, n. 10623 del 19/02/2004, Laklaa, Rv. 261886).
Vero che il rimedio suindicato è previsto per il caso di sentenza ormai passata in giudicato; e, tuttavia, a ben guardare, si tratta proprio dell’ipotesi qui esaminata dal momento che quella nel caso di specie la sentenza resa dal GIP di Bergamo non è stata impugnata –  quanto all’oggetto dell’accordo processuale sfociato nell’applicazione concordata della pena – né dall’imputato né dal PM e per questa ragione, è ormai passata in giudicato.
Di qui, dunque, il necessario ricorso al meccanismo contemplato dall’art. 676 cod. pen. previsto per rimediare all’omessa adozione di statuizioni di natura obbligatoria quale quella prevista dall’art. 648-quater cod. pen. secondo cui “nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persone estranee al reato” e che “nel caso in cui non sia possibile procedere alla confisca di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato”.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Così è deciso, 26/02/2025