Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9789 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 3   Num. 9789  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME STASI NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nata a Venezia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 27/09/2024 del Tribunale di Velletri; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa
NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 26 gennaio 2024, n. 9218, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio, limitatamente alla disposta confisca e dichiarando il ricorso inammissibile nel resto, la sentenza con cui il Tribunale di Velletri il 3 luglio 2023 ha applicato ex art. 444 cod. proc. pen., nei confronti di NOME COGNOME, la pena di un anno e sei mesi di reclusione per il reato di omessa dichiarazione dei redditi ex art. 5, d. lgs. n. 74 del 2000, disponendo altresì la confisca ex art. 12-bis, d. lgs. n. 74 del 2000 dei beni nella disponibilità dell’imputata sino alla concorrenza dell’imposta evasa, pari ad euro 147.250,00.
Con sentenza in data 27 settembre 2024, il Tribunale di Velletri, decidendo in sede di rinvio, ad integrazione del dispositivo della sentenza pronunciata dal medesimo Tribunale il 3 luglio 2023, ha ordinato la confisca del profitto del reato, pari all’ammontare delle imposte evase di euro 147.250,00 o, in caso di incapienza, dei beni di cui l’imputata NOME COGNOME abbia la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore pari al citato importo.
Avverso l’indicata sentenza, NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME, propone ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi.
2.1 Premette, con il primo motivo, che la Suprema Corte, con la sentenza n. 9218 del 2024, aveva dichiarato la fondatezza del motivo con cui la difesa aveva lamentato che la confisca per equivalente del denaro corrispondente all’ammontare delle imposte evase, nei due periodi di imposta indicati in imputazione, fosse stata ordinata in assenza di un accordo tra le parti; richiamava, in proposito, la
sentenza della Suprema Corte n. 21177 del 2024 con la quale era stato affermato che anche l’applicazione delle pene accessorie obbligatorie rientrava nel potere negoziale delle parti. 2.2 Con il secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., la ricorrente lamenta che, all’udienza del 27/09/2024, aveva chiesto di escludere, nell’ambito dell’accordo, la misura ablatoria, ma il Tribunale di Velletri non aveva dato luogo a tale richiesta, ritenendo che non vi fosse alcun accordo novativo sul punto.
2.3 Con il terzo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., la ricorrente lamenta che il Tribunale di Velletri, al fine di giustificare la disposta confisca, aveva fatto riferimento solo all’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000, ritenendo che la richiesta di escludere beni specifici dall’ordine ablatorio introducesse un tema rimesso alla esecuzione del titolo definitivo. Sostiene, invece, la difesa che la pronuncia su un nuovo accordo novativo Ł in linea con le innovazioni normative della riforma Cartabia, ben potendo l’accordo vertere sull’individuazione dell’oggetto sul quale far ricadere la confisca o sull’ammontare della stessa, anche in presenza di una confisca obbligatoria. In quest’ottica la memoria difensiva presentata all’udienza del 27/09/2024 aveva dimostrato che l’unico immobile di proprietà dell’imputata era ipotecato ed acquistato, con decreto di trasferimento del giudice dell’esecuzione, il 02/05/2022, ben sei anni dopo il fatto reato, con utilizzo di denaro proveniente da terzi in buona fede (garante e banca erogatrice del mutuo), con la conseguenza che la eventuale estensione della confisca anche al bene casa dell’imputata andrebbe a ledere diritti reali di garanzia e diritti di credito di terzi in buona fede.
3. E’ pervenuta memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME, con la quale si insiste sull’accoglimento del ricorso, precisando che i fatti di reato sono relativi agli anni di imposta 2017 e 2018. La difesa ha poi insistito sulla circostanza che l’istanza di patteggiamento era stata ritualmente formulata nell’udienza tenutasi a seguito dell’annullamento con rinvio, ma era stata illegittimamente respinta dal giudice senza alcuna motivazione. In ordine al terzo motivo, la difesa ha dedotto che la casa oggetto di confisca Ł solo nominalmente intestata alla ricorrente, ma in realtà Ł stata pagata da un terzo estraneo (NOME COGNOME) ed Ł anche oggetto di ipoteca della banca, sicchØ la presenza di creditori sta a dimostrare che il bene non costituisce il frutto o il reimpiego di attività illecita, in considerazione sia del gran lasso di tempo che Ł intercorso tra i reati e l’acquisto del bene, sia del fatto che Ł stato utilizzato denaro proveniente da terzi in buona fede. La ricorrente invoca pertanto la disposizione di cui all’art. 240, comma 3, cod. pen. secondo cui la confisca non può essere disposta se il bene appartiene a persona estranea al reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł manifestamente infondato.
2. I motivi possono essere trattati congiuntamente perchØ connessi.
Occorre premettere che, con pronuncia n. 9218 del 26/01/2024, questa Corte ha annullato la sentenza di patteggiamento del G.U.P. del Tribunale di Velletri del 03/07/2023, limitatamente alla disposta confisca, per omessa motivazione, precisando che, pur in presenza di confisca obbligatoria disposta dal giudice del merito ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, il giudice non possa del tutto sottrarsi al suo dovere motivazionale, ribadendo il principio secondo il quale il giudice pronunciando sentenza di patteggiamento Ł tenuto a motivare l’esercizio del suo potere discrezionale quando procede a confisca facoltativa, mentre nel caso essa sia obbligatoria Ł sufficiente che evidenzi soltanto il presupposto legale della stessa (Sez. 5, n. 31250 del 25/06/2013, Rv. 256360).
Il richiamo che la sentenza rescindente ha fatto alla circostanza che la confisca fosse stata disposta in assenza di un accordo tra le parti era funzionale a delineare le modalità con le quali la pronuncia era ricorribile per cassazione, vale a dire nei limiti di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., ove la misura fosse stata oggetto dell’accordo tra le parti, diversamente per vizio di motivazione ai sensi della disciplina generale prevista dall’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Rv. 279348).
Tale richiamo, tuttavia, non valeva certo ad affermare la fondatezza del ricorso per la ragione che la disposta confisca non aveva costituito oggetto di accordo tra le parti.
Questa Corte ha già precisato che l’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 25, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150 del 2022, non prevede che l’accordo tra le parti possa avere ad oggetto l’esclusione della confisca obbligatoria.
La confisca obbligatoria, infatti, non rientra nello spettro applicativo di cui all’art. 444, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 25, comma 1, lett. a), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che limita alla confisca facoltativa e alle pene accessorie la possibilità, per le parti, di chiedere che l’una non sia ordinata o sia ordinata con riferimento a specifici beni o per un determinato importo e che le altre non siano applicate o lo siano per una durata determinata (Sez. 7, n. 37798 del 04/10/2024, Islami; Sez. 3, n. 25317 del 31/05/2023, NOME).
Del resto, la sentenza impugnata dà atto che non era stato acquisito alcun nuovo accordo tra le parti, ma soltanto che la parte ricorrente aveva richiesto di non applicare la confisca.
Pertanto, la pronuncia del Tribunale di Velletri, con la quale Ł stata disposta la confisca del profitto del reato, pari all’ammontare delle imposte evase, o, in caso di incapienza, dei beni nella disponibilità dell’imputata, anche per interposta persona, per un valore pari al predetto ammontare, si pone in linea di continuità con il consolidato principio secondo il quale la confisca del profitto dei reati fiscali va obbligatoriamente disposta, ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, anche con la sentenza di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., pur quando non abbia formato oggetto dell’accordo tra le parti, attesa la sua natura di vera e propria sanzione (Sez. 3, n. 42830 del 22/10/2024, COGNOME; Sez. 3, n. 37939 del 31/05/2024, COGNOME; Sez. 3, n. 29428 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 275896; Sez. 3, n. 6047 del 27/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268829).
Il Tribunale ha poi illustrato i motivi della disposta confisca obbligatoria, conformemente al principio di diritto affermato nella sentenza rescindente n. 9218 del 26/01/2024, secondo il quale l’obbligo di motivazione gravante sul giudicante, nel caso di confisca obbligatoria, deve essere adempiuto ‘evidenziando’ il presupposto legale della confisca.
Non vale, infine, sostenere, in contrario, l’impossibilità di disporre confisca sulla casa di abitazione, perchØ appartenente a persona estranea al reato e perchØ non costituisce frutto o reimpiego di attività illecita. Nel primo caso, infatti, quand’anche emergesse la non appartenenza del bene alla ricorrente, rileva la radicale mancanza di interesse ad eccepire l’illegittimità della confisca sotto il profilo della asserita lesione del diritto di proprietà di un soggetto terzo (Sez. 5, n. 15394 del 06/03/2014, COGNOME, Rv. 260218; Sez. 6, n. 29124 del 02/07/2012, COGNOME, Rv. 253180). Quanto al secondo aspetto, va rilevato che l’immobile non Ł oggetto di confisca diretta, non riguardando un bene in rapporto di immediata derivazione dal reato, ma potrà essere aggredito, ove sia impossibile provvedere alla confisca diretta del profitto del reato, in sede di confisca per equivalente, assumendo in tal caso le caratteristiche di valore corrispondente al profitto non rinvenuto per il quale non rileva che l’acquisto sia intervenuto in epoca successiva alla commissione dei reati (cfr., Sez. 3, n. 6163 del 20/10/2020, dep. 2021, Rv. 281048, laddove Ł stato affermato, con riferimento alle somme affluite su conto corrente in data successiva alla consumazione del reato tributario, la legittimità del sequestro per equivalente qualificato come “unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto non onorato od evaso”).
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 30/01/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME