Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9810 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9810 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da Procuratore Generale presso la Corte di appello di Caltanissetta COGNOME nato a Ariano Irpino il 07/08/1969 COGNOME NOME, nato a Ariano Irpino il 11/10/1999 COGNOME NOMECOGNOME nato a Orta Nova il 05/03/1975
nel procedimento a carico di questi ultimi e di NOME COGNOME nato a San Cataldo il 27/08/1962 NOME NOMECOGNOME nato a Paduli il 02/01/1973
avverso la sentenza del 24/06/2024 del Tribunale di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria redatta dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse degli imputati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME; l’annullamento della sentenza impugnata
limitatamente alla omessa statuizione sulla confisca obbligatoria, con riferimento ai reati contestati ai capi 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8), 9) e 10), con rinvio per nu esame sul punto al Tribunale di Caltanissetta; letta la memoria del difensore di NOME COGNOME, avv. NOME COGNOME del foro di Ancona, che chiede l’inammissibilità del ricorso del Procuratore Generale.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, ai fini qui di interesse, il Tribunale di Caltanissetta, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME la pena concordata, in relazione al delitto di cui all’art. 416 cod. pen., di cui al capo 1 nonché a ai delitti di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, contestati ai ca da 2) a 10).
Avverso l’indicato provvedimento, hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Caltanissetta.
Il ricorso proposto, con un medesimo atto, dagli imputati dinanzi indicati, per mezzo del comune difensore di fiducia, si articola in due motivi, che denunciano la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine agli artt. 129 e 444 cod. proc. pen., in quanto, ad avviso del difensore, dalla lettura della sentenza non si evince in base a quali elementi di fatto il Tribunale abbia potuto escludere la sussistenza dei presupposti per una pronuncia liberatoria nei confronti degli imputati, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., con riguardo al delitto di cui all’art. 416 cod. pen. (primo motivo), nonché, con riferimento al solo NOME COGNOME (secondo motivo), in relazione ai delitti di cui ai capi da 2) a 10) della rubrica.
Il ricorso proposto dal P.G. presso la Corte d’appello di Caltanissetta denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 12-bis d.lgs. 74 del 2000, nella parte in cui il Tribunale, c riferimento agli imputati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ha omesso di disporre la confisca obbligatoria per equivalente dei beni nella disponibilità del reo per un valore corrispondente al prezzo del profitto del reato con riferimento ai reati di cui ai capi 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8), 9) e 10), nonché la confisca ex art. 12-ter d.lgs. n. 74 del 2000, con riguardo ai reati di cui ai capi 6), 8), 9) e 10).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso degli imputati è inammissibile, perché proposto al di fuori dai casi consentiti dalla legge.
Invero, l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla I. 23 giugno 2017, n. 103, consente il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen. soltanto per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena della misura di sicurezza.
Nessuna di tali situazioni ricorre nella specie, dal momento che contrariamente alla previsione normativa – viene pretesa dal giudicante una specifica motivazione in ordine alla sussistenza del fatto di reato, laddove l’imputato, con l’accesso al rito speciale, ha rinunciato a contestare le premesse stbriche dell’accusa mossa nei suoi confronti (in termini, Sez. 2, n. 41785 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 264595-01, secondo cui, in tema di patteggiamento, la motivazione della sentenza, in relazione alla mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art 129, comma 1, cod. proc. pen., può anche essere meramente enunciativa, poiché la richiesta di applicazione della pena deve essere considerata come ammissione del fatto e il giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo qualora dagli atti risultino elementi tali da imporre di superare la presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega alla formulazione della richiesta stessa).
Questa Corte, del resto, ha già ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., in relazione, tra l’altro, alla tutela del diritto di difesa e ai principi del processo, in quanto la limitazione della facoltà di ricorso per cassazione alle sole ipotesi ivi espressamente previste trova ragionevole giustificazione, nell’ambito delle scelte discrezionali riservate al legislatore, nell’esigenza di limitare controllo di legittimità alle sole decisioni che contrastano con la volontà espressa dalle parti o che costituiscono disapplicazione dell’assetto normativo disciplinante l’illecito penale oggetto di cognizione (Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, COGNOME, Rv. 281182-01).
Va perciò ribadito il principio secondo cui, in tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n.
103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (ex multis, Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaouri Rv. 279761, Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 13/01/2020, COGNOME, Rv. 278337; Sez. 2, Sentenza n. 4727 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272014).
Il ricorso proposto dal P.G. è ammissibile e fondato, nei termini dinanzi indicati.
Si osserva, in primo luogo, che la sentenza di patteggiamento, la quale abbia omesso di applicare una misura di sicurezza, non è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., salvo che si tratti di misura obbligatoria per legge in relazione al titolo di reato oggetto di imputazione, essendo in tal caso esperibile il ricorso per cassazione ai sensi della disciplina generale di cui all’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, Rv. 279348-03).
Deve perciò ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento con cui si censuri l’omessa applicazione della confisca, ove questa debba essere obbligatoriamente disposta, a nulla rilevando che non se ne faccia menzione nell’accordo, poiché si tratta di una statuizione non negoziabile tra le parti.
Una situazione del genere è riscontrabile in relazione alla confisca ex art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, la cui applicazione è obbligatoria anche nel caso di sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Nel caso in esame, agli imputati è stata applicata la pena anche con riferimento alle violazione tributarie ex artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, come contestate ai capi 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8), 9) e 10), in relazione ai quali tr applicazione la disposizione di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, che prevede invariabilmente la confisca dei beni che costituiscono il profitto del reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale Profitto.
Ne segue che la sentenza impugnata, nulla avendo disposto in ordine alla confisca obbligatoria ex art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, deve essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto.
A diverse conclusioni deve giungersi in relazione alla confisca ex art. 12ter d.lgs. n. 74 del 2000, disposizione che, alle condizioni in essa indicate – ossia il superamento di talune soglie con riferimento all’importo delle imposte evase
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ovvero degli elementi non veritieri indicati nelle fatture o nei documenti -, estende la confisca per sproporzione ex art. 240-bis cod. pen. ai d litti di cui agli artt. 2, 3, 8 e 11 del d.lgs. n. 74 del 2000.
Orbene, a differenza della confisca del profitto del reato ex art. 12-bis, quella di cui agli artt. 12-ter e 240-bis cod. pen. implica l’accertamento della proporzione delle somme di denaro o beni nella disponibilità dell’agente rispetto al proprio reddito.
Nel caso di specie, pur essendo la misura ablatoria astrattamente applicabile ai delitti di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, il ricorso, sul punt totalmente generico, non allegando alcun elemento al fine di suffragare la sussistenza dei requisiti fattuali posti a fondamento della confisca ex art. 240-bis cod. pen.
Essendo i ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME COGNOME e NOME limitatamente all’applicazione della confisca ex art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Caltanissetta. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso del P.G.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME GLYPH e COGNOME NOMECOGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/02/2025.