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Confisca nel patteggiamento: motivazione e logica

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di patteggiamento limitatamente alla confisca di una società e alla confisca per equivalente del profitto di reati fiscali. La decisione si fonda su due vizi della sentenza impugnata: la totale assenza di motivazione per la confisca della società e la manifesta illogicità nel calcolo del profitto del reato. La Suprema Corte ha chiarito che anche nel contesto del patteggiamento, la confisca non concordata tra le parti deve essere adeguatamente motivata dal giudice. Inoltre, ha stabilito che la quantificazione del profitto deve basarsi su elementi logicamente collegati al periodo in cui il reato è stato commesso, annullando una stima basata su circostanze successive. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio su questi punti.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca nel Patteggiamento: La Cassazione Esige Motivazione e Logica

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 51/2024) riaccende i riflettori su un tema cruciale della procedura penale: la confisca nel patteggiamento. La Corte ha annullato parzialmente una sentenza di applicazione pena su richiesta, stabilendo principi fondamentali sulla necessità di una motivazione adeguata per la confisca e sulla logicità che deve guidare la quantificazione del profitto di reato. Questa decisione offre spunti importanti per comprendere i limiti del controllo giudiziale in un procedimento basato sull’accordo tra le parti.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un amministratore di una società a responsabilità limitata semplificata, condannato con rito di patteggiamento a una pena di un anno e sei mesi di reclusione per reati fiscali, in particolare per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Oltre alla pena detentiva, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto la confisca della società stessa e la confisca per equivalente del profitto del reato, quantificato in oltre 280.000 euro.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, contestando diversi aspetti della sentenza, con un focus particolare sulle misure patrimoniali disposte dal giudice.

I Motivi del Ricorso: Focus sulla Confisca nel Patteggiamento

Il ricorso si basava su quattro motivi principali. Sebbene il primo, relativo alla mancata valutazione di cause di proscioglimento, sia stato dichiarato inammissibile (in linea con i limiti del ricorso contro le sentenze di patteggiamento), gli altri motivi hanno colto nel segno.

In particolare, la difesa ha lamentato:
1. Mancanza di motivazione sulla confisca della società: La sentenza non spiegava perché la società dovesse essere confiscata, limitandosi a un generico richiamo normativo.
2. Violazione di legge nel calcolo del profitto: Il profitto, ai fini della confisca per equivalente, era stato calcolato nella misura del 10% del fatturato illecito. La difesa sosteneva che tale percentuale fosse illogica e non supportata dalle prove, che indicavano piuttosto un compenso del 3-4%.
3. Questione di legittimità costituzionale: Si sollevava un dubbio sulla compatibilità con la Costituzione delle norme che, a seguito della Riforma Cartabia, non permettevano un coordinamento efficace per richiedere la sostituzione della pena detentiva breve con sanzioni alternative.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il secondo e il terzo motivo di ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente alle confische e rinviando il caso al Tribunale di Bologna per un nuovo giudizio. Ha invece ritenuto assorbito il quarto motivo, chiarendo che la questione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia dovrà essere valutata dal giudice del rinvio.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha sviluppato un ragionamento articolato e di grande interesse giuridico, soffermandosi sui doveri del giudice nell’ambito del rito speciale.

La Necessità di Motivazione per la Confisca non Concordata

Il punto centrale della decisione riguarda la confisca nel patteggiamento. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: quando la confisca non è oggetto dell’accordo tra accusa e difesa, il giudice che la dispone ha l’obbligo di fornire una motivazione completa ed effettiva. Non è sufficiente un mero rinvio agli articoli di legge (in questo caso, l’art. 240 c.p.). Il giudice deve spiegare le ragioni di fatto e di diritto che giustificano la misura, specificando se si tratta di confisca obbligatoria o facoltativa e a quale reato si riferisce. Nel caso di specie, la motivazione era totalmente assente, rendendo impossibile comprendere l’iter logico-giuridico seguito.

Il Requisito della Logicità nel Calcolo del Profitto

Ancora più incisiva è stata la censura sulla quantificazione del profitto. La sentenza di primo grado aveva basato la stima del 10% su conversazioni telefoniche avvenute dopo un sequestro operato dalla polizia giudiziaria. Da queste emergeva che, a seguito dell’intervento repressivo, il ‘prezzo’ per l’emissione di fatture false era aumentato. Tuttavia, il reato contestato all’imputato era stato commesso in un periodo precedente a tale sequestro, quando le stesse prove indicavano un compenso inferiore (3-4%).

La Cassazione ha qualificato tale ragionamento come “manifestamente illogico”. Applicare retroattivamente una percentuale più alta, determinata da un evento successivo, per quantificare il profitto di un reato commesso in precedenza, viola i principi di logica e di corretta valutazione della prova.

Le Conclusioni

La sentenza in esame è un importante promemoria del ruolo di garanzia del giudice anche nei procedimenti speciali come il patteggiamento. L’accordo tra le parti non svuota il potere-dovere del giudice di controllare la legalità e la congruità delle misure applicate, specialmente quelle patrimoniali che incidono profondamente sui diritti dell’imputato. La decisione sottolinea due principi cardine: primo, ogni provvedimento ablativo non concordato deve essere supportato da una motivazione reale e non apparente; secondo, la valutazione delle prove, inclusa la stima del profitto di reato, deve seguire un percorso logico rigoroso e ancorato alle circostanze temporali del fatto contestato. Infine, la Corte apre alla possibilità per il giudice del rinvio di applicare le nuove e più favorevoli sanzioni sostitutive della Riforma Cartabia, confermando l’operatività del principio della lex mitior nei processi ancora in corso.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per mancata motivazione sulla non colpevolezza?
No, la legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.) stabilisce che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento non può essere basato sul difetto di motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento. I motivi di ricorso sono limitati a specifici vizi, come l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.

Il giudice deve sempre motivare la confisca in una sentenza di patteggiamento?
Sì, se la confisca non è stata oggetto dell’accordo tra le parti. In questo caso, il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione effettiva che spieghi le ragioni di fatto e di diritto della misura, non potendosi limitare a un generico richiamo normativo.

Come viene calcolato il profitto di un reato di emissione di fatture false ai fini della confisca?
Il profitto corrisponde al compenso ricevuto per l’emissione delle fatture. La sua quantificazione deve basarsi su prove concrete e seguire un ragionamento logico. Non è possibile, come stabilito dalla sentenza, utilizzare elementi successivi alla commissione del reato (come un aumento del ‘prezzo’ del servizio illecito) per determinare il profitto di fatti avvenuti in precedenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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