Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46025 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46025 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in SIRIA il 01/01/1976
avverso la sentenza del 16/05/2024 del TRIBUNALE di TRENTO. Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; ricorso trattato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Trento, nell’accogliere l’istanza di applicazione della pena su richiesta delle parti in relazione all imputazioni di associazione per delinquere e di riciclaggio (capi A e V dell’imputazione, rispettivamente), ha altresì disposto la confisca ex art. 648 quater cod. pen. della somma di € 149.950,00 quale somma oggetto del reato di riciclaggio ascritto al capo V di imputazione.
Con il ricorso vengono formulati due motivi, il primo incentrato sulla mancanza di motivazione del provvedimento impugnato in merito alla confisca applicata ed il secondo sulla violazione o erronea applicazione dell’art. 648 quater cod. pen. in relazione allo stesso tema.
2.1. In relazione al primo profilo, si evidenzia che la confisca non rientrava nel perimetro dell’accordo tra Pubblico Ministero e difesa, con conseguente applicazione del principio affermato nella pronuncia Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019 dep. 2020, COGNOME, Rv. 279348 – 02 in relazione alla ammissibilità, nel caso concreto, del ricorso in cassazione per vizio di motivazione. Nella sentenza impugnata non è stata spesa una sola parola per indicare la natura dell’importo oggetto della confisca (profitto, prezzo o prodotto) che riguardava, peraltro, una somma mai entrata di fatto nella disponibilità dell’imputato, che si era limitato a fare da tramite a favore di un agente sotto copertura.
2.2 Quanto al secondo motivo, si evidenzia che dalla stessa lettura del capo di imputazione emerga come NOME non abbia mai detenuto la somma di quasi € 150.000,00, che costituiva il profitto tratto dall’autore del reato presupposto, nell’ambito di un vasto traffico di stupefacenti. L’imputato si è limitato a accettare di far parte di una catena di passaggi del denaro destinati al fornitore iniziale dello stupefacente. Il denaro pertanto non costituiva, per l’imputato, un profitto personale né un lucro o un vantaggio economico derivante direttamente dalla commissione del reato.
Con memoria inviata per PEC, il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto in relazione al primo motivo di impugnazione, con conseguente annullamento della sentenza limitatamente alla statuizione di confisca e rinvio al Tribunale di Trento che procederà, in nuova composizione, a nuovo giudizio sul punto.
Esulando dal perimetro dell’accordo intervenuto tra il Pubblico Ministero e l’imputato a definizione del procedimento, la statuizione di confisca, pur fondata sull’art. 648 quater, primo comma, cod. pen., richiede una base motivazionale che, nel caso, è assente. Il provvedimento è pertanto ricorribile in Cassazione per vizio di motivazione, come da giurisprudenza consolidata sul punto (Sez. U. n. 21368 del 26/09/2019, COGNOME, Rv. 279348-01, Sez. 2, n. 13915 del 05/04/2022, NOME, Rv. 283081 – 01).
Costituisce infatti principio ermeneutico oramai consolidato, cui questo Collegio intende attenersi, non ravvisandosi alcuna ragione in senso contrario, che un quantum sufficit di motivazione sia necessario anche per i provvedimenti ablatori disposti all’esito di condanna o applicazione di pena (Sez. 3, n. 15525 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 275862-01, Sez. 3, n. 4252 del 15/01/2019, COGNOME,
Rv. 274946-01) da diverse disposizioni normative (ad es. art. 644, u.c., cod. pen. in materia di confisca del prezzo o del profitto del reato di usura, ovvero in materia di stupefacenti o di contrabbando doganale), salve le ipotesi in cui la stessa fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione della res costituiscano reato. La mancata, o meramente apparente, motivazione circa l’applicazione della confisca, si risolve infatti in una ipotesi di illegalità misura di sicurezza, rilevante come violazione di legge ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., giacché solo la motivazione consente il controllo di legalità, cioè la verifica diretta ad assicurare che la misura sia stata adottata in uno dei casi previsti dalla legge e per le ragioni dalla stessa ammesse, altrimenti correndosi il rischio che la misura esondi in un provvedimento arbitrario, in violazione delle regole costituzionali e convenzionali poste a tutela della proprietà individuale. Esigenze tanto più vive in un caso come quello in considerazione, ove è quanto meno necessario chiarire, da parte del giudice che procede alla confisca, in quale delle ipotesi alternative previste dalla disposizione sopra menzionata si verta nello specifico (prodotto o profitto).
Nella sentenza, a dispetto di quanto opinato nella memoria inviata dal Sostituto Procuratore generale, che su questo specifico aspetto non è perciò condivisibile, il punto non è risolto dal riferimento all’importo di € 149.950,00 “quale somma oggetto del reato di riciclaggio”, dizione generica che non affronta compiutamente la questione giuridica sottostante.
La sentenza impugnata va conseguentemente annullata, limitatamente alla statuizione di confisca, con assorbimento dell’ulteriore motivo di ricorso, e con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Trento, in diversa composizione, che si atterrà a quanto esposto in precedenza.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione di confisca, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Trento in diversa composizione.
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