Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1820 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1820 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma 1’8/01/1979 avverso il decreto del 21/05/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, quale giudice del rinvio, con l’ordinanza impugnata, ha confermato il decreto del Tribunale di Roma in data 24 ottobre 2022, che aveva applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per due anni, con obbligo di soggiorno nel Comune di Roma e prescrizioni, nonché la confisca – per quanto qui rileva – della somma giacente su un libretto di risparmio postale.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo un unico motivo di impugnazione, con cui lamenta, sotto il profilo della
violazione di legge, la ribadita sussistenza dei presupposti per la confisca del denaro contenuto sul libretto sopra accennato e la mancata ottemperanza alle indicazioni offerte dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione.
La Corte di appello avrebbe disatteso, senza un effettivo confronto, le specifiche deduzioni difensive (che avrebbero dimostrato come la provvista presente nel libretto derivasse interamente dal trasferimento di quanto depositato a suo tempo su un conto corrente intestato al padre e al fratello, ove erano stati versati soltanto rimborsi e ratei di stipendio o pensione, di modo che non poteva negarsene la lecita provenienza), fornendo solo una motivazione apparente, nonostante la violazione di legge sul punto fosse stata posta a fondamento della sentenza rescindente.
3. Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato, da ultimo, dall’art. 11, comma 7, decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. La Sesta Sezione di questa Corte, con sentenza n. 8119 del 23/01/2024 premesso che i giudici di merito avevano considerato come i beni in sequestro (al netto della quota di denaro già restituita) fossero nella disponibilità del prevenuto e ricadessero nell’ambito temporale della ribadita pericolosità, apparendo altresì manifesta la sproporzione residuale, a fronte della totale mancanza di introiti leciti – ha ritenuto non consentite in sede di procedimento di prevenzione le doglianze relative alla somma di euro 26.698,47 (pari al residuo confiscato all’esito della restituzione parziale agli aventi diritto), essendo dirette soltanto a contestare l’apparato argomentativo che escludeva la liceità del denaro ivi depositato.
Solo limitatamente al libretto di risparmio è stata, invece, affermata l’apparenza della motivazione, priva di un effettivo confronto con le deduzioni difensive, ed è stato conseguentemente disposto l’annullamento con rinvio. Unicamente in ordine a tale puntuale questione doveva, quindi, pronunciarsi di nuovo la Corte di appello ed entro tale perimetro cognitivo si è correttamente mosso il giudizio di rinvio.
Secondo la difesa, il libretto in questione era stato aperto nel 2015, alla morte del padre, con il versamento di una somma proveniente da altro conto intestato al suddetto genitore e al fratello del ricorrente.
I giudici capitolini, al contrario di quanto rappresentato dal ricorrente, hanno proceduto a una scrupolosa disamina della documentazione prodotta a discarico (pp. 3-5). Premesso che si trattava in ogni caso di copie informali non qualificabili come rendicontazione ufficiale, si è rilevato come dalla loro lettura non emergesse affatto la prova della liceità del denaro: il libretto era stato aperto un mese dopo la chiusura del conto corrente intestato ai congiunti del ricorrente e si ignora chi abbia proceduto alla chiusura, se ci fu un prelievo in contanti e soprattutto quale fosse la quota ereditaria spettante a NOME COGNOME; alla non tracciabilità del denaro per un lasso di tempo non irrilevante (di modo che la mera identità aritmetica degli importi non assumeva valenza decisiva), occorreva soprattutto aggiungere un prelievo di euro 54.000, effettuato da ignoti quattro giorni dopo l’apertura del libretto e a seguito di varie incongrue movimentazioni bancarie nella medesima giornata, di modo che il saldo era rimasto sino all’esecuzione del sequestro di poco superiore ad euro 800.
L’insieme delle operazioni effettuate, in conclusione, non dimostrava la lecita provenienza delle somme (peraltro, sottratte quasi per intero all’apposizione del vincolo reale) e, soprattutto, della residua modesta giacenza.
Le censure del ricorrente risultano, dunque, articolate su motivi generici, avulsi da un effettivo confronto con l’ampio percorso giustificativo offerto dal provvedimento impugnato, e, comunque, sotto l’abito formale della violazione di legge, in violazione di quanto disposto dagli artt. 10, comma 3, e 27, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, censurano surrettiziamente nel merito le singole questioni ricostruttive affrontate espressamente dalla Corte territoriale o comunque logicamente assorbite dal suo complessivo ordito argomentativo (cfr. Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279435).
5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 dicembre 2024
Il Ci si lier estensore
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Il Presidente