Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24131 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24131 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
NOME Vergine
-Presidente –
Sent. n.971 sez.
NOME COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
UP Ð 05/06/2025
R.G.N. 36027/2024
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata il 05.05.1963 a Vibo Valentia; COGNOME NOME nato il 30.10.1995 a Borgia (CZ); avverso la sentenza del 17.04.2024 della Corte di Appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; uditi i difensori dei ricorrenti avv.ti COGNOME Vincenzo e COGNOME Vittorio che hanno insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
Con sentenza del 17.04.2024, la Corte di Appello di Catanzaro Ð in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Vibo Valentia in data 10.11.2020 Ð dichiarava di non doversi procedere nei confronti degli odierni ricorrenti in ordine ai reati (p. e p. dallÕart. 44, lett. c), D.P.R. n. 380/2001,
181 Dlgs. 42/04) contestati loro, perchŽ estinti per maturata prescrizione, confermando nel resto lÕimpugnata sentenza, anche con riguardo alla statuizione della confisca.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, per tramite del comune avvocato, COGNOME NOME e COGNOME Domenica, articolando tre comuni motivi di ricorso.
Ambedue i ricorrenti premettono il proprio interesse allÕimpugnazione della statuizione di conferma della confisca urbanistica dei beni di proprietˆ della RAGIONE_SOCIALE: sostengono che il definitivo riconoscimento di responsabilitˆ in relazione agli specifici addebiti contestasti, sia pur contenuto in una pronuncia di proscioglimento per prescrizione, esporrebbe COGNOME NOME, committente dei lavori quale legale rappresentante della suddetta societˆ, ad unÕeventuale azione di responsabilitˆ dei soci della medesima RAGIONE_SOCIALE e COGNOME Domenica, direttrice dei lavori, ad unÕeventuale azione risarcitoria per imperita esecuzione dellÕincarico professionale.
3.1. Con il primo motivo di ricorso deducono lÕinosservanza ed erronea applicazione dellÕart. 158, comma 1, cod. pen. in relazione alla fattispecie di reato contestato Ð nonchŽ la mancanza e manifesta illogicitˆ della motivazione Ð per aver la Corte di Appello di Catanzaro ritenuto che, nel caso concreto, il momento di cessazione della permanenza del reato di lottizzazione abusiva contestato dovesse essere individuato non nella data del primo accertamento di P.G. e conseguente sequestro del 25.02.2010 ma nel più recente sopralluogo e relativo sequestro del 24.03.2017; ci˜ al fine di far valere il consolidato principio di diritto affermato da questa Suprema Corte secondo cui non è consentito disporre la confisca dei terreni interessati da lottizzazione abusiva e dei manufatti su di essa insistenti laddove il reato p. e p. dallÕart. 44, lett. c., D.P.R. n. 380/2001 debba intendersi giˆ prescritto al momento in cui è stata esercitata lÕazione penale.
Nello specifico, i ricorrenti evidenziano come, alla data del più recente sopralluogo e relativo sequestro, non sarebbero state in corso attivitˆ di ultimazione delle opere di urbanizzazione e di ultimazione dell’edificio interessato, peraltro da tempo completati; nŽ potrebbero rilevare, in ogni caso, ai fini della determinazione del momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva, diversamente da quanto ritenuto dalla corte di merito, operazioni di sbancamento eventualmente in atto alla data del 24.03.2017,
che si sarebbero comunque risolte in interventi minimali postumi, seguiti ad un assentito processo di trasformazione giˆ conclusosi nel 25.02.2010.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso propongono vizi di violazione di legge e di motivazione. Si dolgono della omessa pronuncia assolutoria per insussistenza dei fatti di reato contestati ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen. e, in ogni caso, ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen. ovvero della mancata applicazione/estensione al caso di specie del consolidato principio elaborato da questa Suprema Corte con riguardo ai rapporti tra causa estintiva e sentenza di proscioglimento nel caso di prova ambivalente. Contestano la conferma della confisca del fabbricato e dei terreni pur in assenza di un compiuto accertamento della propria penale responsabilitˆ; argomentano lÕinsussistenza del reato contestato innanzitutto sul piano della tipicitˆ oggettiva del fatto. Ribadiscono lÕinsussistenza di vincoli paesaggistici ed ambientali; lamentano, da parte di ambedue i giudici di merito, sia la supposta acritica recezione degli atti di indagine e delle risultanze del consulente del P.M. che lÕomesso esame delle contrarie deduzioni difensive, rappresentative della insussistenza dei punti critici esposti dai giudici, e la mancata effettuazione di una perizia in sede di appello, come richiesto.
3.3. Con il terzo motivo, contestano la ritenuta sussistenza dellÕelemento soggettivo del reato oltre che oggettivo.
Evidenziano come il comportamento tenuto dallÕautoritˆ amministrativa (nel caso di specie: lÕasserita certificazione Ð da parte del Comune di Pizzo e della Regione, per i profili di rispettiva competenza Ð dellÕassenza di vincoli paesaggistici e ambientali gravanti sullÕarea oggetto di intervento lottizzatorio) debba ritenersi idoneo a determinare negli odierni ricorrenti uno scusabile convincimento della liceitˆ della condotta loro ascritta, mentre la Corte non avrebbe esaminato tale profilo.
1. I ricorsi sono da rigettare.
1.1. Viene in esame innanzitutto la censura diretta contro la confermata confisca. Va preliminarmente rilevato, avuto anche riguardo al caso concreto, che è indubbio che in sede di appello relativo al reato di lottizzazione abusiva, la prescrizione maturata in questa fase impone al giudice, da una parte, di dichiarare immediatamente la intervenuta estinzione
del reato (salvo l’evidenza dell’innocenza dell’imputato), dall’altra, rispetto alla confisca, di operare un approfondito esame dei presupposti oggettivi e soggettivi della medesima, in funzione della eventuale relativa conferma, come si imponeva nel caso di specie.
In proposito, si rammenta che con la sentenza n. 49 del 2015, la Corte costituzionale ha ribadito la necessitˆ, ai fini della confisca urbanistica, di un pieno accertamento della responsabilitˆ dell’imputato e della malafede del terzo eventualmente colpito dalla confisca, precisando tuttavia che un tale “pieno accertamento” non sarebbe precluso nel c
Çaccompagnarsi alla più ampia motivazione sulla responsabilitˆ, ai soli fini della confisca del bene lottizzatoÈ; in altri termini, ai fini della confisca urbanistica, b della sostanza dell’accertamentoÈ, valorizzandosi le potenzialitˆ di accertamento del fatto di reato consentite anche a fronte di pronuncia di sentenza di proscioglimento; in definitiva, secon
denuncia alcuna incompatibilitˆ logica o giuridica con un pieno accertamento di responsabilitˆÈ.
Quanto alla Corte EDU, la stessa, nella pronuncia d 28/06/2018, RAGIONE_SOCIALE, ribadendo che i principi di legalitˆ e di lˆ delle apparenze e del vocabolario utilizzato, ad individuare la realtˆ d i una situazioneÈ, andando Çoltre al dispositivo di una decisione internaÈ, per Çtener conto della sua sostanza, in quanto la motivazione costituisce parte integrante della decisioneÈ, ha affermato che Çqualora i tribunali investiti constatino che sussisto
senso dell’articolo 7, che in questo caso non è violat oÈ (¤ 261).
Questa Suprema Corte (cfr. Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Rv. 278870 – 04) ha quindi sottolineato, in tale quadro, come possa dirsi che, l’art. 44 lett. c) DPR 380/01 , lˆ dove ricollega la confisca lottizzatoria all’accertamento del reato, c onsente di prescindere dalla necessitˆ di una sentenza di condanna “formale” permettendo di fondare la “legittimitˆ” del provvedimento ablatorio su un accertamento del fatto che, pur assumendo le forme esteriori di una pronuncia di proscioglimento, equiv
modalitˆ contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati), ad una pronuncia di condanna come tale rispettosa, ad un tempo, dei principi del giusto processo e dei principi convenzionali, proprio come riconosciuto, da ultimo, anche dalla Corte EDU.
1.2. Tanto precisato, deve altres’ considerarsi la peculiaritˆ della confisca: misura sanzionatoria secondo la giurisprudenza convenzionale e talune decisioni di questa Corte, di tipo amministrativo e ripristinatorio, residuale rispetto alla analoga misura comminabile in sede amministrativa, in specie comunale, che incide sulle opere e sull’area interessata dall’abuso lottizzatorio.
Da ci˜ discende la possibilitˆ che la confisca operi, talvolta, direttamente ed immediatamente, in danno dello stesso imputato autore dell’abuso, siccome titolare dei predetti beni. Talaltra, nei confronti di un soggetto diverso, cd. terzo, che nel caso in cui non sia stato coinvolto nel processo a carico del ritenuto autore del reato, cos’ da rappresentare in contraddittorio le proprie ragioni eventualmente ostative alla confisca medesima, avrˆ comunque possibilitˆ di far valere le proprie ragioni in sede esecutiva. Infatti, in tema di confisca, conseguente a lottizzazione abusiva, disposta al di fuori dei casi di condanna, il giudice dell’esecuzione, investito della opposizione del terzo rimasto estraneo al procedimento, è tenuto ad accertare, dal punto di vista oggettivo, l’effettiva esistenza della lottizzazione e, dal punto di vista soggettivo, l’insussistenza della buona fede nella condotta del terzo acquirente dell’immobile, sulla base di quanto provato dalla pubblica accusa (In motivazione, la S.C. ha, altres’, precisato che lo svolgimento delle suddette verifiche nell’ambio del procedimento di esecuzione, non si pone in contrasto con alcun principio costituzionale o convenzionale affermato in materia). (Sez. 3, n. 32363 del 24/05/2017, Mantione, Rv. 270443 – 01).
1.3. Con particolare riferimento al caso in esame, la confisca confermata dalla Corte di appello ha riguardato beni non riconducibili ai due attuali ricorrenti, siccome appartenenti, come emergente dallo stesso ricorso, ad una societˆ di cui COGNOME NOME era rappresentante legale all’epoca dei fatti.
Si tratta di un profilo essenziale, in via preliminare, per stabilire se quest’ultimo imputato, assieme all’altra ricorrente Corigliano, abbiano interesse a censurare il giudizio formulato dalla Corte di appello per
confermare la confisca in parola e, per tale, via, possano invocare, alla stessa stregua della sancita correlazione tra statuizioni civili e giudizio di responsabilitˆ penale in caso di sopravvenuta prescrizione in sede di appello ((SS UU 28.5.2009 n. 35490 COGNOME), la stretta correlazione tra il giudizio sotteso alla confisca e quello correlato alla intervenuta formula della appurata prescrizione, nel quadro del principio della prevalenza del proscioglimento nel merito. Per cui anche in caso di contraddittorietˆ o insufficienza della prova prevale, rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilitˆ, il proscioglimento nel merito.
In altri termini, si vuole, nella predetta prospettiva difensiva, e partendo dalla critica al giudizio di confisca, con la sua ritenuta correlazione al giudizio sulla condotta penale, seppur interessata da prescrizione, censurare la corretta e logica motivazione della intera sentenza, anche riguardo alla valutazione comunque sottesa alla dichiarata estinzione per prescrizione.
1.4. Questa Corte tuttavia, non pu˜ condividere la pur interessante e articolata ricostruzione difensiva, sopra sintetizzata, che giustifica il rigetto delle censure sul punto qui esaminate.
Innanzitutto, non appare pertienente il richiamo alla sentenza immediatamente sopra indicata, delle Sezioni Unite di questa Corte, quanto al superamento della regola di cui all’art. 129 comma 2 cod. proc. pen. in tema di doverosa dichiarazione della estinzione per prescrizione (salvo che dagli atti risulti evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, per cui il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere) con, al contrario, la necessitˆ, comunque, di un “pieno” giudizio di merito sia sul piano civilistico che penale, in caso di appello che sia stato proposto anche avverso le statuizioni civili. Si fa riferimento al principio per cui, come noto, all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietˆ o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilitˆ, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l’impugnazione del P.M. proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell’art. 530, comma secondo, cod. proc. pen.. (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244273 – 01).
Si tratta, invero, di un principio sancito in ragione del favor rei : le citate Sezioni Unite hanno infatti precisato che ” non sussiste alcuna ragione per la
quale, in sede di appello, ai sensi e per gli effetti di cui all’art.578 c.p.p., non debba prevalere la formula assolutoria nel merito rispetto alla causa di estinzione del reato: e ci˜, non solo nel caso di acclarata piena prova di innocenza, ma anche in presenza di prove ambivalenti, posto che alcun ostacolo procedurale, nŽ le esigenze di economia processuale (che, come più volte detto, costituiscono, con riferimento al principio della ragionevole durata del processo, la ratio ed il fondamento della disposizione di cui all’art. 129, comma secondo, c.p.p.), possono impedire la piena attuazione del principio del favor rei con l’applicazione della regola probatoria di cui al secondo comma dell’art. 530 del codice di rito”.
La pregnanza di tale principio è stata ribadita anche dalle sezioni unite con sentenza n. 36208 del 28/03/2024, Calpitano, Rv. 286880 – 01, laddove si è precisato che la predetta regola, espressa da Sez. U, COGNOME cit., opera nel caso in cui non sia venuta meno per il giudice dell’impugnazione penale la cognizione sulla responsabili tˆ penale dell’imputato , e che esso riconosce, in definitiva, una forma di tutela che, addirittura perchŽ consente di pervenire all’assoluzione, non pone in discussione la presunzione di innocenza, in linea con la giurisprudenza di Strasburgo, secondo la quale gli Stati contraenti, quindi anche la giurisprudenza, possono assicurare un livello di garanzie superiore rispetto allo standard minimo convenzionalmente assicurato.
Il predetto principio riguarda, in sostanza, valutazioni civili e penali che coinvolgono il medesimo soggetto, quale è l’imputato, di cui la regola citata costituisce un chiaro e conclamato favor. In altri termini, con essa vengono in rilievo questioni caratterizzate da un interesse e posizione unica, facenti capo, sul piano civile e penale, ad un medesimo soggetto quale l’imputato, cosicchè il giudizio in tema di statuizioni civili (art. 578 cod. proc. pen.) coinvolge, sul piano inevitabilmente logico nonchŽ giuridico, anche gli esiti della valutazione operata a livello penale, ben comprendendosi, in tal modo e in presenza di tali requisiti, il principio sopra citato.
Che non appare quindi rilevante rispetto al caso in esame.
In cui, da una parte, la valutazione di carattere penale, conclusasi con la dichiarazione di intervenuta prescrizione, attiene ai due imputati, Corigliano e Stillitani, dall’altra, quella, distinta, in tema di sanzione amministrativa ripristinatoria, quale la confisca, incide, per espressa ammissione dei ricorrenti, sulla posizione del diverso titolare delle opere e dei terreni abusivamente lottizzati, ovvero una societˆ.
In altri termini, la misura ripristinatoria della confisca a rigore interessa, per quanto prospettato dai ricorrenti, un terzo e non interessi degli imputati, unici
soggetti con cui era stato del resto instaurato il contraddittorio, laddove ai sensi dell’art. 578 bis cod. proc. pen. è previsto che “quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo 240 bis del codice penale e da altre disposizioni di legge o la confisca prevista dall’articolo 322 ter del codice penale, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilitˆ dell’imputato”.
Consegue che i ricorrenti non si rappresentano titolari di alcun interesse rispetto alla misura della confisca e alla sua operativitˆ, non incidente sulla loro sfera giuridica, la quale, nella loro prospettazione, sarebbe stata effettuata invece in danno di un terzo. Con la conseguenza per cui alcuna doglianza pu˜ essere da loro sollevata in ordine alla correttezza o meno dei parametri di giudizio che la corte di appello avrebbe dovuto seguire in sede di valutazione della confisca, con incidenza – in estensione analogica del principio invocato con la sentenza delle sezioni unite COGNOME – anche sul giudizio formulato nei loro confronti sul piano penale.
In altri termini, diversamente da quanto accade in caso di sanzioni civili nei confronti dello stesso imputato, da esaminarsi ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., per cui l’ampiezza del relativo esame si estende anche al giudizio penale riguardante il medesimo soggetto interessato, nel caso in esame emerge una disomogeneitˆ di interessi e conseguente operativitˆ soggettiva tra la misura della confisca e il giudizio penale, per intervenuta prescrizione, formulato nei confronti dell’imputato.
Per cui non appare coerente con i principi in materia di impugnazione, appresso meglio illustrati, ammettere doglianze riguardanti interessi altrui per lucrarne conseguenze per interessi propri.
Di converso, è onere del terzo che si ritenga leso dalla disposta confisca, ove non sia stato coinvolto nel contraddittorio del processo, far valere tale interesse anche in sede esecutiva, che l’ordinamento assicura anche per la piena tutela di tali posizioni soggettive.
1.5. Esclusa quindi, a fronte della carenza, in sostanza, di un unitario interesse di riferimento tra giudizio penale e di confisca, nonchŽ a fronte, correlativamente, di tipologie di istituti diversi (le statuizioni civili da una parte, la confisca lottizzatoria dall’altra), l’operativitˆ della regola di sostanziale necessaria “complementarietˆ” del giudizio civile e penale, sopra citata ed enucleata dal Supremo Collegio di questa Corte, con tutte le conseguenze sopra giˆ ricordate sul piano della “ampiezza” del giudizio anche
di responsabilitˆ penale, deve tenersi conto, pur sempre alla luce dell’insopprimibile criterio fondante delle impugnazioni, della diversitˆ e distinta titolaritˆ dello specifico interesse che pu˜ giustificare e legittimare, in concreto, censure in punto di valutazione penale e in punto di confisca lottizzatoria.
1.6. Si tratta di un interesse che, nel caso in esame, quanto alla confisca, va ribadito, non è dato rinvenire in capo ai ricorrenti, siccome estranei alla titolaritˆ dell’area lottizzata con relative opere, e dunque, lo si ripete, non legittimati nŽ a censurare il giudizio sotteso alla disposta misura ripristinatoria, nŽ, per tale via, in grado di rivendicare critiche in ordine al giudizio di merito che ha condotto alla distinta dichiarata prescrizione, che non siano ispirate all’unico “requisito” entro cui è possibile, in tal caso, censurare il deciso proscioglimento per maturata prescrizione del reato, quale l'”evidenza” dell’innocenza dell’imputato.
1.7. A sostegno di quanto poco prima sintetizzato, va innanzitutto osservato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la regola generale di cui all’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., va interpretata nel senso che, per proporre ricorso, il soggetto legittimato deve essere portatore di un interesse concreto ed attuale, che deve persistere fino al momento della decisione e che va apprezzato con riferimento all’idoneitˆ dell’esito finale del giudizio ad eliminare la situazione giuridica denunciata come illegittima o pregiudizievole per la parte (Sez. 2, n. 4974 del 17/01/2017, COGNOME, Rv. 268990; Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME e a., Rv. 208165).
1.8. Nel sistema delle impugnazioni penali, infatti, la nozione di interesse ad impugnare, non è ancorata al concetto di soccombenza, ma deve essere colta nella finalitˆ, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere lo svantaggio processuale e, quindi, il pregiudizio derivante da una decisione giudiziale ovvero deve essere individuata Ð il che non muta il risultato Ð facendo leva sul concetto positivo di utilitˆ che la parte mira a conseguire attraverso lÕesercizio del diritto di impugnazione e in coerenza logicamente con il sistema legislativo (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011 Fran.).
1.9. Posti tali elementi qualificanti e il criterio comparativo tra dati processuali concretamente individuabili (cioè il provvedimento impugnato e quello che il giudice ad quem potrebbe emanare in accoglimento dellÕimpugnazione) di misurazione del suddetto interesse Ð visto sia in
negativo (rimozione di un pregiudizio) che in positivo (conseguimento di unÕutilitˆ) Ð appare evidente come nel caso in esame non sussista lÕinteresse richiesto dallÕart. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilitˆ dellÕesercizio del diritto dÕimpugnazione.
I ricorrenti, con particolare riferimento alla confermata confisca, non allegano quale sia il rispettivo interesse, immediato, concreto ed attuale, a dolersi rispetto ad una misura ripristinatoria che ricade, allo stato degli atti disponibili, in danno della societˆ di riferimento, quale distinto titolare dell’area e degli interventi edilizi interessati dalla confisca,: ambedue gli odierni ricorrenti, infatti, si limitano a dedurre un interesse che sarebbe costituito dalla asserita, eventuale, esposizione ad azione di responsabilitˆ dei soci ovvero ad azione risarcitoria per imperita esecuzione dellÕincarico professionale, il quale invero, come tale, non sorretto neppure da puntuali allegazioni concretizzanti l’evento prospettato, appare meramente ipotetico.
Peraltro, si osserva come la disciplina della efficacia in altri giudizi di sentenze irrevocabili (artt. 651 e ss. cod. proc. pen. ) non contempla quelle che dispongano la confisca in concomitanza e nel quadro di una intervenuta dichiarazione di estinzione per prescrizione, tanto più, nel caso, quale quello in esame, in cui la confisca coinvolga interessi diversi da quelli dell’imputato.
Valutata in quest’ottica, la doglianza è pertanto inammissibile, dovendo ribadirsi il principio secondo cui, Ò in difetto dell’allegazione di uno specifico interesse, concreto ed attuale, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’imputato del reato di lottizzazione abusiva, prosciolto per intervenuta prescrizione, con riguardo alla legittimitˆ della confisca, disposta ai sensi dell’art. 44, comma 2, TUE, dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite che appartengano a terziÓ (Sez. 3, n. 372 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278274 – 01).
Si tratta di principio che più di recente è stato ribadito dalle stesse Sezioni Unite prima citate (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Rv. 278870 – 04). Le quali, premesso il necessario inquadramento giuridico funzionale alla riposta al quesito loro sottoposto in tema di confisca lottizzatoria, in sede di successiva analisi del ricorso hanno evidenziato l’assenza di interesse del ricorrente rispetto alla censura proposta in ordine alla disposta confisca, riguardante in gran parte beni altrui.
Vale altres’ ribadire come il terzo che subisca gli effetti della confisca disposta ai sensi dell’art. 44, comma 2, TUE senza aver partecipato al procedimento penale ha la possibilitˆ di far valere le proprie ragioni nel giudizio di esecuzione, sicchŽ il sistema consente, come giˆ prima anticipato, anche nei suoi confronti, la piena tutela del contraddittorio.
In conclusione, è proprio la possibile diversitˆ degli interessi, come nel caso di specie, che sancisce il possibile diverso regime di impugnazione che riguardi la confisca piuttosto che la distinta dichiarazione di intervenuta prescrizione.
L’imputato non titolare dell’area lottizzata è legittimato ad impugnare la sentenza solo in relazione alla intervenuta dichiarazione di prescrizione, seppure nei più ristretti limiti della prospettazione della “evidenza” della sua innocenza.
Il terzo titolare dell’area lottizzata, pu˜ censurare la disposta misura e, se non coinvolto nel processo, tutelarsi nel corso della fase esecutiva.
Ci˜ spiega quanto giˆ rilevato da questa Corte per cui, ove il ricorrente non abbia, come in questo caso, un concreto interesse a contestare in questa sede la legittimitˆ della decisione resa sul punto della confisca dal giudice di merito, consegue che neppure della rinvio della stessa, affinchŽ il giudice d’appello esamini lo specifico punto misura ripristinatoria, potrebbe ori
nei confronti della societˆ p roprietaria dei beni, che non sia parte – come pure accade in questo caso – di questo procedimento e che, per quanto detto, conserva intatte le proprie prerogative difensive da esercitarsi in sede di giudizio di esecuzione (cfr. in motivazione, Sez. 3, n. 372 del 09/10/2019, dep. 2020, cit.).
Esclusa la fondatezza dei ricorsi in punto di confisca e di reputate conseguenze sul piano penale, per le suesposte ragioni, rimane da esaminarne la portata in rapporto all’intervenuta decisione di estinzione del reato per maturata prescrizione. Sotto tale aspetto si tratta di ricorsi manifestamente infondati.
Le ragioni delle censure dedotte a tale ultimo riguardo propongono una rilettura di plurimi aspetti della vicenda ritenuti trascurati o erroneamente considerati, a partire dalla differente valutazione, da parte della difesa, del momento consumativo della lottizzazione, per poi procedere ad una articolata considerazione dei temi della sussistenza del vincolo paesaggistico e fasce di rispetto, con ampie allegazioni documentali, della necessitˆ di una perizia, della esistenza di un vincolo “ambientale”. Si tratta di una prospettiva, da una parte, meramente rivalutativa di dati, giˆ di per sŽ inammissibile, dall’altra, estranea alla necessaria impostazione critica da seguirsi rispetto ad una decisione di intervenuta prescrizione, da concentrarsi necessariamente sulla
rappresentazione della esistenza, ictu oculi , di elementi dimostrativi dell’innocenza dei ricorrenti. Come noto, infatti, vale come principio generale quello per cui a fronte di una sentenza di appello di prescrizione, il ricorso per cassazione che deduca la mancata adozione di una pronuncia di proscioglimento nel merito, ai sensi dell’ art. 129, comma 2, cod. proc. pen., deve individuare i motivi che permettano di apprezzare “ictu oculi”, con una mera attivitˆ di “constatazione”, l'”evidenza” della prova di innocenza dell’imputato, idonea ad escludere l’esistenza del fatto, la sua commissione da parte di lui, ovvero la sua rilevanza penale. (Sez. 6, n. 33030 del 24/05/2023, COGNOME, Rv. 285091 – 01)
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere rigettati, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
il 05/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME