Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2762 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2762 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME NOME, nato in Marocco l’DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 7/4/2023 emessa dal Tribunale di Velletri visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Velletri pronunciava sentenza di applicazione della pena, recependo l’accordo intervenuto tra le parti concernente la qualificazione giuridica del fatto (derubricando l’originaria imputazione nell’ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), la determinazione della pena e la confisca del denaro sequestrato.
Avverso tale sentenza, il ricorrente ha proposto un unico motivo di impugnazione per violazione di legge, evidenziando che la pena è stata applicata in relazione al reato di detenzione di stupefacente, sicchè il denaro non poteva ritenersi profitto della condotta accertata, con la conseguente impossibilità di disporne la confisca ex art. 240 cod. pen.
3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Dalla lettura della sentenza impugnata, cui è allegato anche l’accordo intervenuto tra le parti, risulta che l’imputato ha espressamente convenuto la confisca del denaro. L’accordo con la pubblica accusa, pertanto, si è formato anche su tale aspetto della res giudicanda e la decisione del Tribunale ha ratificato l’accordo nella sua interezza.
L’accordo intervenuto tra le parti, tuttavia, ha condotto all’applicazione di una misura di sicurezza illegale, nella misura in cui è stata disposta la confisca del denaro, pur se all’imputato era contestata la detenzione e non la cessione di stupefacente.
Per consolidata giurisprudenza, infatti in relazione al reato di illecita l detenzione di stupefacenti non è consentita la confisca del denaro, nè ai sensi dell’art. 240 cod. pen., né ai sensi dell’art. 73, comma 7-bis, d.P.R. cit., applicabili invece all’ipotesi di cessione di sostanza stupefacente, non sussistendo il necessario nesso tra il denaro oggetto di ablazione e il reato di mera detenzione per cui è affermata la responsabilità (da ultimo Sez.4, n. 20130 del 19/4/2022, Donato, Rv. 283248).
La confisca del denaro, disposta ai sensi dell’art. 240 cod. pen., ha comportato l’applicazione di una misura di sicurezza patrimoniale illegale, nella misura in cui è stata applicata con riguardo ad una fattispecie – la detenzione di stupefacenti intrinsecamente incompatibile con i casi previsti dalla menzionata norma. Non è contestabile, infatti, che a fronte del reato di illecita detenzione, il denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato non può in astratto considerarsi quale profitto del reato, né è altrimenti collegabile alla commissione dell’illecito, il che determina l’intrinseca incompatibilità della confisca del denaro rispetto alla fattispecie di reato in esame.
A conferma di tale conclusione, deve sottolinearsi come la giurisprudenza
abbia già affermato ) , che ( in tema di ricorso per cassazione nei confronti della sentenza di applicazione della pena, deve ritenersi “illegale” la misura di sicurezza disposta in violazione dei presupposti e dei limiti stabiliti dalla legge per la sua applicazione (Sez.3, n. 4252 del 15/1/2019, COGNOME, Rv. 274946-02; si veda anche Sez.2, n. 37590 del 30/4/2019, Giulivi, Rv. 277083).
Quanto detto comporta che, nel caso di specie, non si è in presenza di una mera erronea applicazione del precetto penale, dovendosi ritenere che la confisca ex art. 240 cod. pen. disposta in relazione ad un reato che, per la sua astratta struttura 1 è incompatibile con la produzione di un profitto, si risolve nell’illegale applicazione dell’istituto della confisca.
2.1. Una volta ritenuta l’illegalità della misura di sicurezza patrimoniale concordata tra le parti, ne consegue l’ammissibilità del ricorso per cassazione.
A tal riguardo, infatti, questa Corte ha chiarito che la sentenza di patteggiannento, che abbia applicato una misura di sicurezza, è ricorribile per cassazione nei soli limiti di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., ove la misura sia stata oggetto dell’accordo tra le parti, diversamente essendo ricorribile per vizio di motivazione ai sensi della disciplina generale prevista dall’art. 606 cod. proc. pen. (Sez.U, n. 21368 del 26/9/2019, dep.2020, Savin, Rv. 279348).
L’ipotesi in esame è esattamente riconducibile nella prima delle due evenienze esaminate dalle Sezioni unite, dovendosi ritenere che, per effetto dell’accordo delle parti intervenuto anche con riferimento alla confisca, si è determinata l’applicazione di una misura di sicurezza illegale, ipotesi rientrante negli stretti limiti entro i quali l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. consente il ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena.
2.2. Una volta ritenuta l’ammissibilità e fondatezza del ricorso, deve rilevarsi che l’annullamento non può riguardare la sola parte di pronuncia concernente la confisca, in quanto la misura di sicurezza è parte integrante dell’accordo intercorso tra le parti.
Stante la natura negoziale dell’istituto dell’applicazione della pena, al giudice non è consentito di intervenire sui termini dell’accordo, modificandone il contenuto ed eliminando alcune delle statuizioni convenute, posto che l’accordo si forma sulle complessive condizioni convenute.
In tal senso, si sono recentemente pronunciate le Sezioni Unite, affermato che, in caso di impugnazione della sentenza di patteggiamento, l’illegalità della misura di sicurezza concordata tra le parti determina l’annullamento senza rinvio della sentenza in quanto il vizio rilevato rende invalido intero accordo (Sez.U, n. 21368 del 26/9/2019, Savin, Rv. 279348-05).
Ne consegue che nel giudizio che segue ad annullamento senza rinvio della
sentenza di patteggiannento determinato dall’illegalità della pena, le parti sono rimesse dinanzi al giudice nelle medesime condizioni in cui si trovavano prima dell’accordo annullato e pertanto non è loro preclusa la possibilità di riproporlo, sia pure in termini diversi (Sez.U, n. 35738 del 27/5/2010, Calibè, Rv. 247841).
Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Velletri per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Velletri.
Così deciso il 19 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente