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Confisca facoltativa: quando è legittima? Cassazione

Un individuo, condannato per furto, si è visto confiscare il ciclomotore e il casco personali usati per raggiungere il luogo del reato. La Corte di Cassazione ha annullato la confisca facoltativa, stabilendo che i giudici di merito non avevano adeguatamente motivato la concreta pericolosità futura del bene. La Corte ha ribadito che, per disporre la confisca, non è sufficiente provare il mero utilizzo del bene per commettere il reato, ma è necessario un giudizio prognostico sulla probabilità che venga nuovamente impiegato per fini illeciti.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca facoltativa: non basta l’uso del bene, serve la pericolosità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione torna a fare luce sui presupposti per l’applicazione della confisca facoltativa, una misura che incide direttamente sul patrimonio del condannato. Il caso riguarda un uomo condannato per il furto di un motociclo, al quale erano stati confiscati il proprio ciclomotore e il casco perché utilizzati per raggiungere il luogo del delitto. La Suprema Corte ha annullato la decisione, sottolineando che l’utilizzo del bene non è sufficiente: il giudice deve dimostrare, con elementi concreti, la probabilità che quel bene venga usato per commettere nuovi reati.

I Fatti di Causa

Il Tribunale prima, e la Corte di Appello di Palermo poi, avevano condannato un uomo per furto aggravato. L’imputato, per commettere il reato, si era recato sul posto con il proprio ciclomotore, indossando il proprio casco. Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, i giudici di merito avevano disposto la confisca di questi due beni, ritenendoli strumentali alla commissione del reato. La Corte territoriale, in particolare, aveva giustificato la misura ablativa sostenendo che esisteva un pericolo che tali beni potessero essere utilizzati in futuro per commettere reati analoghi, dato il loro impiego nell’azione criminosa già accertata.

Il Ricorso in Cassazione e i Limiti della Confisca Facoltativa

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, contestando proprio la legittimità della confisca. Il motivo del ricorso si è concentrato sulla violazione dell’art. 240 del codice penale e sulla manifesta illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello aveva confermato la confisca basandosi su un mero automatismo, ovvero sul semplice fatto che i beni erano stati utilizzati in occasione del furto, senza però fornire una motivazione adeguata sul concreto pericolo di una loro futura utilizzazione illecita. Mancava, in sostanza, una valutazione prognostica sulla pericolosità specifica del bene in relazione al condannato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire i due pilastri su cui deve reggersi ogni provvedimento di confisca facoltativa.

Accertamento Diagnostico: Il Nesso di Strumentalità

Il primo passaggio che il giudice deve compiere è una verifica rivolta al passato, definita ‘accertamento diagnostico’. Bisogna accertare l’esistenza di un effettivo nesso di strumentalità tra la cosa e il reato. Questo significa che il bene non deve avere avuto un ruolo meramente occasionale, ma deve essere stato concretamente utilizzato o destinato alla commissione dell’illecito. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente individuato questo nesso, poiché il ciclomotore e il casco erano serviti all’imputato per raggiungere il luogo del furto e agire.

Accertamento Prognostico: La Concreta Pericolosità Futura

Il secondo e cruciale passaggio, che la Corte di Appello aveva omesso, è l’ ‘accertamento prognostico’, rivolto al futuro. Data la natura cautelare della confisca, che mira a prevenire la commissione di nuovi reati, il giudice deve motivare in modo specifico sulla probabilità che il bene, se lasciato nella disponibilità del condannato, possa essere un incentivo a delinquere ancora.

La Cassazione ha chiarito che non è sufficiente una mera possibilità astratta, ma serve un giudizio di concreta probabilità, fondato su elementi specifici. Il giudice di merito avrebbe dovuto indicare gli elementi di fatto (come la personalità del reo, le sue abitudini, la natura del bene) dai quali desumere la probabilità di un futuro utilizzo illecito del ciclomotore e del casco. La sentenza impugnata si era invece limitata ad affermare la ‘possibilità’ di un nuovo impiego, operando quell’automatismo che il diritto non consente e sacrificando in modo ingiustificato il diritto di proprietà.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente al punto della confisca, con rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello di Palermo per un nuovo giudizio. Questo nuovo esame dovrà attenersi al principio enunciato: la confisca facoltativa di un bene lecito, come un ciclomotore o un casco, richiede una motivazione rafforzata che non si fermi al suo passato utilizzo, ma che dimostri, sulla base di elementi concreti, la probabilità che esso rappresenti uno strumento per futuri reati. Una decisione che riafferma la necessità di bilanciare le esigenze di prevenzione criminale con la tutela del diritto di proprietà.

Quando può essere ordinata la confisca facoltativa di un bene utilizzato per commettere un reato?
La confisca facoltativa può essere ordinata solo se sono soddisfatte due condizioni cumulative: in primo luogo, deve esistere un nesso di strumentalità stretto e non meramente occasionale tra il bene e il reato; in secondo luogo, il giudice deve accertare e motivare la concreta probabilità che il bene, se lasciato nella disponibilità del condannato, venga utilizzato per commettere nuovi reati.

È sufficiente che un bene sia stato usato per commettere un furto per poterlo confiscare?
No, non è sufficiente. Secondo la sentenza, il mero utilizzo del bene per la commissione del reato costituisce solo il primo presupposto (il nesso di strumentalità). È indispensabile anche un secondo accertamento, quello prognostico, che dimostri la pericolosità futura del bene in mani del reo, basandosi su elementi di fatto specifici e non su una mera possibilità astratta.

Qual è stato l’errore della Corte di Appello nel caso specifico?
L’errore della Corte di Appello è stato quello di omettere una motivazione adeguata sul secondo presupposto della confisca, ovvero la pericolosità futura. Ha confermato la misura ablativa basandosi su un automatismo (il bene è stato usato, quindi va confiscato), senza indicare gli elementi concreti dai quali potesse desumersi la probabilità, e non la semplice possibilità, che l’imputato avrebbe nuovamente utilizzato il proprio ciclomotore e casco per commettere altri reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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