Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11574 Anno 2024
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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11574 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/04/2023 del TRIBUNALE di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette la memoria depositata dall’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catania, all’esito del giudizio di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, con la sentenza Sez. 3, n. 3457 del 18 novembre 2019, dep. 2020, ha disposto la confisca del locale adibito ad autolavaggio e delle attrezzature ivi presenti, di proprietà di NOME COGNOME, già ritenuto responsabile e condannato alla pena dell’ammenda ritenuta di giustizia, in relazione al reato previsto dall’art. 137 del d.lgs. n. 152 del 2006, per aver svolto, all’interno di un capannone sito nel Comune di Adrano, attività di autolavaggio non autorizzata allo smaltimento
delle derivanti acque reflue, da lui sversate direttamente nel prossimo alveo del fiume Simeto, attraverso una caditoia posta all’ingresso del locale ove l’attività era svolta.
La Corte di cassazione, nell’accogliere parzialmente, solo con riferimento alla disposta confisca, il ricorso proposto dall’imputato, ha annullato in parte qua la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania, in persona di diverso magistrato, affinché lo stesso fornisse adeguata motivazione alla adozione della misura di sicurezza disposta ai sensi dell’art. 240 cod. pen.
Il Tribunale, dopo aver evidenziato il carattere facoltativo della confisca prevista dall’art. 240 cod. pen., adottata nel caso di specie, differenziandola dalla ipotesi obbligatoria introdotta dalla legge n. 68 del 2015, attraverso l’introduzione dell’art. 452-undecies, ha affermato che dall’accertamento della responsabilità penale dell’COGNOME, in ordine al reato di scarico illecito di acque reflue industrial derivanti dallo svolgimento dell’attività non autorizzata di autolavaggio, si traeva il convincimento della sussistenza delle condizioni legittimanti l’adozione della confisca, posto che il capannone oggetto della misura era stato di fatto adibito in via stabile ed esclusiva all’espletamento dell’attività illecita. Il permanere della libera disponibilità del bene e delle attrezzature ivi presenti in capo all’imputato avrebbe agevolato la perpetrazione della condotta delittuosa da parte del medesimo e, comunque, la commissione di altri analoghi fatti di reato, con conseguente aggravio del pregiudizio del bene protetto. Non poteva neppure considerarsi logicamente ostativa l’avvenuta concessione del beneficio condizionale della pena, posta la ragione di politica criminale sottesa alla confisca, né il tempo trascorso dal fatto di reato, in ragione del carattere cautelare e non punitivo della misura. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione NOME AVV_NOTAIO, sulla base di un motivo, con il quale denuncia la violazione dell’art. 240 cod.pen ed il vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente deduce che il giudice del rinvio non ha ottemperato alla indicazione della sentenza di annullamento, mancando ancora la esplicita indicazione delle concrete ragioni che rendono necessaria l’adozione della confisca. Il Tribunale, in particolare, si sarebbe limitato ad una generica indicazione dell’esistenza di un astratto e vago pericolo di reiterazione del reato, collegata alla stessa natura del bene ed alle modalità e circostanze di commissione del reato.
Rileva il ricorrente che invece l’adozione della misura della confisca richiede una specifica motivazione sulla sussistenza del nesso eziologico diretto ed
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essenziale tra le cose da confiscare ed il fatto di reato, al fine di valutare il pericolo scaturente dalla libera disponibilità delle stesse. Nella concreta fattispecie, tale nesso non era stato individuato dal giudice e la motivazione apprestata era solo apparente, perché priva di concrete allegazioni. La pericolosità sociale dell’agente, inoltre, era stata addirittura esclusa visto che gli era stata concessa la sospensione condizionale della pena. A ciò deve aggiungersi che l’attività di pulitura delle autovetture veniva esercitata solo occasionalmente e non in maniera continuativa e strutturata dall’imputato.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorrente, attraverso il proprio difensore, ha depositato memoria con la quale ha insistito per l’annullamento senza rinvio del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il motivo è fondato.
Il Tribunale, a seguito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte di cassazione, ha motivato l’adozione della misura della confisca, dapprima ricordando la giurisprudenza di legittimità che ha individuato quali possibili beni oggetto di confisca facoltativa quelli eziologicamente collegati, in maniera diretta ed essenziale con il reato commesso (Sez. 3, 19/03/2021, n. 18165). In particolare, in tali casi, il Giudice è chiamato a motivare le ragioni dell’esercizio del suo potere discrezionale, dando adeguatamente conto delle esigenze di prevenzione speciale fondate sulla necessità di prevenire la commissione di altri reati sottraendo il bene alla materiale disponibilità del colpevole.
In via di apparente consequenzialità, il Tribunale ha poi affermato che presso il locale in questione, l’RAGIONE_SOCIALE « esercitava abitualmente l’attività autolavaggio in quanto sprovvisto delle prescritte autorizzazioni di legge (da cui l’illiceità dello scarico delle acque reflue industriali derivanti dall’attività svolta, Cassazione Penale Sez. III, Sentenza n. 51889 del 21/07/2016 , sicché questo Tribunale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche della res oggetto di sequestro e delle modalità e circostanze di commissione del reato da parte dell’imputato (che di fatto aveva adibito in via stabile ed esclusiva la prima all’esercizio di tale illecita attività) non può che confermare il provvedimento ablatorio LA».
È evidente che la motivazione, se può apparire sufficiente quanto alle attrezzature utilizzate per l’attività di lavaggio non autorizzata, è del tutto carente
quanto al capannone al cui interno tale attività è stata realizzata. La sentenza affronta per nulla il tema del collegamento eziologico, diretto ed essenziale tra il capannone ed il reato.
A proposito dei contenuti dell’onere di motivazione nell’ipotesi di cui all’art. 240, comma primo, cod. pen., ossia nella ipotesi di confisca facoltativa, trattandosi della confisca degli instrumenta delicti, la Corte di legittimità ha fissato il principio secondo cui non è sufficiente motivare il provvedimento che la dispone, affermando che il bene è servito per commettere il reato, alla luce della natura cautelare della stessa che tende a prevenire la commissione di nuovi reati (Sez. 3, n. 30133 del 15/06/2017, Rv. 270324 – 01).
Le “cose che servirono a commettere il reato” sono infatti suscettibili di confisca in quanto va evitato che la loro disponibilità possa favorire la commissione di ulteriori reati, ma tale prognosi va effettuata attraverso l’accertamento, in concreto, del nesso di strumentalità fra la cosa e il reato, in relazione sia al ruolo effettivamente rivestito dalla res nel compimento dell’illecito sia alle modalità di realizzazione del reato medesimo (Sez. 3, n. 20429 del 16/05/2014, Rv. 25963101).
La Corte di legittimità, ha chiarito che la confisca facoltativa prevista dall’art. 240, primo comma, cod. pen. è legittima quando sia dimostrata la relazione di asservimento tra cosa e reato, dovendo la prima essere collegata al secondo non da un rapporto di mera occasionalità, ma da uno stretto nesso strumentale, rivelatore dell’effettiva probabilità del ripetersi di un’attività punibil Sez. 6, n. 6062 del 05/11/2014 dep.2015) Rv. 263111; Sez. 6, n. 6062 del 05/11/2014 (dep.2015) Rv. 263111). In sostanza, il giudice non può motivare, con formula astratta, il provvedimento che dispone l’ applicazione della misura, in relazione al bene utilizzato per commettere un reato, con la sola indicazione della finalità di prevenire la commissione di altri reati, ma è tenuto ad argomentare, in concreto, la ritenuta sussistenza del nesso di strumentalità fra il bene ablato e il reato commesso, valutando sia il ruolo effettivamente rivestito dal primo nel compimento dell’illecito, sia le modalità di realizzazione dello stesso (Sez. 3, n. 33432 del 03/07/2023 Rv. 285062).
Il Tribunale non ha fornito concreta motivazione in ordine al nesso di strumentalità e di asservimento del manufatto rispetto all’attività di autolavaggio non autorizzato. Si è limitato a generiche affermazioni sulle “specifiche caratteristiche della res oggetto di sequestro e delle modalità e circostanze di
commissione del reato da parte dell’imputato (che di fatto aveva adibito in via stabile ed esclusiva la prima all’esercizio di tale illecita attività), senza neanche porsi la questione del possibile uso lecito del capannone, in sé considerato, che fu il luogo al cui interno si svolse l’attività illecita.
Tali aspetti devono invece essere vagliati e riscontrati sotto il profilo logicogiuridico, in relazione all’osservanza del principio di effettività causale, che deve contraddistinguere il nesso tra disponibilità della cosa e sua inequivocabile destinazione alla commissione del reato: destinazione che pur se non necessariamente ricavata da elementi oggettivi, inerenti alla struttura della cosa, deve potersi desumere almeno dalla condotta del soggetto, che, secondo adeguato apprezzamento di merito, risulti univocamente e costantemente volta all’uso della cosa stessa in funzione della consumazione di reati.
In definitiva il ricorso va accolto, quanto alla confisca del capannone, e la sentenza va annullata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Catania.
Così deciso in Roma, l’8 febbraio 2024.