Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 355 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 355 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 05/11/1965
avverso la sentenza del 21/11/2022 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio limitatamente ai telefoni cellulari di cui disporre il dissequestro, inammissibile nel resto;
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, emessa il 21 novembre 2022, la Corte di appello di Lecce ha confermato la decisione resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce il 5 dicembre 2018 con cui NOME COGNOME era stato giudicato, all’esito di rito abbreviato, in ordine al reato di cui all’art. comma 3, lett. a), d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per aver compiuto attività volta all’ingresso illegale nel territorio dello Stato di sette cittadini extracomunitar trasportandoli a bordo del natante di circa sette metri, denominato Hios 178, diretto verso il porto di Santa Maria di Leuca, il 16 agosto 2016.
Il primo giudice aveva dichiarato NOME colpevole del reato a lui ascritto e, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata e ritenuta, nonché computata la diminuente per il rito, lo aveva condannato alla pena – condizionalmente sospesa – di anni due di reclusione; aveva altresì ordinato la confisca di quanto in sequestro, ivi compreso il denaro, pari alla somma di euro 21.550,00, ritenuto provento del reato, con I ,a distruzione, salva l’assegnazione alle forze di polizia, dell’imbarcazione e dei telefoni.
La Corte territoriale, chiamata a verificare la contestata fondatezza delle statuizioni di confisca del denaro e di distruzione dei telefoni sequestrati, si è espressamente occupata della questione relativa alla confisca del numerano: su questo punto ha considerato che la confisca andasse qualificata come facoltativa e che essa fosse stata correttamente disposta, in quanto quel denaro costituiva pacificamente il profitto della condotta di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina serbata dall’imputato.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento sulla scorta di un unico motivo, articolato in due censure, con cui si denunciano la violazione degli artt. 354 e 355 cod. proc. pen., 1 e 240 cod. pen., in relazione ai principi di cui agli artt. 25, 42, 111 e 117 Cost. e 6 e 1, prot. 1, CEDU, e il corrispondente vizio di motivazione.
Secondo la difesa, pur avendo qualificato come facoltativa (e non obbligatoria) la misura di sicurezza patrimoniale adottata, la Corte territoriale ha fornito una motivazione insufficiente, in quanto si è soffermata, aderendo all’impostazione meno restrittiva, su uno soltanto dei presupposti, ossia il nesso di strumentalità e pertinenzialità.
2.1. Sulla premessa che, in tema di confisca facoltativa, il compito del giudice del merito consiste nel ponderare bene se sussistano gli estremi per privare l’imputato del diritto di proprietà sul bene, motivando, non soltanto rispetto al rapporto della cosa con il reato, ma anche rispetto alla pericolosità
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della res, tale da doverne impedire l’utilizzazione per rendere l’illecito penale improduttivo di ulteriori effetti negativi, così scoraggiando la commissione di altri illeciti, nell’ottica della prevenzione speciale connessa alla misura di sicurezza, il ricorrente rimarca la carenza della motivazione su quest’ultimo versante, che assume essere stato trattato in guisa tale da perpetuare il vizio del ragionamento giudiziale su questo punto sussistente già nel provvedimento di sequestro e nella sentenza di primo grado.
Si prospetta, da un lato, la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, in quanto la disposizione della confisca facoltativa qui contestata non era, in concreto, sufficientemente prevedibile: in tal senso, l’imputato non è stato messo in grado di difendersi, non essendo stato reso edotto, fin dalla fase delle indagini, delle ragioni a cui era stato finalizzato il provvedimento di sequestro e a cui è stata finalizzata la misura di sicurezza, dal momento che non era stata elevata una formale contestazione relativa al denaro quale profitto, anche indiretto, del reato, sicché l’emersione di questa qualificazione nella decisione ha privato Makris del diritto di difendersi nel merito.,
Si denuncia, dall’altro lato, la violazione del principio della protezione della proprietà: per la difesa, un’interpretazione eccessivamente estensiva e non congruamente motivata della misura di cui all’art. 240 cod. pen., oltre a non tener conto del carattere tassativo della norma, viola il diritto di proprietà dell’imputato, giacché, in modo irragionevole, non sono stati ponderati con la necessaria proporzionalità gli interessi in gioco, ossia quello volto al perseguimento di un’efficace prevenzione, per un verso, e quello teso alla tutela della proprietà, per l’altro.
2.2. In secondo luogo – sostiene il ricorrente – la motivazione si profila carente per il fatto che non ha riesaminato la statuizione relativa ai telefoni cellulari e delle schede SIM, già sottoposti a sequestro e pure assoggettati confisca: al momento della convalida del sequestro, la misura era stata giustificata con la finalità probatoria riconnessa alla cautela relativa a questi beni, con riferimento alla loro utilità per l’individuazione di altri compartecipi de favoreggiamento, sicché non si vedeva in quale modo l’art. 240 cod. pen. potesse essere poi invocato per sorreggere la loro confisca, laddove, cessate le esigenze probatorie, questi beni avrebbero dovuto essere restituiti all’imputato.
Nel corso della discussione orale, il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’applicazione della confisca dei telefoni cellulari e prospettando l’inammissibilità dei ricorso nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto soltanto parzialmente e rigettato nel resto, alla luce delle considerazioni che seguono.
Non merita accoglimento la prima censura svolta dal ricorrente, quella relativa alla confisca del numerarlo.
2.1. Con riferimento al provvedimento ablativo della suindicata somma di denaro, invero, la coordinata disamina della due sentenze di merito impone di ritenere esternata in modo adeguato la corrispondente ratio decidendi.
Nella sentenza di primo grado, pur non essendo stata approfondita per esplicito la verifica dei presupposti della confisca facoltativa’, era stata tuttavi lumeggiata con chiarezza l’individuazione dello stretto nesso intercorrente tra l’importo di euro 21.550,00, rinvenuto indosso all’imputato nel momento dell’arresto in flagranza, e la realizzazione della sua condotta criminosa.
In particolare, era stato considerato che due dei cittadini extracomunitari trasportati avevano dichiarato di aver consegnato in contanti a Makris, scafista, rispettivamente, la somma di dollari 10.000,00 ed euro 8.000,00, a riprova che il trasporto in Italia, dall’isola di Corfù, dei sette soggetti extracomunitari era avvenuto, in modo certo e inequivoco, dietro pagamento di un prezzo assolutamente congruente con il denaro sequestrato.
Data questa accertata e non seriamente contestata base fattuale, poi, la Corte di appello ha diffusamente illustrato i presupposti della confisca facoltativa ex art. 240 cod. pen., istituto a cui ha in concreto riconnesso l’ablazione (per l’oggetto di essa diverso da quello assoggettato alla confisca obbligatoria stabilita dall’art. 12, comma 4-bis, d.lgs. n. 286 del 1998), avendo, in punto di fatto, reputato sufficiente dare atto del carattere pacifico della diretta derivazione del denaro dal reato di favoreggiamento dell’immigrazione illegale lì dove ha sottolineato l’emersione indubbia del dato di fatto che l’imputato aveva percepito ingenti somme di denaro in contanti per procedere all’imbarco e al trasporto degli immigrati, con particolare riferimento agli elementi scaturiti dalle dichiarazioni NOME COGNOME e NOME COGNOME considerati corroborati dalle affermazioni fatte dallo stesso COGNOME per tutti i relativi effetti.
Da questi dati i giudici di secondo grado hanno tratto in modo immediato l’evenienza dei presupposti inerenti alla confisca facoltativa, dando per acquisita in concreto la finalità di prevenzione sottesa al corrispondente atto ablativo e alla sua proporzionalità con il fatto di reato, le stesse connotazioni della fattispecie avendoli indotti a ritenere – sulla base della conseguente valutazione prognostica sulla pericolosità sociale derivante dal mantenimento del possesso del numerano
da parte dell’imputato – che COGNOME il quale era stato direttamente sorpreso nello svolgimento del ruolo criminale di scafista, ove ne avesse avuto ancora la possibilità, in relazione alla situazione in cui si trovava, avrebbe utilizzato anche quel denaro per ulteriori condotte illecite.
2.2. Alla luce di questi rilievi, non risulta priva di motivazione la confisca del denaro, essendo emersi in modo chiaro dalla complessiva e coordinata analisi offerta nelle due sentenze di merito sia il nesso di pertinenzialità del bene con l’illecito, sia le connesse esigenze di neutralizzazione della pericolosità sociale sottese alla contestata misura.
Resta, pertanto, fermo – e va riaffermato anche per questa fattispecie concreta – il principio di diritto in base a cui, in merito alla confisca facoltativa sensi dell’art. 240, primo comma, cod. peri., la motivazione del provvedimento non può essere basata sul solo rapporto di asservimento del bene rispetto al reato, ma deve anche riguardare la circostanza che il reo, in relazione all’id quod plerumque accidit, reitererebbe l’attività punibile se restasse nel possesso di detto bene, in quanto la misura, per la sua natura cautelare, tende a prevenire la commissione di nuovi reati, per modo che la relativa ablazione deve essere giustificata con l’esistenza di un nesso pertinenziale con l’illecito che impone la sottrazione dei beni alla disponibilità del colpevole in rapporto alla finalità innpeditiva dell’agevolazione della commissione di nuovi fatti criminosi (Sez. 3, n. 10091 del 16/01/2020, Marigliano, Rv. 278406 – 01; Sez. 3, n. 2444 del 23/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262399 – 01).
Essendo sufficientemente e logicamente enucleate entrambe le indicate condizioni, la confisca del numerano adottata dai giudici del merito deve ritenersi incensurabile in questa sede.
La prima delle due censure esposte con il motivo di impugnazione deve considerarsi, quindi, priva di fondamento.
Risulta invece fondata la censura proposta nella seconda parte del motivo, in relazione alla confisca dei telefoni cellulari e delle schede SIM, sussistendo una completa lacuna motivazionale in ordine a tale misura.
Nonostante COGNOME avesse proposto precisa sollecitazione sul punto nell’atto di appello, la Corte di merito non ha affrontato la questione.
3.1. Se il sequestro sia stato eseguito come ha dedotto il ricorrente – per finalità probatoria, si è di fronte a una confisca priva di giustificazione, non emergendo la ragione per la quale, una volta definito il quadro di responsabilità riferite all’imputato e senza che sia stata dedotta la persistente finalità probatoria afferente ad altri ambiti, il vincolo cautelare, non soltanto non è stato disattivato, ma è invece evoluto in misura ablativa delle corrispondenti cose.
3.2. Se, invece, il giudice del merito abbia inteso c:onfiscare i telefoni cellulari e le schede SIM accedenti a essi come cose che servirono a commettere il reato, ci si troverebbe, pur sempre, di fronte a un’ulteriore confisca facoltativa, a supporto della quale sarebbe stata egualmente necessaria una precisa motivazione (Sez. 4, n. 41560 del 26/10/2010, COGNOME, Rv. 248454 – 01): motivazione che manca.
Questa assenza di giustificazione del provvedimento ablativo, dunque, non consente di escludere a priori l’eventualità che il giudice del merito abbia inteso confiscare i cellulari come cose che servirono alla commissione del reato.
3.3. Effetto di tale rilievo è l’annullamento, in relazione ai suddetti beni, della statuizione di confisca, annullamento che va disposto c.on rinvio, al fine di dare modo ad altra sezione della medesima Corte di appello, ove ritenga di ribadire l’ablazione, di fornire adeguata motivazione sul titolo della confisca e sulle ragioni che ne sono alla base.
Per la sola parte or ora trattata la decisione impugnata va, quindi, annullata con rinvio; ciò, fermo il rigetto del ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca dei telefoni cellulari e delle schede SIM in sequestro con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 9 novembre 2023
Il Consigli re estensore
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