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Confisca estesa: limiti e qualifica della guardia giurata

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo finalizzato alla confisca estesa di oltre un milione di euro. La decisione si fonda sulla carenza di motivazione riguardo tre punti cruciali: la qualifica di incaricato di pubblico servizio di una guardia giurata, la proporzionalità della misura rispetto al reato contestato (istigazione alla corruzione) e il necessario ‘periculum in mora’. La Corte ha ribadito che la qualifica della guardia giurata è limitata alle funzioni di vigilanza e custodia di beni e che la confisca estesa richiede la prova che il reato sia idoneo a produrre profitti illeciti.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Estesa: la Cassazione fissa paletti su qualifica della guardia giurata e proporzionalità

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di sequestro preventivo, delineando con precisione i confini applicativi della confisca estesa e chiarendo la natura giuridica della figura della guardia particolare giurata. La pronuncia annulla un provvedimento del Tribunale del Riesame per un difetto di motivazione così grave da essere considerato ‘inesistente’, offrendo importanti spunti di riflessione sui presupposti delle misure cautelari reali.

Il Caso: Sequestro Preventivo e Accusa di Istigazione alla Corruzione

La vicenda trae origine da un’indagine per istigazione alla corruzione. Un individuo veniva accusato di aver promesso un regalo a una guardia giurata addetta al controllo, tramite metal detector, dell’ingresso a un’aula d’esame per la patente di guida. L’obiettivo era convincere la guardia a non controllare un candidato o ad allontanarlo in caso di possesso di dispositivi elettronici non consentiti.

A seguito di ciò, il Giudice per le indagini preliminari disponeva il sequestro preventivo di ingenti somme, oltre un milione di euro, finalizzato alla confisca estesa ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale. Il Tribunale del Riesame confermava il sequestro, ma tale decisione veniva annullata una prima volta dalla Cassazione per totale assenza di motivazione sul fumus del reato. Rinviato il caso al Tribunale, questo confermava nuovamente la misura, portando a un secondo ricorso in Cassazione, oggetto della presente analisi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su tre argomenti principali:
1. Mancanza del fumus del reato: Il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato gli elementi a discarico, tra cui intercettazioni e dichiarazioni, che dimostrerebbero l’estraneità dell’indagato ai fatti.
2. Errata qualifica giuridica: La guardia giurata non poteva essere considerata ‘incaricato di pubblico servizio’ per l’attività di controllo accessi, requisito essenziale per configurare il reato di istigazione alla corruzione. La sua qualifica pubblicistica, secondo la difesa, è limitata alle funzioni di vigilanza e custodia di beni.
3. Violazione del principio di proporzionalità: L’applicazione della confisca estesa era sproporzionata, poiché il reato contestato non era idoneo a generare i profitti illeciti che giustificherebbero l’ablazione di un patrimonio così ingente.

La Decisione della Corte: la Confisca Estesa e i suoi limiti

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. La motivazione del Tribunale è stata definita ‘meramente apparente’ o ‘del tutto inesistente’ su punti decisivi.

La Qualifica della Guardia Giurata

La Cassazione ha chiarito che la qualifica di incaricato di pubblico servizio per una guardia particolare giurata è strettamente legata alle funzioni tipiche previste dalla legge (art. 138 TULPS), ovvero la ‘vigilanza o custodia delle proprietà mobiliari o immobiliari’. Il controllo degli accessi a un’aula d’esame per impedire l’uso di dispositivi elettronici non rientra in queste attività. Pertanto, il Tribunale ha errato nel ritenere sussistente tale qualifica, basandosi genericamente sul fatto che il servizio fosse svolto per conto di un ente pubblico. La Corte ha ribadito che la valutazione deve essere funzionale e oggettiva, basata sulla natura dell’attività concretamente svolta.

La Mancanza di Proporzionalità della Confisca Estesa

La motivazione del provvedimento di sequestro era, secondo la Corte, ‘del tutto inesistente’ riguardo ai presupposti della confisca estesa. Questo strumento ablativo non scatta automaticamente con la condanna per uno dei reati-presupposto. È necessario, invece, che l’accusa dimostri che il reato contestato sia concretamente idoneo a produrre profitti illeciti e che vi sia una ragionevole congruenza tra tali profitti e il valore dei beni da confiscare. Il Tribunale ha omesso qualsiasi valutazione su questo aspetto, violando il principio di proporzionalità.

L’Assenza del Periculum in Mora

Infine, la Corte ha rilevato un’ulteriore carenza motivazionale insanabile: l’assenza di qualsiasi riferimento al periculum in mora. Un sequestro preventivo, anticipando gli effetti di una futura confisca, limita il diritto di proprietà in una fase in cui vige la presunzione di non colpevolezza. Per questo, il giudice deve dare conto delle ragioni specifiche per cui si ritiene necessario ‘bloccare’ i beni, ossia il pericolo concreto che questi possano essere dispersi, modificati o alienati nelle more del giudizio. Anche su questo punto, il Tribunale non ha fornito alcuna giustificazione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sul principio secondo cui una motivazione meramente apparente equivale a una sua totale assenza, integrando una violazione di legge deducibile in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato come il Tribunale del Riesame, in sede di rinvio, non abbia seguito i principi indicati dalla precedente sentenza di annullamento e abbia omesso di valutare elementi fondamentali del sequestro. La sentenza ribadisce l’importanza di un’analisi rigorosa e concreta dei presupposti applicativi delle misure cautelari reali, specialmente quando incidono su diritti fondamentali come la proprietà e si basano su istituti aggressivi come la confisca estesa. La decisione si allinea anche ai principi del diritto euro-unitario (Direttiva 2024/1260), che richiedono, per la confisca allargata, la prova che i beni derivino da ‘condotte criminose’.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza stabilisce tre principi fondamentali. Primo, la qualifica di incaricato di pubblico servizio deve essere ancorata alle specifiche funzioni normativamente previste e non può essere desunta dal mero contesto in cui l’attività è svolta. Secondo, la confisca estesa non è un automatismo, ma richiede una motivazione rafforzata sulla capacità del reato di generare profitti illeciti e sulla proporzionalità della misura. Terzo, qualsiasi sequestro preventivo deve essere giustificato da un concreto e attuale periculum in mora, senza il quale la misura cautelare si tradurrebbe in un’anticipazione di pena incostituzionale. Il caso torna ora al Tribunale di Brescia per un nuovo giudizio che dovrà attenersi scrupolosamente a questi principi.

Una guardia giurata particolare è sempre un incaricato di pubblico servizio?
No. Secondo la Corte, la qualifica di incaricato di pubblico servizio è attribuita alla guardia giurata solo nell’esercizio delle specifiche funzioni di custodia e vigilanza di beni mobili e immobili previste dalla legge (art. 138 TULPS). Non si estende automaticamente ad altre attività, come il controllo dell’accesso a un’aula d’esame.

Quando si può applicare la confisca estesa (art. 240-bis c.p.)?
La confisca estesa si può applicare in caso di condanna per determinati reati-presupposto, ma non è automatica. È necessario che il reato commesso sia idoneo a produrre profitti illeciti e che vi sia una ragionevole congruità tra il valore di tali profitti e quello dei beni confiscati. Inoltre, è necessario che il condannato non possa giustificare la legittima provenienza dei beni, il cui valore è sproporzionato rispetto al suo reddito.

Cosa deve dimostrare un provvedimento di sequestro preventivo oltre al sospetto di reato?
Oltre al ‘fumus del reato’, il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve motivare adeguatamente il ‘periculum in mora’, ossia il rischio concreto e attuale che, durante il processo, i beni possano essere modificati, dispersi, deteriorati o alienati. Senza questa motivazione, la misura è illegittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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