Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15207 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Presidente: COGNOME NOME
In nome del Popolo Italiano Relatore: COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15207 Anno 2025
Data Udienza: 16/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 164/2025
NOME COGNOME
CC – 16/01/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Borgetto il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 17/07/2024 del Tribunale di Palermo lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Palermo sezione Misure di prevenzione -a seguito di istanza dell’RAGIONE_SOCIALE concernente una richiesta di chiarimenti sui RAGIONE_SOCIALE oggetto di confisca -a seguito di incidente di esecuzione ex art. 666 cod. proc. pen., ha integrato i l dispositivo dell’originario decreto del medesimo Tribunale, reso in data 9 settembre 2019, divenuto definitivo il 18 novembre 2022 a seguito di conferma ad opera della Corte di Appello e di successiva pronuncia di rigetto di questa Corte (Sez. 1, n. 10010 del 18/11/2022, dep. 2023), con indicazione dei RAGIONE_SOCIALE e delle rispettive particelle, non espressamente indicate nel dispositivo dell’originario decreto , specificando che l’indicazione del terreno identificato al catasto al foglio 14 p.lla 1723 e l’abitazione e le relative pertinenze ivi insistenti doveva essere intesa come comprensiva delle p.lle a foglio 14, nn. 132, 651, 1718, 1719, 1722, 1724, 1726, 1846.
Avverso tale provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione NOME, per il tramite del difensore, denunciando plurimi vizi, con quattro motivi di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia erronea applicazione degli artt. 17 e 24 d.lgs. n. 159 del 2011, considerato che la confisca sarebbe stata estesa, in assenza di proposta.
Il Procuratore della Repubblica, infatti, aveva chiesto, con la proposta, il sequestro dell’abitazion e e delle pertinenze insistenti sulla particella n. 1723 e, dunque, le diverse particelle, indicate nel decreto impugnato, sarebbero relative a RAGIONE_SOCIALE immobili, per tale via, RAGIONE_SOCIALE in assenza di sequestro.
Dunque, sarebbero stati sottoposti a confisca, per il tramite del decreto impugnato, i RAGIONE_SOCIALE di cui alle p.lle 132, 651, 1718, 1719, 1722, 1726, 1846 che, in quanto ulteriori rispetto a quelli insistenti sulla p.lla 1723, sarebbero estranei sia alla confisca sia, a monte, alla relativa proposta, in quanto entrambe limitate all’abitazione e alle pertinenze insistenti sulla p.lla 1723 .
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione del principio di prevalenza del dispositivo sulla motivazione in fase di esecuzione.
Si richiama copiosa giurisprudenza di legittimità, indicata a p. 8 e ss. del ricorso, che si esprime nel senso che, in caso di difformità, prevale il dispositivo sulla motivazione della sentenza, con l’unico limite del caso in cui la divergenza sia riconoscibile, obiettivamente, e contenuta nel dispositivo, tanto da generare un contrasto solo apparente, rendendo legittimo il ricorso alla motivazione onde chiarire l’effettiva portata del dispositivo medesimo.
Nel caso di specie, l’incidente di esecuzione è stato promosso da soggetto non legittimato (RAGIONE_SOCIALE) e, comunque, ha condotto, secondo il ricorrente, all’estensione della confisca a RAGIONE_SOCIALE insistenti su particelle non indicate nel dispositivo del decreto di primo grado, sanando un contrasto tra dispositivo e motivazione non dedotto nella fase della cognizione e, dunque, non sanabile in quella esecutiva.
2.3. Con il terzo motivo si assume la violazione dell’art. 42 Cost. e del principio di non confiscabilità dei RAGIONE_SOCIALE di provenienza ereditaria.
Le p.lle 132, 651, 1718, 1719, 1722, 1724, 1726, 1846 non sono pertinenze della p.lla 1723 ma sono relative a RAGIONE_SOCIALE, adiacenti a quest’ultima, sulla quale è stata edificata la villa confiscata.
Si tratta di particelle sulle quali non è stato realizzato alcunché con profitti illeciti, che, dunque, non possono essere oggetto di accessione invertita e, che, quindi, restano del tutto estranee alla confisca disposta.
2.4. Con il quarto motivo si denuncia violazione del diritto di difesa, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. in quanto il proposto non si è difeso con
riferimento alle altre particelle perché non erano state sequestrate né, per esse, era stata chiesta la confisca.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha fatto pervenire, a mezzo p.e.c. del 19 e 20 dicembre 2024, documentazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Deve essere specificamente rilevato che, in data 29 novembre 2024, risulta tempestiva notifica dell’avviso dell’odierna udienza all’RAGIONE_SOCIALE, per il tramite dell’Avvocatura.
Va rilevato che la giurisprudenza di legittimità ha affermato, con argomentazione estensibile anche al caso di specie in ragione dell’identità di ratio esistente tra le due fattispecie, che «in tema di confisca ex art. 12sexies del d.l. 8 giugno 1992 n. 306, nel procedimento innanzi al giudice dell’esecuzione per l’accertamento della sussistenza e dell’ammontare dei crediti, l’RAGIONE_SOCIALE, in quanto titolare dei RAGIONE_SOCIALE su cui va a incidere l’accertamento, deve essere qualificata come terzo interessato, legittimato a intervenire nel giudizio per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, che ne ha la rappresentanza e difesa in giudizio, e alla quale deve essere quindi notificato, a pena di nullità, l’avviso dell’udienza di trattazione» (Sez. 5, n. 2772 del 7/12/2021, dep. 2022, Rv. 282654 – 01).
Tanto premesso, si osserva che il primo e terzo motivo di ricorso sono fondati nei limiti di seguito indicati.
2.1. Il secondo motivo, da esaminare in via preliminare, nella parte in cui contesta la legittimità dell’intervento del giudice dell’esecuzione in caso di contrasto, nel decreto adottato nella specie, tra dispositivo e motivazione, non è fondato.
Invero, questa Corte ha avuto modo di affermare il condivisibile principio secondo il quale (Sez. 1, n. 16039 del 02/02/2016, Violino, Rv. 266624 -01), in tema di esecuzione della pena e delle misure di sicurezza reali, il giudice è tenuto ad interpretare il giudicato e a renderne esplicito il contenuto e i limiti ricavando dalla decisione irrevocabile tutti gli elementi, anche non chiaramente espressi, che siano necessari ai fini dell’accoglimento o meno dell’istanza (nel precedente indicato, questa Corte, in applicazione dell’enunciato principio di diritto, annullato con rinvio per nuovo esame l’ordinanza, che, a fronte della deduzione dei ricorrenti sulla non coincidenza dell’area confiscata a seguito di sentenza di
patteggiamento rispetto a quella che era stata nel medesimo procedimento sottoposta a sequestro, aveva ritenuto tale materia sottratta alla competenza del giudice penale, trattandosi di controversia di competenza del giudice civile).
Tale essendo il principio cui il Collegio intende dare continuità e che consente al giudice dell’esecuzione di interpretare il giudicato, si osserva, peraltro, che, nella specie, oggetto di intervento da parte del giudice è un decreto, provvedimento rispetto al quale l’eventuale contrasto tra la parte dispositiva e quella riservata alla motivazione opera in modo meno netto rispetto a provvedimenti (ordinanze e/o sentenze) nei quali la motivazione del dispositivo comunicato alle parti mediante lettura o deposito, intervenga in un secondo momento con separato deposito.
Sicché, tenuto conto anche della natura del provvedimento impugnato, non può essere aderente perfettamente alla fattispecie al vaglio la giurisprudenza, citata dal ricorrente -ancorché non univoca – che opta, con riferimento alle sentenze, in caso di contrasto, per la prevalenza del dispositivo sulla motivazione.
Secondo un opposto orientamento, invero, l’eventuale divergenza tra dispositivo e motivazione non può essere sempre risolta ricorrendo al criterio della prevalenza del primo sulla seconda.
Per tale indirizzo, la regola della prevalenza del dispositivo, quale immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione dell’eventuale pregnanza di elementi, tratti dalla motivazione, significativi di detta volontà (Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, B., Rv. 275690 -01; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, COGNOME, Rv. 267082 -01; Sez. 5, n. 44867 del 14/09/2015, COGNOME, Rv. 265873 -01 secondo cui il contrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità della sentenza, e può essere risolto anche con la valutazione dell’eventuale pregnanza degli elementi, tratti dalla motivazione, significativi della volontà decisoria del giudice: caso in cui il giudice di appello ha riconosciuto all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, omesso nel dispositivo della sentenza di primo grado e chiaramente enunciato in motivazione).
Ciò in quanto la motivazione conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni per cui il giudice è pervenuto alla decisione e, pertanto, ben può contenere elementi -certi e logici -che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso, sempre che la difformità non presenti profili di merito (Sez. 4, n. 43419 del 29/09/2015, Forte, Rv. 264909 -01).
Questa Corte, peraltro, ha, in via generale, considerato ammissibile il ricorso al procedimento di correzione degli errori materiali, previsto dall’art. 130 cod. proc. pen., quando l’intervento correttivo sia imposto dalla necessità di
armonizzare l’estrinsecazione formale della decisione con il suo reale e intangibile contenuto, perché si reputa che, in tal caso, la correzione è incapace di incidere sulla decisione assunta e non si risolve in una modificazione essenziale o nella sostituzione di una decisione già presa (Sez. 1, n. 6784 del 25/01/2005, COGNOME, Rv. 232939).
Sulla stessa linea ermeneutica si colloca Sez. 1, n. 42897 del 25/09/2013, Gomma, Rv. 257158, la quale, nell’affermare che non può farsi ricorso alla procedura di correzione dell’errore materiale da parte del Giudice dell’esecuzione ove si realizzi un’indebita integrazione del dispositivo della sentenza di merito, che si risolve in una modifica rilevante, essenziale e significativamente innovativa del contenuto della decisione, ha implicitamente considerato, a contrario , che ove risulti chiaro, in motivazione, che la statuizione ritenuta mancante nel dispositivo sia stata oggetto di una motivata decisione in tal senso, la così rilevata omissione possa essere integrata con la procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen. (in termini analoghi, vedi anche Sez. 1, n. 3627 del 11/01/2022, Nicosia, Rv. 282497 -01; Sez. 5, n. 44867 del 14/09/2015, Rv. 265873 -01 , avendo quest’ultima affermato che il c ontrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità della sentenza e può essere risolto anche con la valutazione dell’eventuale pregnanza degli elementi, tratti dalla motivazione, significativi della volontà decisoria del giudice).
In ogni caso, si è affermato, con specifico riferimento al decreto adottato in materia di misure di prevenzione, che il procedimento di correzione dell’errore materiale può modificare il provvedimento per integrazione, precisando elementi che necessariamente ne dovevano far parte, con esclusione di qualsiasi modifica che introduca elementi estranei alla ratio decidendi e che comporti l’esercizio di un potere discrezionale (Sez. 1, n. 30483 del 06/05/2010, Madonia, Rv. 248316 in cui la Corte ha considerato corretta l ‘ integrazione di un decreto di sequestro e successiva confisca di una porzione di terreno, emessa nell’ambito di un procedimento di prevenzione patrimoniale, con la quale si era prevista l’estensione dei relativi effetti all’intero fabbricato su di esso edificato, rilevando che tale intervento non incideva su un aspetto essenziale del provvedimento, ma offriva solo una descrizione più dettagliata dell’immobile oggetto del sequestro, già insita nell’originaria individuazione dello stesso bene. Conf. Sez. 6, n. 18326 del 25/02/2003, Rv. 225898 – 01). Dunque, assume rilevanza, a sostegno del carattere di mera aggiunta di elementi, che ‘necessariamente dovevano far parte’ del provvedimento corretto, la descrizione più dettagliata e particolareggiata dell’immobile oggetto di sequestro, già insita nell’originaria individuazione dello stesso immobile.
In linea con tale indirizzo, di recente questa Corte ha qualificato come legittima correzione dell’errore materiale, a modifica del provvedimento emesso
in sede di cognizione, una ‘ rettifica…consistita nel prendere atto e correggere il dispositivo, adottato in sede di cognizione, nel senso di chiarire che un immobile, la cui proprietà superficiaria era stata ablata, occupasse non soltanto la particella originariamente indicata, ma anche ‘determinate estensioni (e soltanto quelle, come è chiaro dallo iussum dell’ordinanza opposta )’ corrispondenti a particelle finitime (Sez. 1, n. 34844 del 12/04/2022, Cicala, non massimata).
In tal caso, invero, l’intervento del Giudice dell’esecuzione, con la disposta rettifica, si è limitato a specificare che l’abitazione, oggetto prima di sequestro e poi di confisca, si estende anche in relazione a manufatti che ne rappresentano pertinenza, insistenti su altre particelle, rispetto a quella citata nell’originario provvedimento, limitandosi il provvedimento ad una mera specificazione della consistenza del manufatto già ablato (nel caso del precedente citato, fabbricato rurale, poi divenuto villa con altri manufatti annessi) indicandolo nel suo complesso, comprensivo delle pertinenze, senza incidere sulla titolarità dei fondi di cui alle particelle in questione.
In definitiva, in ossequio ai principi sin qui esposti, per il giudice dell’esecuzione è possibile, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’interpretazione del decreto divenuto definitivo, purché l ‘int ervento, nell ‘ indicata sede ammissibile, non ampli l’oggetto della confisca ma si limiti a interpretare, attraverso opportune specificazioni, quanto disposto con il giudicato, onde eventualmente chiarire le particelle occupate da un immobile la cui proprietà superficiaria risulti ablata con il provvedimento irrevocabile.
2.2. Il motivo quarto è manifestamente infondato.
Va rilevato che, nel corso del giudizio di merito svolto dinanzi alla Corte di appello (cfr. p. 5 e ss. del provvedimento di secondo grado, ove riassume i motivi di appello), a fronte del decreto del Tribunale che indicava la confisca del terreno, dell’abitazione e delle relative pertinenze ivi insistenti, siti in Partinico INDIRIZZO, identificato al catasto al foglio 14, p.lla 1723, nonché a fronte delle specificazioni contenute a p. 25 del provvedimento, non risulta prospettata dal proposto la specifica questione de lla delimitazione dell’oggetto della confisca, limitandosi l’appellante , in quella sede, a contestare l’accertamento della sproporzione operato con riguardo alle opere di edificazione della villa e alle sue pertinenze (cfr. p. 11 ss. e p. 14-16 del decreto della Corte di Appello).
In sede di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 10010 del 18/11/2022, dep. 2023) si è precisato, sulla confisca della villa in questione, che questa è operante nel caso in esame come ‘ titolo di accessione invertita rispetto al terreno ‘, poiché il principio dell’accessione, previsto dall’art. 934 cod. civ., non può trovare applicazione qualora l’edificio suscettibile di confisca sia di valore (intrinseco, non commerciale o di scambio) superiore rispetto al terreno sul quale è stato realizzato, ancorché non sia controversa la provenienza lecita di quest’ultimo ‘,
non essendo peraltro ‘ consentita la confisca delle sole parti di un immobile realizzate mediante l’impiego di risorse sproporzionate, quando la parte residua è insuscettibile di utilizzazione separata .
Nei motivi di ricorso esaminati, in quella sede, non viene annoverata alcuna deduzione relati va all’ambito di operatività , prima del sequestro adottato in data 10 ottobre 2016 e, poi, della confisca disposta (cfr. p. 2 e ss.), pur a fronte del descritto contenuto della motivazione del decreto della Corte di appello (cfr. p. 14 e ss.) oggetto di ricorso per cassazione.
2.2. I motivi primo e terzo vanno accolti, nei limiti di seguito indicati.
Il Tribunale, con il provvedimento impugnato, integra il decreto definitivo di confisca e rileva che il riferimento al ‘grande giardino di circa 1,5 ettari’ , corredato di piante ornamentali, contenuto nella motivazione del provvedimento del Tribunale, riguarda sia la particella 1723, sia altre particelle.
Il decreto impugnato, riscontra che la motivazione dell ‘ originario provvedimento di confisca del 9 settembre 2019, confermato dalla Corte di appello in data 19 gennaio 2022 e divenuto definitivo, aveva indicato come oggetto di confisca ‘le pertinenze’ dell a villa insistente sul terreno sito in Partinico, INDIRIZZO, identificato al catasto al foglio 14 p.lla 1723, sul quale è stata edificata la vasta e lussuosa villa, costruita e utilizzata (con le relative anche ‘ingenti spese di manutenzione’) dal proposto nel periodo di perimetrazione cronologica della sua pericolosità qualificata.
Dette pertinenze della villa sono descritte , nella motivazione dell’originario decreto, come oggetto della disposta confisca e sono indicate in un ‘ampia piscina, di mt. 22×11, nel grande giardino esteso circa 1,5 ettari, corredato da piante ornamentali, dotato di impianto di irrigazione e in un garage coperto di 100 metri quadrati (p. 3 della decisione impugnata, p. 25 del decreto del Tribunale di Palermo del 9 settembre 2019).
Il Tribunale, nel decreto impugnato nella presente sede, infine, giunge a specificare, anche nel dispositivo, il numero delle p.lle cui si deve intendere riferita la disposta confisca definitiva.
Tuttavia, questo Collegio riscontra che non emerge chiaramente, dal complessivo contenuto del provvedimento impugnato, se le particelle indicate nel dispositivo del decreto adottato ad integrazione e impugnato nella presente sede, corrispondano a quei RAGIONE_SOCIALE, indicati nel corpo della motivazione del decreto originario a p. 25 e ss. e descritti anche in quello della Corte territoriale quali oggetto della disposta confisca (p. 14 e 16 del decreto della Corte di appello), in quanto pertinenze dell’abitazione insistente sulla p.lla 1723 espressamente menzionata nel dispositivo del decreto originario.
In particolare, si osserva che, a p. 2 del decreto impugnato si afferma, in un primo punto del provvedimento, che sulle p.lle indicate ai n. 132, 651, 1718,
1719, 1722, 1724, 1726 e 1846, tutte intestate formalmente a NOME COGNOME , insiste il ‘grande giardino di circa 1,5 ettari’ descritto quale pertinenza dell’immobile nel decreto definitivo di confisca del 9 settembre 2019, bene che si estende, in parte, sulla p.lla n. 1723 e, in parte, sulle altre indicate nel dispositivo.
Successivamente, in un secondo punto, il provvedimento impugnato nella presente sede indica che, su quelle stesse otto particelle, insistono pertinenze dell’abitazione e, in particolare, ‘ampio terreno, piscina e garage coperto’.
Ancora, si rileva che, secondo l’istanza dell’interessato, RAGIONE_SOCIALE, in base alla quale il Tribunale ha disposto l’integrazione dell’origi nario decreto, p er quanto attiene al ‘ grande giardino esteso circa 1.5 ettari ‘, come emerge dalla mappa estratta dal sistema forMaps (All. 5 e 6), si era indicato che questo sembra corrispondere al terreno che si estende, oltre che sulle particelle 1723 e 1719, anche sulle particelle 132, 651, 1718, 1722, 1724, 1726 e 1846, tutte intestate a NOME COGNOME.
Da ultimo, si osserva che non è dato comprendere, dalla sintetica spiegazione svolta sul punto nel provvedimento impugnato, se l’ ampio terreno circostante, rispetto alla villa, cui si riferiscono lo stesso decreto impugnato e la motivazione del decreto della Corte di appello (p. 16 del decreto della Corte di appello), corrisponde, quale area sulla quale esso insiste, alle particelle indicate dal Tribunale nel decreto da ultimo emesso ad integrazione.
Riscontrandosi le descritte carenze, le quali involgono profili di merito che non possono essere valutati nella presente sede, per i noti limiti della cognizione del giudice di legittimità, pur alla stregua dell’ulteriore documentazione allegata alle note pervenute a mezzo p. e. c., s egue l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, come da dispositivo, perché nei limiti delineati in parte motiva e nella piena autonomia quanto all’esito, il Tribunale proceda a nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo.
Così deciso, il 16 gennaio 2025 Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME