Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25794 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25794 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1305/2025
– Relatore –
NOME COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 30/12/2024 del TRIBUNALE di Ferrara
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 30 dicembre 2024, il Tribunale di Ferrara decidendo sull’istanza di revoca della confisca proposta, in sede di incidente di esecuzione, da NOME COGNOME in relazione a cui si era registrato il rigetto con provvedimento del 14 febbraio 2024, con susseguente ricorso per cassazione proposto dall’interessato, ricorso qualificato come opposizione – ha rigettato l’opposizione.
2.2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 585, 648, 676 cod. proc. pen. e 322ter , 640quater cod. pen., per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che l’istanza di revoca della confisca dovesse essere avanzata prima dell’irrevocabilità della sentenza di condanna, stante l’assenza di fatti sopravvenuti.
Nella prospettiva del ricorrente, il Tribunale, se avesse correttamente applicato la nozione di fatto nuovo maturata anche in virtø dell’elaborazione giurisprudenziale, avrebbe dovuto rilevare che il suddetto piano di ammortamento e i successivi versamenti che avevano dato esecuzione allo stesso presentavano il connotato di novità rispetto al momento in cui la confisca era stata disposta, momento da identificarsi con la pronuncia della sentenza di appello dell’8 novembre 2021, non con quello della formale irrevocabilità all’esito del ricorso per cassazione.
Quanto alla prima serie di documenti, ritualmente prodotti, con memoria, innanzi al giudice dell’esecuzione, sarebbe stato agevole rilevare che, al momento del versamento dell’ottava rata inerente al piano di ammortamento, avvenuto il 2 maggio 2024, la condotta restitutoria, necessaria per elidere l’accrescimento patrimoniale costituente profitto del reato posto a base della misura ablativa per l’entità sopra indicata, aveva raggiunto e superato l’importo corrispondente: da ciò avrebbe dovuto evincersi che la confisca era divenuta carente di causa, perchØ essa non poteva ricomprendere somme già oggetto di restituzione, posto che con la restituzione all’Erario del profitto del reato viene meno lo scopo perseguito con la misura ablativa.
Questi dati documentali – evidenzia la difesa – non sono stati sottoposti a effettiva valutazione da parte del giudice dell’esecuzione e non Ł stata data risposta all’argomento secondo il quale, costituendo la somma confiscata in sede penale di euro 243.759,34 importo ricompreso nel danno erariale, l’avvenuto, autonomo titolo emesso dalla Corte dei
D’altro canto, la citata disciplina di cui all’art. 2475bis cod. civ., riferita alla società unipersonale, conferma, per il ricorrente, che gli interessi della persona fisica avente la rappresentanza generale della società e quelli della persona giuridica sono pienamente sovrapponibili: pertanto, la negazione dell’immedesimazione organica scaturente dal ragionamento svolto nell’ordinanza impugnata Ł censurabile, pena, altrimenti, un evidente contrasto di giudicati con quanto era stato deciso nella sede della responsabilità erariale.
D’altro canto, atteso l’oggetto della deduzione formulata da COGNOME, volta a dimostrare la sola, ma determinante, deprivazione soltanto susseguente della causa alla base della confisca a cagione dell’addotta reintegrazione, per altro titolo, del patrimonio pubblico depauperato dal reato, il condannato non avrebbe potuto esperire la strada della revisione, essendosi ritenuto che Ł inammissibile la domanda di revisione fondata sulla prospettazione di elementi tali da dar luogo, se accertati, non al proscioglimento, ma solo alla revoca della confisca allargata (Sez. 2, n. 3853 del 30/11/2021, dep. 2022, Lampada, Rv. 282522 – 01; per un caso di trattazione in sede esecutiva della questione dell’addotta duplicazione delle fattispecie, ablativa e restitutoria, del profitto del reato v. Sez. 1, n. 39874 del 06/06/2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 273866 – 01, con l’immediata precisazione che, nel caso ora richiamato, si Ł stabilito, per lo specifico ambito della responsabilità amministrativa degli enti per l’illecito di cui all’art. 24 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che non sussiste la violazione del principio del ne bis in idem nel caso in cui l’ente venga condannato, in sede penale, alle relative sanzioni amministrative con contestuale confisca per equivalente dei suoi beni in misura pari al profitto conseguito e, in sede contabile, al risarcimento del danno erariale, in quanto tali provvedimenti perseguono differenti finalità; per uno specifico intervento in executivis al fine di evitare la violazione del principio di proporzionalità, sia pure nel settore del diritto penale tributario, Sez. 3, n. 44519 del 17/09/2024, Recupero, Rv. 287272 – 01).
Il caso in esame, peraltro, si caratterizza, oltre che per avere ad oggetto il provvedimento ablativo reso all’esito del giudizio cognitorio, anche soprattutto perchØ la deduzione del novum ricollega la prova al fatto, nel senso che Ł il fatto stesso a essere prospettato come sopravvenuto, eppure idoneo – in quanto determinativo della medesima reintegrazione patrimoniale perseguita dal provvedimento ablativo – a influire sulla stessa persistenza della causa della confisca.
Esso, sempre stando alla prospettazione dell’istante e salva la necessaria verifica di merito, Ł stato determinato – non dalla stipula con la Regione Emilia Romagna dell’accordo in forza del quale la stessa aveva accettato il versamento della somma di euro 28.000,00 a tacitazione delle pretese risarcitorie nel giudizio penale, con conseguente revoca della sua costituzione di parte civile, bensì – dall’intervenuto accoglimento il 20.09.2023, da parte dell’Agenzia delle Entrate, del piano di ammortamento presentato dalla RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto la restituzione, frazionata in 72 rate mensili di euro 32.000,00 ciascuna, dell’importo oggetto dell’obbligazione maturata a seguito del decreto, n. 2065 del 20.07.2017, di revoca dell’intero contributo per la ricostruzione post-sisma indebitamente erogato, per la somma globale di euro 2.374.602,61, comprensiva di capitale e interessi, con la specificazione che nell’oggetto di tale restituzione era ricompresa la frazione di contributo alla quale erano stati parametrati, prima, il sequestro preventivo e, poi, la confisca, siccome profitto del reato di cui all’art. 640bis cod. pen. ascritto al suddetto COGNOME nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
Così impostato l’inquadramento della sopravvenienza rilevante, appare conseguente ritenere che non può stimarsi verificata la sovrapposizione, sia pure nella fase in cui, in ogni caso, all’interessato non era piø consentito dedurre la novità (per essere pervenuto il processo nello stadio della conclusiva delibazione dei motivi dedotti in sede di legittimità con l’antecedente ricorso), tra il precedente excursus procedimentale e il fatto ora addotto come nuovo: Ł dirimente evidenziare, infatti, che, al fine di stabilire se il prospettato piano di ammortamento, con progressiva restituzione del contributo, abbia determinato la percezione da parte dell’ente pubblico anche della medesima utilità che la confisca aveva mirato a recuperare dal patrimonio del reo per ripristinare quello pubblico, il giudice di merito, dopo aver operato il controllo, se del caso positivo, della concreta afferenza di tale accordo restitutorio anche alla posta già oggetto del provvedimento ablativo, avrebbe dovuto verificare, oltre alla stipulazione dell’accordo, anche il suo compiuto adempimento.
Soltanto tale adempimento, infatti, sempre sul presupposto dell’avvenuto, positivo riscontro dell’inerenza della complessiva restituzione anche alla parte di contributo percepita
e poi ablata quale profitto del reato, sarebbe idoneo a dimostrare l’avvenuta duplicazione lamentata dal ricorrente.
Quindi, il fatto addotto, tenuto conto del programma di ammortamento suindicato, si Ł verificato – se si Ł verificato – in tempo certamente successivo alla conclusione del procedimento che ha esitato la confisca di cui ora COGNOME ha chiesto la revoca.
Sotto tale profilo, dunque, il fatto prospettato come privativo di legittima causa della ritenzione da parte dell’Erario dell’oggetto della confisca Ł stato erroneamente ritenuto come maturato in tempo antecedente alla definitività del provvedimento ablativo.
Consegue che la prima e principale ratio decidendi posta alla base dell’ordinanza impugnata deve ritenersi priva di fondamento, in accoglimento, per quanto di ragione, dei motivi (il primo del primo atto di impugnazione, il primo e il secondo del secondo atto di impugnazione) che hanno trattato il tema.
Nemmeno le argomentazioni che il giudice dell’esecuzione ha reputato di dover svolgere sull’ulteriore – subordinato – piano della concreta computabilità delle poste inserite nel piano di ammortamento concordato dalla RAGIONE_SOCIALE con l’Agenzia delle Entrate per l’integrale restituzione del contributo pubblico, comprensivo degli accessori, dell’importo oggetto della confisca meritano di essere condivise.
La confisca Ł stata disposta ai sensi degli artt. 640quater e 322ter cod. pen. – quale confisca diretta del profitto del reato o per equivalente della somma di euro 243.759,54 – nei confronti di COGNOME
Il reato che ha contemplato l’accertato della responsabilità di COGNOME Ł stato quello di cui all’art. 640bis cod. pen., commesso quale rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, per avere egli, nella qualità, mediante la presentazione di fatturazioni false, conseguito illecitamente il contributo di euro 243.759,54 dalla Regione Emilia Romagna.
5.2. Si osserva che, sul piano della non cumulabilità del titolo giudiziale ablativo, avente sostanziale funzione reintegratoria), e del titolo restitutorio nel rapporto amministrativo e tributario si Ł affermato, ad esempio, in tema di patteggiamento per reati contro la pubblica amministrazione, che l’applicazione cumulativa della restituzione integrale del profitto del reato, prevista dall’art. 444, comma 1ter , cod. proc. pen., e della confisca per equivalente del profitto del reato ex art. 322ter cod. pen., determina la violazione del principio del ne bis in idem sanzionatorio , trattandosi di misure aventi il medesimo oggetto ed analoga finalità afflittiva (Sez. 6, n. 16872 del 30/01/2019, Guerra, Rv. 275671 – 01).
Va, sul medesimo piano, osservato che l’elaborazione di legittimità Ł autorevolmente approdata alla conclusione che la confisca del profitto del reato, anche quando sia attuata per equivalente, assolve, così come la confisca diretta, a una funzione recuperatoria e ha funzione sanzionatoria in quanto avente ad oggetto beni privi del rapporto di derivazione dal reato, potendo assumere funzione punitiva soltanto qualora sottragga al destinatario beni di valore eccedente il vantaggio economico che lo stesso ha tratto dall’illecito (Sez. U, n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287756 – 01/02/03), nell’alveo di un deciso indirizzo della giurisprudenza costituzionale orientata a confermare che la confisca del profitto di un illecito possiede mera funzione ripristinatoria della situazione patrimoniale precedente alla commissione del fatto in capo all’autore, sia con riferimento ai provvedimenti ablativi disposti dall’autorità amministrativa, sia per quelli emanati dal giudice penale (Corte cost., sent. n. 7 del 2025, in coerenza con le conclusioni raggiunte da Corte cost., sent. n. 112 del 2019), indirizzo nella sostanza coerente con la disciplina eurounitaria richiamata dal ricorrente e con quello espresso anche dalla giurisprudenza convenzionale (Corte Edu del 19/12/2024, Episcopo e Bassani c. Italia, ha affermato che tale tipo di ablazione Ł caratterizzata da alcuni
elementi che la rendono piø paragonabile alla restituzione di un arricchimento ingiustificato ai sensi del diritto civile, che a una multa ai sensi del diritto penale, siccome Ł rivolto a beni derivanti direttamente dalla commissione di un reato, di guisa che non può eccedere l’effettivo arricchimento dell’autore del reato).
D’altro canto, proprio evidenziando il carattere primariamente ripristinatorio della stessa confisca per equivalente si Ł affermato che tale confisca, emessa ex art. 322ter cod. pen., non si estingue in caso di esito positivo dell’affidamento in prova ai servizi sociali, ai sensi dell’art. 47, comma 12, legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), poichØ questa misura ablativa, pur avendo un carattere afflittivo e sanzionatorio, non Ł equiparabile nØ alla pena principale, nØ alle pene accessorie: rileva, dunque, la prevalente funzione ripristinatoria della situazione economica modificata dalla commissione del fatto illecito (Sez. 2, n. 35738 del 23/09/2020, Cereda, Rv. 280312 – 01).
Posta l’essenzialità di tale funzione, se ne sono tratte le necessarie conseguenze in punto di regolazione della misura propedeutica alla confisca costituita dal corrispondente sequestro, quando l’imputato si sia attivato per ripristinare la situazione pregiudicata.
Si Ł, così, ritenuta conseguente la progressiva riduzione della misura stessa, essendosi precisato che la revoca parziale del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, nel caso di intervenuta rateizzazione del debito tributario, deve essere richiesta dall’interessato al Pubblico ministero, previa dimostrazione del quantum corrisposto per i ratei di imposta al netto di interessi e sanzioni (mentre non può essere domandata, in difetto di tali indicazioni, al Tribunale del riesame o dell’appello cautelare, essendo tale organo sprovvisto di potere istruttori e, quindi, salvi i casi di immediata soluzione sulla base degli atti, non in condizione di dirimere le questioni contabili derivanti dal pagamento parziale: Sez. 3, n. 33602 del 24/04/2015, Pastore, Rv. 265043 – 01).
L’impostazione non muta con riferimento al provvedimento ablativo: si ritiene assodato, quindi, anche in tema di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, che la confisca del profitto del reato non possa essere disposta nel caso di restituzione integrale all’Erario della somma anticipata dallo Stato, poichØ tale comportamento elimina in radice l’oggetto della misura ablatoria: invero, la restituzione integrale all’Erario della somma anticipata dall’ente pubblico elimina in radice l’oggetto della misura ablatoria che, se disposta, comporterebbe una duplicazione sanzionatoria contrastante i principi dettati dagli articoli 3, 23 e 25 Cost. ai quali l’interpretazione dell’art. 640quater cod. pen. deve conformarsi (Sez. 2, n. 44189 del 18/10/2022, Hoxha, Rv. 284122 – 01; Sez. 3, n. 44446 del 15/10/2013, COGNOME, Rv. 257628 – 01).
Secondo la stessa linea, con riferimento al tema di responsabilità degli enti, si Ł approdati alla conclusione che l’utilità economica ricavata dalla persona giuridica a seguito della consumazione di una truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche non può essere confiscata come profitto del reato, nemmeno per equivalente, quando la stessa sia stata già restituita al soggetto danneggiato (Sez. 2, n. 29512 del 16/06/2015, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 264231 – 01).
La traccia da seguire, pertanto, da parte del giudice di merito – investito della richiesta dell’imputato di riduzione o elisione del quantum del profitto del reato oggetto di confisca (per la progressiva precisazione inerente al quale si richiamano anche Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 239924 – 01, e Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264436 – 01, da inquadrare ora alla stregua delle puntualizzazioni di Sez. U, n. n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, cit.), per avere egli realizzato condotte risarcitorie
o riparatorie – deve essere orientata nel senso di modulare la misura ablatoria in ragione del profitto attuale, al momento della sua applicazione, e, dunque, al netto delle restituzioni frattanto poste in essere dal reo in favore della vittima e da questa accettate, scorporando quella parte di utilità non piø costituente illecito accrescimento patrimoniale (Sez. 6, n. 34290 del 17/05/2023, COGNOME, Rv. 285175 – 01); ciò, con l’opportuna specificazione che, quando si verta in tema di patteggiamento adottato ai sensi dell’art. 444, comma 1ter , cod. proc. pen., l’integrale restituzione del profitto del reato richiede una necessaria verifica giudiziale, non potendo riconoscersi alla confisca per importo corrispondente a quello del profitto efficacia equipollente, con effetto sanante rispetto all’inosservanza della condizione (Sez. 6, n. 20255 del 09/04/2025, COGNOME Rv. 288090 – 01, nella cui motivazione, depositata dopo l’emissione della presente decisione, si Ł precisato che l’importo del profitto da restituire, quale condizione di ammissibilità del rito, deve essere quello risultante dall’imputazione, diversamente da quello oggetto della statuizione sulla confisca, che può essere determinato in esito a valutazioni rimesse al giudice procedente).
Nel settore del diritto penale tributario, infine, si Ł perspicuamente pervenuti ad affermare, fra l’altro, che l’accordo di ristrutturazione del debito tributario tra contribuente e amministrazione finanziaria, sotto forma di transazione fiscale ritualmente omologata ex art. 182ter r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fall.), incide, riducendone l’ammontare, sul quantum del debito, sicchØ il suo perfezionamento successivo all’irrevocabilità della condanna comporta che il giudice dell’esecuzione non possa mantenere la confisca del profitto del reato nella misura stabilita in sentenza, pena la violazione del principio di proporzionalità (Sez. 3, n. 44519 del 17/09/2024, Recupero, cit.), essendo assodato che la confisca per equivalente (anche quando sia stata disposta in relazione al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 attuato mediante atti fraudolenti o simulati compiuti sui beni di una società dichiarata fallita) non può riguardare somme superiori all’effettivo profitto conseguito, quantificato decurtando dal valore del patrimonio sottratto le somme recuperate dal fisco a seguito delle cessioni di ramo d’azienda e dei versamenti effettuati dall’imputato (Sez. 3, n. 4097 del 19/01/2016, COGNOME Rv. 265843 – 01).
5.3. L’esito di questa ricognizione Ł che il giudice dell’esecuzione non ha considerato i principi desumibili dalle coordinate ermeneutiche richiamate lì dove – sia pure in via subordinata, ma esprimendo un’ulteriore ratio decidendi – ha pregiudizialmente escluso di dover verificare se il profitto del reato, che il provvedimento ablatorio Ł finalizzato a conseguire, sia stato in tutto o in parte restituito all’Erario, a seguito del piano di ammortamento a cui ha acceduto la RAGIONE_SOCIALE nel suo rapporto con l’Agenzia delle Entrate per restituire l’intero contributo revocato (fatto addotto come preso in considerazione anche dalla decisione della Corte dei Conti indicata dal ricorrente), rapporto di cui si Ł dedotto facesse parte la porzione appresa a seguito del delitto ascritto ad COGNOME e oggetto del sequestro, prima, e della confisca, poi.
¨ mancata, quindi, la concreta verifica del punto determinante: posto che la confisca del profitto del reato dispiega una funzione prevalentemente ripristinatoria del patrimonio pubblico leso dal reato, una volta che il ripristino del suddetto patrimonio sia, in tutto o in parte, avvenuto in via concorrente per atti restitutori, anche se messi in essere dalla persona giuridica nell’interesse della quale il condannato aveva commesso il reato, occorre stabilire se gli effetti del provvedimento ablativo possano considerarsi, in tutto o nella corrispondente parte, ancora giustificati.
A tale quesito, all’esito dell’analisi compiuta in precedenza, deve darsi coerente
risposta negativa: qualora emerga che la causa accipiendi Ł stata, in tutto o in parte, la stessa – vale a dire la reintegrazione del patrimonio pubblico, siccome leso dalla medesima condotta antigiuridica sfociata nell’apprensione del profitto del reato da parte del reo o della persona giuridica nel diretto interesse della quale il primo, in forza del rapporto di immedesimazione organica, aveva agito -, sussiste il titolo all’accertamento e alla neutralizzazione della duplicazione della reintegrazione che risulti, in tutto o in parte, avvenuta.
Posto ciò, deve concludersi, in accoglimento per quanto di ragione dei motivi di ricorso ulteriori a quelli sopra indicati, che il giudice dell’esecuzione non ha spiegato in modo persuasivo se e per quale ragione la restituzione dell’intero contributo pubblico concordata con l’Amministrazione finanziaria e progressivamente attuata (ove attuata) dalla RAGIONE_SOCIALE non abbia afferito anche alla restituzione – in tutto o in parte – del profitto del reato conseguito da COGNOME quale amministratore di quella stessa società, profitto però ablato anche in forza della confisca intanto disposta ai sensi dell’art. 640quater e 322ter cod. pen. (afferenza, naturalmente, da verificare in concreto controllando pure se la quantificazione dell’importo da restituire all’Erario con l’Agenzia delle Entrate sia avvenuta tenendo conto – oppure no dell’importo della soma di euro 243.759,34, oggetto della confisca).
Effetto dei rilievi che precedono Ł, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Ferrara affinchØ proceda al nuovo giudizio nel rispetto dei principio testØ enucleati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Ferrara Così Ł deciso, 11/04/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME