Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7138 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 7138  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/05/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il rícorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento ImpugNOME limitatamente alla disposta confisca del denaro presente sui conti correnti bancario e postale, del capannone industriale e del sito internet, nel resto conclude per l ‘inammissibilità del ricorso.
difensore
AVV_NOTAIO COGNOME del foro di MILANO in difesa della parte civile RAGIONE_SOCIALE IN PERSONA DEL LRPT si riporta alla nota difensiva depositata e Onclude per la conferma della sentenza impugnata, deposita conclusioni scritte e nota Pese;
vvocato COGNOME NOME del foro di BARI in difesa di NOME insiste per eco glimento del rìcorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre, articolando cinque motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto del 12/05/2023 che, in riforma della sentenza del Tribunale di Taranto, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di ricettazione di cui al capo A) dell rubrica, con revoca della confisca limitatamente all’immobile adibito a civile abitazione, confermando nel resto la decisione appellata, unitamente alle disposte statuizioni civili in favore della parte civile RAGIONE_SOCIALE.
La difesa del ricorrente chiedeva altresì, nelle more della trattazione del ricorso, la sospensione dell’esecuzione della pubblicazione della sentenza di condanna, disposta dal giudice del merito ai sensi dell’art. 186 cod. pen.
Con ordinanza di questa Sezione del 20/10/2023 veniva sospesa, ai sensi dell’art. 612 cod. proc. pen., l’esecuzione della pubblicazione della sentenza.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, con requisitoria-memoria del 4/12/2023, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del denaro presente sui conti correnti bancario e postale, del capannone industriale e del sito eternit e per l’inammissibilità nel resto del ricorso.
La difesa della parte civile con nota e allegati del 28/12/2023, ha concluso per l’inammissibilità dei motivi di ricorso, con condanna del ricorrente alle spese di giudizio.
Con memoria del 2/01/2024, la difesa del ricorrente, nel replicare anche alle memorie delle altre parti, ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
 I motivi oggetto del ricorso, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al motivo dedotto in punto di confisca. è, invece, infondato nel resto.
Con il primo motivo la difesa eccepisce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla omessa valutazione circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione, nonché rispetto alla omessa valutazione dei motivi di appello relativi alla sussistenza del fatto, essendosi la Corte territoria limitata a rilevare l’intervenuta prescrizione del reato, pur essendosi poi espressa
in relazione alle statuizioni civili. A norma dell’art. 578 cod. proc. pen. la Corte di merito avrebbe, invece, dovuto valutare – ai fini della responsabilità civile – l’inter compendio probatorio ai fini della percorribilità di un proscioglimento nel merito anche solo per insufficienza o contraddittorietà della prova che il fatto sussista ovvero costituisca reato. Invece, la Corte d’appello si era limitata ad esaminare il solo primo motivo di appello, limitandosi ad un mero richiamo del terzo e del quarto e disattendendo del tutto il quinto afferente all’elemento soggettivo, la cui analisi è stata ritenuta “ultronea” dalla stessa sentenza impugnata.
Il motivo – che presenta anche profili di genericità – è manifestamente infondato e, dunque, inammissibile.
Contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, la Corte di Appello, dopo aver rilevato la compiuta prescrizione anche del reato di ricettazione, si è ampiamente soffermata sulla sussistenza di tutte le contestate condotte ai soli effetti civili co come agevolmente si evince delle pagine da 10 a 16.
Quanto poi all’elemento soggettivo, la cui analisi a detta del ricorrente «per stessa ammissione della Corte territoriale, è stata ritenuta “ultronea”», dalla lettura della senteiva impugnata si ricava come “ultroneo” sia stato invece considerato il richiamo al catalogo dei parametri individuati per la sussistenza del dolo eventuale, a fronte dell’indicazione di convergenti e plurimi elementi dimostrativi di una condotta volontariamente e coscientemente posta in essere dall’imputato, in ossequio ai principi affermati dalla stessa Corte costituzionale in ordine all’ambito del giudizio demandato al giudice dell’impugnazione ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., ove nel decidere sulla domanda risarcitoria non è chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice in cui si inscrive il fatto di reato, dovendo invece accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell’illecito aquiliano (Corte cos n. 182 del 07/07/2021, Rv. 0044101).
Generiche, invece, risultano le ulteriori doglianze con cui si lamenta la mancanza di compiuto esame del terzo e quarto motivo di appello (articolati rispettivamente in tema di sussistenza della scriminante dell’eccesso colposo nell’esercizio del diritto e dell’errore su legge extra-penale), in quanto il ricorren omette di indicare l’oggetto delle specifiche censure ivi sollevate e la decisività delle stesse in ordine alla tenuta delle argomentazioni che hanno condotto la Corte d’appello alla conferma delle statuizioni civili.
Né tali lacune possono essere colmate dagli argomenti sviluppati nella memoria difensiva successivamente depositata, ove il ricorrente introduce anche ulteriori profili di censura in punto di sussistenza del fatto illecito, posto c l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il
vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione (Sez. 5, n. 48044 del 2/7/2019, COGNOME, Rv. 277850 – 01; Sez. 6, n. 9837 del 21/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275158 – 01).
Con il secondo motivo si rileva la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla disposta conferma della confisca riguardo ai saldi attivi presenti sul conto corrente postale e bancario e all’immobile sito in Modugno (v. pagg. 3 e 7 dei motivi di ricorso).
Sul punto si osserva che in primo grado era stata disposta «ai sensi dell’art. 240 c.p. la confisca e distruzione di quanto ancora in sequestro», senza alcun argomento motivazionale a sostegno della pronuncia e senza alcun riferimento, né in diritto, né in fatto, ad una previsione di confisca obbligatoria, ovvero al richiamo della previsione ex art. 474-bis cod. pen.
Sicché la confisca andava a colpire i seguenti beni: i prodotti recanti il marchio Kobold, il capannone industriale, destiNOME al deposito dei prodotti in questione e i saldi attivi dei conti correnti postale e bancario intestati al ricorrente, sino a concorrenza di euro 66.919,70.
Orbene, evidenzia la difesa che, stante l’assenza di alcun riferimento ad una previsione di confisca obbligatoria ex art. 240, comma 2, cod. pen. ovvero al richiamo della previsione dell’art. 474-bis cod. pen. in relazione all’art. 474 cod. pen. per il quale era già intervenuto il proscioglimento per prescrizione, residuava la previsione di cui all’art. 648 cod. pen., a mente della quale la confisca, però, a norma dell’art. 24, comma 1, cod. pen., poteva essere soltanto facoltativa, avendo ad oggetto il profitto del reato (quanto ai saldi attivi) e le cose utilizzat per commettere il reato (il capannone industriale).
La Corte d’appello, pur dichiarando la prescrizione della ricettazione, aveva obiettato, erroneamente evocando la previsione dell’art. 474-bis cod. pen., che la confisca doveva considerarsi obbligatoria, pur non essendo tale disposizione mai stata richiamata dal Tribunale e postulando per la sua applicazione – per come anche sancito dalle Sezioni Unite Lucci (n. 31617 del 2015) – quale imprescindibile condizione che sia intervenuta condanna per il reato presupposto di cui all’art. 474 cod. pen., invece dichiarato già prescritto dal Tribunale.
Inconferente doveva ritenersi, poi, il richiamo operato dalla sentenza impugnata all’orientamento di legittimità espressosi in tema di confisca con riguardo alla diversa fattispecie della lottizzazione abusiva e, conseguentemente, alla speciale forma confisca di cui all’art. 44, comma 2, Dpr n. 380/01 non estensibile al caso in esame.
Il motivo è fondato.
Quanto ai beni con marchio contraffatto costituenti il corpo del reato, la confisca e distruzione risulta essere stata correttamente disposta dal Tribunale mediante il richiamo all’art. 240 cod. pen., da intendersi nella forma obbligatoria ai sensi del comma 2 n. 2, trattandosi di cose la cui fabbricazione e commercializzazione è vietata. Peraltro, se si ha riguardo al motivo di ricorso, la doglianza difensiva investe specificamente la confisca dei saldi attivi dei conti correnti bancario e postale ed il capannone industriale.
Sono fondate – per come ritenuto anche dal RG. nella requisitoria – le eccezioni difensive – avversate dalla difesa di parte civile nella memoria – in relazione alla disposta confisca dei saldi attivi presenti sui conti correnti bancario e postale, quale profitto del reato, nonché del capannone adibito a deposito, quale cosa che servì a commettere il reato, non potendo trovare applicazione il disposto dell’art. 474-bis cod. pen., in assenza di una sentenza di condanna o di applicazione pena in relazione al delitto di cui all’art. 474 cod. pen.
A conferma della necessità di una sentenza di condanna, quantomeno di primo grado, ai fini della operatività dell’art. 474-bis cod, pen., vi è anche il fatto che il comma 2 della medesima disposizione richiama, espressamente, l’applicazione dell’art. 322-ter, comma 3, cod. pen., secondo cui giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valor corrispondente al profitto o al prezzo del reato”: donde, la necessità di una sentenza formale di condanna, quantomeno di primo grado, anche per effetto di tale rinvio normativo ad una previsione che prevede espressamente una formale decisione di tale tipo (in termini, Sez. 5, n. 49478 del 13/11/2019, Annunziata, Rv. 277519 – 01; Sez. 5, n. 27934 del 15/06/2021, Delle Coste, n.m., secondo cui, parimenti, la previsione di cui all’art. 474-bis c.p. «prevede un’ipotesi d confisca obbligatoria in caso di condanna»).
Inconferente, ai fini della confisca, risulta il richiamo all’orientamento dell Suprema Corte n. 13539 del 30/04/2020, in quanto reso nella materia, completamente diversa, della lottizzazione abusiva e relativo alla diversa ipotesi in cui la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva era maturata solo nel giudizio di cassazione, e all’esito di una doppia conforme di condanna, circostanza diversa dalla specie, atteso che, per il reato di cui all’art. 474 cod. pen. intervenuta sentenza di proscioglimento sin dal primo grado; vuoi perché tale pronuncia si riferisce alla speciale previsione normativa ex art. 44, comma 2, D.P.R. n. 380/2001, che, espressamente, rinvia ad un accertamento sostanziale della lottizzazione abusiva, a prescindere dalla pronuncia di una sentenza di condanna. Inoltre, trattasi di principio di diritto che è stato affermato in relazion
a particolare fattispecie incriminatrice e sanzioNOMEria, insuscettibile di estensione alla diversa fattispecie in scrutinio, atteso il divieto di analogia in malam partem.
Infine, la sentenza impugnata risulta, altresì, viziata, per aver evocato, in modo incongruo ed errato, l’intervenuta sentenza di condanna, solo di primo grado, per il residuale reato ex art. 648 cod. pen., non avvedendosi che, in relazione a tale ipotesi di reato, la confisca del profitto del reato in questione è di natura facoltativa, ex art. 240, comma 1, cod. pen. e, che, in subiecta materia, la Suprema Corte è univoca nel ritenere che «nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione non è consentito disporre la confisca facoltativa del profitto del reato, di cui all’art. 240, comma 1, cod. pen., che presuppone la pronuncia di un giudicato formale di condanna, non essendo ad essa estensibili, in ossequio al principio di legalità, le disposizioni relative ad altre tipologie confisca» .
Con il terzo motivo si rileva la violazione di legge ed il vizio di motivazione rispetto alla ribadita pubblicazione della sentenza pur in presenza di una declaratoria di estinzione del reato di ricettazione per intervenuta prescrizione.
Il motivo non è fondato.
Sul tema la Corte di appello risulta avere fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla Corte di legittimità, al quale il Collegio inten aderire, a mente del quale la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione in grado di appello, in presenza di un accertamento della responsabilità civile, non caduca l’ordine di pubblicazione della sentenza disposto dal giudice di primo grado ex art. 186 cod. pen., in quanto tale sanzione non rientra nel novero delle pene accessorie, ma rappresenta una forma di riparazione del danno non patrimoniale, attinente agli interessi della parte civile (Sez. 5, n. 207 del 06/10/2022, dep. 2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 284112 – 01; Sez. 2, n.9058 del 24/02/2011, COGNOME, Rv. 249620 – 01).
L’art. 186 cod. pen. stabilisce che ogni reato obbliga il colpevole alla pubblicazione, a sue spese, della sentenza di condanna, qualora la pubblicazione costituisca un mezzo per riparare il danno non patrimoniale cagioNOME dal reato. L’art. 543 del codice di rito detta la disciplina processuale per l’attuazione di questo
obbligo, laddove prevede che la pubblicazione della sentenza di condanna a norma dell’art. 186 cod. pen. è ordinata dal giudice su richiesta della parte civile con la stessa sentenza. è pacifico che si tratti di una statuizione attinente agli interessi della parte civile, che rappresenta una forma di riparazione del danno non patrimoniale. Come affermato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 6168 del 21/05/1988, dep. 1989, Iori, Rv. 181124): «La pubblicazione della sentenza di condanna è prevista dall’art. 186 cod. pen. non come una pena accessoria, ma, nell’ambito e ai fini dell’azione civile, come un mezzo di risarcimento alla parte civile del danno non patrimoniale subito. Pertanto, la detta misura può essere applicata solo se vi sia una immediata correlazione tra il danno non patrimoniale subito dalla parte civile e la pubblicazione della sentenza con cui il colpevole del reato che ha cagioNOME tale danno viene condanNOME, nel senso che la pubblicità date alla condanna del reo abbia in sé, nel caso concreto la capacità di porsi come mezzo per riparare quel danno».
La pubblicazione della sentenza ex art. 186 cod. pen. ha, dunque, natura di sanzione civile, che può disporsi nell’ambito del procedimento civile innestato nel processo penale, quale mezzo di riparazione del danno non patrimoniale (Sez. 5, n. 14976 del 05/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252469 – 01; Sez. 3, n. 23719 del 08/04/2016, COGNOME, Rv. 267979; Sez. 6, n. 12974 del 08/01/2020, COGNOME, Rv. 279264). Diverso è l’istituto della “pena accessoria” della pubblicazione della sentenza ex art. 36 cod. pen. che è, invece, sanzione penale.
Ne consegue che, anche nel caso di una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione in grado di appello, in presenza di un accertamento della responsabilità agli effetti civili, l’ordine di pubblicazione ex art. 186 cod. pen. e 543 cod. proc. pen., rimane fermo ex art. 578 cod. pen. al pari delle altre statuizioni civili, proprio perché il riferimento alla condanna deve intendersi riferito all’affermazione della responsabilità civile.
Con il quarto motivo si solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186 cod. pen. per contrasto con gli artt. 111, 117, comma 2, 27, comma 2, Cost., nonché con la normativa sovranazionale in punto di presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva, in relazione alla interpretazione estensiva della fattispecie sostenuta dalla Corte di appello sulla scia dell’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui debba procedersi alla pubblicazione della sentenza di primo grado, pur nella sopravvenienza di una sentenza di appello di proscioglimento per intervenuta prescrizione.
L’eccezione è manifestamente infondata.
Il ricorrente, infatti, non solo muove da un presupposto interpretativo che non tiene conto della natura civile della sanzione applicata e del corretto perimetro interpretativo della disposizione per come in precedenza evidenziato, ma
soprattutto non considera che, nel caso di declaratoria di prescrizione pronunciata in sede di appello a cui abbia fatto seguito l’affermazione della responsabilità civile dell’imputato ex art. 578 cod. proc. pen., la pubblicazione della sentenza va necessariamente riferita non solo a quella del Tribunale, ma anche a quella pronunciata dalla Corte territoriale, quale fonte confermativa della responsabilità civile e del danno cagioNOME dall’imputato, per la cui riparazione la pubblicazione è stata disposta.
Con la conseguenza che l’indicazione, nelle modalità di pubblicazione, anche dell’unito dispositivo della sentenza appellata, esclude il paventato periculum in ordine alla violazione del principio di presunzione di non colpevolezza che deriverebbe dall’utilizzo, in sede di pubblicazione della sentenza, di una struttura lessicale evocativa della colpevolezza dell’imputato per come riferibile al dictum del Tribunale, a fronte, invece, di una successiva declaratoria di prescrizione.
Con conseguente carenza di interesse a dubitare della legittimità costituzionale di tale previsione codicistica.
Con il quinto motivo si segnala la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla conferma della pubblicazione della sentenza di condanna in difetto di correlazione immediata e diretta rispetto al danno non patrimoniale della parte civile non essendosi, sul punto, la Corte di appello in alcun modo soffermata.
Il motivo è manifestamente infondato, risultando la sentenza impugnata corredata da congrua motivazione in ordine all’esistenza di una correlazione tra danno non patrimoniale della parte civile e la pubblicazione della sentenza, correttamente individuato nella lesione al diritto di immagine della società, pregiudicata – anche in punto di serietà ed affidabilità commerciale – dalla messa in vendita senza la specificazione esplicita della mera compatibilità, di pezzi di ricambio a essa apparentemente riconducibili con caratteristiche qualitative inferiori a quelle degli originali, tali da giustificare anche l’assai più contenu prezzo di immissione sul mercato.
6. In conclusione:
 va annullata senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del denaro presente sui conti correnti bancario e postale e del capannone industriale con restituzione all’avente diritto;
 va rigettato il ricorso nel resto, con caducazione, per l’effetto, della disposta sospensione dell’esecuzione della sanzione civile della pubblicazione della sentenza di condanna;
– va condanNOME l’imputato al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di assistenza e difesa sostenute nel presente grado dalla parte civile, liquidate come in dispositivo, tenendosi conto dell’attività defensionale svolta e della nota spese depositata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del denaro presente sul c.c. postale n. 73083917 e sul c.c. bancario n. 01/129/00001528 (nei limiti entro i quali vi è stata sequestro), nonché del capannone sito in Modugno (BA) alla INDIRIZZO in INDIRIZZO, piano T, F. 21, P.Ila 846, Sub 8; ordina la restituzione dei predetti beni a coloro i quali dimostreranno di averne diritto; manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p.
Rigetta nel resto il ricorso.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE civile RAGIONE_SOCIALE, in persona del L.R.P.T., che liquida in complessivi euro 4.000, oltre accessori di legge.
Così deciso, il 19/01/2024
CORTE N CASSAZIONE U.R.P. CENTRALE
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Corte di Cassazione – copia non ufficiale