Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11990 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11990 COGNOME 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 22/2/2023 emesso dalla Corte di appello di Palermo visti gli atti, il decreto e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; letta la memoria depositata dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME,
con la quale si chiede l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo, pronunciando in sede di rinvio, rideterminava il periodo di pericolosità sociale di NOME COGNOME a far data dal 1995 e, per l’effetto, disponeva la revoca della confisca degli immobili acquistati prima del periodo sospetto, confermando la confisca dei beni mobili, essenzialmente costituiti dal saldo attivo di conti correnti e da investimenti finanziari.
Il provvedimento impugnato veniva emesso a seguito dell’annullamento con rinvio disposto da Sez.2, n. 42034 del 10/9/2021, che demandava al giudice del rinvio di verificare il periodo di pericolosità, di rivalutare la provenienza dell somma di €78.000 proveniente da un conto corrente cointestato al prevenuto ed al padre, nonché di verificare la confiscabilite dei beni mobili (conti correnti e investimenti) sulla base della rideterminazione del periodo di pericolosità.
Nell’interesse di NOME COGNOME e dei terzi interessati sono stati proposti due ricorsi (il primo per il solo prevenuto a firma dell’avvocato COGNOME, il secondo, proposto anche nell’interesse dei terzi, a firma degli avvocati COGNOME e COGNOME) che, stante la sostanziale comunanza dei motivi, possono essere congiuntamente sintetizzati.
2.1. I ricorrenti (primo motivo di entrambi i ricorsi) deducono violazione di legge, anche per motivazione apparente, in ordine alla conferma della confisca dei cespiti mobiliari, avendo la Corte di appello omesso di rilevare che, per effetto della delimitazione del periodo sospetto (a far data dal 1995), la confisca dei conti corrente e degli investimenti finanziari poteva ricadere esclusivamente sugli accrescimenti intervenuti a far data dal 1995, mentre, per l’attivo pregresso si sarebbe dovuto procedere alla restituzione. Il decreto si sarebbe limitato a dar atto della sproporzione tra entrate lecite ed accumulo patrimoniale, ma in tal modo sarebbe incorso in violazione di legge nella misura in cui la confisca veniva estesa a beni acquisiti antecedentemente al periodo sospetto.
Si sostiene, inoltre, che la motivazione sarebbe del tutto apparente, avendo la Corte di appello escluso che la consulenza tecnica di par:e avesse fornito elementi per individuare i cespiti patrimoniali Formatisi in epoca antecedente al 1995, senza fornire alcuna effettiva giustificazione circa l’inidoneità degli elementi probatori forniti a dimostrare l’accumulo nel tempo delle risorse economiche.
2.2. Con il secondo motivo di entrambi i ricorsi si censura l’omesso scomputo del valore economico delle società sottoposte a confisca, necessariamente conseguente alla rideterminazione del periodo sospetto. RAGIONE_SOCIALE Si assume che la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (succeduta alla prima a partire
dal 1994) avevano un considerevole volume d’affari e patrimoniale formatosi in epoca antecedente al 1995, sicchè doveva ritenersi erronea la conferma della confisca della totalità del patrimonio societario. La Corte di appello, peraltro, avrebbe erroneamente interpretato la sentenza rescindente, ritenendo che si fosse formato il giudicato sulla “mafiosità” delle predette società, con conseguente legittima apprensione nella loro interezza. Sostengono i ricorrenti che il giudicato non poteva formarsi con riferimento a periodi in relazione ai quali la sentenza rescindente aveva ritenuto non compiutarnente accertato il requisito della pericolosità. La Corte di appello, pertanto, avrebbe dovuto rivalutare, alla luce della nuova perimetrazione del periodo sospetto, quali erano le risorse lecite investite in epoca antecedente al 1995, sottraendole alla confisca.
2.3. Con il terzo motivo del ricorso degli avvocati COGNOME e COGNOME, ma analoga censura è contenuta anche nel primo motivo del ricorso dell’avvocato COGNOME , si deduce la violazione di legge e la motivazione apparente in merito alla confisca della somma di €78.000, proveniente dal contro intestato ad NOME COGNOME, padre del prevenuto. La sentenza rescindente aveva annullato il precedente decreto di confisca, rilevando come la somma in oggetto dovesse ritenersi effettivamente proveniente dal conto corrente sul quale NOME COGNOME vedeva l’accredito della pensione, dovendosi rivalutare la legittimità dell’abiezione a fronte della provenienza del denaro da un soggetto che, seppur legato da rapporto parentale, non poteva per ciò solo ritenersi destinatario di provviste illecite di denaro, successivamente riversate al figlio.
2.4. Con il quarto motivo del ricorso degli avvocati COGNOME e COGNOME, si deduce violazione di legge in ordine alla mancata revoca della confisca dell’immobile indicato al numero 13 dell’elenco contenuto nel decreto adottato in primo grado, sostenendosi che l’acquisto risaliva all’anno 1985 e, quindi, si poneva al di fuori del periodo sospetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito specificati.
Il primo motivo di ricorso, relativo alla confisca del denaro e degli altri investimenti finanziari, è fondato.
La Corte di appello ha provveduto a rideterminare l’epoca a partire dalla quale si era manifestata la pericolosità sociale del prevenuto, ritenendo di ancorare tale valutazione al momento in cui risultava – essenzialmente sulla base delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME – il conferimento nell’attività imprenditoriale di ingenti qualità di provenienza illeciti (1995). La diretta conseguenza di tale
accertamento è stata la revoca della confisca dei beni immobili acquistati in epoca precedente, mentre analoga soluzione non è stata recepita con riguardo ai beni mobili, nonostante il punto fosse stato oggetto di specifico annullamento con rinvio da parte della sentenza rescindente.
È opportuno precisare che Sez.2, n. 420:34 del 2021, si era espressamente occupata del motivo di ricorso concernente la confisca di titoli e denaro accumulati fino al 1989, posto che in quel giudizio il periodo sospetto era stato individuato a partire dal 1990. L’annullamento, tuttavia, deve essere letto in correlazione all’accoglimento dell’ulteriore motivo di ricorso concernente la perimetrazione del periodo di pericolosità, sicchè deve ritenersi che alla Corte di appello era demandato il compito di accertare il momento in cui si era manifestata la pericolosità e, conseguentemente, modulare la confisca sulla base di tale parametro temporale. Del resto, tale modus procedendi è stato correttamente applicato con riguardo ai beni immobili.
A fronte di tali premesse, la Corte di appello ha reso una motivazione meramente apparente, limitandosi ad affermare che i ricorrenti non disponevano di comprovate risorse lecite idonee a costituire l’accumulo patrimoniale e che, in ogni caso, pur sulla base della perizia svolta in primo grado e della consulenza tecnica di parte non era possibile risalire alla data di acquisto dei cespiti patrimoniali.
Si tratta di conclusioni che integrano il presupposto della violazione di legge, nella misura in cui valorizzano la sola sproporzione reddituale, scindendo il presupposto da quello dell’accertata delimitazione del periodo di pericolosità (post 1995).
In ordine alla dedotta impossibilità di ricostruire il patrimonio mobiliare in epoca antecedente al 1995, si tratta di conclusione che si limita ad esporre la conclusione cui è pervenuta la Corte, senza fornire alcun concreto elemento a supporto della stessa.
Nel caso di specie, pertanto, si ricade nel vizio di motivazione apparente non essendosi in concreto spiegate le ragioni per cui – nonostante si sia proceduto alla confisca di depositi bancari ed investimenti finanziari, rispetto ai quali il dato temporale della costituzione e accrescimento è necessariamente documentabile non si sia ritenuta possibile alcuna verifica in merito alla genesi degli stessi.
Né è sufficiente il riferimento alla lacunosità della documentazione prodotta con la consulenza tecnica di parte, posto che la possibilità di una ricostruzione patrimoniale era già contenuta nel decreto di confisca adottato in primo grado (si veda pg. 23).
In conclusione, la Corte di appello è sostanzialmente venuta meno alla necessaria rivalutazione dell’oggetto della confisca, con riguardo ai beni mobili,
sulla base della nuova perimetrazione della pericolosità, in base alla quale sarebbe stato necessario verificare se vi erano o meno, in epoca antecedente al 1995, denaro e investimenti finanziari in relazione ai quali, venendo meno il requisito della pericolosità, risulterebbe insufficiente la mera sproporzione rispetto ai redditi leciti ed accertati.
Sul punto, pertanto, si impone l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio.
L’ulteriore motivo di ricorso oggetto dell’annullamento con rinvio concerneva l’individuazione della possibile provenienza lecita della somma di €78.000 oggetto di bonifico proveniente dal conto corrente di NOME COGNOME in favore del figlio.
I motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili, in quanto, pur formulati sotto il profilo della violazione di legge, finiscono per introdurre censure alla motivazione, non consentite nel ricorso in cassazione.
La Corte di appello, attenendosi alle indicazioni fornite nella sentenza rescindente, ha rivalutato nel merito il passaggio del denaro da un conto all’altro, valorizzando una pluralità di elementi fattuali ritenuti idonei a dimostrare che la provvista, pur presente sul conto di NOME alimentato dai ratei pensionistici, doveva ritenersi in realtà riferita ad apporti forniti dal prevenuto Nel caso di specie è opportuno sottolineare che l’intera vicenda si manifesta nel periodo rientrante in quello sospetto, sicchè il giudizio espresso in ordine alla sostanziale impossibilità per NOME COGNOME (titolare di una modesta pensione) di accumulare il rilevante attivo di conto corrente è di per sé elemento idoneo a condurre alla confisca.
Parimenti inammissibile è il motivo con il quale si chiede di scorporare il valore delle società formatosi in epoca antecedente al periodo sospetto.
Sul punto deve ritenersi che il ricorso oggel:to della sentenza rescindente non poneva espressamente tale questione e, in ogni caso, questa Corte ha espressamente ritenuto che le società dovessero essere confiscate nel loro complesso.
Il tema è stato specificamente trattato al punto 5.5 della sentenza rescindente, lì dove si affermava testualmente che «con riguardo al profilo della prospettata origine lecita di parte dei conferimenti aziendali, si è correttamente evidenziato come la natura di impresa “a partecipazione mafiosa” asseverata dal giudice di appello renda non decisiva l’eventuale origine formalmente lecita dei relativi conferimenti (peraltro non contabilizzati e dichiarati), trattandosi comunque di attività imprenditoriale inquinata, ab origine e in radice, dai vantaggi illeciti basati sull’intimidazione mafiosa, di cui l’impresa è indicata essersi avvalsa
nell’esercizio della sua attività imprenditoriale, spendendo anche l’illecita capacità di interferenza derivante da personalità di vertice di RAGIONE_SOCIALE, e in particolare di NOME COGNOME e NOME COGNOME, senza trascurare il contemporaneo, fattivo interessamento di esponenti di minor rilievo, ma non per questo meno capaci di incidere sulle attività economiche del loro territorio di competenza, quali i sodali delle famiglie mafiose della RAGIONE_SOCIALE, di Passo di Rigano e di Carini. E tanto, in forza di un disegno di carattere unitario che finalisticamente e strumentalmente ha pervaso tutte le articolazioni societarie riferibili al ricorrente, delle quali è additato essere il relativo dominus. Tanto basta, dunque, a legittimare la misura ablativa applicata».
Alla luce di tale statuizione, il tema deve ritenersi definitivamente precluso e, quindi, correttamente disatteso dalla Corte di appello.
L’ultimo motivo di ricorso attiene alla conferma della confisca dell’immobile sito in Partinico che, essendo stato acquistato in epoca antecedente al settembre 1995, si collocava in epoca antecedente rispetto al periodo sospetto.
Il motivo deve essere accolto, posto che nell’individuazione dei beni sottratti alla confisca il decreto non ha specificato le ragioni dell’esclusione del suddetto cespite e, quindi, sul punto sussiste il vizio di omessa motivazione.
In conclusione, il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio limitatamente all’individuazione alla quantificazione di eventuali poste attive (depositi di denaro e investimenti finanziari) accumulate epoca antecedenti al settembre 1995, epoca in cui si è manifestata la pericolosità del proposto, dovendo i predetti cespiti essere esclusi dalla confiscai; analoga verifica dovrà essere compiuta in relazione all’epoca di acquisto dell’immobile di cui al punto 13 del decreto di primo grado.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili nel resto.
P.Q.M.
-s — RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Palermo in diversa composizione per nuovo giudizio sul punto. Accoglie i ricorsi limitatamente alla confisca dell’immobile indicato al n.13 del decreto del giudice di primo grado e ai beni mobili di cui alla lett.F con rinvio alla @
Dichiara inammissibili i ricorsi nel resto.
Così deciso il 20 febbraio 2024
Il Consigliere estensore