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Confisca e Fallimento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20812/2024, ha affrontato un importante caso di omesso versamento di IVA da parte del legale rappresentante di una società. Il punto centrale riguarda la relazione tra confisca e fallimento: la Corte ha stabilito che la confisca diretta del profitto del reato può essere disposta sui beni della società, anche se questa è stata dichiarata fallita. La decisione della Corte d’Appello, che aveva optato per la confisca per equivalente a carico dell’imputato ritenendo impossibile aggredire il patrimonio societario, è stata annullata su questo specifico punto con rinvio per un nuovo esame.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca e Fallimento: la Cassazione apre alla confisca sui beni della società fallita

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 20812 del 2024 getta nuova luce sul complesso rapporto tra confisca e fallimento in materia di reati tributari. Con una decisione che si allinea a un orientamento giurisprudenziale più recente, la Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: la confisca diretta del profitto del reato può essere eseguita sui beni di una società, anche se questa è stata dichiarata fallita. Questa pronuncia ribalta una visione precedente, offrendo importanti spunti di riflessione per professionisti e imprese.

I Fatti del Processo: Un Lungo Itinerario Giudiziario

Il caso trae origine da una condanna per omesso versamento di IVA (reato previsto dall’art. 10 ter del D.Lgs. 74/2000) a carico del legale rappresentante di una società. In primo grado, il Tribunale aveva condannato l’imputato e disposto la confisca per equivalente sui suoi beni personali per un importo di oltre 600.000 Euro, corrispondente all’imposta evasa.

La vicenda processuale ha visto diversi passaggi. La Corte d’Appello, in un primo momento, aveva confermato la decisione. Successivamente, la Cassazione aveva annullato parzialmente la sentenza, rinviando il caso alla Corte d’Appello per rideterminare la pena (a seguito della prescrizione di un capo d’imputazione) e, soprattutto, per verificare la possibilità di procedere prima con una confisca diretta sui beni della società che aveva beneficiato del reato.

Nel giudizio di rinvio, la Corte d’Appello aveva confermato la confisca per equivalente a carico dell’imputato, sostenendo che, essendo la società stata dichiarata fallita, non fosse più possibile aggredire il suo patrimonio. Contro questa decisione, l’imputato ha nuovamente proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul tema della confisca e fallimento

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo alla confisca. Ha ritenuto errata la conclusione della Corte d’Appello, basata su un orientamento giurisprudenziale ormai superato.

I giudici di legittimità hanno chiarito che, secondo la giurisprudenza più recente e consolidata, il sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto di un reato tributario è ammissibile anche sui beni societari compresi nell’attivo fallimentare. La dichiarazione di fallimento non costituisce un ostacolo insormontabile, poiché la società, pur spossessata della gestione dei beni, ne conserva la titolarità fino al momento della vendita.

Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sulla confisca, rinviando nuovamente alla Corte d’Appello di Firenze per un nuovo giudizio sul punto. Il giudice del rinvio dovrà quindi valutare concretamente la possibilità di aggredire il patrimonio della società fallita prima di poter considerare la via della confisca per equivalente a carico del legale rappresentante.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine: la confisca diretta ha sempre la precedenza su quella per equivalente. Quest’ultima è una misura sussidiaria, applicabile solo quando sia impossibile reperire e sequestrare i beni che costituiscono il profitto diretto del reato.

La Corte ha specificato che lo stato di fallimento non implica automaticamente l’impossibilità di procedere con la confisca diretta. Sebbene i beni siano vincolati alla procedura concorsuale per soddisfare i creditori, la loro provenienza illecita (in quanto profitto di reato) giustifica l’intervento della misura penale. La confisca mira a ristabilire l’ordine economico violato, sottraendo alla disponibilità del reo (in questo caso, la società) i vantaggi economici derivanti dall’illecito.

La Cassazione ha invece dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, con cui si lamentava la mancata rideterminazione dell’importo della confisca a seguito della prescrizione di uno dei reati. I giudici hanno ritenuto la questione coperta da giudicato, in quanto il precedente rinvio era limitato alla sola verifica sulla tipologia di confisca da applicare (diretta o per equivalente) e alla rideterminazione della pena, senza rimettere in discussione l’ammontare del profitto confiscabile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame consolida un importante principio in materia di confisca e fallimento. Essa chiarisce che la procedura fallimentare non crea uno ‘scudo’ protettivo per i profitti derivanti da reati tributari. Prima di poter aggredire il patrimonio personale del legale rappresentante con una confisca per equivalente, l’autorità giudiziaria ha il dovere di accertare se sia possibile recuperare le somme illecitamente ottenute direttamente dal patrimonio della società, anche se in stato di insolvenza. Questa decisione rafforza gli strumenti di contrasto all’evasione fiscale, garantendo che i proventi del reato vengano recuperati prioritariamente dalla persona giuridica che ne ha tratto diretto vantaggio.

È possibile disporre la confisca dei beni di una società che è stata dichiarata fallita?
Sì. Secondo la sentenza, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto di un reato tributario può essere eseguito anche sui beni societari compresi nell’attivo fallimentare, poiché la società ne conserva la titolarità fino alla vendita.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello sulla confisca?
La Cassazione l’ha annullata perché la Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto che lo stato di fallimento impedisse la confisca diretta sui beni della società, confermando la confisca per equivalente a carico dell’imputato. Questo si basa su un orientamento giuridico superato, in quanto la confisca diretta deve sempre essere tentata prima di quella per equivalente.

Qual è la differenza tra confisca diretta e confisca per equivalente?
La confisca diretta colpisce i beni specifici che costituiscono il profitto o il prezzo del reato. La confisca per equivalente, invece, è una misura sussidiaria che si applica quando non è possibile procedere alla confisca diretta e colpisce beni di valore corrispondente al profitto del reato, presenti nel patrimonio del condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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