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Confisca e fallimento: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44790/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva la revoca parziale di una confisca per equivalente. La Corte ha stabilito che i beni già sottoposti a sequestro preventivo penale non entrano a far parte della massa attiva di una successiva procedura fallimentare, chiarendo così il rapporto tra confisca e fallimento e la prevalenza del vincolo penale.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca e Fallimento: La Cassazione Sancisce la Prevalenza del Vincolo Penale

In una recente e significativa pronuncia, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema del rapporto tra confisca e fallimento, stabilendo principi chiari sulla prevalenza delle misure cautelari penali rispetto alle procedure concorsuali. La sentenza in esame chiarisce che i beni già sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca non possono essere inclusi nella massa attiva di un successivo fallimento, consolidando un orientamento di fondamentale importanza pratica.

Il Caso in Esame: Dalla Confisca all’Istanza di Revoca

La vicenda trae origine dalla richiesta di un condannato di ottenere una revoca parziale della confisca per equivalente disposta a suo carico. L’istante sosteneva che il valore dei beni confiscati eccedesse l’importo dovuto. Il Tribunale, in sede di rinvio, aveva respinto tale istanza. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, articolando due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso: Valutazione dei Beni e Rapporto tra Confisca e Fallimento

Il ricorrente lamentava, in primo luogo, un vizio di motivazione riguardo la stima del valore dei beni. A suo dire, il giudice si sarebbe basato su una perizia fondata su valori non corretti e distanti dalla realtà di mercato.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale della controversia, il ricorrente invocava la violazione dell’art. 63 del D.Lgs. 159/2011. Sosteneva che i beni di una società, appresi nell’ambito di una procedura fallimentare, avrebbero dovuto essere esclusi dalla confisca. Secondo la sua tesi, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca sui diritti di credito avrebbe dovuto prevalere solo in caso di procedure concorsuali sul medesimo bene, ma non escludere l’acquisizione dei beni stessi alla massa fallimentare.

Le Motivazioni della Cassazione sul rapporto tra confisca e fallimento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente. Le motivazioni della Corte offrono spunti cruciali per comprendere la gerarchia tra le procedure.

La Scelta tra Diverse Perizie è un Giudizio di Fatto

Sul primo motivo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la scelta del giudice tra diverse tesi prospettate da periti e consulenti costituisce un giudizio di fatto, non sindacabile in sede di legittimità. L’importante è che il giudice motivi in modo accurato e approfondito le ragioni della sua scelta, cosa che nel caso di specie era avvenuta. Il Tribunale aveva infatti optato per i valori di stima più contenuti, adottando un criterio prudenziale e spiegandone il perché.

Prevalenza del Sequestro Penale sul Fallimento

Sul secondo e più rilevante motivo, la Cassazione ha smontato la tesi del ricorrente. I giudici hanno chiarito che nessuno dei beni sottoposti a confisca penale era stato ricompreso nell’attivo fallimentare, proprio perché su di essi gravava già un sequestro preventivo trascritto. L’osservazione del ricorrente, secondo cui tutti i beni del fallito dovrebbero sempre confluire nella massa attiva, è stata giudicata errata. La stessa normativa richiamata (art. 63, co. 6, D.lgs. 159/2011) prevede esplicitamente l’ipotesi in cui nel fallimento siano ricompresi esclusivamente beni già sequestrati, caso in cui il tribunale dichiara chiuso il fallimento. Questo dimostra che il legislatore ha contemplato e regolato il conflitto tra le due procedure, dando prevalenza al vincolo penale. Il fatto che l’ordinamento regoli il conflitto in caso di incapienza non significa che, in caso di capienza, la curatela possa apprendere beni già vincolati dalla misura ablativa penale.

Le Conclusioni: Un Principio di Certezza Giuridica

La sentenza rafforza un principio cardine: il vincolo derivante dal sequestro preventivo penale, se trascritto, è opponibile alla procedura fallimentare successivamente avviata. I beni colpiti dalla misura cautelare penale sono, di fatto, ‘sottratti’ alla disponibilità dei creditori concorsuali. Questa decisione fornisce certezza giuridica e delinea con chiarezza i confini e le priorità tra la tutela degli interessi pubblicistici perseguiti dal diritto penale e le ragioni creditorie tutelate dal diritto fallimentare.

Un bene sottoposto a sequestro preventivo penale rientra anche nella massa attiva di un successivo fallimento?
No, la sentenza chiarisce che i beni già sottoposti a sequestro preventivo trascritto non vengono appresi all’attivo fallimentare, poiché il vincolo penale prevale.

Come viene risolto il conflitto tra la confisca penale e la procedura fallimentare?
La legge (in particolare l’art. 63 del D.Lgs. 159/2011) stabilisce la prevalenza del sequestro finalizzato alla confisca sui diritti di credito vantati sul medesimo bene in una procedura concorsuale. I beni vincolati penalmente sono quindi esclusi dalla procedura fallimentare.

Il giudice può scegliere liberamente tra diverse perizie sul valore dei beni confiscati?
Sì, la scelta tra diverse perizie tecniche è considerata un giudizio di fatto, che non può essere riesaminato in Cassazione, a condizione che il giudice fornisca una motivazione accurata e approfondita delle ragioni che lo hanno portato a preferire una tesi rispetto a un’altra.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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