Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26838 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26838 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, il quale ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 settembre 2023, la Corte di appello di Torino, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato la prevalenza, nei limiti dell’importo di euro 305.069,25, del diritto di garanzia vantato da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME ed in relazione al quale, in data 9 novembre 2011, è stata iscritta ipoteca giudiziale su taluni immobili a lui intestati sulla confisca dispost per equivalente, sui medesimi beni nell’ambito di un procedimento penale promosso a carico di COGNOME e concluso con sentenza irrevocabile di condanna del 25 settembre 2015.
La Corte di appello – che si è pronunciata a seguito di un duplice annullamento con rinvio, da parte della Corte di cassazione, dei provvedimenti in precedenza resi sull’istanza presentata dalla RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria per la gestione del credito nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE – ha, in proposito, rilevato, tra l’altro:
che l’oggetto del procedimento, secondo quanto chiarito dalla Corte di cassazione con la seconda sentenza di annullamento, «non è il mero riconoscimento dell’esistenza della garanzia costituita a favore di RAGIONE_SOCIALE, certo non dubbia, ma della sua opponibilità allo Stato, che richiede i requisiti pure indicati nella sentenza di annullamento con rinvio e codificati, seppure in relazione alla confisca di prevenzione, dall’art. 52 D.L.vo 159/2011»;
che, nel caso di specie, sussistono le condizioni per riconoscere tutela al diritto reale di garanzia vantato, sui beni confiscati, dal terzo, il quale vanta u credito COGNOME che COGNOME è COGNOME sorto COGNOME anteriormente COGNOME al COGNOME compimento, COGNOME da COGNOME parte dell’imputatodebitore, dell’attività illecita che gli è valsa la condanna penale e che, per la sua genesi ed il complessivo sviluppo della vicenda, si palesa del tutto sganciato dalla conAVV_NOTAIOa criminosa, onde non può dubitarsi della buona fede dell’istituto bancario;
che il parziale soddisfacimento, per altra via, della pretesa creditoria di RAGIONE_SOCIALE, ha riAVV_NOTAIOo la misura dell’obbligazione ad euro 305.069,25.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta violazione di legge per avere la Corte di appello travalicato i limit dell’accertamento di sua competenza.
Osserva, al riguardo, che «la Corte d’Appello si sarebbe dovuta limitare a verificare la sussistenza dei due criteri necessari per poter accertare la sopravvivenza del diritto reale di garanzia a seguito della confisca, ossia quello dell’anteriorità dell’iscrizione nei registri immobiliari dell’ipoteca rispetto
confisca e quello della buona fede della banca» senza, però, statuire la «prevalenza» del diritto di garanzia vantato da RAGIONE_SOCIALE sulla confisca, rideterminandone persino l’importo.
Così facendo, continua, il giudice dell’esecuzione ha omesso di considerare che gli immobili su cui gravano le ipoteche iscritte da RAGIONE_SOCIALE sono ormai entrati, una volta divenuta definitiva la confisca, nel patrimonio dello Stato e non possono, pertanto, essere assoggettati, per espressa previsione di legge, ad espropriazione forzata.
Tanto, chiosa, in linea con quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento ai beni sottoposti a confisca di prevenzione, la cui disciplina si estende anche alle fattispecie di confisca per equivalente in materia tributaria.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché vertente su censure manifestamente infondate.
L’art. 52 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, secondo cui la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi e i diritti reali di garanzia anteriori sequestro, sebbene riferita alla cd. confisca di prevenzione, esprime un principio generale, valido anche per gli altri tipi di confisca, diretta o per equivalente, per i quali venga in rilievo la posizione del terzo titolare di diritti di credito o di garanzia, ivi compresa quella in ambito tributario di cui all’art. 12-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (Sez. 3, n. 39201 del 15/12/2020, dep. 2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 282275 – 01; Sez. 3, n. 38608 del 18/04/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 277159 – 02).
Nel caso di specie, discutendosi, appunto, di confisca per equivalente, disposta all’esito di procedimento penale per reati fiscali, il terzo creditore ha fatto valere, con lo strumento dell’incidente di esecuzione, il proprio diritto, assistito da idonea garanzia reale, e comprovato la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 57, comma 1, lett. b) posto che: i crediti risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro; i diritti reali di garanzia sono stati costituiti in epoca anteriore al sequestro; non vi è prova della strumentalità del credito rispetto all’attività illecita o a
quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego; il creditore ha dimostrato d avere agito in buona fede e sulla base di inconsapevole affidamento – onde è incontestato che la situazione giuridica sia meritevole di tutela.
Ciò posto, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che l’interesse dell’istituto di credito, che lo ha azionato tramite la società mandataria RAGIONE_SOCIALE, sia soddisfatto dal riconoscimento della sua prevalenza, nei limiti dell’importo residuo dell’obbligazione, riAVV_NOTAIOo per effetto di concorrenti, autonome iniziative di recupero, sulla confisca disposta in sede penale, in tal modo stabilendo, in sostanza, che il ricavato della vendita dei beni indicati nel provvedimento ablatorio dovrà essere prioritariamente destinato alla tacitazione, nella misura determinata, della pretesa vantata da RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello si è, per questa via, orientata in continuità con quanto disposto dalla Corte di cassazione con la seconda sentenza di annullamento (Sez. 2, n. 13024 del 24/02/2023), ove è stato chiarito (cfr., in specie, pag. 3) che l’accertamento demandato al giudice dell’esecuzione è funzionale ad «evitare la sua inefficacia ovvero la sua estinzione per effetto della confisca comportante il trasferimento allo Stato della proprietà del bene su cui insiste, estinzione che si verifica nel caso in cui non venga accertata giudizialmente la buona fede del titolare del diritto medesimo all’atto della sua costituzione».
Il giudice dell’esecuzione ha, pertanto, inteso ribadire, in perfetto ossequio al principio di diritto affermato dalla sentenza di annullamento, la sussistenza di tutte le condizioni di legge per riconoscere al credito del terzo istante ed alla garanzia reale che lo assiste la priorità conseguente all’anteriorità dell’insorgenza dell’obbligazione e dell’iscrizione delle ipoteche rispetto al vincolo cautelare apposto nell’ambito del procedimento penale e, quindi, alla confisca disposta al suo esito.
A confutazione della principale obiezione del ricorrente, va, ulteriormente, rilevato che il dispositivo dell’ordinanza impugnata non confligge con il supposto divieto legale di assoggettamento dei beni confiscati alla procedura di espropriazione forzata immobiliare che, laddove esistente, non verrebbe meno per effetto della contestata declaratoria di prevalenza.
A quest’ultimo proposito, è opportuno, peraltro, segnalare che il ricorrente trae argomento dalla disciplina della confisca di prevenzione, la cui estensione alla confisca penale tout court è espressamente circoscritta, ai sensi dell’art. 104-bis, comma 1-bis, secondo periodo, disp. att. cod. proc. pen., alle «disposizioni di cui al titolo IV del Libro I del citato decreto legislativo» e, quin agli artt. 52 e ss..
Ed invero, versandosi in fattispecie estranea al perimetro disegnato dall’art. 240 -bis cod. pen. e dalle altre disposizioni di legge che ad esso rinviano e concernendo il procedimento promosso nei confronti di NOME COGNOME delitti diversi da quelli di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., non si applicano alla vicenda de qua agitur le disposizioni dettate dal c.d. «Codice antimafia» in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, in questo senso deponendo il nitido disposto dell’art. 104 -bis, comma 1-quater, secondo periodo, disp. att. cod. proc. pen..
Da tanto discende che non si radica, nel caso in esame, la competenza dell’RAGIONE_SOCIALE – che, in forza del terzo periodo del già citato comma 1-quater, «coadiuva l’autorità giudiziaria nell’amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati, fino al provvedimento di confisca emesso dalla corte di appello e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi secondo le modalità previste dal citato decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159» – restando, invece, l’iter successivo alla confisca soggetto alle regole dettate dall’art. 86 disp. att. cod. proc. pen..
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/03/2024.