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Confisca e concordato: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha stabilito che la confisca per equivalente disposta a carico dell’amministratore per reati tributari non interferisce con il concordato preventivo della società. La misura colpisce il patrimonio personale dell’imputato, non quello aziendale destinato al piano concordatario, respingendo così il ricorso.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente e Concordato Preventivo: la Cassazione traccia i confini

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7388 del 2025, offre un’importante chiave di lettura sui rapporti tra la confisca per equivalente nei reati tributari e le procedure di concordato preventivo. La Corte ha stabilito un principio netto: la misura ablativa che colpisce il patrimonio personale dell’amministratore non può essere ostacolata dal piano di risanamento della società, in quanto si tratta di due sfere giuridiche e patrimoniali distinte. Analizziamo i dettagli di questa decisione cruciale.

Il Caso in Esame: Reati Tributari, Patteggiamento e Concordato

I fatti riguardano l’amministratore di una società farmaceutica, il quale aveva definito la propria posizione con un patteggiamento per reati tributari. Nello specifico, gli venivano contestati l’omesso versamento dell’IVA per oltre 616.000 euro e l’omesso versamento di ritenute per più di 592.000 euro. La pena concordata era stata di sei mesi di reclusione, convertita in una sanzione pecuniaria.

Oltre alla pena, il Tribunale aveva disposto la confisca, anche per equivalente, di una somma pari all’intero debito tributario (circa 1,2 milioni di euro), da aggredire sul patrimonio dell’imputato. La difesa dell’amministratore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che tale confisca avrebbe pregiudicato l’attuazione del concordato preventivo omologato per il gruppo societario di cui faceva parte l’azienda, rendendo di fatto impossibile per l’Erario recuperare i crediti tributari attraverso la procedura concorsuale.

I Motivi del Ricorso e la Confisca per Equivalente

La difesa ha articolato il ricorso su diversi punti, tra cui:

1. Interferenza con il concordato: Si sosteneva che la confisca sui beni personali dell’amministratore e su quelli societari avrebbe minato la continuità aziendale e il piano di rientro approvato dal tribunale civile.
2. Duplicazione sanzionatoria: Secondo il ricorrente, la confisca si sarebbe sovrapposta al pagamento del debito tributario già previsto nel piano concordatario, colpendo beni già destinati a tale scopo.
3. Vizio procedurale: Era stata sollevata anche una questione di nullità del decreto di citazione a giudizio, per la mancata indicazione dell’avvertimento sulla possibile applicazione della confisca.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso in ogni sua parte, ritenendolo infondato. I giudici di legittimità hanno chiarito in modo definitivo la distinzione tra il patrimonio della società e quello personale dell’amministratore che ha commesso il reato.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su un principio cardine del diritto: la netta separazione tra la personalità giuridica della società e quella della persona fisica che la amministra. La confisca per equivalente, come precisato dai giudici, interviene quando non è possibile aggredire il profitto diretto del reato. Essa si rivolge al patrimonio personale del reo per un valore corrispondente a tale profitto. Nel caso di specie, il profitto del reato tributario è identificato nel risparmio di spesa ottenuto con l’omesso versamento delle imposte.

Di conseguenza, la misura ablativa non colpisce i beni della società, che è un soggetto giuridico distinto e autonomo, ma esclusivamente quelli dell’imputato. Pertanto, la confisca non può in alcun modo pregiudicare il piano concordatario della società, il quale riguarda il patrimonio e i debiti dell’azienda, non quelli personali del suo amministratore.

La Corte ha inoltre specificato che, anche qualora fosse stata dimostrata (cosa non avvenuta nel caso di specie) un’identità tra il debito tributario inserito nel concordato e il profitto del reato, la confisca per equivalente colpisce i beni nella libera disponibilità dell’imputato, e non quelli dell’impresa. Quest’ultima, dotata di autonomia patrimoniale, è un soggetto diverso dall’imputato. Infine, i giudici hanno respinto la questione procedurale, rilevando che la norma invocata non era ancora in vigore al momento dell’emissione del decreto di citazione a giudizio.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione ribadisce un orientamento consolidato, rafforzando la distinzione tra la responsabilità penale e patrimoniale dell’amministratore e le vicende concorsuali della società. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: un amministratore non può eccepire l’esistenza di un concordato preventivo aziendale per sottrarre il proprio patrimonio personale alla confisca per equivalente derivante da reati tributari. La lotta all’evasione fiscale attraverso strumenti ablativi si conferma prioritaria e autonoma rispetto alle procedure di risanamento aziendale, garantendo che chi commette il reato risponda con i propri beni, senza poter fare scudo con il patrimonio della società amministrata.

La confisca per equivalente disposta contro l’amministratore può essere bloccata dal concordato preventivo della sua società?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la confisca per equivalente colpisce il patrimonio personale dell’imputato, che è una sfera giuridica distinta e separata da quella della società. Pertanto, la procedura di concordato preventivo, che riguarda il patrimonio aziendale, non può impedire o interferire con la confisca dei beni personali dell’amministratore.

Qual è la differenza tra la confisca del profitto del reato e la confisca per equivalente?
La confisca del profitto del reato aggredisce direttamente i beni che costituiscono il vantaggio economico derivato dall’illecito. La confisca per equivalente, invece, si applica quando non è possibile reperire tali beni e consente di apprendere altre utilità patrimoniali di valore corrispondente che si trovano nella disponibilità del reo.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per contestare la confisca?
Sì, ma solo per specifici motivi. Sebbene l’appello contro le sentenze di patteggiamento sia limitato, è possibile ricorrere in Cassazione per motivi attinenti all'”illegalità della pena o della misura di sicurezza”. La confisca rientra in questa categoria, quindi è possibile contestarne l’applicazione se ritenuta illegittima, ad esempio per mancanza dei presupposti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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