Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9268 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9268 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nata a San Germano dei Berici il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 03/04/2023 della CORTE APPELLO MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 3 aprile 2023 la Corte d’appello di Milano, quale giudice del rinvio a seguito della sentenza della Corte di Cassazione numero 337 del 2022, ha, per quanto qui rileva, disposto “la confisca diretta dei beni oggetto del sequestro preventivo disposto dal g.i.p. del tribunale di Busto RAGIONE_SOCIALE con decreto del 24 ottobre 2014″.
In particolare, il giudice del rinvio ha ritenuto che il profitto del reato di c all’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è rappresentato dal valore dei beni sottratti fraudolentemente alla garanzia dei crediti delle amministrazioni finanziarie, quindi, nel caso in esame, profitto del reato sono i beni oggetto della scissione RAGIONE_SOCIALE; l’art 12-bis d.lgs. 74 del 2000 prevede come obbligatoria la confisca
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diretta o equivalente del profitto del reato, in base a detta norma sono, pertanto, suscettibili di confisca diretta i beni già oggetto del sequestro preventivo disposto dal RAGIONE_SOCIALE Busto RAGIONE_SOCIALE; se non applicato l’art. 12-bis perché entrato in vigore dopo i fatti, sono comunque confiscabili ex art. 240 cod. peri. i beni già oggetto del sequestro preventivo disposto dal gip di Busto RAGIONE_SOCIALE quale confisca diretta del profitto del reato, necessaria, visto il carattere cautelare della misura di sicurezza, per evitare che essi vengano illecitamente dispersi in conseguenza della condotta illecita già perpetrata.
2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso NOME COGNOME, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione, perchè la sentenza impugnata ha omesso di indicare l’iter logico giuridico seguito per individuare la natura della confisca; nessuna argomentazione ha fornito la sentenza in ordine alla titolarità dei beni oggetto ci confisca; essa non ha, inoltre, indicato il percorso argomentativo per stabilire la concreta possibilità di procedere a confisca diretta dei beni presenti nel patrimonio RAGIONE_SOCIALE ed, in caso contrario, di procedere a quella per equivalente; essa non ha, inoltre, fornito adeguata motivazione in ordine alle ragioni legittimati la confisca, con specifico riferimento alla pericolosità derivante dalla permanenza dei beni in capo alla ricorrente o alle società cui erano trasferiti.
3. La difesa dell’imputata ha chiesto la discussione orale.
Con requisitoria orale il AVV_NOTAIO generale, AVV_NOTAIO, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Nessuno era presente in udienza per la difesa dell’imputata.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
1.1. In primo grado NOME COGNOME è stata condannata, per ciò che rileva in questo giudizio, per il reato dell’art. 11 d.lgs. 74 del 2300 perché, quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, aveva trasferito simulatamente alla RAGIONE_SOCIALE, neocostituita dagli stessi soci della RAGIONE_SOCIALE, il patrimonio della prima, attraverso una operazione di scissione del patr’imonio RAGIONE_SOCIALE eseguita il 17 maggio 2013; alla RAGIONE_SOCIALE era stato trasferito, in particolare, un patrimonio netto costituito da immobilizzazioni materiali pari a 4.360.463 euro.
Con la condanna il giudice di primo grado non aveva disposto su questi beni confisca ex art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 perché gli stessi erano stati confiscati nel procedimento a carico del coimputato COGNOME che aveva scelto l’abbreviato ed, a giudizio del giudice di primo grado, non si poteva duplicare la sanzione, e perché il reato dell’art. 11 era stato posto in continuazione come reato satellite con l’ulteriore reato degli artt. 216 e 223 I. 16 marzo 1942, n. 267, relativo alla avvenuta bancarotta della RAGIONE_SOCIALE, ed, a giudizio del giudice di primo grado, il reato satellite non poteva riacquistare autonomia sul piano della confisca.
La sentenza di appello del 20 gennaio 2021 aveva confermato la condanna dell’imputata per il reato dell’art. 11 d.lgs. 74 del 2000 ed aveva, invece, disposto la confisca dei beni mobili ed immobili sottoposti a sequestro fino alla concorrenza della somma di euro 4.360.000.
La Corte di cassazione con la sentenza 8/11/2021, dep. 2022, n. 337, ha annullato senza rinvio, per intervenuta prescrizione, la condanna dell’imputata per il reato dell’art. 11 d.lgs. 74 del 2000, ed al contempo ha annullato con rinvio, per difetto di motivazione, la statuizione sulla confisca, affermando che dalla motivazione della pronuncia di appello non era possibile comprendere se il giudice di secondo grado avesse disposto una confisca diretta o per equivalente.
Nel giudizio di rinvio la seconda sentenz:a di appello, impugnata con l’odierno ricorso, ha disposto nuovamente la confisca “dei beni oggetto del sequestro preventivo disposto dal gip del tribunale di Busto RAGIONE_SOCIALE con decreto del 24 ottobre 2014″, ed in motivazione ha precisato che “ex art. 12-bis d. Igs. n. 74 del 2000 (entrato in vigore nel 2015) la confisca (diretta o per equivalente) del profitto del reato è obbligatoria, quindi in base a detta normativa sono suscettibili di confisca diretta i beni già oggetto del sequestro preventivo disposto con decreto gip Busto RAGIONE_SOCIALE 24 ottobre 2014. E – se non applicato l’articolo 12-bis perché è entrato in vigore dopo i fatti – sono quantomeno confiscabili ex art 240 cod. pen. i beni già oggetto del sequestro preventivo disposto con decreto gip Busto RAGIONE_SOCIALE 24 ottobre 2014 quale confisca diretta del profitto del reato, necessaria – visto il carattere cautelare della misura di sicurezza – per evitare che i beni (già oggetto del sequestro preventivo) vengano illecitamente dispersi in ccinseguenzialità alla condotta illecita già perpetrata”.
1.2. Ciò posto, il ricorso attacca la sentenza impugnata affermando che questa ha omesso di indicare l’iter logico giuridico seguito per individuare la natura della confisca, ma si tratta di censura infondata, perché in realtà la pronuncia indica l’iter logico attraverso cui è giunta a disporre nuovamente la confisca, in quanto essa ritiene che i beni oggetto della stessa siano profitto confiscabile sia ai sensi della norma speciale dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, che però, valuta non
applicabile al caso in esame perché successiva alla data di commissione del reato, sia ai sensi della norma generale dell’art. 240 cod. pen.
La motivazione della pronuncia impugnata è errata a favore della imputata, perché, in realtà, l’art. 12-bis n. d.lgs. 74 del 2000 è applicabi le al reato in esame, commesso il 17 maggio 2013, perché la norma dell’art. 12-bis, che il giudice di appello ha evidenziato essere entrata in vigore nel 2015, è meramente riproduttiva della precedente norma dell’art. 1, comma 143, I. 24 dicembre 2007, n. 244, che già prevedeva la confisca diretta e, in subordine, per equivalente, per il reato dell’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000.
Il collegio ritiene, però, che l’errore di diritto sia emendabile in forza dell’art 619, comma 1, cod. proc. pen. che dispone che “gli errori di diritto nella motivazione e le erronee indicazioni di testi di legge non producono l’annullamento della sentenza impugnata, se non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo. La corte tuttavia specifica nella sentenza le censure e le rettificazioni occorrenti”, norma interpretata dalla giurisprudenza nel senso che “i casi di rettificazione elencati nell’art. 619, commi 1 e 2, cod. proc. pen. non sono 1:assativi ed è quindi suscettibile di rettificazione ogni altro erroneo enunciato contenuto nella sentenza impugnata, del quale sia palese e pacifica la riconoscibilità, qualora non comporti la necessità dell’annullamento. In motivazione, la Corte ha precisato che questa “regola” discende dai principi dell'”economia”, dell’efficienza processuale” e della “massima semplificazione nello svolgimento del processo con eliminazione di ogni atto ed attività non essenziale” (Sez. 1, Sentenza n. 35423 del 18/06/2014, Ortolano, Rv. 260279; conforme Sez. 1, Sentenza n. 22651 del 22/05/2014, COGNOME, Rv. 259624).
Ne consegue che la sentenza impugnata va, dunque, rettificata, nella motivazione, ai sensi dell’art. 619 c.p.p., e deve ritenersi disposta la confisca obbligatoria del profitto del reato ex art. 12-bis d.lgs. 74 del 2000, in quanto norma applicabile al momento di commissione del reato, attesa la continuità tra essa e la precedente disposizione dell’art. 1, comma 143, I. n. 244 del 2007.
1.3. Il ricorso attacca la sentenza impugnata anche affermando che essa non ha fornito alcuna argomentazione in ordine alla titolarità dei beni oggetto di confisca, però, per il modo in cui è formulata la censura, essa è inammissibile perché non consente di comprendere il percorso logico della censura, ed a cosa essa sia funzionale; non si comprende, in particolare, se il ricorso abbia inteso porre il problema del rapporto tra confisca in danno della società e confisca in danno del reo, oppure se lo stesso abbia inteso sostenere che si trattava di beni di cui era divenuto titolare un terzo estraneo al giudizio, peraltro neanche indicato.
Il ricorso attacca la sentenza impugnata deducendo, inoltre, che essa non ha indicato il percorso argomentativo per stabilire la concreta possibilità di procedere a confisca diretta dei beni presenti nel patrimonio RAGIONE_SOCIALE ed, in caso contrario, di procedere a quella per equivalente, ma l’argomento non è conferente con il provvedimento impugnato che ha disposto soltanto la confisca diretta dei beni oggetto del sequestro preventivo, e non anche, in caso di incapienza, la confisca per equivalente di quelli del reo, secondo il percorso previsto dalla norma del vecchio art. 1, comma 143, citato e dell’attuale art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 (e su cui v. Sez. U, Sentenza n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648), errore non emendabile da questa Corte in quanto la confisca per equivalente sui beni del reato ha natura sanzionatoria, ed, in difetto di impugnazione da parte del pubblico ministero, al giudice di legittimità non è dato poter provvedere all’inserimento nel dispositivo della sentenza impugnata, mediante lo strumento dell’art. 619 cod. proc pen., di una pena non disposta dal giudice del merito (Sez. 2, Sentenza n. 22494 del 25/05/2021, NOME, Rv. 281453).
Il ricorso attacca la sentenza impugnata deducendo, da ultimo, che essa non ha fornito adeguata motivazione in ordine alle ragioni legittimati la confisca, con specifico riferimento alla pericolosità derivante dalla permanenza dei beni in capo alla ricorrente o alle società cui erano trasferiti. L’argomento è infondato, sia perché nel caso di confisca obbligatoria il periculum in mora non rileva, atteso che “il rapporto di pertinenzialità tra bene e reato è interamente assorbito nella verifica della confiscabilità del bene” (Sez. U, Sentenza n. 29951 del 24/05/2004, C. in fall. Focarelli, Rv. 228166), sia perché, in realtà, la pronuncia di condanna contiene anche un passaggio sul periculum in mora, nella parte in cui precisa che la confisca si rende “necessaria – visto il carattere cautelare della misura di sicurezza – per evitare che i beni (già oggetto del sequestro preventivo) vengano illecitamente dispersi in conseguenzialità alla condotta illecita già perpetrata”, motivazione con cui il ricorso non si confronta.
In definitiva, il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12 gennaio 2024 Il consigliere estensore
GLYPHIl president
GLYPH CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE