Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46791 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46791 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ISCHIA il 30/01/1959
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 del GIP TRIBUNALE di CUNEO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 giugno 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cuneo ha rigettato, in executivis, l’opposizione presentata da NOME COGNOME avverso il provvedimento con cui lo stesso giudice, il 7 ottobre 2022, ha respinto la richiesta della Targa di restituzione della somma a lei sequestrata nell’ambito di un procedimento penale promosso nei suoi confronti in relazione ai reati sanzionati dagli artt. 648-bis e 648-ter cod. pen. e conclusosi, il 21 luglio 2010, con sentenza di applicazione, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., della pena, condizionalmente sospesa, di un anno e dieci mesi di reclusione e 1.400 euro di multa.
Il giudice dell’esecuzione ha premesso che la Targa è risultata coinvolta nell’attività criminosa riconducibile a numerosi soggetti – alcuni dei quali amministratori di società esercenti il commercio di autoveicoli – responsabili di reati concernenti, tra l’altro, la fatturazione delle operazioni imponibili ed il versamento delle imposte indirette.
In particolare, la donna, moglie di NOME COGNOME – protagonista della vicenda quale amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE – ha, da un canto, versato e consentito a terzi di versare sui conti correnti a lei intestati, tra il 2004 ed il 2007, euro 646.900 in contanti ed euro 520.349,40 in assegni e, dall’altro, impiegato nelle attività economiche della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, delle quali era amministratrice, euro 63.300: somme, le une e le altre, frutto dei reati di associazione a delinquere e fiscali, commessi dal marito e dai correi.
Tali condotte sono valse alla Targa il rinvio a giudizio per i reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, in relazione ai quali ha chiesto ed ottenuto l’applicazione di pena concordata.
Nell’ambito del menzionato procedimento penale è stato disposto, nei confronti della Targa, il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di terreni e fabbricati rurali ubicati nel comune di Pontinvrea (SV), di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e del valore complessivo di euro 405.500, sino alla concorrenza di euro 63.300, cioè dell’importo di provenienza illecita destinato al loro acquisto.
Successivamente, il vincolo cautelare è stato trasferito dapprima, su richiesta dell’amministratore della RAGIONE_SOCIALE e nei limiti della somma di 63,300 euro, sulle quote societarie intestate a NOME COGNOME e, in un secondo momento, su un pari importo di denaro, ricavato dalla cessione, previamente
autorizzata dal giudice precedente, delle quote delle quali la donna era titolare.
Non essendosi provveduto, con la sentenza di patteggiamento né poscia, a stabilire la destinazione di quanto in sequestro, NOME COGNOME ne ha chiesto, a distanza di dodici anni, la restituzione presentando un’istanza che, tuttavia, è stata disattesa dal giudice dell’esecuzione che, anche a seguito dell’opposizione, ha, invece, ordinato la confisca della somma di denaro sul rilievo che, versandosi in ipotesi di confisca c.d. diretta, e non per equivalente, di utilità che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, debba procedersi all’adozione del provvedimento ablatorio.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali lamenta violazione di legge sostanziale e processuale per avere il giudice dell’esecuzione disatteso la richiesta di restituzione e disposto, anzi, la confisca sul fallace presupposto della natura «diretta» o, in alternativa, «per sproporzione» dell’ablazione che, invece, avrebbe potuto essere pronunciata solo «per equivalente», cioè in forza di una norma, l’art. 648 – quater, cod. pen. che, tuttavia, non è applicabile alla fattispecie perché introdotta in epoca posteriore rispetto alla commissione, da parte sua, dei fatti illeciti accertati con la sentenza del 21 luglio 2010.
Con il secondo motivo, deduce – in via subordinata ed in chiave, ancora, di violazione di legge sostanziale e processuale – che la confisca avrebbe dovuto essere, comunque, circoscritta alla misura del profitto da lei tratto grazie all’operazione di riciclaggio e reimpiego, non coincidente con quello ricavato dall’autore del reato presupposto, cui ella è rimasta estranea.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
Le censure articolate con il primo motivo discendono dal postulato secondo cui la confisca della somma di 63.300 euro, già oggetto del provvedimento di sequestro preventivo, sarebbe stata disposta «per equivalente» e, quindi, sulla base di una previsione normativa, l’art. 648 – quater, secondo comma, cod. pen. (che prevede che nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei
delitti previsti dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, qualora non sia possibile procedere alla confisca, obbligatoria, dei beni che ne costituiscono il prodotto o il profitto e che non appartengano a persone estranee al reato, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato), non applicabile al caso di specie, ai sensi dell’art. :2 cod. pen.,
Tanto, in ragione dell’anteriorità della condotta ascritta alla Targa rispetto all’entrata in vigore del d.lgs. 21 settembre 2007, n. 231, che ha introdotto detta misura patrimoniale, e della natura sanzionatoria della confisca «per equivalente» (in questo senso, cfr. Sez. F, n. 33409 del 28/07/2009, Album, Rv. 244840 – 01).
Il ragionamento non persuade, perché qualifica come «per equivalente» la confisca di una somma di denaro che deve, invece, intendersi diretta, perché avente ad oggetto il profitto del contestato reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.
Il giudice dell’esecuzione ha, invero, chiarito che l’addebito mosso, ai sensi dell’art. 648-ter cod. pen., a NOME COGNOME attiene alla ricezione, in tre distinte occasioni, di somme di denaro (dell’importo, rispettivamente, di 12.500, 10.800 e 40.000 euro) che, frutto degli illeciti tributari commessi dal di lei marito e dai correi, sono state versate sui conti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, ed utilizzate, quindi, a scopo di investimento immobiliare.
Per quanto, allora, il sequestro preventivo disposto il 20 maggio 2008 dal Tribunale di Mondovì avesse ad oggetto un compendio immobiliare, l’espresso ed univoco riferimento all’essere il vincolo circoscritto alla somma di euro 63.300, «sicuramente utilizzata in pagamento del terreno e documentata quale di provenienza illecita», ed il successivo trasferimento del sequestro sulle quote societarie e, infine, sulla somma che la Targa ha ricavato dalla loro cessione concorrono ad attestare, come nitidamente rilevato dal giudice dell’esecuzione, che il vincolo ha colpito, in via diretta, la somma di denaro che ha costituito il profitto dei reati presupposti ed è stata reimpiegata dall’odierna ricorrente in attività economiche.
Non v’è, dunque, ragione di dubitare, tanto più in assenza di qualsivoglia elemento di segno contrario, dell’esistenza di un nesso di derivazione pertinenziale tra i reati accertati e le somme sottoposte a sequestro.
Pertinente, al riguardo, si palesa il richiamo, già operato nella motivazione del provvedimento impugnato, all’indirizzo ermeneutico, avallato dal massimo consesso nomofilattico, secondo cui «La confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e
che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione» (Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037 – 01).
A confutazione del secondo ed ultimo motivo di ricorso, deve, poi, ritenersi che il profitto conseguito dalla Targa grazie all’attività di illecito reimpiego coincide con l’importo pervenuto nella sua disponibilità, che ella risulta avere interamente destinato, come detto, ad un investimento immobiliare effettuato nell’interesse di una società della quale era, al tempo, amministratrice.
Deve, pertanto, concludersi nel senso che il patrimonio dell’odierna ricorrente si è accresciuto, per effetto della condotta illecita, in misura pari al valore delle cose che ne hanno costituito oggetto e che risultano soddisfatte, di conseguenze, le condizioni a tal fine enucleate dalla giurisprudenza di legittimità, da lei evocata, nello stabilire che «Il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito» (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264436 – 01; in proposito, cfr. anche Sez. 2, n. 21820 del 26/04/2022, COGNOME, Rv. 283364 – 01).
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/10/2024.