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Confisca diretta: la Cassazione chiede la prova del nesso

Un imprenditore, il cui reato di omesso versamento IVA era stato dichiarato prescritto, subisce una confisca diretta su beni personali. L’imprenditore sostiene che tali beni abbiano un’origine lecita e successiva al reato. La Cassazione annulla il provvedimento, chiarendo che la confisca diretta deve colpire il beneficiario del profitto (la società) e non l’autore del reato (l’amministratore). Per colpire i beni dell’individuo, è necessaria la prova rigorosa che essi derivino dal profitto illecito originario, altrimenti si tratterebbe di una illegittima confisca per equivalente, non applicabile in caso di prescrizione.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca diretta e reati tributari: la Cassazione traccia una linea netta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di confisca diretta per reati tributari, specialmente quando l’illecito è commesso dall’amministratore di una società. La decisione chiarisce che per poter aggredire il patrimonio personale dell’amministratore, è indispensabile una prova rigorosa del trasferimento del profitto illecito dalla società all’individuo. Senza questa prova, la misura diventa una confisca per equivalente mascherata, e quindi illegittima se il reato è prescritto.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda l’amministratore di una S.r.l., il cui reato per omesso versamento dell’IVA (relativo all’anno 2009) era stato dichiarato estinto per prescrizione. Nonostante la prescrizione, era stata confermata la confisca diretta del profitto del reato, quantificato in oltre 340.000 euro. In fase esecutiva, venivano confiscate somme giacenti sui conti correnti personali dell’amministratore e le sue quote sociali. L’interessato si opponeva, sostenendo che le somme confiscate derivavano dalla vendita di immobili acquistati nel 2016, ben sei anni dopo la commissione del reato, e quindi con fondi di provenienza lecita e non collegati al risparmio d’imposta del 2010.

La questione giuridica: i confini della confisca diretta

La questione centrale ruotava attorno alla distinzione tra confisca diretta e confisca per equivalente. La prima colpisce proprio i beni che costituiscono il profitto del reato. La seconda, invece, interviene quando i beni originari non sono più rintracciabili, aggredendo altri beni di valore equivalente appartenenti al reo.
La Corte d’Appello aveva rigettato l’istanza dell’amministratore, presumendo che il ‘risparmio di spesa’ della società (l’IVA non versata) si fosse ‘confuso’ nel patrimonio dell’amministratore e fosse stato poi utilizzato per acquistare gli immobili. La successiva vendita di questi immobili avrebbe generato le somme confiscate. Secondo i giudici di merito, questo processo rientrava ancora nella nozione di confisca diretta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza, accogliendo le ragioni del ricorrente. I giudici di legittimità hanno stabilito che il ragionamento della Corte d’Appello era errato perché basato su una presunzione non supportata da prove. La Corte ha chiarito che il beneficiario del profitto del reato (il risparmio di spesa) era la società, non l’amministratore. Di conseguenza, la confisca diretta avrebbe dovuto colpire il patrimonio della società.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che per poter confiscare beni personali dell’amministratore a titolo di confisca diretta, l’accusa deve fornire la prova rigorosa di un passaggio di denaro dalla società al suo amministratore. È necessario dimostrare che il profitto del reato, originariamente acquisito dalla persona giuridica, sia stato trasferito nel patrimonio della persona fisica e successivamente reimpiegato. Questa ‘metamorfosi’ del profitto deve essere provata attraverso un chiaro nesso causale. Ipotizzare semplicemente che il denaro si sia ‘confuso’ equivale a trasformare una misura diretta in una per equivalente. Poiché la confisca per equivalente ha natura sanzionatoria e richiede una condanna definitiva, essa non può essere applicata in caso di prescrizione del reato. La Corte d’Appello, quindi, ha errato nel non richiedere questa prova rigorosa, rendendo di fatto la confisca illegittima.

Le conclusioni

Questa sentenza è di estrema importanza perché ribadisce la necessità di un accertamento probatorio rigoroso prima di poter aggredire il patrimonio personale di un amministratore per un reato tributario commesso a vantaggio della società. Non basta una semplice presunzione di ‘confusione’ tra patrimoni. Occorre dimostrare il percorso esatto che il profitto illecito ha compiuto per passare dalle casse della società a quelle dell’individuo. In assenza di tale prova, la confisca diretta non può operare sul patrimonio personale dell’amministratore, specialmente se il reato è estinto per prescrizione, tutelando così le garanzie individuali contro misure ablative indiscriminate.

Qual è la differenza tra confisca diretta e per equivalente nei reati tributari?
La confisca diretta colpisce il bene che costituisce il profitto del reato (es. il denaro risparmiato non pagando l’IVA) e può essere disposta anche se il reato è prescritto. La confisca per equivalente colpisce beni di pari valore quando il profitto originario non è reperibile; ha natura sanzionatoria e non può essere applicata se il reato è prescritto.

A chi spetta subire la confisca diretta se il reato tributario è commesso dall’amministratore a vantaggio della società?
Secondo la sentenza, il beneficiario del profitto (il risparmio d’imposta) è la società. Pertanto, la confisca diretta deve colpire, in prima istanza, il patrimonio della persona giuridica.

Quale prova è necessaria per confiscare i beni personali dell’amministratore come ‘metamorfosi’ del profitto societario?
È necessaria la prova rigorosa che non ci sia stata soluzione di continuità tra la somma di denaro risparmiata dalla società e il suo reimpiego nel patrimonio dell’amministratore. Occorre dimostrare, sulla base di concrete circostanze di tempo e luogo, il nesso eziologico tra l’illecito e l’acquisizione del bene da parte della persona fisica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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