Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2566 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2566 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Curatore del Fallimento RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
avverso l’ordinanza del 15/05/2023 del Tribunale di Napoli lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; del ricorso;
lette per il ricorrente le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso o la rimessione alle Sezioni Unite.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/05/2023, il Tribunale di Napoli rigettava l’appello proposto ai sensi dell’art. 322-bis cod.proc.pen., nell’interesse del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, avverso l’ordinanza con cui la Corte di appello di Napoli in data 28.2.2023 aveva rigettato l’istanza di dissequestro e restituzione al predetto di parte delle somme prima sequestrate con decreto messo dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di in data 18/02/2019 e poi confiscate con sentenza emessa dal Gup in data 6.5.2020.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, a mezzo del difensore e procuratore speciale, articolando un unico motivo, con il quale deduce inosservanza e erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 12bis d.lgs 74/2000.
Espone che in data 18/02/2019 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli emetteva un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca in via diretta della somma di euro 1.280,14 nella disponibilità dell’allora RAGIONE_SOCIALE in relazione al reato di cui all’art. 10-quater, comma 2, d.lgs 74/2000 contestato agli amministratori di diritto e di fatto della predetta società al capo 28) dell’imputazione elevata nel proc.pen. 40134/16 avente ad oggetto una lunga serie di contestazioni relative a reati tributari; in esecuzione del provvedimento di sequestro venivano sottoposti a vincolo cautelare reale euro 902.954,86 rinvenuti sui conti correnti della società; in data 19.12.2022 la difesa della curatela fallimentare (con sentenza n. 71/22 del 27.6.2022 era intervenuta dichiarazione di fallimento della società) proponeva istanza di dissequestro e restituzione di una parte dei saldi attivi sequestrati sui conti correnti della società in bonis evidenziando che le somme di denaro erano confluite sui conti della società in epoca successiva al momento di consumazione del reato in contestazione e, cioè, successivamente al 23.11.2017, data in cui veniva trasmesso l’ultimo F24 recante indebite compensazioni; la Corte di appello rigettava l’istanza di dissequestro, provvedimento, poi, confermato dal Tribunale del riesame di Napoli con l’ordinanza del 15.5.2023, oggetto di impugnazione.
Argomenta, quindi, che l’ordinanza impugnata, nel confermare il provvedimento di rigetto dell’istanza di dissequestro, aveva erroneamente qualificato quale profitto del reato di cui all’art. 10-quater dlgs 74/2000 le somme di denaro confluite sui conti correnti della società in epoca successiva alla consumazione del reato, richiamando il dictum delle Sezioni Unite n. 42425/21 e
le successive pronunce della Corte di cassazione che hanno ritenuto il principio di carattere AVV_NOTAIO ed applicabile anche ai reati tributari. Tale conclusione, si afferma in ricorso, non può condividersi perché, attribuendo alla nozione di profitto del reato derivante da risparmio di spesa, integra una violazione del disposto di cui all’art. 12-bis d.lgs 74/2000; nei reati tributari il profitto è rappresentato d risparmio di spesa conseguente alle indebite compensazioni e, quindi, dalle somme che, per effetto delle condotte illecite, non sono state destinate alla spesa fiscale sebbene giacenti sul conto corrente alla scadenza del termine per il versamento; secondo la giurisprudenza di legittimità, le somme percepite dopo la commissione del reato tributario non possono essere ritenute profitto perché non derivano dal reato e non sono, quindi, suscettibili di confisca diretta; esse rappresentano un’unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato, eventualmente aggredibile con un provvedimento ablativo se ricorrono i presupposti per la confisca per equivalente; il predetto orientamento, maggioritario prima dell’intervento delle Sezioni Unite n. 42425/21, risulta affermato anche in seguito con la sentenza n. 11086/2022 della Terza Sezione penale della Cassazione; il Tribunale del riesame avevano rigettato l’appello richiamando il principio AVV_NOTAIO delle Sezioni Unite ma senza operare alcuna distinzione tra profitto costituito da “accrescimento patrimoniale” e profitto integrato da “risparmio di spesa”.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, prospettando l’eventualità della remissione della questione alle Sezioni Unite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
2. Nel disattendere l’appello cautelare, il Tribunale del riesame ha dichiaratamente fatto applicazione del principio affermato da Sez. U n. 42415 del 27/5/2021, C., Rv. 282037, secondo cui, qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura fungibile del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato.
Si tratta di un principio di diritto che deve ritenersi applicabile anche ai reati tributari, e perciò in tutti i casi in cui il profitto consista in un risparmio di sp atteso che – ai fini del vantaggio conseguito, siccome in ciò si risolve prevalentemente il profitto del reato – l’accrescimento patrimoniale e il mancato decremento delle risorse monetarie nella disponibilità del soggetto che ha tratto
profitto dall’illecito, rappresentano concetti equivalenti (cfr Sez.3, n.3575 del 26/11/2021,dep.01/02/2022, RAGIONE_SOCIALE Rv.283761 – 01; Sez. 3, n. 375 del 26/11/2021, Commisso, non mass., Sez. 3 n. 30710 del 23.6.2022, RAGIONE_SOCIALE, non massimata; Sez.3, n.11630 del 2022, non massimata).
Va evidenziato, inoltre, che Sez. 3, n. 42616 del 20/09/2022, RAGIONE_SOCIALE,Rv 283714 ha precisato che la confisca, ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, delle somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante, ha sempre natura di confisca diretta in quanto le stesse costituiscono comunque profitto del reato, risolvendosi in un vantaggio per il suo autore il risparmio di spesa conseguente all’omesso versamento delle imposte; poi, Sez.3, n. 41589 del 16/05/2023, RAGIONE_SOCIALE Rv.285168 – 01 ha ribadito che la confisca, ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, delle somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante, ha natura di confisca diretta in quanto le stesse costituiscono comunque profitto del reato, risolvendosi in un vantaggio per il suo autore il risparmio di spesa conseguente all’omesso versamento delle imposte.
La tesi prospettata dalla ricorrente secondo cui non sarebbero confiscabili in via diretta, le somme di denaro accreditate sul conto corrente bancario in epoca successiva alla commissione del reato perchè non collegate da un nesso di pertinenzialità con il profitto del reato, non può essere condivisa a fronte del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite n. 42415 del 2021, applicabile anche in tema di reati tributari, come condivisibilmente già affermato da questa Corte nelle pronunce summenzionate.
La pronuncia richiamata in ricorso (Sez. 3, n. 11086 del 04/02/2022, Pulvirenti, Rv. 283028) a sostegno della tesi del ricorrente, inoltre, attiene a fattispecie diversa da quella in esame (somme di denaro affluite sul conto corrente della gestione commissariale di una società ammessa a procedura di amministrazione straordinaria in data successiva alla consumazione del delitto ad opera del suo amministratore) e, comunque, non può contrastare il dictum delle Sezioni Unite n. 42415 del 27/5/2021,
Sulla base di queste argomentazioni non v’è spazio per un ulteriore rimessione della decisione alle Sezioni Unite della Corte e il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/11/2023