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Confisca diretta: denaro su c/c anche post-reato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del curatore fallimentare di una società, confermando la legittimità della confisca diretta di somme di denaro presenti sul conto corrente, anche se accreditate dopo la consumazione del reato tributario. La Corte ha stabilito che, essendo il denaro un bene fungibile, qualsiasi somma disponibile rappresenta il profitto del reato, inteso come ‘risparmio di spesa’, e non necessita della prova di un nesso di derivazione diretta.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Diretta: Legittima Anche sul Denaro Depositato Post-Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2566/2024, ha consolidato un principio fondamentale in materia di reati tributari, stabilendo la piena legittimità della confisca diretta sulle somme giacenti su un conto corrente, anche se queste sono state accreditate in un momento successivo alla consumazione dell’illecito. Questa decisione, basata sulla natura fungibile del denaro, chiarisce che il profitto del reato, inteso come ‘risparmio di spesa’, si ‘confonde’ con il patrimonio monetario dell’ente, rendendo irrilevante la provenienza delle singole somme.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Napoli nei confronti di una società a responsabilità limitata, per un reato tributario legato a indebite compensazioni fiscali. A seguito della dichiarazione di fallimento della società, il curatore fallimentare aveva richiesto il dissequestro e la restituzione di una parte delle somme vincolate, sostenendo che tali fondi erano confluiti sui conti correnti in un’epoca successiva al momento consumativo del reato. Secondo la tesi difensiva, mancava un nesso di pertinenzialità diretto tra quelle somme e il profitto illecito. Sia la Corte d’Appello che il Tribunale del riesame avevano rigettato l’istanza, portando il curatore a ricorrere in Cassazione.

La Questione Giuridica e la Confisca Diretta del ‘Risparmio di Spesa’

Il nodo cruciale della controversia riguardava la qualificazione del profitto del reato e l’applicabilità della confisca diretta su beni fungibili come il denaro. Il ricorrente sosteneva che le somme affluite post-reato non potevano essere considerate profitto diretto, ma al massimo avrebbero potuto essere oggetto di una confisca per equivalente, che però richiede presupposti differenti. La questione era se il ‘risparmio di spesa’ derivante dal mancato versamento delle imposte potesse essere aggredito direttamente su qualsiasi somma di denaro presente nel patrimonio della società, a prescindere dal momento del suo accredito.

L’Orientamento delle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione ha risolto la questione richiamando un fondamentale principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 42415 del 2021. Secondo tale pronuncia, quando il profitto o il prezzo di un reato è costituito da denaro, la sua natura fungibile fa sì che la confisca possa avvenire su qualsiasi somma di cui il soggetto abbia la disponibilità, senza che sia necessario dimostrare che si tratti delle medesime banconote o monete provenienti dal delitto. Il denaro illecitamente acquisito si ‘confonde’ con il resto del patrimonio monetario del reo.

Le Motivazioni della Cassazione

Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte ha affermato che il principio stabilito dalle Sezioni Unite è pienamente applicabile anche ai reati tributari, dove il profitto consiste prevalentemente in un ‘risparmio di spesa’. I giudici hanno chiarito che, ai fini del vantaggio illecito, l’accrescimento patrimoniale (un’entrata) e il mancato decremento delle risorse monetarie (un risparmio) sono concetti equivalenti. Entrambi si traducono in una maggiore disponibilità di denaro per il soggetto che ha commesso il reato.

Di conseguenza, le somme di denaro affluite sul conto corrente della persona giuridica, anche successivamente alla commissione del reato, costituiscono comunque profitto confiscabile in via diretta. Esse rappresentano il vantaggio economico derivante dall’omesso versamento delle imposte, un vantaggio che si è concretizzato nel non aver diminuito il proprio patrimonio monetario. La tesi del ricorrente, che richiedeva un nesso di pertinenzialità tra le singole somme e il reato, è stata ritenuta superata dal principio della fungibilità del denaro. La Corte ha concluso che non vi era spazio per una rimessione della questione alle Sezioni Unite, essendo l’orientamento ormai consolidato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza in commento ha importanti implicazioni pratiche. Rafforza l’idea che il patrimonio monetario di una società che ha commesso un reato tributario è interamente esposto alla confisca diretta fino alla concorrenza del profitto illecito. Per le imprese e i loro amministratori, ciò significa che non è possibile ‘ripulire’ un conto corrente semplicemente facendo affluire nuovo denaro, poiché qualsiasi somma presente è considerata l’incarnazione del vantaggio economico illecitamente trattenuto. Questa interpretazione estensiva della confisca diretta rappresenta uno strumento molto efficace per lo Stato nel recupero delle somme sottratte all’erario, ribadendo il principio secondo cui il denaro, una volta entrato illecitamente nel patrimonio, perde la sua ‘identità’ specifica e diventa parte indifferenziata della liquidità disponibile.

Il denaro versato sul conto corrente di una società dopo la commissione di un reato tributario può essere oggetto di confisca diretta?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, data la natura fungibile del denaro, le somme presenti sul conto corrente costituiscono il profitto del reato (sotto forma di risparmio di spesa) e sono soggette a confisca diretta, anche se accreditate in un momento successivo alla consumazione del reato.

È necessario provare un legame diretto tra le somme sequestrate e il reato commesso?
No. Per la confisca diretta di denaro, non è necessaria la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato. Una volta che il profitto del reato è identificato in una somma di denaro, qualsiasi disponibilità monetaria dell’autore del reato può essere confiscata direttamente fino a concorrenza di tale importo.

Il principio della confisca diretta del denaro si applica anche quando il profitto del reato è un ‘risparmio di spesa’?
Sì. La sentenza chiarisce che l’accrescimento patrimoniale (derivante da un’entrata illecita) e il mancato decremento patrimoniale (derivante da un risparmio di spesa, come il mancato pagamento delle imposte) sono concetti equivalenti ai fini del profitto del reato. Entrambi si traducono in una maggiore disponibilità monetaria e sono quindi soggetti alla stessa regola per la confisca diretta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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