LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca diretta: denaro e profitto del reato tributario

Un caso complesso di sequestro preventivo per reati tributari, incentrato sul concetto di profitto del reato e confisca diretta. La vicenda processuale, ricca di colpi di scena, analizza se il denaro pervenuto su un conto corrente dopo la consumazione del reato possa essere considerato profitto diretto. La Corte di Cassazione, pur non decidendo nel merito a causa di una rinuncia, si basa su un principio consolidato: il denaro è un bene fungibile. L’epilogo vede il ricorso dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, a seguito dell’assoluzione dell’imputato nel giudizio principale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Diretta: Denaro e Profitto Illecito nei Reati Tributari

La confisca diretta del profitto del reato rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per colpire i patrimoni di origine illecita. Ma cosa succede quando il profitto è costituito da denaro, un bene per sua natura fungibile? È possibile aggredire somme legittimamente pervenute sul conto corrente dell’indagato in un momento successivo alla commissione del reato? Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, pur concludendosi con una declaratoria di inammissibilità, offre spunti fondamentali per comprendere l’orientamento consolidato della giurisprudenza su questo tema cruciale, soprattutto in materia di reati tributari.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale è articolata e si sviluppa attorno a un sequestro preventivo di oltre 430.000 euro, finalizzato alla confisca diretta del profitto di reati fiscali. Inizialmente, il Tribunale del riesame aveva annullato il sequestro, ritenendo che le somme presenti sui conti correnti non potessero essere considerate profitto del reato, in quanto derivanti da versamenti effettuati dopo la scadenza dei termini per i pagamenti tributari evasi. Secondo questa prima interpretazione, non si trattava di un ‘profitto accrescitivo’ direttamente riconducibile all’illecito.

Tuttavia, la Procura ricorreva in Cassazione, che ribaltava la decisione. La Suprema Corte, richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite, sottolineava un principio cardine: il denaro è un bene fungibile. Pertanto, quando il profitto del reato è una somma di denaro, la confisca può colpire qualsiasi disponibilità liquida trovata nel patrimonio del reo, fino a concorrenza dell’importo illecitamente ottenuto. Non è necessario dimostrare che quelle specifiche banconote siano le stesse provenienti dal reato.

Il procedimento tornava quindi al Tribunale, che ripristinava il sequestro. Contro questa nuova ordinanza, la difesa proponeva un ulteriore ricorso in Cassazione. La svolta decisiva, però, avveniva al di fuori di questo specifico procedimento: nel frattempo, la Corte d’Appello, nel giudizio di merito, assolveva gli imputati con la formula ‘perché il fatto non sussiste’ e disponeva la revoca della confisca. A seguito di questa pronuncia, la difesa rinunciava al ricorso pendente in Cassazione, non avendo più interesse a una decisione.

La Confisca Diretta e il Principio di Fungibilità

Il cuore giuridico della questione, ampiamente dibattuto nelle fasi precedenti del processo, è il principio di fungibilità del denaro applicato alla confisca diretta. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che, data la natura del denaro, che si confonde inevitabilmente con le altre disponibilità liquide del soggetto, non ha senso distinguere tra il denaro ‘illecito’ e quello ‘lecito’ presente nel medesimo patrimonio.

L’ablazione di una somma equivalente al profitto, prelevata da un conto corrente, deve essere qualificata come confisca diretta e non ‘per equivalente’. Quest’ultima, infatti, interviene solo quando non sia possibile aggredire il profitto diretto. Nel caso del denaro, il profitto è sempre rintracciabile, proprio perché qualsiasi somma di denaro ne rappresenta un equivalente perfetto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, non entra nel merito della questione della fungibilità, poiché il suo compito è stato assorbito da un evento processuale preliminare: la rinuncia al ricorso. La difesa, avendo ottenuto l’assoluzione nel processo principale e la conseguente revoca del sequestro, ha visto svanire il proprio ‘interesse’ a una pronuncia della Suprema Corte sulla legittimità della misura cautelare.

La legge processuale richiede che chi impugna un provvedimento abbia un interesse concreto e attuale alla sua riforma. L’assoluzione ha rimosso la base stessa del sequestro, rendendo inutile una decisione su di esso. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni

Sebbene la sentenza si concluda con una decisione di natura puramente processuale, la vicenda nel suo complesso conferma un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. In materia di reati tributari e finanziari, il principio della fungibilità del denaro rende la confisca diretta uno strumento estremamente efficace. Qualsiasi somma liquida presente nel patrimonio di chi ha commesso il reato può essere aggredita, senza necessità di provare un nesso di derivazione diretta tra quelle somme e l’illecito. Al contempo, il caso evidenzia come le misure cautelari reali siano strettamente dipendenti dall’esito del giudizio di merito: un’assoluzione fa venire meno il presupposto stesso della misura, determinandone la caducazione e, come in questo caso, rendendo superfluo ogni altro ricorso.

È possibile sequestrare denaro legittimo arrivato su un conto dopo la commissione di un reato tributario?
Sì. Secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione e richiamato nel caso, il denaro è un bene fungibile. Pertanto, qualsiasi somma di denaro presente nel patrimonio del reo, fino a concorrenza del profitto illecito, può essere oggetto di confisca diretta, a prescindere dal momento e dalla fonte da cui proviene.

Cosa succede al sequestro preventivo se l’imputato viene assolto nel processo principale?
L’assoluzione nel merito fa venire meno il presupposto del sequestro (‘fumus delicti’). Di conseguenza, la misura cautelare deve essere revocata, come infatti è accaduto nel caso di specie per decisione della Corte d’Appello, e i beni restituiti all’avente diritto.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile anziché essere deciso nel merito?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché, prima della decisione, la difesa ha presentato una formale rinuncia. Tale rinuncia era motivata dal fatto che l’assoluzione nel processo principale aveva già portato alla revoca del sequestro, facendo così svanire l’interesse concreto del ricorrente a ottenere una sentenza dalla Cassazione sulla legittimità della misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati