Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1729 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1729 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SALERNO il 15/04/1975 avverso la sentenza del 02/05/2023 della CORTE di APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli dichiarava estinto per prescrizione il reato di riciclaggi per il quale NOME COGNOME era stata condannata in primo grado ad anni tre di reclusione ed euro quattromila di multa; confermava, altresì, la confisca c.d. “di sproporzione”, disposta ai sensi dell’art. 240-bis dell’imputata. cod. pen., GLYPH degli immobili nella GLYPH disponibilità
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 578-bis cod. proc. pen.): la confisca per sproporzione avrebbe natura “sostanzialmente sanzionatoria” e, dunque, non potrebbe essere applicata in assenza di condanna per condotte consumate, come nel caso di specie, prima dell’entrata in vigore dell’art. 578-bis cod. proc. pen.;
2.2. violazione di legge (art. 648-bis cod. pen.): la motivazione in ordine a riconoscimento dell’elemento soggettivo sarebbe contraddittoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Il collegio ritiene che la confisca speciale, prima prevista dall’art. 12 sexies, d.l. 8 giugno 1992 ed ora prevista dall’art. 240-bis cod. pen., è una misura di sicurezza patrimoniale “atipica” e, dunque, non ha natura sanzionatoria.
La stessa può, pertanto, essere disposta anche in caso di prescrizione, in assenza di condanna, in quanto alla stessa è applicabile l’art. 578-bis cod. proc, pen. in ossequio al principio del tempus regit actum, anche nella dimensione “temperata” dalla necessità di tutelare l’affidamento (emergente dalla decisione delle Sezioni unite nel caso “Rizzi”: Sez. U, n. 8052 del 26/10/2023, dep. 2024, Rv. 285852).
Infatti, quando, come nel caso in esame, l’art. 578-bis cod. proc. pen. si riferisce ad una misura di sicurezza – e tale è la confisca c.d. “allargata” -, lo stesso è applicabi retroattivamente, dato che la successione di leggi nel tempo, in tale materia, è governata dal principio del tempus regit actum; pertanto, rileva la legge in vigore nel momento in cui viene applicata la confisca e non quella in vigore quando è stato consumato il reato che legittima il vincolo.
Si ritiene cioè:
che la confisca c.d. “di sproporzione” sia una misura di sicurezza,
che l’art. 578-bis cod. proc. pen., quando si riferisce a tale confisca, sia applicabil retroattivamente, ai reati consumati quando lo stesso non era in vigore;
che quando si applica una norma di sfavore sopravvenuta debba essere tutelato l’affidamento della persona che patisce la compressione del diritto di proprietà.
Di seguito l’analisi dei tre passaggi ermeneutici indicati, decisivi per giustificare legittimità della contestata confisca.
1.2. Quanto al primo passaggio, relativo alla “natura” della confisca c.d. allargata, i collegio ritiene che la stessa sia riconducibile al genus delle misure di sicurezza e che, dunque, non abbia natura sanzionatoria.
Il collegio è consapevole del fatto che le Sezioni unite, nella sentenza pronunciata nel caso “RAGIONE_SOCIALE” (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Rv. 239926 – 01), hanno affermato che la confisca “di sproporzione” ha «una natura ambigua, sospesa tra funzione specialpreventiva e vero e proprio intento punitivo», riconoscendole una larvata componente sanzionatoria.
La giurisprudenza successiva ha, tuttavia, reiteratamente e condivisibilmente, riconosciuto alla stessa la natura di misura di sicurezza, seppur “atipica”, ritenendola caratterizzata da una finalità “dissuasiva”, ed escludendo ogni finalità “punitiva”. Si è infa autorevolmente affermato che «ci si trova dinanzi ad una misura di sicurezza atipica con funzione anche dissuasiva, parallela all’affine misura di prevenzione antimafia introdotta dalla legge 31 maggio 1965, n. 575» (così, Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, COGNOME, ripresa, da ultimo, da Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, Crostella); tale misura, come emerge anche dalla sua collocazione sistematica, coniuga la finalità dissuasiva, con la funzione preventiva, in quanto è diretta ad evitare il proliferare di ricchezza provenienza non giustificata ed il suo impiego per ulteriori attività delittuose (Sez. U, 8052 del 26/10/2023, dep.2024, COGNOME, Rv. 285852 – 01). Si tratta di affermazioni confermate dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 24 del 2019, ha chiarito che la confisca “di prevenzione” e quella “allargata” (e i sequestri che, rispettivamente, ne anticipano gli effetti) costituiscono «altrettante species di un unico genus», identificato nella «confisca dei beni di sospetta origine illecita» e che «l’ablazione di tali beni costitui non già una sanzione, ma piuttosto la naturale conseguenza della loro illecita acquisizione».
La estrazione della confisca speciale dal novero delle “sanzioni” e la sua riconduzione in quella delle misure di sicurezza si fonda, dunque, sul fatto che la disponibilità dei ben oggetto del vincolo accresce la “pericolosità” del detentore. E’ proprio la “pericolosità dell detenzione” che legittima l’applicazione delle misure di sicurezza patrimoniali; queste, a differenza di quelle personali, prendono «in considerazione una dimensione dinamica e relazionale del pericolo, attraverso un meccanismo che finisce per correlare fra loro la persona, la cosa ed il vincolo di pertinenzialità tra questa e lo specifico reato che viene considerazione» (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264434 – 01).
Il pericolo, dunque, non riguarda il bene in sé, ma deriva dal nesso tra l’imputato, il bene ed il reato: tale relazione può segnalare una situazione pericolosa per la collettività predittiva della immissione nel circuito legale di beni di provenienza illecita, che dev essere contrastata con la confisca diretta o di sproporzione. Tali misure non hanno, pertanto, natura repressiva, ma preventiva: sono, infatti, dirette a contrastare un pericolo e non ad infliggere una sanzione.
La natura sanzionatoria, di contro, è riconoscibile alla confisca per equivalente perché attinge beni che non hanno alcun nesso, neppure indiretto, con i reati in giudizio. I beni colpiti dalla confisca per equivalente, infatti, vengono appresi solo “perché” è stat
consumato un reato, nonostante gli stessi non abbiano alcun collegamento con la condotta delittuosa e, dunque “non” abbiano lo stigma dell’illegalità.
1.2.1. In conclusione, deve essere affermato che la diagnosi differenziale tra la confisca-sanzione e la confisca-misura di sicurezza debba essere effettuata sulla base della rilevazione della sussistenza un individuabile collegamento tra bene e reato; tale collegamento (a) è “immediato” nel caso della confisca diretta, (b) è “mediato”, nel caso della confisca speciale, c.d. di “sproporzione”, (c) è “assente” nel caso di confisca per equivalente. Vale la pena di ricordare che quest’ultima è stata qualificata come “sanzione”, proprio perché è diretta ad eliminare in capo all’imputato la disponibilità del vantaggi economico illecitamente conseguito, «indipendentemente dal nesso di pertinenzialità con il reato stesso, ossia indipendentemente da ogni collegamento del bene da confiscare con il fatto criminoso» (Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, dep.2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01, § 4.5.).
Tanto premesso, adottando una prospettiva sistematica, si ritiene:
che la confisca “per equivalente” è una sanzione perché attinge beni disancorati dal reato per cui si procede, seppure di valore identico al profitto lucrato;
che la confisca “diretta” è una misura di sicurezza perché attinge il profitto intimamente connesso al reato, che accresce la pericolosità del detentore;
che la confisca speciale prevista dall’art. 240-bis cod. pen. è una misura di sicurezza perché attinge beni collegati – seppur indirettamente – al reato per cui si procede, la cu disponibilità accresce, anch’essa, la pericolosità del detentore.
1.3. Quanto al secondo passaggio, indicato nel § 1.1., ovvero l’efficacia retroattiva dell’art. 578-bis cod. proc. pen., il collegio ritiene quanto segue.
L’art. 578-bis cod. proc. pen., introdotto dal d.lvo n.21 del 1 marzo 2018, prevede che, in caso di estinzione del reato per prescrizione, il giudice dell’impugnazione debba valutare la responsabilità, ai soli fini della applicazione della misura di sicurezza previ dall’art. 240-bis cod. pen.. La confisca allargata, dunque, può “resistere” alla estinzione per prescrizione del “reato-spia”, in relazione al quale era stata disposta, se il giudi dell’impugnazione conferma, sebbene solo a tali fini, l’accertamento di responsabilità.
Sul punto deve essere chiarito:
(a) che la successione nel tempo delle leggi che regolano le misure di sicurezza, è governata dal principio del tempus regit actum. Tali misure sono dunque sottratte al divieto di retroattività della legge sfavorevole (art. 2 cod. pen.) che è riservato solo alle nor che dispongono divieti e sanzioni di natura “penale” (tra le altre: Sez. 3, n. 14598 del 20/02/2018, G., Rv. 273162). Tale criterio regolatore si applica, dunque, anche all’art.578bis cod. proc. pen., ogni volta che lo stesso si applica ad una misura di sicurezza
(b) che, con specifico riguardo ai casi in cui la legge modifichi lo “statuto sostanziale” della confisca allargata, il principio del tempus regit actum, deve essere applicato tenendo conto della tutela dell’affidamento” della persona colpita dal vincolo nella stabilità de regime normativo che regola la misura. Tale verifica si configura come necessaria – come si dirà nel paragrafo che seguito – dopo la decisione assunta dalle Sezioni unite nel caso “Rizzi” (Sez. U, n. 8052 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285852)
In sintesi, deve ritenersi che essendo la confisca di sproporzione una “misura di sicurezza atipica”, la successione delle leggi nel tempo che la riguardano è governata dal principio del tempus regit actum, poiché non opera il divieto di retroattività delle norme di sfavore (tra le quali si colloca, sicuramente, l’art. 578-bis cod. proc. pen.), riservato solo alle norme incriminatrici.
1.4. Infine si tratta il tema della tutela dell’affidamento, ovvero il terzo passagg ermeneutico citato al § 1.1.
Il collegio rileva, quanto all’operatività, in concreto, del principio del tempus regit actum con riguardo alla successione delle leggi che,nel tempo, regolano l’applicabilità delle misure di sicurezza (e, dunque, della confisca allargata), che deve essere valutato quanto autorevolmente affermato dalle Sezioni unite nel caso “COGNOME” (Sez. U, n. 8052 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285852), ovvero la necessità di contemperare la retroattività di norme sfavorevoli con la tutela dei diritti fondamentali.
1.4.1. Nel decidere il caso “Rizzi” le Sezioni unite hanno affermato che «al fine di individuare la norma processuale penale applicabile tra quelle interessate da un fenomeno successorio ovvero l’ambito applicativo di una norma processuale penale sopravvenuta, l’operatività del principio tempus regit actum può essere mitigata, temperata, in ragione della necessità di dare attuazione alle esigenze sottese ai plurimi principi di riliev costituzionale (artt. 2, 13, 24 e 111 Cost. nonché 1, 6 Cedu) di cui si è detto, e, i particolare, alla tutela dell’affidamento dei consociati sull’assetto di una determinata base legale, stabilizzata dal diritto vivente. Viene in rilievo una operazione valoria dell’interprete di conformazione prudente, volta, da una parte, ad assicurare tutela ai diritt dell’individuo, effettività al diritto di difesa, prevedibilità di una ragionevole decision per converso, ad evitare che, attraverso l’introduzione di norme processuali incidenti in senso peggiorativo sull’accertamento della “responsabilità” in senso lato, si realizzino fenomeni di retroattività incontrollata e diminuzioni di garanzie per chi ha ragionevolmente confidato nell’assetto normativo precedente al novum processuale. Un’applicazione del principio tempus regit actum temperata anche per le forme di punizione non penale Tali principi valgono anche in relazione ad una fattispecie complessa come quella della confisca allargata. Rispetto ad una norma sopravvenuta a carattere prettamente processuale e peggiorativa per il
condannato del precedente – stabilizzato – assetto legale, la necessità di individuare un principio capace di contemperare il tempus regit actum con le esigenze sottese ai principi costituzionali di cui si è detto, discende dalla stessa struttura della fattispecie ablatoria cui la valutazione sulla illecita accumulazione in rem è sempre temporalmente di durata, può attenere ad un segmento temporale ampio ed ha carattere scomposto. La confisca allargata, pur non avendo natura strettamente penale è caratterizzata per il riferirsi ad una concatenazione di atti e fatti collocati in tempi diversi, rispetto ai quali occorre av riguardo all’affidamento della parte…» (Sez. U, n. 8052 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285852 – 01, §§ 17 e 18).
Sul punto, peraltro, GLYPH la GLYPH Cassazione GLYPH aveva già affermato, sul punto, che l'”affidamento” costituisce un valore essenziale della giurisdizione, destinato ad integrarsi con l’altro – di rango costituzionale – della “parità delle armi” e soddisfa «l’esigenza assicurare ai protagonisti del processo la certezza delle regole processuali e dei diritt eventualmente già maturati, senza il timore che tali diritti, pur non ancora esercitati subiscano l’incidenza di mutamenti legislativi improvvisi» (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista).
Nel condividere l’ermeneusi delle Sezioni unite, il collegio rileva che la “prevedibilità” che è alla base dell’affidamento nella stabilità del regime giuridico, e che integra la dimensione soggettiva del principio di legalità, è stata considerata un attributo necessario della legge anche dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo che ha affermato che una norma non può essere considerata una “legge” se non è formulata con sufficiente precisione, in modo da consentire ai cittadini di regolare la loro condotta; essi devono essere in grado – se necessario, mediante appropriata consulenza – di prevedere, a un livello ragionevole nelle specifiche circostanze, le conseguenze che un determinato atto può comportare» (Corte Edu, Grande Camera, De Tommaso v. Italia, 23 febbraio 2017, § 107).
La giurisprudenza delle Alte Corti si presenta, dunque, univoca nel ritenere che la “prevedibilità” delle ingerenze statali (tra le quali si annovera la confisca, che comprime i diritto di proprietà) sia un attributo necessario della “legge” e debba caratterizzare non solo le norme incriminatrici, ma anche quelle che regolano le misure di sicurezza, che, comunque, incidono diritti fondamentali della persona.
Come si è visto, secondo l’autorevole interpretazione offerta dalle Sezioni unite, la prevedibilità della base legale che legittima la compressione del diritto di proprietà è garantita non solo dalla “chiarezza” e “specificità” della norma, ma anche dalla sua stabilità nel tempo.
1.4.2. Passando ad esaminare, con specifico rifermento al caso che ci occupa, la “stabilità” della regola contenuta nell’art. 578-bis cod. proc. pen., deve essere rilevato:
che l’art. 578-bis è stato inserito nel codice di rito con d.lgs. 31 marzo 2018, n. 21;
che il suo contenuto replica quanto già stabilito dal comma 4-septies dell’art. 12 sexies I. 356 del 1992, introdotto dalla legge 17 ottobre 2017 n. 161.
Tale continuità normativa è suffragata, sul versante giurisprudenziale dal fatto che la Cassazione aveva affermato, già nel 2010, che in caso di estinzione del reato, il giudice dispone di poteri di accertamento sul fatto-reato onde ordinare la confisca non solo delle cose oggettivamente criminose per loro intrinseca natura (art. 240, comma secondo, n. 2, cod. pen.), ma anche di quelle che sono considerate tali dal legislatore per il loro collegamento con uno specifico fatto-reato, come nel caso previsto dall’art. 12-sexies, legge n. 356 del 1992 (Sez. 2, n. 32273 del 25/05/2010, Pastore, Rv. 248409 – 01; contra: Sez. 2, n. 12325 del 04/03/2010, COGNOME, Rv. 247012).
Da tale ricognizione emerge chiaramente che la possibilità che la confisca speciale prevista dall’art. 240-bis cod. pen. resista all’estinzione del reato per prescrizione, olt ad essere oggetto di un risalente dibattito giurisprudenziale è, altresì, oggetto di un altrettanto risalente – intervento normativo: il che impedisce di ritenere che la applicazione della confisca non fosse, in astratto, prevedibile per NOME COGNOME, anche prima dell’introduzione dell’art. 578-bis cod. proc. pen.
1.4.3. In sintesi, se si coniuga la richiamata stabilità normativa e giurisprudenziale al fatto che la prevedibilità, in concreto, deve essere valutata nel momento in cui spira il termine di prescrizione, deve ritenersi che, nel caso in esame, tenuto conto che tale termine è decorso nel novembre del 2021, deve ritenersi che la applicabilità della confisca a termine di prescrizione decorso fosse, in concreto, ampiamente prevedibile per NOME COGNOME.
1.5. In conclusione:
esclusa la natura penale della confisca speciale e ribadita la sua riconducibilità nell’area delle misure di sicurezza,
ribadita la applicabilità dell’art. 578-bis cod. proc. pen. anche alle confische collegate a reati-spia consumati quando lo stesso non era in vigore,
ritenuta la prevedibilità dell’applicabilità della confisca speciale dopo la prescrizion era prevedibile a causa della risalente presenza della regola nell’ordinamento,
-si ritiene che la confisca contestata sia stata legittimamente disposta, con conseguente infondatezza del ricorso.
Il secondo motivo di ricorso non supera la soglia di ammissibilità in quanto si risolve nella richiesta di rivalutazione della capacità dimostrativa delle prove poste a sostegno dell’accertamento di responsabilità per il reato di riciclaggio, che ha legittimato la conferma della confisca di sproporzione sotto il profilo dell’elemento soggettivo. Invero la motivazione della sentenza impugnata ha chiarito, in modo persuasivo, che le prove
raccolte indicavano che NOME COGNOME conoscesse la provenienza delittuosa dei beni che riciclava, senza che avesse partecipato al delitto presupposto di appropriazione indebita (pag. 18 della sentenza impugnata).
3.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso in Roma, il giorno 11 luglio 2024.