Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27480 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27480 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a Giugliano in Campania il 12/01/1974 COGNOME NOME nato a Giuliano in Campania il 29/11/1971
avverso l’ordinanza del 19/09/2024 della Corte d’appello di Catania.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
le parti presenti sono state avvertite dal Presidente del fatto che il procedimento è stato incardinato con le forme dell’udienza pubblica nonostante dovesse essere trattato con le forme del 611 cod. proc. pen.; tenuto conto del fatto che l’udienza pubblica offre maggiori garanzie difensive rispetto al rito previsto dall’art. 611 cod. proc. pen., le parti vengono comunque invitate a concludere.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso; l ‘ Avv. COGNOME COGNOME in difesa di NOME e COGNOME AntonioCOGNOME ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso .
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catania, decideva in seguito all’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione – con due distinte sentenze – in accoglimento dei ricorsi presentati rispettivamente da NOME COGNOME e dalla terza interessata NOME COGNOME contro il provvedimento che, in sede di esecuzione aveva disposto la confisca ai sensi dell ‘ art. 240bis cod. pen.
In entrambi i casi la Cassazione aveva rilevato un difetto nella identificazione dei presupposti per applicare in sede esecutiva la confisca c.d. ‘ allargata ‘ dei beni riferibili ad NOME COGNOME condannato in via definitiva per la consumazione di reati inerenti il traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente (commessi in Catania Taranto e Giugliano in Campania fino al marzo 2010).
La Corte di appello, decidendo in sede di rinvio con le funzioni di giudice dell’esecuzione, riteneva sussistenti i presupposti per applicare il vincolo e, segnatamente, riteneva che fosse provata la sproporzione tra i beni acquisiti nel periodo di c.d. ‘ ragionevolezza temporale ‘ (identificato nel periodo 2003-2012) ed i redditi leciti a disposizione del nucleo familiare facente capo al COGNOME.
Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME terza interessata, munito di procura speciale, che, con due ricorsi omogenei deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 640bis cod. pen., art. 627 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione: non sarebbero state tenute in considerazione le indicazioni contenute nella sentenza di annullamento della Cassazione.
In particolare si deduceva (a) che la motivazione in ordine al criterio di scelta di ‘ una ‘ delle plurime ipotesi ricostruttive prospettate dal perito sarebbe carente, (b) che il periodo di c.d. ‘ ragionevolezza temporale ‘ non sarebbe stato correttamente individuato, dato che, per retrodatare l’attività delittuosa del COGNOME, collocandola diversi anni prima dei fatti contestati nella imputazione, sarebbero state utilizzate le dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME che tuttavia non sarebbero state correttamente valutate, dato che il dichiarante avrebbe fatto riferimento ad un periodo successivo al 2006- 2007,(c) che dalle intercettazioni sarebbe emerso che NOME COGNOME avrebbe avuto gravi problemi economici incompatibili con la disponibilità di denaro ritenuta sussistente dalla Corte di appello, (d) che la valutazione della perizia sarebbe illegittima e carente in quanto sarebbe stato valorizzato lo squilibrio tra fonti lecite e risorse disponibili relativo all’anno 2012, senza valutare le emergenze relative agli anni 2000, 2001 e 2002, (e) che il nucleo familiare del COGNOME era stato allargato a dodici componenti, senza considerare che tre di questi erano nati dopo il 2003, e che un altro era entrato a far parte della famiglia solo nel 2005 a seguito di matrimonio; (f) che sarebbe emersa la prova che la vendita dell’appartamento a Parisi NOME fosse simulata e celasse una donazione dei nonni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.I ricorsi sono inammissibili.
1.1. Le impugnazioni proposte non superano la soglia di ammissibilità in quanto propongono alla Corte di Cassazione la integrale rivalutazione del compendio probatorio posto alla base della applicazione della confisca di sproporzione senza indicare vizi logici manifesti e decisivi del percorso motivazionale posto a fondamento della decisione.
Si riafferma che in materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettuare alcuna valutazione di ‘merito’ in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate -o indicate – in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,O., Rv. 262965).
Deve essere altresì affermato che le intercettazioni non possono essere rivalutate in sede di legittimità se non nei limiti del travisamento, che deve essere supportato da idonea allegazione: si riafferma cioè che in sede di legittimità è possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione ‘diversa’ da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017 – dep. 12/02/2018, COGNOME, Rv. 272558; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 – dep. 17/02/2014, COGNOME e altri, Rv. 259516). La valutazione della credibilità dei contenuti delle conversazioni captate è infatti un apprezzamento di merito che investe il significato e, dunque la capacità dimostrativa della prova, sicché la sua critica è ammessa in sede di legittimità solo ove si rileva una illogicità manifesta e decisiva della motivazione o una decisiva discordanza tra la prova raccolta e quella valutata.
A ciò si aggiunge che il ricorrente denuncia alcuni travisamenti -rilevando difetti nella valutazione delle dichiarazioni di NOME COGNOME, dei contenuti delle intercettazioni e nella composizione del nucleo familiare del COGNOME – senza allegare, o indicare, la collocazione nel fascicolo processuale delle prove in ipotesi travisate (venivano allegate solo le consulenze del Dr COGNOME e del Dr. COGNOME).
Sul punto il Collegio riafferma il consolidato principio di diritto secondo cui anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 165 -bis comma 2 disp. att. cod. proc. pen. è necessario il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso che si traduce nell’onere di puntuale indicazione da parte del ricorrente degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene
necessaria l’allegazione delegata alla Cancelleria ( tra le altre: Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276432).
1.2. Nel caso in esame la Corte di appello ha offerto a una esaustiva, accurata e persuasiva valutazione in ordine a tutte le questioni rimesse in valutazione dalle sentenze di annullamento della Cassazione.
Il Collegio riafferma che il giudice dell’esecuzione può disporre la confisca ex art. 240bis cod. pen. in ordine ai beni che siano entrati nella disponibilità del condannato, fermo il criterio di “ragionevolezza temporale”, fino alla pronuncia della sentenza per il cd. “reato spia”, salva comunque la possibilità di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima. (Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, Crostella, Rv. 281561 – 01).
Nel caso di specie, con riguardo al periodo di ragionevolezza temporale la Corte ha rilevato come la sentenza di condanna coprisse il periodo che andava dall’ottobre 2009 al marzo 2010, ma che le altre emergenze raccolte -e segnatamente le dichiarazioni del COGNOME ed il contenuto della intercettazione del 12 marzo 2010 intercorsa tra NOME COGNOME e tale NOME -indicassero un impegno del COGNOME nel traffico di sostanze stupefacenti risalente almeno al 2003.
La Corte offriva una esaustiva ed accurata giustificazione anche in ordine alla valutazione della perizia che aveva valutato la sproporzione tra risorse lecite e beni disponibili ed alla scelta di una (e, segnatamente, della ‘ seconda ‘ ) tra le varie opzioni proposte (pagg. 19-21 del provvedimento impugnato), anche con riguardo al contestato tema della estensione del nucleo familiare, che veniva correttamente individuato in quello ‘ allargato ‘.
Contrariamente a quanto dedotto la Corte di merito ha preso in considerazione tutte le doglianze difensive in ordine alla valutazione della sproporzione ritenendo che le stesse trovassero solide conferme nelle prove raccolte e allegate.
Pertanto le valutazioni del perito in ordine alla sussistenza di una macroscopica sproporzione tra fonti economiche lecite e risorse disponibili al momento degli acquisti dei beni vincolati venivano ritenute condivisibili, coerenti con le emergenze processuali e non smentite dalle allegazioni della difesa. La Corte vincolava, peraltro, solo i beni acquisiti nel corso del l’individuato periodo di ‘ragionevolezza temporale’.
Infine, con riguardo al l’acquisto da parte di NOME COGNOME di un immobile al prezzo di 81.500 euro avvenuta il 17 gennaio 2023, la Corte riteneva che lo stesso non potesse ritenersi simulato dato che a sostegno dell’allegazione difensiva che la compravendita celasse una donazione non vi era alcuna prova, ma solo la suggestione derivante dal rapporto di stretta parentela tra i venditori e la COGNOME (pag. 17 del provvedimento impugnato).
In sintesi, il Collegio ritiene che le doglianze contenute nel ricorso non siano consentite in quanto la Corte di appello nel provvedimento impugnato ha accuratamente adempiuto il mandato rescindente della Cassazione e che le censure proposte si risolvono nella richiesta di rivalutazione integrale d ell’intero compendio probatorio posto a fondamento della decisione, invero analiticamente valutato dalla Corte di merito e non rivalutabile in sede di legittimità in assenza -come nel caso di specie – di vizi logici manifesti e decisivi del percorso argomentativo.
2.Alla dichiarata inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 20 giugno 2025.