Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18433 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18433 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a ISILI (ITALIA) il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a ORISTANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a ORISTANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a ORISTANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a PESARO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a ORISTANO il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 13/11/2023 della CORTE di APPELLO di CAGLIARI udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha chiesto annullamento con rinvio limitatamente alla confisca del fabbricato sito in Oristano INDIRIZZO (fl, 14, mapp. 298, sub 1, intestato a RAGIONE_SOCIALE (punto 5 dell’elenco degli immobili riportato nel dispositivo del decreto del Tribunale) e dei veicoli Opel (acquistato il 12.11.2019 da COGNOME NOME NOME NOME), Volkswagen (acquistato il 16.12.2016 da RAGIONE_SOCIALE), Piaggio Scooter (acquistato 11 14.2.2018 da COGNOME), Mercedes classe A (acquistato il 3.1.2017 da NOME), con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione per nuovo esame; il rigetto o l’inammissibilità nel resto dei ricorsi; ricorsi trattati ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Cagliari, con decreto del 13/11/2023, confermava il decreto emesso dal Tribunale di Cagliari in data 26/6/2023 che disponeva la
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confisca di beni immobili, mobili, quote societarie e quanto altro ivi specificamente indicato nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ha interposto due distinti ricorsi per cassazione.
Ricorso a firma AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO.
2.1. Con il primo motivo eccepisce il mancato svolgimento del procedimento – sia davanti al Tribunale, che davanti alla Corte di appello – in pubblica udienza, nonostante l’espressa richiesta avanzata reiteratamente. Rileva come sul punto manchi qualsivoglia motivazione; che ciò abbia comportato un significativo vulnus alla difesa e di conseguenza la nullità del provvedimento impugNOME.
2.2 Con il secondo motivo lamenta che la Corte territoriale non ha preso in considerazione la articolata memoria depositata all’udienza del 28/3/2023, contenente la ricostruzione della vicenda in termini alternativi rispetto a quanto illustrato nel provvedimento di sequestro preordiNOME alla confisca; che detta omissione comporta la nullità del provvedimento impugNOME ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
2.3 Con il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 11 delle Preleggi, 25 Cost., 1, lett. b) e 4, lett. c) d.lgs. 159/2011, 125, comma 3, cod. proc. pen. Evidenzia che manca il requisito dell’attualità della pericolosità, tenuto conto che la stessa sarebbe riferibile al periodo dal 1990 al 2014, dunque, particolarmente lontano nel tempo; che, in ogni caso, per il periodo antecedente alla legge 24 luglio 2008 n. 125 (dunque, dal 1990 al 2008) il ricorrente non avrebbe potuto essere qualificato socialmente pericoloso, atteso che, ai sensi dell’art. 14 della legge 19 marzo 1990 n. 55, le misure di prevenzione trovavano applicazione, nel caso di pericolosità cosiddetta generica, nei confronti di soggetti che vivevano con il provento dei delitti di cui agli artt. 600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis e 648ter cod. pen., reati questi del tutto estranei al RAGIONE_SOCIALE; che, dunque, fino all’abrogazione della legge n. 55/1990 ad opera dell’art. 11-ter del D. L. n. 92 del 2008 il proposto non poteva essere considerato pericoloso, con la conseguenza che nessuna confisca poteva essere disposta con riferimento a detto periodo, che praticamente copre per intero l’acquisizione dei beni ablati; che alle stesse conclusioni si giunge anche con riferimento ad un ulteriore profilo: solo con la legge 15 luglio 2009 n. 94 è stata prevista la possibilità di applicare la misura di prevenzione patrimoniale disgiuntamente da quella personale, di talchè tale evenienza può trovare applicazione solo successivamente a tale riforma; che, in conclusione, nel caso di specie – in aperta violazione dell’art. 11 delle Preleggi –
si è applicata retroattivamente la misura di prevenzione patrimoniale, che ratione temporis non sarebbe stata applicabile.
2.4 Con il quarto motivo eccepisce l’omessa motivazione del provvedimento impugNOME in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, in particolare con riferimento alla circostanza che i delitti abitualmente commessi dal preposto abbiano effettivamente generato profitti in capo a costui e a quella per cui detti profitti costituiscano (o abbia costituito in una determinata epoca) l’unico reddito del soggetto o quantomeno una componente significativa di esso; che in ogni caso il provvedimento impugNOME non risponde compiutamente alle doglianze difensive, a cominciare da quella relativa alla sussistenza della pericolosità del preposto, tenuto conto che si limita a richiamare i precedenti giudiziari del RAGIONE_SOCIALE, di rilievo assai modesto; che, invero, difettando un giudicato penale su cui ancorare i presunti e indefiniti profitti illeciti di cui avrebbe beneficiato il ricorrente, il giudice della prevenzione avrebb dovuto accertare rigorosamente tale profitto, non potendosi ritenere sufficiente una apodittica ed acritica condivisione della sentenza di primo grado, poi riformata in appello con pronuncia di estinzione del reato per prescrizione; che, comunque, il giudice della prevenzione non può limitare il suo esame alla verifica della sussistenza dell’illecito – nel caso di specie rappresentato dall’evasione fiscale ma è tenuto a considerare in che termini i reati in questione possano dar luogo ed abbiano dato luogo ad un profitto illecito; che solo dove emerga l’effettiva percezione di un provento illecito destiNOME, anche solo in parte, al soddisfacimento dei bisogni di vita può dirsi integrata la fattispecie di cui all’art. 1, lett. b) n.159/2011; che anche su tale punto vi è omessa motivazione anche grafica.
2.5 Con il quinto motivo si duole della inosservanza degli artt. 24 e 26, in relazione all’art. 1, lett. b), d.lgs. 159/2011, nonché degli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen. e 10, comma 2, d.lgs. 159/2011, in relazione alla omessa motivazione. Premette che il proposto ha interesse a negare l’interposizione fittizia e a dimostrare l’esclusiva appartenenza dei beni a terzi presunti intestatari laddove l’esclusione di tali beni dal suo patrimonio incida sul giudizio di sproporzione e, dunque, sulla legittimità della confisca di prevenzione e rileva che nel caso di specie è stata omessa la valutazione globale dei movimenti del patrimonio del proposto nel periodo sospetto, sul presupposto che il patrimonio sarebbe integralmente inquiNOME dalla confluenza dei profitti illeciti da evasione fiscale; che è stata ricompresa nel patrimonio del ricorrente una pluralità di beni da anni intestati a soggetti ed a società diverse ed autonome rispetto al proposto senza alcun accertamento; che l’onere di fornire allegazioni specifiche sulla propria capacità produttiva di reddito in tempi remoti non può essere posto a carico del terzo ritenuto fittizio intestatario, ma grava sull’accusa; che il provvedimento
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impugNOME non dimostra il carattere fittizio degli atti di trasferimento, lacuna tanto più grave, se si considera che con due articolate consulenze tecniche è stata dimostrata la legittimità degli atti di acquisizione immobiliare da parte dei terzi e in molti casi anche la collocazione dei medesimi fuori del periodo di pericolosità ipotizzato; che, dunque, la confisca è stata disposta in assenza di accertamenti sulla sproporzione del patrimonio; che nel caso di pericolosità generica, inoltre, occorre operare una verifica in concreto dell’entità del profitto conseguito e della sua incidenza nell’ambito della prosecuzione dell’attività aziendale, non essendo applicabile la presunzione generalizzante di illiceità della intera attività svolta; ch la confisca dell’immobile e del capannone siti in Oristano, acquistati in epoca anteriore alla manifestazione di pericolosità del RAGIONE_SOCIALE, è illegittima, atteso che – con riferimento alla pericolosità generica – sono suscettibili di ablazione solo i beni acquistati nell’arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale.
Ricorso a firma AVV_NOTAIO.
2.6 Con il primo motivo deduce il mancato svolgimento del procedimento in pubblica udienza, nonostante l’espressa richiesta avanzata reiteratamente e l’assenza di qualsivoglia motivazione sul punto, con conseguente violazione del diritto di difesa e nullità del provvedimento impugNOME.
2.7 Con il secondo motivo eccepisce l’assenza di motivazione in relazione alla legittima provenienza dei beni confiscati alla RAGIONE_SOCIALE
2.8 In data 18/3/2024 è pervenuta articolata memoria con motivi nuovi a firma di entrambi i difensori, ad integrazione del secondo, terzo, quarto e quinto motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME; in data 28/3/2024 è pervenuta memoria di replica alle conclusioni del Procuratore Generale.
NOME COGNOME, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
3.1 Con il primo motivo deduce il mancato svolgimento del procedimento in pubblica udienza, nonostante l’espressa richiesta avanzata reiteratamente e l’assenza di qualsivoglia motivazione sul punto, con conseguente violazione del diritto di difesa e nullità del provvedimento impugNOME.
3.2 Con il secondo motivo eccepisce l’inosservanza degli artt. 24 e 26, in relazione all’art. 1, lett. b), d.lgs. 159/2011, nonché degli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen. e 10, comma 2, d.lgs. 159/2011, in relazione alla omessa motivazione. Rileva che il decreto del Tribunale ed il provvedimento impugNOME nulla dicono circa la natura fittizia dei negozi giuridici, né indicano quali sarebbero gli elementi di fatto da cui dedurre che la fonte delle utilità bancarie della ricorrent sia il preposto; che, invece, alcun elemento consente di ritenere che i beni della Loi sottoposti a confisca siano riferibili al RAGIONE_SOCIALE, né che i medesimi siano stati
acquistati con provviste illecite fornite dal proposto; che, dunque, nel caso in esame si assiste ad una sostanziale inversione dell’onere della prova; che inoltre la confisca è stata disposta sul presupposto del tutto indimostrato di una ritenuta confusione tra profitti leciti ed illeciti in capo al proposto, tale da comportar l’inscindibilità tra componenti fisiologiche e patologiche; che l’errore di diritto cui sono incorsi i giudici della prevenzione è quello di avere applicato al caso di specie, pur in presenza di una pericolosità generica, un filone giurisprudenziale riservato alla cosiddetta impresa mafiosa; che, con riferimento alla fittizietà degli atti di trasferimento, il provvedimento impugNOME non ha minimamente considerato, nemmeno per smentirle, le risultanze di due consulenze tecniche prodotte dalla difesa, che proverebbero la legittimità degli atti di acquisizione immobiliare da parte della ricorrente.
3.3 Con il terzo motivo lamenta la violazione degli artt. 603 e 125 cod. proc. pen. e 24 Cost. per omessa motivazione sulla istanza di rinnovazione dibattimentale richiesta al fine di dimostrare la capacità economica della RAGIONE_SOCIALE. Ritiene la difesa che l’istanza sia stata respinta con una clausola di stile.
3.4 In data 18/3/2024 è pervenuta articolata memoria contenente motivi aggiunti; in data 28/3/2024 è pervenuta memoria di replica alle conclusioni del Procuratore Generale.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quest’ultima in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, a mezzo del difensore, hanno proposto ricorso per cassazione.
4.1 Con il primo motivo deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 159/2011. Rileva il difensore che sia il decreto del Tribunale, che quello della Corte di appello, risultano del tutto immotivati in ordine alle ragioni per cui è stata ritenut l’interposizione fittizia; che, nel caso di specie, dopo un primo rinvio con il quale Tribunale aveva chiesto un supplemento di indagine, è stata emessa la misura ablativa sulla scorta di una risistemazione del materiale raccolto dalla polizia giudiziaria, senza l’effettuazione degli approfondimenti richiesti; che l’appello era niente affatto generico, atteso che si confrontava con la motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale e denunciava l’assenza degli ulteriori accertamenti richiesti in prima battuta dallo stesso Tribunale; che per nessuna delle tre ricorrenti è stato indicato un solo movimento – un accredito o una uscita – che fosse di natura sospetta o di provenienza dal preposto.
4.2 Con il secondo motivo eccepiscono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 10, comma 2, 20, comma 2, d.lgs.
n. 159/2011 e 125 cod. proc. pen. Osserva la difesa che il provvedimento impugNOME ha dichiarato inammissibile il motivo con cui ci si doleva della mancata effettuazione delle indagini richieste dal Tribunale con provvedimento del 14/4/2021, limitandosi ad affermare che è fisiologico che un altro giudice possa assegnare diversa valenza probatoria agli stessi elementi; che, tuttavia, non dà conto delle ragioni per cui l’insufficienza probatoria rilevata inizialmente è stata poi superata.
4.3 Con il terzo motivo lamentano la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 16 e 20 d.lgs. n. 159/2011 e 125 cod. proc. pen., circa la carenza di motivazione in punto di mancanza di autonomia patrimoniale dei terzi, di ritenuta sproporzione degli acquisti effettuati con i reddito dichiarato e di disponibilità dei beni confiscati da parte del proposto.
4.3.1 Con riferimento al patrimonio di NOME COGNOME, si osserva che non vi è prova in atti della circostanza per cui la ricorrente non avesse risorse per finanziare la RAGIONE_SOCIALE, atteso che la consulenza tecnica di parte dimostra proprio il contrario: la società è stata costituita nel 1975; i finanziamenti effettuati dal COGNOME fino al 2011, anno del rimborso, erano regolarmente appostati nella contabilità della società, più volte nel corso degli anni verificata e controllata dall Guardia di Finanza; non sono stati mossi rilievi sulle movimentazioni bancarie e sugli acquisiti della ricorrente o sulle disponibilità finanziarie della stessa, essendo stata tracciata ogni operazione; la COGNOME era una insegnante che tra il 1998 ed il 2020 disponeva di redditi per oltre 475.000 euro.
4.3.2 Con riferimento al patrimonio delle sorelle COGNOME si rileva che non risulta affatto provata l’affermazione secondo la quale le ricorrenti nel 1998 avrebbero acquistato le quote di una s.n.RAGIONE_SOCIALE., proprietaria dell’immobile, con una provvista fornita dal preposto, mediante versamenti sul conto corrente a loro intestato, atteso che non si indicano i movimenti finanziari dai quali tale circostanza possa desumersi; con riferimento all’acquisto del capannone nel 2004, si osserva che entrambe le sorelle avevano provvista sufficiente, posto che dal 1998 al 2004 NOME COGNOME aveva percepito redditi per circa 178.000 euro e NOME COGNOME per circa 47.000 euro e che il prezzo di acquisto era pari a 60.000 euro.
4.3.3 Con riferimento ai redditi della RAGIONE_SOCIALE, ribadito che mancano agli atti gli estratti conto, si evidenzia che nel corso degli ultimi ventisette anni società ha ricevuto – tra l’altro – finanziamenti/mutuo bancari per diversi milioni di euro, tutti correttamente rimborsati, oltre a disporre delle risorse provenienti dai fitti attivi, pari ad oltre 4.426.000 euro e dalle attività caratteristiche d società; che l’affermazione secondo la quale nell’arco temporale di pericolosità del RAGIONE_SOCIALE i soci non avevano redditi leciti e sufficienti per giustificare i versamenti
in favore delle società risulta oltremodo generica, tenuto conto che non si specifica la quantità e l’entità dei finanziamenti effettuati nel periodo dal 1975 al 2011, né tali dati risultano dagli estratti conto e considerato le disponibilità delle sore RAGIONE_SOCIALE di cui al punto 4.2.2; che il fatto che la società abbia dichiarato perdite non rileva, posto che le stesse sono conseguenza di importanti investimenti immobiliari che nel lungo periodo hanno dimostrato la loro efficacia; che, del resto, è proprio la continuità delle operazioni con il sistema bancario a certificare la correttezza commerciale e l’affidabilità della società e di chi la rappresenta; che, infine, non esiste un documento agli atti che attesti il passaggio di denaro tra i soggetti interessati dal decreto ablativo, comprese le società.
4.3.4 Con riferimento al profilo delle elusioni e delle evasioni, si rappresenta che le imposte iscritte a carico delle sorelle COGNOME sono conseguenza degli accertamenti svolti a carico della società fallita RAGIONE_SOCIALE; che i maggiori redditi imputati sono stati imputati alle socie per trasparenza; che gli avvisi di accertamento che ne sono conseguiti sono stati annullati in sede tributaria con sentenza divenuta irrevocabile; che, in conclusione, alcuna evasione sussiste a carico delle ricorrenti in discorso.
4.3.5 Con riferimento alla società RAGIONE_SOCIALE, si osserva che la Corte territoriale ha omesso ogni motivazione; che l’incremento di valore del fabbricato sito in Santa Giusta è frutto di capacità imprenditoriale, che ha investito nella manutenzione e nel miglioramento dell’immobile; che, dunque, non trova riscontro alcuno l’affermazione secondo la quale l’elevata differenza tra il prezzo pattuito ed il valore reale del bene nasconde il passaggio anche dell’attività esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; che, peraltro, tale assunto risulta contraddetto dalla circostanza per la quale sin dal 19/10/2021 la società aveva disdetto i contratti con i fornitori.
Con riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, si evidenzia che non è stato considerato che la società aveva stipulato un contratto di finanziamento per aver le risorse necessarie per operare; che entrambe le sorelle avevano dichiarato redditi sufficienti a giustificare l’investimento immobiliare del 2017; che attraverso la consulenza tecnica di parte le ricorrenti hanno dimostrato l’origine lecita della disponibilità, tracciando ogni operazione.
Considerato in diritto
I ricorsi di NOME COGNOME, in proprio (il primo) e in qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE (il secondo) e di NOME COGNOME.
1.1 Ritiene il Collegio che il primo motivo, comune ai tre ricorsi, sia fondato. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto cura di affermare che è viziato da nullità il decreto applicativo di una misura di prevenzione patrimoniale, per
violazione del principio di pubblicità dell’udienza stabilito dalla Corte costituzionale (sent. n. 93 del 2010 e n. 80 del 2011) e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (sent. 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c/Italia), qualora il soggetto proposto abbia richiesto, personalmente o tramite il difensore, che la trattazione del giudizio di merito si svolga in forma pubblica, cioè una forma di celebrazione del giudizio che presenta quale suo tratto fondamentale quello di introdurre un più ampio modello di partecipazione procedimentale che il giudice deve garantire al proposto che ne abbia fatto specifica richiesta (Sezione 6, n. 37659 del 18/6/2014, Cappello, Rv. 260342 – 01). In particolare, è stato evidenziato che la sentenza n. 93/2010 della Corte costituzionale, «muovendo dalle pronunce della Corte EDU, ha affermato la possibilità che nelle procedure di applicazione delle misure di prevenzione vi sia il controllo pubblico senza, tuttavia, ritenere che tale controllo comporti l’applicazione delle forme del pubblico dibattimento. Si deve, infatti, distinguere tra l’esigenza di rendere conoscibile, attraverso la presenza fisica e l’ascolto da parte del pubblico, la trattazione della causa in aula dalle regole processuali che governano il dibattimento» (Sezione 1, n. 40254 del 6/6/2012, COGNOME, n. m.).
Quanto all’arresto di questa Corte di legittimità indicato dal Procuratore Generale (Sezione 6, n. 31272 del 15/6/2016, Quintieri, Rv. 267434 – 01), si osserva che non è conferente rispetto al caso che si sta scrutinando, atteso che quella decisione fa salva la possibilità di «una “compensazione” della mancanza di pubblicità del giudizio di primo grado quando vi è lo svolgimento pubblico di un giudizio di impugnazione a cognizione non limitata, quale appunto quello di appello, che, atteso il richiamo operato dall’art. 10 d.lgs. n. 159 del 2011 alle disposizioni del codice di rito, consente un pieno riesame del merito della regiudicanda». Nel caso di specie, poiché l’udienza pubblica è stata chiesta proprio nel giudizio di secondo grado, nel giudizio di legittimità non c’è più la possibilità d “compensazione”, tenuto conto dello specifico ambito di cognizione della Corte di cassazione, limitato ai soli motivi di diritto (Corte cost., sent. n. 80 del 2011, 6.3).
1.2 La decisività del primo comune motivo rende assorbiti i restanti.
I ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quest’ultima in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE
2.1 Ritiene il Collegio che sia opportuno indicare preliminarmente i principi di diritto cui si atterrà nello scrutinio degli odierni ricorsi, sia con riferiment concetto di disponibilità dei beni in capo al preposto, che in relazione all’onere probatorio spettante rispettivamente al terzo ed al proposto nell’ipotesi di
sequestro/confisca di beni appartenenti a terzi, sul presupposto che appartengano di fatto al proposto (art. 24 D.Lgs. n. 159/2011).
2.2 Con riferimento al primo profilo, si osserva che gli artt. 20 e 24 del D.Lgs. 159/2011 adottano, con riferimento ai beni suscettibili rispettivamente di sequestro e di confisca, una nozione di disponibilità assolutamente ampia ed aperta, laddove si riferiscono a beni di cui il proposto «risulti titolare o avere disponibilità a qualsiasi titolo» (così l’art. 24; analogamente, l’art. 20 si riferisc beni di cui il predetto «risulta poter disporre, direttamente o indirettamente»). In altri termini, la nozione di disponibilità «a qualsiasi titolo» del bene sottoposto confisca risulta ampia ed aperta a qualsiasi figura giuridica, comprendendo una gamma di ipotesi diversificate, che possono andare dal diritto di proprietà vero e proprio a situazioni di intestazione fittizia ad un terzo soggetto, in virtù ad esempio di un contratto simulato o fiduciario, fino a situazioni di mero fatto basate su una posizione di mera soggezione in cui si trovi il terzo titolare del bene nei confronti del sottoposto alla misura di sicurezza personale (Sezione 5, n. 39810 del 16/9/2022, COGNOME; Sezione 5 n. 37666 del 20/11/2020, COGNOME). Ciò non significa, tuttavia, che il requisito di disponibilità diretta o indiretta della res si debba necessariamente accompagnare ad una operazione simulatoria o di intestazione fittizia che abbia finalità elusiva, nel senso che l’intestazione fittizia non integra pre-requisito affinché si possa intervenire sul bene intestato al terzo, ma nella disponibilità diretta o indiretta del preposto. Del resto, là dove dovesse ricorrere un’intestazione rilevante anche ai sensi dell’art. 512-bis cod. pen., potrà concorrere la relativa responsabilità del terzo interposto per la condotta elusiva in senso ampio rispetto alla misura di prevenzione (in tema di sequestro/confisca ai sensi dell’art. 12 -sexies D.L. 306/1992 e art. 240-bis cod. pen., si veda Sezione 1, n. 1249 del 23/11/2018, Finotti, n.m., i cui principi possono essere estesi anche al sequestro/confisca di prevenzione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3 Con riferimento all’onere probatorio, si osserva che il terzo che impugni il provvedimento ablatorio, pur non essendo gravato da alcun onere probatorio, ha, tuttavia, ove lo ritenga opportuno, un onere di allegazione che consiste, appunto, nel confutare la tesi accusatoria ed indicare elementi fattuali dai quali possa desumersi che quel bene è di sua esclusiva proprietà. È chiaro, quindi, che il procedimento ruoterà solo ed esclusivamente intorno a tale thema probandum, sicché sarebbe del tutto incongruo che il terzo facesse valere eccezioni che riguardino il proposto e che solo costui potrebbe far valere (Sezione 2, n. 18569 del 12/3/2019, COGNOME, in motivazione). In altri termini, l’ambito di ricorribil consentito al terzo nel caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti a lui fittiziamente intestati è circoscritto, potendo questi rivendic esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo
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assolvendo al relativo onere di allegazione, mentre non è legittimato a sostenere che il bene sia di effettiva proprietà del proposto, essendo del tutto estraneo ad ogni questione giuridica relativa ai presupposti per l’applicazione della misura nei confronti di quest’ultimo – quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra i valore del bene confiscato ed il reddito dichiarato, nonché la provenienza del bene stesso – e che solo costui può avere interesse a far valere (Sezione 5, n. 32921 del 20/1/2023, COGNOME; Sezione 1, n. 34175 del 11/1/2023, Monteleone; Sezione 2, n. 5777 del 30/11/2022, COGNOME; Sezione 2, n. 24319 del 26/4/2022, Pontoriero; Sezione 6, n. 34555 del 23/6/21, COGNOME; Sezione 5, n. 333 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280249 – 01; Sezione 2, n. 31549 del 6/6/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 277225 – 04; Sezione 6, n. 7469 del 4/6/2019, COGNOME, Rv. 278454 – 03; Sez. 2, n. 13 30935 del 07/05/2015, COGNOME e altri, Rv. 264295; Sez. 6, n. 48274 del 01/12/2015, COGNOME e altro, Rv. 265767).
2.4 Una ulteriore premessa ritiene il Collegio debba essere posta con riferimento alla presunzione di disponibilità in capo al proposto dei beni formalmente intestati al coniuge, ai figli ed agli altri soggetti con lui conviventi. particolare, deve essere evidenziato che, in materia di misure di prevenzione patrimoniali, l’accertamento giudiziale della disponibilità in capo al proposto dei beni formalmente intestati a terzi, opera diversamente per il coniuge, i figli ed i conviventi di quest’ultimo, rispetto a tutte le altre persone fisiche o giuridiche, i quanto nei confronti dei primi siffatta disponibilità è legittimamente presunta senza la necessità di specifici accertamenti, quando risulti l’assenza di risorse economiche proprie del terzo intestatario, mentre, con riferimento alle seconde, devono essere acquisiti specifici elementi di prova circa il carattere fittizi dell’intestazione. In altri termini, in tema di misure patrimoniali, il sequestro e confisca possono avere ad oggetto i beni del coniuge, dei figli e degli altri conviventi, dovendosi ritenere che il prevenuto ne abbia la disponibilità e li faccia apparire formalmente come beni nella titolarità delle persone di maggior fiducia, sulle quali grava, pertanto, l’onere di dimostrare l’esclusiva disponibilità degl stessi, onde sottrarli alla confisca (Sezione 2, n. 7346 del 17/1/2023, COGNOME, Rv. 284387 – 01; Sezione 6, n. 10063 del 11/1/2023, COGNOME, Rv. 284608 – 01; Sezione 5, n. 37297 del 23/6/2022, COGNOME, Rv. 283798 – 01; Sezione 1, n. 5184 del 10/11/2015, Trubchaninova, Rv. 266247 – 01).
2.5 Passando ora all’esame dei singoli motivi, osserva il Collegio che i primi due, che possono essere trattati congiuntamente, essendo tra loro strettamente connessi, sono destituiti di fondamento. Invero, quanto alla omessa motivazione sulla ritenuta interposizione fittizia, vige la presunzione di disponibilità in capo proposto dei beni formalmente intestati alle tre ricorrenti di cui si discute pe quanto sopra esposto, con conseguente superamento di ogni altro rilievo fattuale
proposto.
2.6 Fondato è il terzo motivo di ricorso.
2.6.1 Partendo dalla posizione dell’ex coniuge del proposto, NOME COGNOME, si osserva che – a prescindere dalla questione relativa alle capacità economiche della ricorrente, rispetto alle quali pure la motivazione del decreto impugNOME è particolarmente carente, non avendo superato i puntuali argomenti difensivi, tenuto conto che il provvedimento si limita a ribadire pedissequamente le conclusioni della Guardia di Finanza – la Corte territoriale non ha indicato su quali elementi si fonda la fittizia intestazione dei beni in sequestro. In particolare, deve essere evidenziato che l’immobile di Oristano in INDIRIZZO è stato acquistato nell’ottobre 2011 con fondi derivati dalla vendita da parte della RAGIONE_SOCIALE (di cui la ricorrente deteneva il 60% delle quote) di un immobile sito in Milano per l’importo di 750.000 euro e che per tale vendita la COGNOME, in ragione delle quote sociali detenute, aveva percepito la somma di euro 600.000, parte dei quali aveva impiegato per l’acquisto dell’immobile in Oristano, di cui si era riservata l’usufrutto Orbene, a tale dato di fatto oggettivo (vale a dire l’incasso dei 600.000 euro) evidenziato dalla ricorrente, la Corte di appello non risponde, se non con una motivazione apodittica, che si limita a far riferimento alle dichiarazioni dei redditi In altri termini, sul punto la motivazione è totalmente mancante ed il rilievo assume portata decisiva, in quanto non risulta contestata la fittizietà della titolarit delle quote del 60% che costituiscono il titolo della provvista utilizzata per l’acquisto dell’immobile in discorso.
2.6.2 Considerazioni in parte analoghe devono essere svolte in relazione alla posizione di NOME e NOME COGNOME, oltre che delle società da quest’ultima amministrate: invero, a fronte dei dati contabili indicati dalla difesa e della lo analisi (in particolare, con riferimento ai redditi delle due ricorrenti tra il 1998 il 2004; alla questione relativa alla prova che nel 1998 avrebbero acquistato le quote di una RAGIONE_SOCIALE, proprietaria dell’immobile ubicato in Oristano, con una provvista fornita dal preposto, mediante versamenti sul conto corrente ad esse intestato, che non risulterebbero indicati; ai versamenti effettuati in favore della RAGIONE_SOCIALE, acquisti ben possibili in considerazione del reddito sviluppato dalle due sorelle), la Corte territoriale ha riportato gli esiti delle indagini svolte da Guardia di Finanza, senza realmente confrontarsi con le puntuali doglianze difensive, quantomeno per confutarle con argomentazioni adeguate che non fossero il richiamo alle investigazioni della polizia giudiziaria espletate, peraltro senza tener conto delle ragioni delle ricorrenti.
2.7 Le differenti considerazioni svolte impongono, dunque, l’annullamento dell’impugNOME decreto per i diversi motivi sopra indicati, con rinvio per nuova deliberazione alla Corte di appello di Cagliari in diversa composizione, stante
l’incompatibilità dei componenti che hanno partecipato alla decisione oggetto di impugnazione (Sezioni Unite, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, Gattuso, in motivazione; Sezione 5, n. 42371 del 27/9/2004, COGNOME, Rv. 231015 – 01).
P. Q. M.
Annulla il decreto impugNOME e rinvia per nuova deliberazione alla Corte di appello di Cagliari in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il giorno 3 aprile 2024.